L'attività fisica protegge da ben 13 tipi di tumori e si conferma potente alleato nella prevenzione. In particolare, correre, camminare o nuotare regolarmente diminuisce di oltre il 20% il rischio di ammalarsi di alcuni tumori come quello a fegato e rene e di oltre il 40% di tumore all'esofago. A confermare l'importanza dell'allenamento aerobico come scudo protettivo è un ampio studio pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine.
Ogni anno in Italia si registrano circa 363.000 nuove diagnosi di tumore e 177.000 sono le morti. Così come l'importanza dell'alimentazione e di coretti stili di vita, anche l'associazioni tra esercizio fisico e cancro è già stata dimostrata da precedenti studi. Tuttavia la nuova ricerca, condotta da ricercatori del National Cancer Institute statunitense guidati da Steven Moore, si distingue per aver esaminato i dati di ben 1,44 milioni di persone, dai 19 ai 98 anni, residenti negli Stati Uniti e in Europa. I partecipanti sono stati seguiti per una media di 11 anni ed è stato chiesto di riportare il tipo e la quantità di attività effettuata nel tempo libero, come camminare, correre o nuotare. In media coloro che effettuavano attività fisica lo facevano per circa 150 minuti a settimana, ovvero un allenamento di 50 minuti per tre volte a settimana, che corrisponde a quanto previsto dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per l'Attività Fisica 2016-2020 di recente emanate.
Durante il periodo di studio, circa 187.000 di loro si sono ammalati di tumore, ma coloro che avevano riportato di fare attività fisica avevano avuto un rischio complessivamente più basso del 7% rispetto a coloro che ne avevano fatta meno.
Andando nel dettaglio, lo studio ha confermato un minor rischio di tumori della mammella (10%), al colon (16%) e all'endometrio (21%), già evidenziati da precedenti ricerche. Maggiori riduzioni di rischio erano evidenti per adenocarcinoma esofageo (42%), cancro al fegato (27%), cardias, ovvero la valvola che collega esofago e stomaco (22%), rene (23%) e leucemia mieloide (20%). Hanno mostrato riduzioni meno significative il mieloma (17%), il tumore della testa e del collo (15%), del retto (13%) e della vescica (13%), mentre per la prostata si è registrato un aumento del 5%. Quanto al cancro al polmone il rischio era ridotto solo qualora i pazienti fossero fumatori attuali ed ex.
La maggior parte delle associazioni, sottolineano i ricercatori, sono rimaste a prescindere dalla massa grassa, il che suggerisce che l'esercizio fisico agisce attraverso meccanismi diversi oltre al semplice abbassamento del peso corporeo, come produzione di ormoni e effetto antinfiammatorio. (ANSA).
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Vino e sport, abbinamento possibile e salutare
Si sente fin troppo parlare del fatto che chi pratica lo sport a
livello agonistico, inevitabilmente, debba seguire una dieta specifica,
limitando soprattutto il consumo di certe bevande e certi alimenti. È
giusto che chi vuole curare il proprio corpo e mantenersi in forma segua
un’alimentazione corretta, tuttavia non è vero che il consumo di vino
sia vietato tra gli sportivi ma al contrario può essere salutare.
Ovviamente è bene farne un consumo moderato ma se credete che un
bicchiere di vino abbia degli effetti collaterali per chi pratica lo
sport, sappiate che è una leggenda metropolitana.
Anche gli sportivi, quindi, possono consumare vino, senza rimuoverlo
dalla propria alimentazione. Sicuramente il consumo di vino sarà
moderato e da evitare, ovviamente, in prossimità dell’attività sportiva.
Per esempio se si deve gareggiare nel pomeriggio, come potrebbe
succedere per un calciatore, è da evitarsi il consumo di vino durante il
pranzo. Se l’attività è prevista il mattino, invece, il vino è da
evitare almeno le 24 ore precedenti all’attività, soprattutto la sera
prima, neppure per brindare in segno di buon auspicio.
Lontano dalle giornate di attività, quindi, il vino non solo è
concesso ma fa anche bene. I vantaggi? Il vino consumato durante i
pasti, favorisce la digestione, aiuta a ridurre il rischio di malattie
cardio-vascolari e non solo. In alcuni casi il vino è utile ed efficace
per ridurre lo stress. Non c’è un tipo di vino che è particolarmente
indicato per gli sportivi, pertanto risulta difficile fornire un
consiglio su quale possa essere un buon vino d’acquistare; tutto dipende dal gusto personale.
È bene ricordare, inoltre, che lo smaltimento dell’alcool in corpo,
varia da persona a persona, quindi è difficile generalizzare. Facendo
una differenza tra uomo e donna, standard, per il consumo del vino, non
si dovrebbero superare i 400 ml al giorno per gli uomini e i 300 ml al
giorno per le donne.
sevenpress.com
Adolescenti e sport, un rapporto sempre più difficile
Solo il 40% dei ragazzi italiani pratica le due ore di educazione fisica previste dal programma scolastico. E molti abbandonano per l'impossibilità di rispondere ad aspettative elevate
Secondo uno studio effettuato dall'Osservatorio SIP su “Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani”, che indaga annualmente su un campione nazionale di ragazzi che frequentano la terza media, oltre il 60% dei giovani italiani trascorre tra le 10 e 11 ore comodamente seduto. Solo il 40% di loro pratica le due canoniche ore di sport settimanali previste dal programma scolastico delle scuole primarie e secondarie. Poco, troppo poco se si pensa che in questa specifica fascia d’età i ragazzi e le ragazze, per raggiungere uno sviluppo psicofisico armonico e salutare dovrebbero praticare almeno un’ora al giorno di attività motoria. Non necessariamente sportiva o agonistica, sarebbe già sufficiente fare una corsa nel parco, una passeggiata in bicicletta o con il cane, una nuotata in piscina. Un’esigenza oggi ancora più necessaria alla luce degli stili di vita ben poco esemplari dei nostri ragazzi che, proprio intorno a quest’età, sono saldamente al primo posto nella speciale classifica europea riguardante sovrappeso e obesità.
Le cause del "poltronismo" —
Insomma, stiamo assistendo a una vera e propria epidemia di
sedentarietà. Dati che preoccupano non poco i pediatri, in quanto la
sedentarietà è l’anticamera dell’obesità e della sindrome metabolica e
di conseguenza, il principale fattore predisponente delle malattie
croniche cardiovascolari e tumorali di adulti e anziani. Ma perché i
nostri adolescenti non fanno sport? I motivi sono molteplici. Intanto,
certamente non aiuta una cultura sportiva ben poco radicata, in cui si
ritiene che l’ "essere sportivi" coincida con l’ "essere spettatori". La
scuola poi, con le sue due sole ore settimanali di Educazione Fisica
(spesso zero nelle scuole elementari), non aiuta di certo. Nel vecchio
continente peggio di noi solo il Portogallo.
Il "drop-out" —
Ma sembra che il problema maggiore non sia tanto l’accesso allo sport
(le lacune in ambito scolastico sono, infatti, in gran parte compensate
da un efficace attivismo sul territorio delle società sportive) quanto
l’abbandono precoce in età adolescenziale. Una delle principali cause
evidenziate da diversi studi è la disillusione prodotta da aspettative
troppo elevate dell’atleta in erba o dei suoi genitori. Se il ragazzo o
la ragazza si avvicinano allo sport con l’unica ambizione di emergere a
ogni costo e divenire dei campioni, è evidente che difficilmente
proseguiranno l’attività, nel momento in cui si renderanno conto,
ovviamente la maggioranza, che questa possibilità è loro oggettivamente
preclusa. Inoltre, la gioventù di oggi accetta con difficoltà modelli
sportivi del passato, sebbene recente; rifiuta l’agonismo esasperato;
richiede maggiore libertà e spensieratezza; minori regole e impegno. Il
sistema sportivo dovrà quindi adeguarsi a questa nuova realtà,
rinnovandosi e offrendo modelli più divertenti e stimolanti, in grado di
competere con le molteplici offerte di una società profondamente
mutata.
Mabel Bocchi
Gazzetta.it
Sport fa bene a studio, teenager sportivi piu' bravi a scuola
Lo sport fa bene, anche allo studio. I ragazzi che praticano infatti
piu' di 2 ore di attivita' fisica in orario extrascolastico alla
settimana hanno stili di vita piu' sani e vanno meglio a scuola. A dirlo
sono i dati dell'Osservatorio della Societa' italiana di pediatria
(Sip), presentati in occasione del 69/mo Congresso nazionale della
Societa' apertosi oggi a Bologna, che sfatano il luogo comune secondo
cui sport e studio non andrebbero d'accordo.
