L’educazione cattolica ha per obiettivo quello di educare alla “pienezza della vita”.
Una vita non semplicemente piena di belle cose, ma una vita vissuta in “pienezza”. Ma cos’è questa “pienezza di vita”? Potremmo dire che è il suo essere compiuta. Il compimento della vita di ogni essere umano è quello di aprirsi all’Altro, di aprirsi alla trascendenza. Per fare questo possiamo seguire l’esempio di Dio stesso che per riconquistare l’uomo perso con il peccato non si stanca di attirarlo a sé fino a quando, nel compimento dei tempi, dona suo Figlio: il verbo fatto carne. “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). L’invisibile, l’eterno, il trascendente si fa immanente, percepibile, visibile. La via dell’incarnazione riapre la strada verso il Padre, apre l’umanità alla trascendenza; per arrivare a Dio dobbiamo passare necessariamente dalla nostra umanità, con tutte le difficoltà e gli intoppi che questo comporta.
Lo sport è portatore di tanti valori umani: la propensione a superare l’altro partendo dal migliorare le proprie capacità, l’attenzione ad una sana fisicità, la collaborazione per la crescita di tutti, anche dell’avversario, il riconoscere i propri limiti. Lo sport con i suoi valori, attraverso i quali: “trascende il livello della pura fisicità e ci porta nell’arena dello Spirito” (Papa Francesco, Conferenza “Sport at the Service of Humanity”, 2016), può essere la porta più adatta, in questo nostro tempo, per parlare all’uomo, ad ogni uomo, e accompagnarlo verso l’oltre da sé dandogli la possibilità di una vera crescita. Dobbiamo riconoscere che, se pure il cristianesimo ha usato fin dall’antichità le metafore sportive per parlare di fede, non basta praticare sport perché questo diventi una scuola di vita e di fede, proprio per il fatto che non ci fermiamo al mero dato fisico che lo sport porta con sé.
Per noi cristiani la pienezza della vita è rappresentata proprio dalla trascendenza, valore che nella nostra società, spesso smarrito, viene soppiantato dalla sfrenata ricerca di un bene tangibile che non di rado finisce col rivolgersi contro la dignità umana come nel caso del doping, delle scommesse e di tutto quel mondo malato che spesso troviamo intorno allo sport. Ma quando lo sport si libera da logiche di mercato, dalla ricerca di interessi mediatici o politici, risplende per la sua realtà più bella, metafora di una vita che cerca sempre di crescere dando “il meglio di sé”. Certamente, per liberare lo sport da tutte le tentazioni che lo insidiano c’è bisogno di una vera attenzione educativa per coloro che lo praticano, soprattutto da parte di coloro che assumono la guida dei più giovani, introducendoli, attraverso le varie discipline, alla competizione sana. Spesso ci imbattiamo in settori giovanili che senza un chiaro orizzonte educativo si sentono attratti da uno sport che sport non è, scegliendo spesso le vie più facili e immediate per riscuotere successo.
È ormai tempo che la Chiesa prenda sul serio la formazione di figure di riferimento che in modo “ministeriale” si pongano a servizio della educazione attraverso lo sport. L’impegno in un campetto parrocchiale piuttosto che in una palestra di un oratorio deve essere non il passatempo per gli “impallinati” di sport, ma l’impegno educativo di una comunità che prende a cuore i suoi figli e li accompagna nella crescita spirituale che non può fare mai a meno della fisicità.
C’è bisogno di una nuova figura ministeriale, al pari di catechisti e ministri istituiti, che è già in uso in alcune associazioni cattoliche che si occupano con passione di sport in modo educativo, che venga introdotta in tutte le comunità cristiane (parrocchie, movimenti, associazioni) che si occupano di sport. Non sto parlando di allenatori e accompagnatori formati e responsabili, che già dovrebbero essere presenti nei nostri ambiti; qui si propone una nuova figura, forse anche da identificare ancora meglio, ma che affianchi alla preparazione tecnica e pedagogica dei tecnici una vera e profonda formazione spirituale che si esprima in una serena testimonianza personale.
Qualcuno mi ha insegnato che se credi nelle tue idee devi anche avere il coraggio di scelte forti: sarebbe bene, allora, condividere il più possibile la necessità di una figura di riferimento nell’ambito dello sport che sia formata al suo servizio così da essere ben riconoscibile in tutte le comunità cristiane, impegnandosi a far diventare questa scelta un vero e proprio investimento per il nostro futuro. Soprattutto in questo tempo, nel quale la Pandemia ha stravolto le nostre sicurezze e ci obbliga a dei cambiamenti generosi, possiamo affidarci ad un rinnovamento che parta proprio dalla formazione, senza la quale useremo sempre ricette “vecchie” che avranno soltanto lo scopo di mantenere l’esistente, che piano piano scompare inevitabilmente. Non facciamoci scippare il futuro, non priviamo i nostri giovani di un futuro possibile e, in ascolto dei bisogni del nostro tempo, aiutati dalla sapienza e dalla maternità che sono proprie della Chiesa, prendiamoci vera cura dello sport e soprattutto di chi lo pratica.
Don Marco Fagotti, Vicepresidente nazionale e delegato per lo Sport-ANSPI
Fonte: CEI