Non si capisce perché devono accontentarsi della famigerata parità dei sessi quando sono così straordinariamente diverse dagli uomini. Sono le donne dello sport, che passano da un podio a un pianto, senza mezze misure e ti tengono lì, davanti alla tv, a tifare
Emozionano. Comunque vada. Non si capisce perché devono accontentarsi della famigerata parità dei sessi quando sono così straordinariamente diverse dagli uomini. Sono le donne dello sport, che passano da un podio a un pianto, senza mezze misure e ti tengono lì, davanti alla tv, a tifare. Che sia l’arrivo della 25 chilometri o un doppio e mezzo ritornato poco importa. Oggi sono i mondiali di Barcellona, appena ieri il tennis o la scherma: soffrono, vincono, perdono, ridono, urlano. Si mettono in piazza con le loro emozioni e il loro coraggio. Sbagliano, cambiano, ricominciano. Impossibile non tifare per tutte loro, soprattutto quelle che - risultati alla mano - ufficialmente perdono: oggi la copertina è di Martina Grimaldi, oro nella 25 chilometri di nuoto dopo 5 ore di battaglia e un arrivo allo sprint. Ma lo spirito è nelle parole di Alice Franco, quarta di un niente: «E’ andata così, posso solo impegnarmi di più per migliorare». O nelle lacrime di Maria Marconi, perfetta in quattro tuffi su cinque. La differenza tra la gloria e il fallimento. Quando c’è da lottare loro ci sono e trascinano, non può essere un caso. Raramente deludono. E se lo fanno ripartono a testa bassa con la loro incredibile determinazione che le porta a scelte coraggiose e vincenti: le ragazze del tennis hanno preso racchette e bagagli e sono andate all’estero a cercare fortuna. Federica Pellegrini ha fatto lo stesso. Fissato l’obiettivo, il resto è un accessorio: loro vanno, chi mi ama mi segua. E tornano vincitrici.
corrieredellosport