Al termine delle Olimpiadi di Rio 2016, il bilancio del nuoto italiano era stato di un oro e due bronzi, grazie alla coppia formata da Gregorio Paltrinieri. Facendo, però, un’analisi a 360° della spedizione, si giunse alla conclusione che l’83% degli atleti nostrani in vasca aveva peggiorato il tempo di iscrizione. E i motivi? Il CT Cesare Butini fu molto diretto e onesto: “Credo che siamo arrivati qui con atleti che si sentono di serie B e mi dispiace, perché non abbiamo nulla da invidiare rispetto agli altri, né come atleti né come formazione. Abbiamo una Federazione che ci supporta, abbiamo delle società che si impegnano molto e con la Federazione condividono progetti importanti. Dal punto di vista della preparazione tutti hanno dato il massimo, non dobbiamo crocifiggerci, ma dobbiamo capire bene cosa non funziona dal punto di vista dell’approccio. A differenza di Europei e Mondiali, qui bisogna entrare ragionando che la prima gara è quella della vita. Gli americani approcciano tutto l’anno in maniera diversa, fanno il Mondiale l’anno prima in modo più tranquillo in vista dell’Olimpiade. I nostri atleti sembrano sentirsi invece un po’ inadeguati e invece è tutto il contrario. Bisogna cominciare a imparare che la gara è una cosa fondamentale, che va gestita in modo corretto, con le giuste pressioni, senza avere timori riverenziali“, le parole di Butini (fonte: Gazzetta dello Sport).
Ecco che quel riscontro ha cambiato lo spartito. Ci si è dedicati a un processo di preparazione in cui i nuotatori hanno preso parte con crescente continuità agli eventi extra Europei e Mondiali per abituarsi a competere contro i migliori e a non sentirsi “inadeguati” nel momento più importante. In seconda battuta, come confermato dallo stesso Butini in un’intervista concessa al Corriere dello Sport alcuni giorni fa, l’investimento è stato fatto anche per rendere i tecnici sempre più preparati rispetto alle evoluzione del nuoto, che va molto velocemente. Un percorso in parallelo con una miglior interazione tra i vari centri federali che si sono allargati a un contesto sempre più nazionale.
Pertanto, non stupisce che dai Mondiali 2017 di Budapest (Ungheria) si sia assistito a un cambio di rotta dal punto di vista della gestione dell’evento, che ha avuto dei riflessi chiari nei riscontri finali. Non è un caso, infatti, che dalla rassegna mondiale nella Duna Arena di cinque anni fa, gli aggiornamenti alla voce “primati di medaglie” siano stati costanti a livello continentale e iridato, senza dimenticare il record di podi di Sydney 2000 eguagliato a Tokyo 2020, andando a medaglia in specialità lontane dalla nostra tradizione.
Ecco che quanto raccolto a Roma è solo la miglior espressione di un qualcosa che già era accaduto precedentemente e le intenzioni sono quelle di non fermarsi qui, se si considera il primato nella classifica per nazioni negli Eurojunior del 2022.
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