L'Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha accolto l'istanza della Figc relativa alla possibilità di ammettere negli stadi dove si disputano le gare dei campionati professionistici un maggior numero di operatori di alcune particolari categorie: fino a 70 giornalisti (60 in più); fino a 30 fotoreporter (20 in più); fino a 85 tra addetti alla produzione audiovisiva e licenziatari dei diritti (30 in più); fino a 50 addetti ai servizi stadio (40 in più). (ANSA).
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Calcio: Figc, ok governo a aumento presenze reporter in stadi
L'Ufficio per lo Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha accolto l'istanza della Figc relativa alla possibilità di ammettere negli stadi dove si disputano le gare dei campionati professionistici un maggior numero di operatori di alcune particolari categorie: fino a 70 giornalisti (60 in più); fino a 30 fotoreporter (20 in più); fino a 85 tra addetti alla produzione audiovisiva e licenziatari dei diritti (30 in più); fino a 50 addetti ai servizi stadio (40 in più). (ANSA).
BIGLIETTI DELLA FINALE IN VENDITA AL MAPEI STADIUM IN OCCASIONE DI SASSUOLO – MILAN
Prosegue spedita la prevendita dei
tagliandi per assistere alla finale della Champions League Femminile in
programma il 26 maggio allo stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia.
I biglietti,
acquistabili presso le ricevitorie appartenenti al circuito Vivaticket by Best
Union, sul sito uwclf2016.vivaticket.it e sul
sito ufficiale dell’evento www.UWCLfinal.com, saranno disponibili anche presso il botteghino dello
stadio Città del Tricolore in occasione della partita di Serie A TIM che si
giocherà domenica 6 marzo tra Sassuolo e Milan.
Di seguito i prezzi dei
biglietti:
TRIBUNE
Biglietto singolo
€ 10,00
Biglietti di gruppo (oltre 10 persone)
€ 8,00 a persona
Ridotto adulti oltre 65
anni € 8,00
Ridotto studenti fino a 16
anni € 8,00
Ridotto
famiglie € 8,00 a
persona
Disabili Gratis
(disabile e accompagnatore)
CURVE
Biglietto
singolo € 7,00
Biglietti di gruppo (oltre 10 persone)
€ 5,00 a persona
Ridotto adulti oltre 65 anni
€ 5,00
Ridotto studenti fino a 16 anni
€ 5,00
Ridotto famiglie
€ 5,00 a persona
Disabili
Gratis (disabile e accompagnatore)
Per scoprire tutte le iniziative che si
susseguiranno fino al giorno della partita e rimanere costantemente aggiornati
sulla Finale visitare il sito www.UWCLfinal.com e seguire la pagina
Facebook ufficiale “UEFA Women’s Champions League Final – Reggio
Emilia”.
Master Group Sport - Ufficio
stampa
San Paolo, sabotaggio e contenzioso con la ditta: aumenta il giallo
Sabotaggio o contenzioso irrisolto con una ditta? Il «caso» del prato sabbioso del San Paolo, diventato vergogna nazionale oscilla intorno a questo «corno», fino a diventare un giallo. «Smentisco qualsiasi ipotesi di sabotaggio che sento circolare in queste ore», dice al Corriere del Mezzogiorno l'assessora allo Sport del Comune Pina Tommassiello. Intanto è arrivato l'agronomo che ha salvato il manto erboso del Meazza per una verifica del prato. «Quel fungo era presente, a livello latente da mesi»
E proprio mentre esplode la polemica sul fungo, Dagospia nel lancia un'altra che riguarda la ditta che si occupa della manutenzione del terreno. «Lo scorso gennaio - scrive Carlo Tarallo sul sito di Roberto D'Agostino - ci sarebbe un contrasto da 107.000 euro tra la società di Aurelione De Laurentiis e l'azienda di Francesco Marrone, che da circa 10 anni si occupava della manutenzione del terreno di gioco dello stadio di Fuorigrotta. E il recente cambio di manutentore, nelle ore in cui il prato in condizioni pietose del San Paolo è diventato un caso nazionale, finisce inevitabilmente al centro della scena».
