Alle Olimpiadi di Sochi 2014 verranno puniti coloro che faranno
"propaganda di relazioni sessuali non tradizionali": sconcerto e prime
minacce di boicottaggio
S e esistesse un dizionario "avanzato" in cui
cercare la definizione delle parole oltre il significato immediato, alla
voce sport troveremmo: libertà, socializzazione, confronto. Ogni sfida
fisica è infatti anche un confronto di idee, modi di vivere, interessi. E
visto che l’Olimpiade è il momento più alto dello sport, quello che più
esalta i Diritti Umani, è difficile non cogliere la contraddizione di
quello che la Russia sta per mettere sul piatto della prossima Olimpiade
invernale di Sochi 2014, con la prima prova generale già fra una
settimana ai Mondiali di atletica di Mosca.
Stiamo parlando della nuova legge anti-gay istituita in
giugno dal governo di Putin che, già intollerabile come principio,
rischia di minacciare a tal punto le prossime competizioni in Russia da
sollevare già qualche minaccia di boicottaggio. Questa recrudescenza di
intolleranza proposta dal regime di Putin ha fatto fatica a trovare
posto sulla stampa internazionale, ma il Comitato Olimpico
Internazionale l’ha portata alla luce denunciando la scorsa settimana la
minaccia che incombe sull’essenza stessa dei Giochi.
In un primo momento tutti avevano creduto alle
assicurazioni del governo russo su una specie di "tregua sportiva". Ma
ad accendere la miccia ci ha pensato il ministro dello sport russo,
Vitaly Mutko, che giovedì si è affrettato a spiegare che la nuova legge
non nasce per perseguitare i gay ma verrà attuata durante i Giochi per
punire solo coloro che faranno "propaganda di relazioni sessuali non
tradizionali" di fronte a minori. E fa già pensare il fatto che nessun
funzionario russo si azzardi a usare la parola gay, sostituita
dall’odiosa dicitura "sessualità non tradizionale".
In ogni caso la legge impedisce di esprimere orientamenti
gay sia online sia sulla stampa (del tutto vietati i Gay Pride) e per i
cittadini stranieri che verranno scoperti a fare propaganda gay, la
legge prevede pene che vanno fino a 2250 euro di multa, reclusione di 15
giorni, deportazione e divieto a fare rientro in Russia. Venerdì il Cio
ha chiarito che userà tutti i mezzi perché la nuova legge non venga
applicata agli atleti olimpici ma il candidato portoricano alla
presidenza, Richard Carrion, è andato oltre, proponendo che le future
candidate olimpiche non abbiano leggi statati discriminatorie in
contrasto con la carta olimpica.
Inutile sottolineare che fra i partecipanti olimpici i gay
so no presenti nella stessa percentuale della popolazione mondiale. Ma,
oltre a loro, a Sochi ci saranno dirigenti, tecnici, accompagnatori,
familiari, tifosi. Come può la Russia, proprio nello sport, pensare di
segregare un diffuso modo di vivere. Giustamente i siti gay sono da
giorni in fermento sull’argomento e il comitato olimpico australiano ha
espresso la propria preoccupazione su una legge che permetterà di
sospettare praticamente chiunque. Anche se fra gli atleti degli sport
invernali non ci sono gay dichiarati come l’oro 2008 australiano della
piattaforma Matthew Mitcham, erede in tutto e per tutto di Greg
Louganis, proviamo ad immaginare gli scenari possibili per i gay nei
prossimi avvenimenti in Russia.
E’ reato se dopo la gara va a baciare il suo fidanzato o,
peggio, gli dedica la medaglia? E’ reato se dichiara il suo orientamento
"non tradizionale?". E come dovranno comportarsi gli spettatori in
tribuna e gli operatori della stampa nel diffondere le notizie? Sembra
di essere tornati indietro di cento anni.
Fausto Narducci - gazzetta.it