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MONDIALI DI PALLAVOLO in Italia



di Adriana Pollice - ilmanifesto.it
Intervista ad Andrea Gardini, sulla panchina azzurra
Un mix italiano
Cerimonia d'apertura domani al Piccolo Teatro Strehler di Milano, sabato in campo per i primi incontri del mondiale di volley italiano, che torna a disputarsi da noi dopo 32 anni e qualche polemica nel passato per non aver ottenuto la manifestazione nel momento d'oro della pallavolo azzurra. La vittoria mondiale manca dal '98, dopo tre successi di fila. Il ct Andrea Anastasi punta, come obiettivo minimo, ad arrivare alla fase finale a Roma. Primi incontri all'ombra della Madonnina con, nell'ordine, Giappone, Iran ed Egitto. Dieci le sedi dei gironi per la qualificazione alle finali, che includono Torino, Verona, Trieste, Modena, Firenze, Ancona, Catania e Reggio Calabria. Nell'ultimo raduno azzurro di Mantova, quindici i convocati: Andrea Bari, Emanuele Birarelli, Simone Buti, Matej Cernic, Alessandro Fei, Michal Lasko, Davide Marra, Gabriele Maruotti, Luigi Mastrangelo, Simone Parodi, Andrea Sala, Cristian Savani, Dragan Travica, Valerio Vermiglio, Ivan Zaytsev. Sulla panchina italiana, come secondo, siede uno dei sei giocatori della 'generazione di fenomeni', capaci di vincere tutto (incluse otto World League) tranne le Olimpiadi, Andrea Gardini.

Che effetto farà non stare in campo?
L'età c'è e me ne sono fatto una ragione, così sarà bellissimo rivivere certe emozioni dalla panchina e per di più in Italia, dove non abbiamo mai giocato una competizione mondiale. Il godimento sarà lo stesso e anche la tensione, ma dopo tanto lavoro non vediamo l'ora di scendere in campo.

Tra le nazionali da temere non c'è più l'Olanda, che si mise tra voi e l'oro olimpico, ma c'è sempre il Brasile, una corazzata che sforna talenti a getto continuo.
I brasiliani sono probabilmente quelli che partono con i favori del pronostico, esplosivi e con una velocità di gioco incredibile, ma fa paura anche la Russia che ha dei giocatori enormi, giganteschi, una forza fisica imponente. E poi ci sono una folla di nazionali di livello altissimo come Cuba, gli Stati Uniti, la Bulgaria, la Francia, la Serbia, la Polonia. Tecnica, organizzazione di gioco, ma prima di arrivare a loro non bisogna distrarsi nel week end di esordio perché oggi come oggi nessuno fa sconti a nessuno.

Gli Stati Uniti hanno vinto a sorpresa le Olimpiadi di Pechino, dopo un periodo di appannamento a livello mondiale, grazie a un'organizzazione in campo perfetta.
È la loro filosofia di gioco. Si organizzano la preparazione in base ai cicli olimpici, dove riescono a portare a casa sempre risultati importanti. È nel loro stile essere pragmatici, hanno una dedizione assoluta, scendono in campo disposti a tutto, lo vedi che li devi proprio calpestare per farli morire! Così eravamo anche noi, è quel carattere che dobbiamo ritrovare.

Come sarà l'Italia di questi mondiali?
Abbiamo lavorato per mettere in campo un mix di esperienza e giovani leve. L'entusiasmo e la voglia di strafare accanto all'esperienza di chi può dare ordine e tranquillità, perché le insidie saranno ovunque. Rispetto alla World League, giocata quest'estate, siamo cresciuti molto, adesso il nostro gioco è molto più veloce, siamo più gruppo, anche la nostra mentalità in campo è migliorata. L'obiettivo è fare bene ai Mondiali, il contratto di allenatore e vice scade a ottobre, ma alle porte ci sono le Olimpiadi di Londra 2012, con le qualificazioni da giocarsi in casa. Ho fiducia, la federazione con Club Italia e Blue College, le squadre con i vivai stanno dando nuovo impulso al movimento, ci stiamo lasciando la crisi di talenti alle spalle, nuovi giocatori si affacciano e premono per arrivare.

Com'è cambiato il volley con l'introduzione del rally point system? Tu eri un centrale, anche se molto offensivo, un ruolo un po' penalizzato adesso.
Il pubblico di non addetti ai lavori spesso non capiva perché la palla andava a terra e il punteggio non si muoveva. Ora mi piace moltissimo, è più veloce, più dinamico, una distrazione e la partita scappa via. Così bisogna curare l'aspetto psicologico, perché bisogna restare mentalmente a mille per tutta la partita. Basta una ricezione sbagliata, un attacco tirato fuori e il set se ne va. Si deve scendere in campo con concentrazione e continuità per sperare di portare a casa i tre punti.

In primavera si è discusso se introdurre in nazionale uno dei fuoriclasse cubani che giocano in Italia, dopo i due anni di stop che devono osservare. Ma forse il modello a cui rifarsi è quello della Germania degli ultimi Mondiali di calcio, con le nuove leva di tedeschi di ogni origine in campo.
È già così per la nazionale azzurra perché la nostra società è già così e lo sport non può chiudersi ai cambiamenti sociali in nome di una italianità astratta che non esiste. Sulla nostra panchina ci sono Zaytsev, figlio di grandissimo palleggiatore russo che ha vinto tutto, nato a Perugia e vissuto a Roma e il suo accento lo dimostra in pieno. E poi Travica, portato in Italia dall'ex Jugoslavia che era in fasce, Lasko ha nelle vene sangue polacco, e tutti insieme cantiamo l'inno italiano.