Sono infatti proprio gli 'sportivi' ad avere un rendimento scolastico migliore rispetto ai 'sedentari': cosi', dichiara di ''andare bene a scuola'' il 56,5% dei primi contro il 40,3% dei secondi. E questo dedicando allo studio quotidiano un numero di ore pressoche' confrontabile. Ma c'e' di piu': gli 'sportivi' sono anche lettori di libri non scolastici piu' accaniti. Praticare sport, inoltre, sembra innescare, nelle abitudini di vita degli adolescenti, un importante circolo virtuoso. A partire dalle abitudini alimentari: a dichiarare di avere, ad esempio, un'alimentazione molto variata e' il 50,2% degli 'sportivi' (ovvero coloro che praticano piu' di 2 ore alla settimana di sport oltre quello fatto a scuola) contro il 40% dei 'sedentari' (quelli che non praticano alcuna attivita' fisico-sportiva extrascolastica).
Eppure, secondo i dati 2012 dell'Osservatorio SIP su 'Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani', quasi il 40% degli adolescenti nella fascia d'eta' 13-14 anni non pratica alcuna attivita' sportiva (oltre alle 2 ore settimanali previste dal calendario scolastico), o la pratica per meno di due ore alla settimana. E la percentuale sale al 44% per quanto riguarda le ragazze. Troppo poco, secondo Giovanni Corsello, presidente della Sip, che precisa: ''Un adolescente, in questa fascia d'eta', dovrebbe praticare almeno un'ora al giorno di attivita' fisico-sportiva, che non significa necessariamente attivita' agonistica, ma puo' essere anche solo correre in un parco. Un'esigenza connaturata alla fase di sviluppo, ma che oggi diventa ancora piu' necessaria considerando sia lo stile di vita troppo sedentario dei nostri ragazzi, sia le abitudini alimentari non corrette''. (ANSA).
Sono infatti proprio gli 'sportivi' ad avere un rendimento scolastico migliore rispetto ai 'sedentari': cosi', dichiara di ''andare bene a scuola'' il 56,5% dei primi contro il 40,3% dei secondi. E questo dedicando allo studio quotidiano un numero di ore pressoche' confrontabile. Ma c'e' di piu': gli 'sportivi' sono anche lettori di libri non scolastici piu' accaniti. Praticare sport, inoltre, sembra innescare, nelle abitudini di vita degli adolescenti, un importante circolo virtuoso. A partire dalle abitudini alimentari: a dichiarare di avere, ad esempio, un'alimentazione molto variata e' il 50,2% degli 'sportivi' (ovvero coloro che praticano piu' di 2 ore alla settimana di sport oltre quello fatto a scuola) contro il 40% dei 'sedentari' (quelli che non praticano alcuna attivita' fisico-sportiva extrascolastica).
Eppure, secondo i dati 2012 dell'Osservatorio SIP su 'Abitudini e stili di vita degli adolescenti italiani', quasi il 40% degli adolescenti nella fascia d'eta' 13-14 anni non pratica alcuna attivita' sportiva (oltre alle 2 ore settimanali previste dal calendario scolastico), o la pratica per meno di due ore alla settimana. E la percentuale sale al 44% per quanto riguarda le ragazze. Troppo poco, secondo Giovanni Corsello, presidente della Sip, che precisa: ''Un adolescente, in questa fascia d'eta', dovrebbe praticare almeno un'ora al giorno di attivita' fisico-sportiva, che non significa necessariamente attivita' agonistica, ma puo' essere anche solo correre in un parco. Un'esigenza connaturata alla fase di sviluppo, ma che oggi diventa ancora piu' necessaria considerando sia lo stile di vita troppo sedentario dei nostri ragazzi, sia le abitudini alimentari non corrette''. (ANSA).
Perché la pratica di uno sport aerobico aiuterebbe a scongiurare gli attacchi di emicrania?
In Italia il 14% della popolazione soffre di emicrania e il 27% di cefalea muscolo tensiva, ma gli individui meno attivi sono più esposti a subire attacchi di mal di testa. L’attività aerobica fa bene perché migliora l’ossigenazione e aiuta ad alelntare la tensione dei muscoli pericranici
- Il mal di testa colpisce milioni di persone
Tra tutte le malattie che causano disabilità, l’emicrania,
una delle principali forme di cefalea, caratterizzata da dolore intenso e
ricorrente che colpisce metà della testa, si pone all’ottavo posto,
mentre la cefalea tensiva, la patologia più diffusa, si colloca
addirittura al settimo. E’ quanto emerge dal Global Burden of disease
2012, una sorta di atlante annuale sullo stato di salute nel mondo,
pubblicato sulla rivista scientifica Lancet. In Italia il 14% della
popolazione soffre di emicrania e il 27% di cefalea muscolo tensiva. Una
forma caratterizzata da un dolore costante che colpisce tutta la testa,
causata dalla contrazione dei muscoli del collo e delle spalle nella
maggior parte dei casi da addebitare a vizi di postura e sedentarietà,
oltre a tensioni e stress di ordine psicologico. A seconda di come viene
praticata l’attività fisica è in grado prevenire il dolore o
contribuire allo scatenarsi di una crisi di emicrania. Quindi, tipo di
sport e intensità le due variabili da tenere presenti.
Muoversi per combattere la cefalea —
L’inedita correlazione tra mal di testa e stile di vita sedentario è
stata identificata per la prima volta dagli scienziati svedesi del
Cephalea Headache Centre di Goteborg, coordinati da Emma Varkey. Dopo
avere seguito per 11 anni oltre 68.000 volontari, secondo i risultati
pubblicati su Cephalalgia, gli individui meno attivi risultavano essere
più soggetti a un rischio di subire attacchi di mal di testa del 14%,
rispetto alle persone più sportive, indicando così l’attività fisica
come un fattore protettivo contro lo sviluppo dei diversi tipi di
cefalea. Nonostante questi dati scientifici incontestabili, al
contrario, chi soffre abitualmente di questo disturbo, tende a evitare
qualsiasi tipo di sforzo fisico nel timore che ciò possa aggravarne i
sintomi, compromettendo di conseguenza anche la resistenza aerobica e la
flessibilità muscolare soprattutto della parte alta del tronco, come
abbiamo visto, la più coinvolta quando la cefalea è di tipo tensivo. Per
verificare se la loro tesi era corretta, i ricercatori svedesi hanno
sottoposto per un anno, in una successiva sperimentazione comparsa su
Headache, 26 pazienti costantemente affetti da emicrania a un
allenamento aerobico basato su tre sedute settimanali di cyclette.
Ebbene, monitorando il loro stato di salute prima, durante e dopo
l’attività fisica, programmata in modo tale da massimizzasse
l’assorbimento di ossigeno, non solo hanno scoperto che non vi era alcun
peggioramento dei sintomi, ma negli ultimi mesi di attività l’intensità
e la frequenza degli attacchi erano diminuite in modo significativo,
così come il ricorso a farmaci antidolorifici.
- Un attacco di emicrania
I benefici dell’esercizio fisico —
Perché la pratica di uno sport aerobico aiuterebbe a scongiurare gli
attacchi di emicrania? La spiegazione è fisiologica: grazie a un
maggiore apporto di ossigeno, migliorano respirazione e circolazione
sanguigna e si riduce la vasodilatazione dei vasi sanguigni cerebrali,
una delle principali cause delle crisi di cefalea. Non solo, ma la
cefalea più diffusa, quella muscolo-tensiva, è spesso causata
dall’eccessiva contrazione di alcuni muscoli pericranici, del collo e
delle spalle, dovuta a stati di tensione, con un conseguente ridotto
afflusso di sangue e ossigeno alla testa che, a sua volta, causa il
dolore. Un allenamento che stimoli il rilassamento e aumenti
l’elasticità e la scioltezza muscolare, specie di questa particolare
area corporea, diviene un vero e proprio antidolorifico, con nessun
dannoso effetto collaterale. Gli sport più indicati sono il tennis e le
arti marziali, come ad esempio il karate, oppure lo yoga che permettono
di scaricare la tensione fisica e mentale. È preferibile lavorare a
corpo libero, evitando gli sforzi massimali degli esercizi con pesi e
comunque, è bene astenersi da qualsiasi attività sportiva di tipo
agonistico, in cui l’impegno il più delle volte è particolarmente
intenso.