Sospetti e livori: l'unica cosa certa è che l'incontro del 16 settembre (ore 15) con il Parma rischia di riprodurre il bis della vergognosa serata con la Fiorentina. A meno di un miracolo con una rizollatura affidata a una nuova semina con granelli a crescita sprint. ma i dubbi sono davvero tanti.
corriere.it
Ridateci i padri che portano i figli allo stadio
DI MASSIMILIANO CASTELLANI
Il calcio spezzatino ultramediatico ricattato dagli ultrà ha reso gli stadi tristi non più accessibili ai “tifosi veri” e alle loro famiglie
È una Babele insidiosa e maligna questo benedetto pallone. E noi che come Lucio Dalla, siamo cresciuti «guardando le partite alla radio», - mentre ascoltavamo la voce amica di Tutto il calcio minuto per minuto ci sentiamo i veri condannati al Daspo. L’estate sta finendo e un’era se ne va. Quella che comincia per il calcio italiano dicono sia l’«era della tessera» che rimetterà le cose a posto, ripulirà le Curve, riporterà la sicurezza e la pace negli stadi. Sarà vero? È pur vero che dopo un decennio nero, di guerriglie urbane, macchine incendiate, accoltellati, agenti feriti e ispettori di Polizia caduti assurdamente sul “campo” (l’omicidio di Filippo Raciti ancora irrisolto), da qualche parte bisognava pur cominciare. Il problema è che anche nella nostra Repubblica fondata sul pallone, gattopardescamente si insinua da sempre lo striscione intimidatorio: «perché tutto cambi occorre che tutto resti uguale». Uno slogan adottato dai presidenti delle società, ai quali fino a ieri, il gioco è andato bene così, anche cedendo al ricatto e foraggiando i capricci dalle spese per le trasferte fino all’ultima sciarpa - dei gruppi ultrà. Poi però l’affare si è fatto commerciale e di conseguenza politico, la situazione gli è sfuggita di mano, e alla fine, dopo aver gridato e minacciato, al padre- patron non è rimasto che spedire la palla avvelenata in tribuna, prendere tempo e chiedere aiuto al vecchio e traballante Stato.
Il quale, a sua volta, avendo legami più o meno diretti con gli stessi imprenditori dell’Azienda calcio, sta usando la stessa tattica: pugno di ferro e che il messaggio della «tolleranza zero» arrivi agli ultrà. Ma intanto melina ad oltranza, sperando che i tempi, compresi quelli supplementari e al limite ai rigori, aggiustino tutto. Però così si rischia che a pagare sia solo e soltanto uno: il tifoso-vero. Più raro di un panda per la pubblica ottusità, eppure ancora maggioranza civile e per questo silenziosa. Stanno uccidendo il papà-tifoso. Quello che oltre a crescere e a educare un figlio ai valori sani della vita, lo aveva anche introdotto in quello che un tempo era il meraviglioso mondo delle gradinate. Ci faranno vedere il calcio a tutte le ore, da quella di pranzo (anticipo domenicale delle 12,30 che fa saltare il tradizionale convivio in famiglia) fino a notte fonda, ma hanno deciso che oscureranno l’immagine del papà che porta per la prima volta il figlio allo stadio. Eppure, se sapessero quanto era importante quell’iniziazione per un genitore-tifoso: fondamentale quanto il primo dentino spuntato, il primo giorno di scuola, il diploma, la laurea del figlio. «La colpa è degli stadi», l’altro tormentone. I nostri, sono i più brutti e insicuri d’Europa, vero. Ma è anche vero che quando con il tempo e nonostante le bombe scampate i nostri stadi diventano luoghi d’arte e monumenti alla memoria, poi li buttano giù e ne costruiscono di nuovi che però hanno sempre barriere, fossati ed eserciti - spesso inutili e costosi per dividerci, per tenerci a distanza, anche a noi che siamo tifosi veri. Quelli sani e onesti che hanno sempre pagato il biglietto e che erano felici anche di fare la coda al botteghino in compagnia di un padre, di un amico. Sereni e pacifici nell’aspettare insieme, per ore, che la partita cominciasse, mangiando pane e frittata e brindando con una lattina a una felicità frizzante che forse può stare anche dentro lo spazio ristretto di 90 minuti. C’è chi considera tutto questo un passato da cancellare, e dai e dai ci si sta riuscendo. E non poter neanche più dire senza essere derisi, «mio padre (il buon Mario) mi ha portato in tutti gli stadi d’Italia e non ci è mai capitato niente...», è la peggiore delle sconfitte.