La cefalea da sforzo —
Secondo uno studio del Dipartimento di Medicina dello Sport del Sint
Lucas Andreas Hospital di Amsterdam e del Meander Medical Centre di
Amersfoort, pubblicato sulla rivista Headache, gli atleti che
maggiormente sono esposti al mal di testa di tipo tensivo sono i
ciclisti. Una conclusione cui sono giunti i ricercatori olandesi dopo
avere monitorato 4mila ciclisti. Di questi, ne avrebbe sofferto almeno
una volta al mese il 37% e il 10% ogni settimana. Chi risente
maggiormente di questo disturbo fortemente disabilitante sono le
cicliste, nelle quali la frequenza arriva al 54%, un dato che comunque
non stupisce dal momento che le donne soffrono di emicrania circa il
doppio dei maschi. Se invece si esaminano gli sport che possono
maggiormente incidere sulla cefalea, indipendentemente dall’intensità di
un esercizio prolungato, ecco che troviamo i calciatori, quelli in
particolare specializzati nei colpi di testa, i giocatori di football e
rugby, i pugili, i judochi. Ma in questo caso si deve parlare di cefalea
post traumatica. Inizialmente è difficile distinguerla dalla cefalea
tensiva cronica e spesso, come quest’ultima, si accompagna a vertigini,
ronzii, disturbi visivi. E’ fondamentale non trascurare questi sintomi,
per evitare che si trasformino in qualcosa di più complesso e certamente
condizionante sia l’attività sportiva, sia la normale quotidianità:
irritabilità, depressione, ansia da prestazione, stanchezza, insonnia,
reattività rallentata i disturbi più comuni.
L’aiuto che viene dalle vitamine del gruppo B
—
Un team di ricercatori del Genomics Research Centre, della Griffith
University di Brisbane ha dimostrato che supplementi di vitamina B6, B12
e acido folico inducono una netta riduzione della frequenza e
dell’intensità delle crisi di cefalea. Secondo gli esperti australiani,
le vitamine sarebbero, infatti, in grado di diminuire i livelli di
omocisteina, un aminoacido già associato a un maggior rischio di infarto
e disturbi cardiovascolari, presente in eccesso nelle persone soggette a
emicrania, a causa della mutazione o disfunzione di un gene denominato
Methylenetetrahydrofolate reductase.
Mabel Bocchi - gazzetta.it
Sport 'salva-ossa', piu' moto da bimbi meno fratture da grandi
Fa bene alla salute a trecentosessanta gradi, ma una nuova ricerca
dimostra ora come abbia un effetto di 'elisir di lunga vita' in
particolare per le nostre ossa. Lo sport si dimostra un vero e proprio
'toccasana' e l'ultima conferma arriva da uno studio svedese: piu' sport
da piccoli, meno fratture da anziani, e' la conclusione della ricerca.
Far muovere e dare ai bambini la possibilita' di fare molto sport fin da piccoli diminuira' dunque il rischio di fratture al femore quando saranno anziani, rivela lo studio dei ricercatori della Skake University Hospital di Malno in Svezia, presentato recentemente a Chicago in occasione della Giornata della medicina dello Sport organizzata dalla Societa' Americana di Ortopedia. I ricercatori svedesi hanno monitorato per sei anni un gruppo di 362 ragazze e 446 ragazzi tra i 7 e i 9 anni, che hanno fatto sport a scuola tutti i giorni per 40 minuti. Un secondo gruppo di controllo, composto da 780 ragazze e 807 ragazzi, ha invece praticato sport solo un'ora alla settimana.
Sotto la lente di osservazione dei ricercatori era lo sviluppo scheletrico di tutti i ragazzi dei due gruppi, ma anche le fratture delle quali i giovani, nel corso dei 6 anni di osservazione, sono rimasti vittime. I risultati non lasciano dubbi: nel gruppo di 'sportivi' hanno riportato fratture varie 72 giovani, in quello di controllo 143. E' infatti emerso che i ragazzi del primo gruppo, con una maggiore pratica sportiva, avevano una densita' ossea maggiore nella colonna vertebrale.
Inoltre, nello stesso periodo, i ricercatori hanno anche studiato un gruppo di 709 ex atleti con un'eta' media di 69 anni, ed eseguito 1368 controlli sulle ossa a persone anche non ex atleti. Nel gruppo degli ex sportivi la densita' ossea e' scesa in percentuale minima, da 1.0 a 0,7: Un dato significativo che dimostra, sottolineano gli specialisti, come lo sport aiuti le ossa e le mantenga forti. ''Chi ha fatto attivita' fisica per molti anni, in eta' avanzata trae vantaggi da questa maggiore calcificazione della struttura ossea e della trama ossea di tutta la struttura scheletrica - conferma Sandro Rossetti, primario della Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell'Ospedale San Camillo di Roma e medico dello Sport -. Sappiamo che gli sportivi vanno incontro meno facilmente a fratture causate dall'osteoporosi perche' la trama ossea e' sicuramente piu' ricca di sali di calcio depositati. La densita' della massa ossea e' certamente piu' rilevante in gruppi di atleti piuttosto che in soggetti che hanno effettuato vita sedentaria''. Di contro pero', precisa, ''c'e' da considerare che chi fa sport si espone a una serie di traumi; ci sono dunque i vantaggi della maggiore calcificazione e gli svantaggi, ad esempio, di un ginocchio piu' traumatizzato e usurato che va incontro piu' facilmente alla necessita' di protesi''. Di certo, pero', riuscire a prevenire le fratture, anche per effetto dello sport, potra' tradursi in un notevole risparmio per il Sistema sanitario nazionale. I numeri lo indicano chiaramente: Ogni anno, in Italia si contano 100.000 ricoveri per frattura femorale, con costi superiori a 1 mld di euro. Cifre paragonabili, avvertono gli esperti, ai costi complessivi sostenuti dal Ssn per infarti e ictus cerebrali.
ansa
Far muovere e dare ai bambini la possibilita' di fare molto sport fin da piccoli diminuira' dunque il rischio di fratture al femore quando saranno anziani, rivela lo studio dei ricercatori della Skake University Hospital di Malno in Svezia, presentato recentemente a Chicago in occasione della Giornata della medicina dello Sport organizzata dalla Societa' Americana di Ortopedia. I ricercatori svedesi hanno monitorato per sei anni un gruppo di 362 ragazze e 446 ragazzi tra i 7 e i 9 anni, che hanno fatto sport a scuola tutti i giorni per 40 minuti. Un secondo gruppo di controllo, composto da 780 ragazze e 807 ragazzi, ha invece praticato sport solo un'ora alla settimana.
Sotto la lente di osservazione dei ricercatori era lo sviluppo scheletrico di tutti i ragazzi dei due gruppi, ma anche le fratture delle quali i giovani, nel corso dei 6 anni di osservazione, sono rimasti vittime. I risultati non lasciano dubbi: nel gruppo di 'sportivi' hanno riportato fratture varie 72 giovani, in quello di controllo 143. E' infatti emerso che i ragazzi del primo gruppo, con una maggiore pratica sportiva, avevano una densita' ossea maggiore nella colonna vertebrale.
Inoltre, nello stesso periodo, i ricercatori hanno anche studiato un gruppo di 709 ex atleti con un'eta' media di 69 anni, ed eseguito 1368 controlli sulle ossa a persone anche non ex atleti. Nel gruppo degli ex sportivi la densita' ossea e' scesa in percentuale minima, da 1.0 a 0,7: Un dato significativo che dimostra, sottolineano gli specialisti, come lo sport aiuti le ossa e le mantenga forti. ''Chi ha fatto attivita' fisica per molti anni, in eta' avanzata trae vantaggi da questa maggiore calcificazione della struttura ossea e della trama ossea di tutta la struttura scheletrica - conferma Sandro Rossetti, primario della Divisione di Ortopedia e Traumatologia dell'Ospedale San Camillo di Roma e medico dello Sport -. Sappiamo che gli sportivi vanno incontro meno facilmente a fratture causate dall'osteoporosi perche' la trama ossea e' sicuramente piu' ricca di sali di calcio depositati. La densita' della massa ossea e' certamente piu' rilevante in gruppi di atleti piuttosto che in soggetti che hanno effettuato vita sedentaria''. Di contro pero', precisa, ''c'e' da considerare che chi fa sport si espone a una serie di traumi; ci sono dunque i vantaggi della maggiore calcificazione e gli svantaggi, ad esempio, di un ginocchio piu' traumatizzato e usurato che va incontro piu' facilmente alla necessita' di protesi''. Di certo, pero', riuscire a prevenire le fratture, anche per effetto dello sport, potra' tradursi in un notevole risparmio per il Sistema sanitario nazionale. I numeri lo indicano chiaramente: Ogni anno, in Italia si contano 100.000 ricoveri per frattura femorale, con costi superiori a 1 mld di euro. Cifre paragonabili, avvertono gli esperti, ai costi complessivi sostenuti dal Ssn per infarti e ictus cerebrali.
ansa
Sport da piccoli? Piu' memoria da adulti
Chi fa attivita' sportiva regolarmente
fin da bambino mostra una migliore memoria, attenzione e
capacita' di apprendimento dopo i 50 anni di eta' rispetto a chi
non ha fatto movimento in modo regolare negli anni. Lo dimostra
uno studio dei ricercatori del King's College di Londra,
pubblicato su Psychological Medicine. La ricerca dimostra che e'
soprattutto la costanza sportiva a migliorare le capacita'
cognitive, piuttosto che l'intensita' e che non e' mai troppo
tardi per cominciare.
ansa
Fare sport regala felicità anche a distanza di anni
Fai sport oggi e ne sarai felice anche fra 15 anni. In senso
letterale: secondo uno studio, l’esercizio fisico induce sensazioni di
benessere e gioia non solo a breve termine (come si pensava finora), ma
ha effetti benefici sull’umore che durano anni.
A queste conclusioni, pubblicate sull’American Journal of Epidemiology, è arrivato un gruppo di ricercatori canadesi che ha analizzato i dati di otto indagini sulla salute della popolazione, per un totale di 15 anni di osservazione. Basandosi su questi dati, gli scienziati hanno comparato ogni due anni i livelli di attività fisica e di felicità delle persone coinvolte.
La premessa di partenza era verificare se l’alto livello di benessere riportato da chi fa sport è da collegare semplicemente al fatto che chi è più attivo è anche più sano, o se ci esista una relazione più diretta tra attività fisica e felicità.
Dai dati, i ricercatori hanno scoperto che chi era fisicamente attivo aveva l’85% di probabilità in più di aver incrementato la propria felicità dall’inizio dello studio. Invece chi si dichiarava felice all’inizio dello studio ma non faceva sport, dopo due anni era infelice nel 49% dei casi. E dopo quattro anni nel 45% dei casi il malessere esistenziale restava immutato, continuando a non praticare sport.
Al contrario, le persone inattive che hanno cominciato a fare esercizio hanno fatto registrare un miglioramento delle felicità sia dopo due anni, sia dopo quattro.
La spiegazione? Secondo i ricercatori, l’esercizio contrasta l’atrofia cerebrale e induce cambiamenti neurologici che influenzano l’umore per anni.
ok.salute
A queste conclusioni, pubblicate sull’American Journal of Epidemiology, è arrivato un gruppo di ricercatori canadesi che ha analizzato i dati di otto indagini sulla salute della popolazione, per un totale di 15 anni di osservazione. Basandosi su questi dati, gli scienziati hanno comparato ogni due anni i livelli di attività fisica e di felicità delle persone coinvolte.
La premessa di partenza era verificare se l’alto livello di benessere riportato da chi fa sport è da collegare semplicemente al fatto che chi è più attivo è anche più sano, o se ci esista una relazione più diretta tra attività fisica e felicità.
Dai dati, i ricercatori hanno scoperto che chi era fisicamente attivo aveva l’85% di probabilità in più di aver incrementato la propria felicità dall’inizio dello studio. Invece chi si dichiarava felice all’inizio dello studio ma non faceva sport, dopo due anni era infelice nel 49% dei casi. E dopo quattro anni nel 45% dei casi il malessere esistenziale restava immutato, continuando a non praticare sport.
Al contrario, le persone inattive che hanno cominciato a fare esercizio hanno fatto registrare un miglioramento delle felicità sia dopo due anni, sia dopo quattro.
La spiegazione? Secondo i ricercatori, l’esercizio contrasta l’atrofia cerebrale e induce cambiamenti neurologici che influenzano l’umore per anni.
ok.salute
Dolore: lo sport alza la soglia. Nuove frontiere per i cronici
Una ricerca tedesca dimostra come gli atleti agonisti abbiano una tolleranza al male superiore: ora si studiano metodiche non invasive e senza effetti collaterali per i pazienti con dolori cronici
- Praticare sport alza la soglia del dolore. Ansa
Una ricerca tedesca pubblicata su Pain dimostra
come gli atleti agonisti abbiano una tolleranza al dolore superiore.
Una scoperta che apre la strada allo studio di metodiche non invasive e
senza effetti collaterali per i pazienti con dolori cronici.
soglia —
Le persone sentono male in maniera uguale, oppure no? E’ la soglia del
dolore a essere differente o solo la sua percezione? E’ questa la
domanda cui hanno cercato di rispondere gli scienziati dell’Università
di Heidelberg guidati da Jonas Tesarz attraverso una meta-analisi. Per
riuscirci hanno riesaminato tutti gli studi effettuati su questo
argomento e monitorato il rapporto con il dolore di 568 atleti che
praticavano sport di resistenza o sport di squadra con palla, e di 331
persone normalmente attive, utilizzate però solo come gruppo di
controllo. I test effettuati consistevano nel tenere le mani nell’acqua
gelida per un certo periodo di tempo o subire pressioni di
sufficientemente consistenti sulle dita. Dai risultati ottenuti è emerso
in primo luogo che gli atleti sopportano meglio il dolore, ma che
questa capacità non dipende da una soglia del dolore più alta, bensì da
una sua differente elaborazione e da una maggiore abilità nel
tollerarlo. Ma non è tutto, e certamente quest’altra conclusione vi
sorprenderà, gli atleti più ‘stoici’ non sono coloro che praticano, come
avremmo supposto, gli sport di resistenza, ma quelli che sono impegnati
nei cosiddetti sport sferistici. Gli scienziati tedeschi al momento non
sono in grado di dare una spiegazione certa e univoca a quanto
scoperto, ma suppongono che, oltre alla fisiologica liberazione di
endorfine prodotta dall’attività fisica, possano influire
particolarmente alcune tecniche cognitive e psicologiche che gli
sportivi agonisti utilizzano per ottenere una maggiore concentrazione,
motivazione e dissociazione da tutto ciò che è considerato ‘esterno’
rispetto all’azione o all’obiettivo che si sono prefissati. L’aspetto
gioco di squadra, poi, è quel quid in più che, rendendo più piacevole,
più coinvolgente e più ‘solidale’ il momento che si sta vivendo,
contribuisce a fare stringere maggiormente i denti.
dolore — Perché proviamo dolore? E’ la natura che ci avverte e protegge. Per questo motivo è bene non ignorarlo. Ne sanno qualcosa quelle persone, fortunatamente molto poche – circa 300 in tutto il mondo – che soffrono di una rarissima malattia ereditaria, la disautonomia, che impedisce al loro sistema nervoso di percepire gli stimoli del dolore, del caldo e del freddo. Si manifesta fin dalla nascita e i poveri bambini che ne sono colpiti sono in questo modo esposti a ogni tipo di pericolo e infortunio. Il dolore è come un senso e chi non riesce a provarlo è come se fosse privo di vista, gusto o olfatto. Non ci sa dire qualcosa sulla gravità di ciò che abbiamo, ma si limita a informarci della rapidità con cui il danno ai vari tessuti progredisce se non interveniamo. Dunque, i dolori fisici ci forniscono degli avvertimenti che possono tornarci molto utili e, per questo motivo, in alcuni casi è preferibile sopportarli con pazienza, specie se la causa non è stata ancora individuata.
sonno — Anche dormire di più modifica la percezione del dolore. Lo conferma una ricerca condotta dall’Henry Ford Hospital di Detroit: aggiungere al nostro consueto riposo solo due ore diminuisce la sensibilità al dolore quanto se non più di 60 milligrammi di codeina, un oppiaceo con forti proprietà analgesiche. Gli scienziati americani esperti di disturbi del sonno sono giunti a questa conclusione grazie a una ricerca condotta su diciotto volontari che, divisi in quattro distinti gruppi, hanno avuto assegnato un livello di riposo pari a quattro, sei, otto e dieci ore. Ebbene, tramite il monitoraggio delle onde cerebrali, del tono muscolare e della frequenza cardiaca, è stato evidenziato che il gruppo dei soggetti da 10 ore resisteva ben il 25% in più degli altri nell’esposizione di un dito a una fonte di calore.
meditazione — L’effetto analgesico della meditazione Zen. Alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Montreal, guidati dal dott. Joshua A. Grant, hanno sottoposto 13 esperti praticanti di questa millenaria tecnica orientale e altrettanti soggetti che non avevano mai praticato alcuna forma meditativa a un test di tolleranza al dolore, che consisteva nell’appoggiare un piatto caldo a diverse temperature sui polpacci. Risultato: mentre molti ‘meditanti’ hanno tollerato la temperatura massima di 53 gradi Celsius, con una riduzione della sensibilità del 18%, nessuno del gruppo di controllo è riuscito a sopportarla. La risonanza magnetica effettuata durante la sperimentazione ha evidenziato che solo nei primi era presente una riduzione dell’attività di quelle zone del cervello che vengono attivate dal dolore (la corteccia pre-frontale, l’amigdala e l’ippocampo), grazie al disaccoppiamento dello stimolo doloroso dalla sua elaborazione, compiuto in maniera passiva, senza alcuno sforzo, ma semplicemente spegnendo le comunicazioni tra le zone implicate.
Mabel Bocchi - GAZZETTA.IT
dolore — Perché proviamo dolore? E’ la natura che ci avverte e protegge. Per questo motivo è bene non ignorarlo. Ne sanno qualcosa quelle persone, fortunatamente molto poche – circa 300 in tutto il mondo – che soffrono di una rarissima malattia ereditaria, la disautonomia, che impedisce al loro sistema nervoso di percepire gli stimoli del dolore, del caldo e del freddo. Si manifesta fin dalla nascita e i poveri bambini che ne sono colpiti sono in questo modo esposti a ogni tipo di pericolo e infortunio. Il dolore è come un senso e chi non riesce a provarlo è come se fosse privo di vista, gusto o olfatto. Non ci sa dire qualcosa sulla gravità di ciò che abbiamo, ma si limita a informarci della rapidità con cui il danno ai vari tessuti progredisce se non interveniamo. Dunque, i dolori fisici ci forniscono degli avvertimenti che possono tornarci molto utili e, per questo motivo, in alcuni casi è preferibile sopportarli con pazienza, specie se la causa non è stata ancora individuata.
sonno — Anche dormire di più modifica la percezione del dolore. Lo conferma una ricerca condotta dall’Henry Ford Hospital di Detroit: aggiungere al nostro consueto riposo solo due ore diminuisce la sensibilità al dolore quanto se non più di 60 milligrammi di codeina, un oppiaceo con forti proprietà analgesiche. Gli scienziati americani esperti di disturbi del sonno sono giunti a questa conclusione grazie a una ricerca condotta su diciotto volontari che, divisi in quattro distinti gruppi, hanno avuto assegnato un livello di riposo pari a quattro, sei, otto e dieci ore. Ebbene, tramite il monitoraggio delle onde cerebrali, del tono muscolare e della frequenza cardiaca, è stato evidenziato che il gruppo dei soggetti da 10 ore resisteva ben il 25% in più degli altri nell’esposizione di un dito a una fonte di calore.
meditazione — L’effetto analgesico della meditazione Zen. Alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Montreal, guidati dal dott. Joshua A. Grant, hanno sottoposto 13 esperti praticanti di questa millenaria tecnica orientale e altrettanti soggetti che non avevano mai praticato alcuna forma meditativa a un test di tolleranza al dolore, che consisteva nell’appoggiare un piatto caldo a diverse temperature sui polpacci. Risultato: mentre molti ‘meditanti’ hanno tollerato la temperatura massima di 53 gradi Celsius, con una riduzione della sensibilità del 18%, nessuno del gruppo di controllo è riuscito a sopportarla. La risonanza magnetica effettuata durante la sperimentazione ha evidenziato che solo nei primi era presente una riduzione dell’attività di quelle zone del cervello che vengono attivate dal dolore (la corteccia pre-frontale, l’amigdala e l’ippocampo), grazie al disaccoppiamento dello stimolo doloroso dalla sua elaborazione, compiuto in maniera passiva, senza alcuno sforzo, ma semplicemente spegnendo le comunicazioni tra le zone implicate.
Salute: nell'Agenda del cuore 2013 lo sport giusto per ogni età
(Adnkronos Salute) - Un'agenda come personal trainer, per tenersi in
forma tutto l'anno e per proteggere il cuore dal rischio di malattie
cardiovascolari, scegliendo lo sport su misura ad ogni età. E'
l'iniziativa presentata oggi a Milano da Società italiana per la
prevenzione cardiovascolare (Siprec) e Teva, giunta alla seconda
edizione. E mentre l'anno scorso l'agenda amica del cuore offriva
consigli per una corretta alimentazione, quest'anno il volume è
interamente dedicato all'esercizio fisico e dispensa suggerimenti
concreti per mantenere il cuore sano e allenato in tutte le fasi della
vita. L'Agenda per la prevenzione cardiovascolare 2013, disponibile
nelle farmacie e scaricabile gratuitamente in versione e-book sul sito
www.equivalente.it, nasce dalla collaborazione con 4 federazioni
sportive (Fisi-Federazione italiana sport invernali, Fidal-Federazione
italiana atletica leggera, Fin-Federazione italiana nuoto e
Fci-Federazione ciclistica italiana) e con le associazioni Trekking
Italiae Trekking Urbano. Grazie al loro supporto sono state inserite
tabelle di allenamento diverse in base alle stagioni, informazioni sui
benefici dei vari sport, suggerimenti per una sana alimentazione e
l'indicazione di percorsi di trekking nelle regioni italiane.
Testimonial dell'Agenda è il campione olimpico di nuoto Massimiliano
Rosolino, che nella prefazione ricorda l'importanza della prevenzione:
"Nella vita ci vuole cuore. E il cuore è il motore della nostra vita ed è
importante che sia in salute. Ogni atleta è come una macchina, ha
bisogno di una buona manutenzione. Dobbiamo trattare con cura il nostro
cuore"."L'agenda, per definizione, è un oggetto che rimane con noi per
un anno intero: questo ci ha spinti a utilizzarla come mezzo per creare
la cultura della prevenzione cardiovascolare", spiega il presidente
della Siprec, Bruno Trimarco. Anche grazie alla collaborazione delle
federazioni sportive, rileva, è stato possibile "superare
l'approssimazione che spesso caratterizza le prescrizioni utilizzate per
correggere gli stili di vita non corretti". Il coordinamento
dell'Agenda è stato curato d Roberto Volpe del direttivo Siprec, che
sottolinea l'importanza di non dimenticarsi di fare movimento tutto
l'anno, proprio come non ci si dimentica di assumere le medicine
prescritte dal medico. "Un'attività fisica regolare e costante è una
vera e propria terapia medica - assicura l'esperto - in quanto ha la
capacità di apportare notevoli benefici al nostro organismo, sia sul
versante cardiovascolare, che su quello osteomuscolare, psichico e
perfino oncologico. Pertanto, tra i compiti del medico deve esserci
anche quello di combattere gli stili di vita sedentari, consigliando
l'attività fisica in base alle preferenze del soggetto e alla facilità
con cui può essere praticata", conclude Volpe. L'Agenda del cuore 2013
fa parte della collana 'Didattica della salute' curata da Teva, gruppo
farmaceutico leader nel settore dei medicinali equivalenti. "Per Teva -
afferma il presidente della filiale italiana, Giorgio Foresti - salute
significa soprattutto fare prevenzione, attraverso una sana
alimentazione e una corretta attività fisica. Lo sport, come una
medicina, ha la capacità di apportare notevoli benefici al nostro
organismo ma, per essere realmente efficace, deve essere 'somministrato'
in maniera regolare e costante. Per questo l'Agenda contiene un vero e
proprio bugiardino, con indicazioni terapeutiche, modalità di
somministrazione, meccanismo d'azione e di efficacia, avvertenze ed
effetti indesiderati".
Quale e quanto sport per i bambini?
Quante volte alla settimana prevedere attività fisiche? E quale preferire? Ecco la “piramide” suggerita dai pediatri
Gioco, bici , nuoto, danza, volley, sci, calcio . Come scegliere
qual è l’attività più adatta ai nostri bambini, e quante volte alla
settimana è bene che la pratichino? A fissare le `dosi´ ideali per ogni
sport è la Piramide dell’attività fisica
presentata qualche giorno fa a Milano. Sulla falsa riga della ormai
nota Piramide alimentare, i pediatri hanno pensato di mutuare lo schema
anche per l’esercizio fisico.
1) Le attività da fare tutti i giorni
La nuova Piramide, organizzata in 4 gradini, vuole aiutare i genitori a orientarsi e a dettare regole `doc´ ai propri figli. «I suggerimenti indicati si sono dimostrati efficaci, a tutto vantaggio dello stato di salute - assicura Marcello Giovannini, che ha presieduto il convegno “Milanopediatria” -. Un’ora di cammino comporta un dispendio energetico triplo a quello ottenibile passando lo stesso tempo a guardare la Tv, con un importante incremento del rapporto tra ossidazione dei grassi e ossidazione dei carboidrati». Alla base della piramide, dunque, c’è l’attività fisica da fare tutti i giorni. Vale a dire? «Passeggiare col cane, fare le scale a piedi, aiutare la mamma nei lavori domestici, giocare con gli amici all’aria aperta», elencano i pediatri. Insomma, muoversi senza limiti particolari. «L’esercizio fisico non programmato, infatti, sembrerebbe in grado non solo di consentire un aumento di spesa di energie legato al movimento, ma potrebbe favorire uno stile di vita più attivo. Le tentazioni di attività sedentarie (televisione, videogiochi) e di eccedere con i fuori-pasto sono molto più forti al chiuso che all’aperto».
2)Cinque volte la settimana
Il secondo gradino della Piramide dello sport riporta invece l’attività fisica da eseguire 3, 5 volte alla settimana, e cioè «gli esercizi aerobici come andare in bicicletta, camminare velocemente, correre, pattinare, nuotare» per il tempo desiderato. «Sono gli esercizi più indicati - precisano i pediatri - perché inducono una maggiore ossidazione di lipidi. In particolare, bicicletta e nuoto sono consigliati in special modo se la massa ponderale è elevata e sono prevedibili traumatismi articolari favoriti dall’esercizio».
3) Due o tre volte a settimana
Salendo lungo la Piramide, il terzo gradino è quello dedicato all’attività fisica programmata da eseguire 2, 3 volte alla settimana, 50 minuti per volta. In questo caso gli sport più adatti sono «le arti marziali, la danza, un’ora di tennis oppure di calcetto o di pallavolo. Nel scegliere il tipo di esercizio fisico programmato è preferibile un’attività di gruppo - suggeriscono i medici - possibilmente con coetanei con gli stessi problemi di peso, perché i bambini e soprattutto gli adolescenti obesi si sentano meno inibiti nell’effettuare queste attività di gruppo. L’approccio all’attività sportiva deve essere inoltre calibrato alle possibilità reali del bambino e attuato in modo progressivo».
4) Una volta a settimana
Infine, la punta della piramide che rappresenta lo spazio da dedicare alla televisione e ai videogiochi: pochissimo. L’invito dei pediatri è «cercare di stare seduto meno di un’ora alla settimana».
lastampa.it
1) Le attività da fare tutti i giorni
La nuova Piramide, organizzata in 4 gradini, vuole aiutare i genitori a orientarsi e a dettare regole `doc´ ai propri figli. «I suggerimenti indicati si sono dimostrati efficaci, a tutto vantaggio dello stato di salute - assicura Marcello Giovannini, che ha presieduto il convegno “Milanopediatria” -. Un’ora di cammino comporta un dispendio energetico triplo a quello ottenibile passando lo stesso tempo a guardare la Tv, con un importante incremento del rapporto tra ossidazione dei grassi e ossidazione dei carboidrati». Alla base della piramide, dunque, c’è l’attività fisica da fare tutti i giorni. Vale a dire? «Passeggiare col cane, fare le scale a piedi, aiutare la mamma nei lavori domestici, giocare con gli amici all’aria aperta», elencano i pediatri. Insomma, muoversi senza limiti particolari. «L’esercizio fisico non programmato, infatti, sembrerebbe in grado non solo di consentire un aumento di spesa di energie legato al movimento, ma potrebbe favorire uno stile di vita più attivo. Le tentazioni di attività sedentarie (televisione, videogiochi) e di eccedere con i fuori-pasto sono molto più forti al chiuso che all’aperto».
2)Cinque volte la settimana
Il secondo gradino della Piramide dello sport riporta invece l’attività fisica da eseguire 3, 5 volte alla settimana, e cioè «gli esercizi aerobici come andare in bicicletta, camminare velocemente, correre, pattinare, nuotare» per il tempo desiderato. «Sono gli esercizi più indicati - precisano i pediatri - perché inducono una maggiore ossidazione di lipidi. In particolare, bicicletta e nuoto sono consigliati in special modo se la massa ponderale è elevata e sono prevedibili traumatismi articolari favoriti dall’esercizio».
3) Due o tre volte a settimana
Salendo lungo la Piramide, il terzo gradino è quello dedicato all’attività fisica programmata da eseguire 2, 3 volte alla settimana, 50 minuti per volta. In questo caso gli sport più adatti sono «le arti marziali, la danza, un’ora di tennis oppure di calcetto o di pallavolo. Nel scegliere il tipo di esercizio fisico programmato è preferibile un’attività di gruppo - suggeriscono i medici - possibilmente con coetanei con gli stessi problemi di peso, perché i bambini e soprattutto gli adolescenti obesi si sentano meno inibiti nell’effettuare queste attività di gruppo. L’approccio all’attività sportiva deve essere inoltre calibrato alle possibilità reali del bambino e attuato in modo progressivo».
4) Una volta a settimana
Infine, la punta della piramide che rappresenta lo spazio da dedicare alla televisione e ai videogiochi: pochissimo. L’invito dei pediatri è «cercare di stare seduto meno di un’ora alla settimana».
lastampa.it
Salute: ossessione sport, colpisce uomini e donne (star comprese) e ha conseguenze serie
Ore e ore trascorse in palestra, in piscina o a fare jogging. Se
praticare attività fisica fa bene per mantenersi in salute e i medici la
consigliano caldamente, esagerare può essere poco salutare o
addirittura deleterio. Il rischio, insomma, è che lo sport si trasformi
in una sorta di ossessione. È la cosiddetta exercise addiction, ossia la
fissazione “patologica” per lo sport. Che colpisce in primo luogo le
celebrità, ma non solo. Ne abbiamo discusso con il Professor Alessandro
Sartorio, Primario della Divisione di Auxologia & Malattie
Metaboliche dell’Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, di Milano che di
questo argomento ha parlato nel recente congresso della Società Europea
di Neuroendocrinologia di Vienna.
Quando praticare sport diventa una “malattia”?
Chi pratica sport in modo sano, integra l’attività sportiva nella propria vita. Chi è “malato” pianifica la sua esistenza in funzione dello sport, tutto, insomma, ruota intorno a un’ossessiva e smoderata attività fisica, che viene svolta in modo ossessivo anche a fronte di danni fisici per la persona.
Ma quanto è diffusa questa ossessione?
Si stima che negli Stati Uniti il 3 - 5% della popolazione soffra di exercise addiction. Anche in Italia, il disturbo è in costante aumento. È però molto difficile azzardare una percentuale perché il fenomeno tende a rimanere spesso sommerso.
Qual è la ragione principale di questo fenomeno?
Le ragioni sono principalmente due: l’esercizio ossessivo può essere finalizzato a migliorare sempre di più la prestazione fisica, non accontentandosi mai dei risultati raggiunti, un fenomeno più frequente negli uomini. Per le donne, invece, spesso lo scopo è quello di mantenere costante il peso corporeo, oppure di perderlo. La finalità è, quindi, sostanzialmente quella di evitare di ingrassare e di stabilire un controllo costante sulla propria forma fisica. Al femminile, l’exercise addiction è molto diffusa tra le anoressiche e in donne con disturbi del comportamento alimentare. Circa il 50 % delle donne che hanno disturbi del comportamento alimentare deve fare i conti anche con l’ossessione nei confronti dello sport. E magari anche con altri disturbi del comportamento, come, per esempio, lo shopping compulsivo. Gli uomini che soffrono di exercise addiction tendono, invece, spesso, a fare abuso di alcol, di fumo e, talvolta anche di farmaci illeciti e/o integratori che permettano loro di migliorare il livello delle prestazioni sportive.
Quali le manifestazioni più eclatanti?
Chi è affetto da exercise addiction prova spesso una sorta di incapacità di controllo nei confronti dell’attività fisica che viene, quindi, praticata senza limite alcuno, anche fino allo sfinimento e al danno fisico. I “dipendenti da esercizio” provano anche sintomi da astinenza quando non praticano sport e devono aumentare costantemente il numero e la durata degli allenamenti. Nei casi più gravi, c’è chi arriva addirittura, a praticare il “boosting”, quello che è stato definito il doping del dolore. Ci si procura cioè dolore fisico attraverso una diversificata serie di lesioni, che vanno dalle scosse elettriche ai genitali a piccole fratture ossee, con lo scopo di aumentare il livello della propria prestazione, perché aumentano i livelli della pressione sanguigna e quelli dell’adrenalina in circolo nel sangue.
Che fare allora, per guarire da una patologia che può diventare anche molto seria?
Partire dal presupposto fondamentale che se praticare sport fa bene, eccedere può essere controproducente o addirittura può far male alla salute. Le articolazioni ne risentono, così come il sistema cardio-circolatorio, soprattutto, quando si eccede nello sport (senza essere capaci di fermarsi per tempo) e non si è più giovanissimi (oltre i 45 anni). Anche l’equilibrio ormonale rischia di andare a pallino, il ciclo mestruale nelle donne inizia a non essere più regolare o può addirittura scomparire, specie se c’è una importante riduzione del peso corporeo... In sostanza corpo e psiche ne risentono. A questo punto, bisogna ricorrere all’aiuto di uno specialista e la terapia cognitivo comportamentale può veramente darci una mano a vivere in maniera più serena l’attività sportiva. È ovviamente difficile disintossicare una persona dipendente da esercizio, se a questa si associa anche un disturbo alimentare e/o un'assunzione concomitante di farmaci illeciti e/o integratori, sempre più diffusa anche fra i giovani per la grande facilità del loro acquisto sul web. E se da soli non siamo in grado di capire che ormai siamo “malati di sport”, il nostro partner o chi ci sta più vicino può aiutarci a prendere atto dei seri pericoli che questa nuova “dipendenza” può dare per la salute e per l’equilibrio psichico.
Chi pratica sport in modo sano, integra l’attività sportiva nella propria vita. Chi è “malato” pianifica la sua esistenza in funzione dello sport, tutto, insomma, ruota intorno a un’ossessiva e smoderata attività fisica, che viene svolta in modo ossessivo anche a fronte di danni fisici per la persona.
Ma quanto è diffusa questa ossessione?
Si stima che negli Stati Uniti il 3 - 5% della popolazione soffra di exercise addiction. Anche in Italia, il disturbo è in costante aumento. È però molto difficile azzardare una percentuale perché il fenomeno tende a rimanere spesso sommerso.
Qual è la ragione principale di questo fenomeno?
Le ragioni sono principalmente due: l’esercizio ossessivo può essere finalizzato a migliorare sempre di più la prestazione fisica, non accontentandosi mai dei risultati raggiunti, un fenomeno più frequente negli uomini. Per le donne, invece, spesso lo scopo è quello di mantenere costante il peso corporeo, oppure di perderlo. La finalità è, quindi, sostanzialmente quella di evitare di ingrassare e di stabilire un controllo costante sulla propria forma fisica. Al femminile, l’exercise addiction è molto diffusa tra le anoressiche e in donne con disturbi del comportamento alimentare. Circa il 50 % delle donne che hanno disturbi del comportamento alimentare deve fare i conti anche con l’ossessione nei confronti dello sport. E magari anche con altri disturbi del comportamento, come, per esempio, lo shopping compulsivo. Gli uomini che soffrono di exercise addiction tendono, invece, spesso, a fare abuso di alcol, di fumo e, talvolta anche di farmaci illeciti e/o integratori che permettano loro di migliorare il livello delle prestazioni sportive.
Quali le manifestazioni più eclatanti?
Chi è affetto da exercise addiction prova spesso una sorta di incapacità di controllo nei confronti dell’attività fisica che viene, quindi, praticata senza limite alcuno, anche fino allo sfinimento e al danno fisico. I “dipendenti da esercizio” provano anche sintomi da astinenza quando non praticano sport e devono aumentare costantemente il numero e la durata degli allenamenti. Nei casi più gravi, c’è chi arriva addirittura, a praticare il “boosting”, quello che è stato definito il doping del dolore. Ci si procura cioè dolore fisico attraverso una diversificata serie di lesioni, che vanno dalle scosse elettriche ai genitali a piccole fratture ossee, con lo scopo di aumentare il livello della propria prestazione, perché aumentano i livelli della pressione sanguigna e quelli dell’adrenalina in circolo nel sangue.
Che fare allora, per guarire da una patologia che può diventare anche molto seria?
Partire dal presupposto fondamentale che se praticare sport fa bene, eccedere può essere controproducente o addirittura può far male alla salute. Le articolazioni ne risentono, così come il sistema cardio-circolatorio, soprattutto, quando si eccede nello sport (senza essere capaci di fermarsi per tempo) e non si è più giovanissimi (oltre i 45 anni). Anche l’equilibrio ormonale rischia di andare a pallino, il ciclo mestruale nelle donne inizia a non essere più regolare o può addirittura scomparire, specie se c’è una importante riduzione del peso corporeo... In sostanza corpo e psiche ne risentono. A questo punto, bisogna ricorrere all’aiuto di uno specialista e la terapia cognitivo comportamentale può veramente darci una mano a vivere in maniera più serena l’attività sportiva. È ovviamente difficile disintossicare una persona dipendente da esercizio, se a questa si associa anche un disturbo alimentare e/o un'assunzione concomitante di farmaci illeciti e/o integratori, sempre più diffusa anche fra i giovani per la grande facilità del loro acquisto sul web. E se da soli non siamo in grado di capire che ormai siamo “malati di sport”, il nostro partner o chi ci sta più vicino può aiutarci a prendere atto dei seri pericoli che questa nuova “dipendenza” può dare per la salute e per l’equilibrio psichico.
di Paola Scaccarabozzi . repubblica.it
Sport prima di colazione
Prima lo sport, poi la colazione. Una camminata a passo svelto che precede la “prima colazione” aiuta a bruciare più grassi e a mantenere pulite le arterie. Una regola che vale per gli uomini ma forse non per le signore. Lo spiega uno studio condotto dall'Università di Glasgow, in Scozia, pubblicato sul British Journal of Nutrition, che ha investigato gli effetti dell'attività fisica a digiuno, scoprendo che muoversi prima prima di cappuccino e cornetto aiuta a consumare un terzo di grassi in più. Passeggiata mattutina – A fare da “cavie” sono stati 10 uomini, sottoposti a tre visite in tre momenti diversi: una volta non avevano fatto alcun esercizio fisico, un'altra avevano camminato a passo svelto per 60 minuti prima di colazione, la terza dopo colazione. Il confronto ha confermato che fare esercizio fisico prima di colazione aiuta a consumare il 33% di grasso in più rispetto a quando l'attività segue la colazione. Anche i parametri del rischio cardiovascolare migliorano. In poche parole, meno grassi nel sangue e arterie più pulite. Nessun effetto-lampo – La regola sembra avere i suoi indiscutibili vantaggi su pancetta e girovita, “ma non aspettatevi risultati lampo – spiega Jason Gill, autore della ricerca – perché con 60 minuti di camminata al giorno per 10 giorni consecutivi si dimagrisce di mezzo chilo”. Nessun rischio, invece, di cali di zuccheri, se non si soffre di diabete o altre patologie. Se si svolge un'attività moderata a stomaco vuoto, un metabolismo meno affatticato sembra funzionare meglio, anche spingendosi un po' più in là. “Durata e carichi di lavoro possono essere aumentati senza timore – afferma ancora Gill -, il corpo ha risorse per sopportare anche 90-120 minuti a digiuno”. di Cosimo Colasanto (31/10/2012)
salute24
salute24
Brevettato nuovo regime antinvecchiamento made in Italy
Le Spa cambiano pelle. Abbandonata l'acqua e i percorsi nelle piscine,
e' la volta del massaggio kabat, tecnica di stimolazione neuromuscolare
impiegata nella riabilitazione post-traumi neurologici, impiegato come
antinvecchiamento. La metodica, infatti, sembra potenziare l'efficacia
di creme e sieri antieta' rinforzando i tessuti cutanei e l'elasticita'
dei muscoli facciali. Associato ad una dieta ad alto contenuto vegetale,
promette una pelle sana e giovane a lungo. L'associazione di
massaggio-dieta e cosmetici e' la base di un nuovo sistema antieta'
brevettato dalla societa' italiana Davines, specializzata in cosmesi e
presente nelle Spa di 60 paesi nel mondo. Il sistema 'longevity
complex-skin regimen' si basa sull'uso combinato di sieri, creme e
integratori alimentari che promettono di ridurre le rughe del 17% ed
aumentare l' idratazione del 26%. Ha partecipato alla messa a punto del
nuovo sistema per la longevita' Massimo Gualerzi, cardiologo alla
Fondazione Don Carlo Gnocchi, universita' degli Studi di Parma che
spiega:''Ci sono molti legami fra patologie della pelle e del cuore.
Sedentarieta', junk food e cattivo stile di vita innescano
infiammazioni, stress ossidativo e metilazione del dna. Cio' induce
invecchiamento sia al cuore che alla pelle e ci sono composti efficaci
per entrambi, come gli omega 3 contenuti nel pesce, isemi di chia
ricavati dalla salvia hispanica antinfiammatori e l'astaxantina
antiossidante. Poi meditazione, massaggi e attivita' fisica si usano in
cardiologia e sono efficaci anche come antinvecchiamento cutaneo''.
Mariuccia Bucci, dermatologa specializzata in nutrilipidomica e vice Presidente Isplad precisa: ''La linea contiene semi di chia e palmitoil tripeptide 5, un micropeptide biomimetico che stimola la produzione di collagene. Il trattamento e' stato sottoposto a test di efficacia su 60 donne dai 40 ai 60 anni di eta' per tre mesi ed i risultati sono stati evidenti soprattutto per la ridensificazione cutanea''.
La dieta verde per la longevita' e' a base di succhi verdi vegetali contenenti cetrioli e sedano mescolati con mele e limone. Ma anche avena biologica, semi di chia, girasole, lino e zucca, e ancora zuppe di patate dolci, carote, cayenna, aglio, noce moscata, cardamomo e limone.
I piatti proteici sono fatti con spinaci, quinoa, mirin, olio e cetrioli. Ottimi anche frullati di barbabietole, carote e verdure verdi. Infine pesce bianco e verdure.
Mariuccia Bucci, dermatologa specializzata in nutrilipidomica e vice Presidente Isplad precisa: ''La linea contiene semi di chia e palmitoil tripeptide 5, un micropeptide biomimetico che stimola la produzione di collagene. Il trattamento e' stato sottoposto a test di efficacia su 60 donne dai 40 ai 60 anni di eta' per tre mesi ed i risultati sono stati evidenti soprattutto per la ridensificazione cutanea''.
La dieta verde per la longevita' e' a base di succhi verdi vegetali contenenti cetrioli e sedano mescolati con mele e limone. Ma anche avena biologica, semi di chia, girasole, lino e zucca, e ancora zuppe di patate dolci, carote, cayenna, aglio, noce moscata, cardamomo e limone.
I piatti proteici sono fatti con spinaci, quinoa, mirin, olio e cetrioli. Ottimi anche frullati di barbabietole, carote e verdure verdi. Infine pesce bianco e verdure.
ansa
Lo sport fa bene al cervello, bastano 4 mesi di allenamento
L'esercizio fisico non solo fa bene alla salute ma allena anche il
cervello e lo rende piu' brillante. I benefici dello sport a livello
cognitivo si riscontrano anche nei non-atleti, in chi e' sedentario, in
sovrappeso e a rischio di patologie cardiovascolari gia' dopo 4 mesi di
allenamento. La connessione fra attivita' cerebrali e movimento e' stata
indagata dai ricercatori del Montreal Heart Institute su un gruppo di
soggetti, di eta' media 49 anni, tutti in sovrappeso e sedentari,
sottoposti a test neuropsicologici, cognitivi e biologici. Lo studio e'
stato presentato questa mattina al congresso della Canadian
Cardiovascular Foundation in corso a Toronto.
Lo sport rende il cervello piu' intelligente e sveglio, migliora le capacita' di ragionamento, la memoria e la prontezza a prendere decisioni. I partecipanti all'indagine, in sovrappeso e con piu' di un fattore di rischio di patologie cardiovascolari, sono stati sottoposti a 4 mesi di allenamento 'sprint' due volte la settimana, composto da esercizi aerobici intensi di breve durata come uno scatto di corsa o bicicletta mantenuto per 30 secondi alternati a esercizi a bassa intensita', come una camminata rapida. ''Dopo 150 minuti di allenamento di tipo moderato-vigoroso a settimana, svolto per 4 mesi, non solo sono migliorati i parametri cardiaci, colesterolo, pressione del sangue e il peso ma e' incrementata l'ossigenazione del cervello e sono migliorate le capacita' cognitive'', spiega Martin Juneau, direttore del centro di prevenzione al Montreal Heart Institute e della ricerca.
ansa
Lo sport rende il cervello piu' intelligente e sveglio, migliora le capacita' di ragionamento, la memoria e la prontezza a prendere decisioni. I partecipanti all'indagine, in sovrappeso e con piu' di un fattore di rischio di patologie cardiovascolari, sono stati sottoposti a 4 mesi di allenamento 'sprint' due volte la settimana, composto da esercizi aerobici intensi di breve durata come uno scatto di corsa o bicicletta mantenuto per 30 secondi alternati a esercizi a bassa intensita', come una camminata rapida. ''Dopo 150 minuti di allenamento di tipo moderato-vigoroso a settimana, svolto per 4 mesi, non solo sono migliorati i parametri cardiaci, colesterolo, pressione del sangue e il peso ma e' incrementata l'ossigenazione del cervello e sono migliorate le capacita' cognitive'', spiega Martin Juneau, direttore del centro di prevenzione al Montreal Heart Institute e della ricerca.
Sport, ecco i movimenti che evitano le malattie
Contro la sedentarietà e per prevenire patologie croniche è raccomandata l'attività fisica. Se ne parlerà al congresso mondiale di medicina sportiva che si apre a Roma in questi giorni. Nuoto, corsa, atletica leggera per i più piccoli; yoga, pilates, ballo per gli anziani. Per gli adulti allenamenti almeno tre ore a settimana
di IRMA D'ARIA
"L'esercizio fisico è una risorsa strategica per la salute di tutta la popolazione " dichiara Maurizio Casasco, presidente della Federazione Medico Sportiva Italiana alla vigilia del World Congress of Sport Medicine che si svolgerà per la prima volta in Italia, a Roma, dal 27 al 30 settembre. "Ma va prescritta correttamente da un medico specialista dello sport perché agisce proprio come un farmaco: una dose troppo bassa non serve, ma una dose eccessiva intossica ". Ecco perché proprio in questo periodo dell'anno in cui si riprendono anche le attività sportive bisognerebbe individuare lo sport più adatto ad ogni età. Scegliere bene è fondamentale soprattutto per i bambini che, anche in Italia, sono sempre più in sovrappeso. "Portare il bambino in piscina tre volte a settimana
non basta" precisa Sergio Bernasconi, direttore della Clinica Pediatrica dell'università di Parma e vice-presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale. "Perché ci sia un effetto preventivo, ogni giorno deve trascorrere 30-40 minuti in movimento che sia camminando, andando in bicicletta o giocando in cortile come si faceva una volta". Solo così si riescono a compensare le molte ore di sedentarietà tra scuola, traffico per gli spostamenti, televisione e computer.
Gli sport più adatti sono quelli che consentono uno sviluppo fisico completo e armonioso come il nuoto, la corsa, l'atletica leggera e anche le arti marziali ma facendo attenzione ai traumi da contatto e indossando sempre le protezioni necessarie. "Numerosi studi testimoniano che il movimento svolto sin da bambini aiuta nella prevenzione dell'obesità, migliora e sviluppa la funzionalità cardiorespiratoria e svolge un ruolo importante anche sul fronte psico-emotivo perché aumenta la fiducia in sé stessi, aiuta a socializzare e nel caso degli sport di squadra, insegna il rispetto per gli altri". Ma il movimento serve anche da adulti. "Dall'adolescenza e fino ai 40 anni, una regolare attività fisica rafforza l'intero organismo dandoci la possibilità di invecchiare bene e prevenire l'insorgere di tante malattie", spiega Arsenio Veicsteinas, presidente della Scuola di Scienze Motorie dell'università di Milano. "Numerosi studi di biologia molecolare hanno dimostrato che l'esercizio fisico in età adulta predispone la cellula cardiaca a tollerare meglio eventuali insulti ischemici che sono tipici di questa fase della vita".
Servono allenamenti tre volte a settimana di circa un'ora che alternino attività aerobiche ed esercizi per le varie fasce muscolari che, con l'andare del tempo, subiscono una fisiologica riduzione. Muoversi dai 40 ai 60 anni, aiuta anche a prevenire l'obesità, il diabete di tipo 2 e rafforza le difese immunitarie. Benefici che valgono anche per gli anziani. "Dopo i 65 anni, la scelta del tipo di sport dipende molto dallo stato di salute generale di ciascuno. Muoversi con regolarità, serve anche a prevenire le patologie osteoarticolari e a prolungare nel tempo l'auto-sufficienza perché mette in grado gli anziani di alzarsi da soli dal letto, di continuare a svolgere le attività tipiche della vita quotidiana come fare la spesa o giocare con i nipoti ", prosegue Veicsteinas. In più, si socializza, si fortifica l'equilibrio che tende a diventare precario con l'età ma che è fondamentale per prevenire le cadute ed eventuali fratture. Vanno bene yoga, pilates, ballo, mentre non serve il nuoto perché in assenza di forza di gravità non svolge alcuna sollecitazione sulle ossa che, invece, hanno bisogno di contrarsi per avviare la deposizione del calcio e prevenire così l'osteoporosi.
repubblica.it
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