Ma anche per questo motivo, i violenti non possono averla vinta.
avvenire 29 agosto 2010
Il calcio spezzatino ultramediatico ricattato dagli ultrà ha reso gli stadi tristi non più accessibili ai “tifosi veri” e alle loro famiglie
È una Babele insidiosa e maligna questo benedetto pallone. E noi che come Lucio Dalla, siamo cresciuti «guardando le partite alla radio», - mentre ascoltavamo la voce amica di Tutto il calcio minuto per minuto ci sentiamo i veri condannati al Daspo. L’estate sta finendo e un’era se ne va. Quella che comincia per il calcio italiano dicono sia l’«era della tessera» che rimetterà le cose a posto, ripulirà le Curve, riporterà la sicurezza e la pace negli stadi. Sarà vero? È pur vero che dopo un decennio nero, di guerriglie urbane, macchine incendiate, accoltellati, agenti feriti e ispettori di Polizia caduti assurdamente sul “campo” (l’omicidio di Filippo Raciti ancora irrisolto), da qualche parte bisognava pur cominciare. Il problema è che anche nella nostra Repubblica fondata sul pallone, gattopardescamente si insinua da sempre lo striscione intimidatorio: «perché tutto cambi occorre che tutto resti uguale». Uno slogan adottato dai presidenti delle società, ai quali fino a ieri, il gioco è andato bene così, anche cedendo al ricatto e foraggiando i capricci dalle spese per le trasferte fino all’ultima sciarpa - dei gruppi ultrà. Poi però l’affare si è fatto commerciale e di conseguenza politico, la situazione gli è sfuggita di mano, e alla fine, dopo aver gridato e minacciato, al padre- patron non è rimasto che spedire la palla avvelenata in tribuna, prendere tempo e chiedere aiuto al vecchio e traballante Stato.
Il quale, a sua volta, avendo legami più o meno diretti con gli stessi imprenditori dell’Azienda calcio, sta usando la stessa tattica: pugno di ferro e che il messaggio della «tolleranza zero» arrivi agli ultrà. Ma intanto melina ad oltranza, sperando che i tempi, compresi quelli supplementari e al limite ai rigori, aggiustino tutto. Però così si rischia che a pagare sia solo e soltanto uno: il tifoso-vero. Più raro di un panda per la pubblica ottusità, eppure ancora maggioranza civile e per questo silenziosa. Stanno uccidendo il papà-tifoso. Quello che oltre a crescere e a educare un figlio ai valori sani della vita, lo aveva anche introdotto in quello che un tempo era il meraviglioso mondo delle gradinate. Ci faranno vedere il calcio a tutte le ore, da quella di pranzo (anticipo domenicale delle 12,30 che fa saltare il tradizionale convivio in famiglia) fino a notte fonda, ma hanno deciso che oscureranno l’immagine del papà che porta per la prima volta il figlio allo stadio. Eppure, se sapessero quanto era importante quell’iniziazione per un genitore-tifoso: fondamentale quanto il primo dentino spuntato, il primo giorno di scuola, il diploma, la laurea del figlio. «La colpa è degli stadi», l’altro tormentone. I nostri, sono i più brutti e insicuri d’Europa, vero. Ma è anche vero che quando con il tempo e nonostante le bombe scampate i nostri stadi diventano luoghi d’arte e monumenti alla memoria, poi li buttano giù e ne costruiscono di nuovi che però hanno sempre barriere, fossati ed eserciti - spesso inutili e costosi per dividerci, per tenerci a distanza, anche a noi che siamo tifosi veri. Quelli sani e onesti che hanno sempre pagato il biglietto e che erano felici anche di fare la coda al botteghino in compagnia di un padre, di un amico. Sereni e pacifici nell’aspettare insieme, per ore, che la partita cominciasse, mangiando pane e frittata e brindando con una lattina a una felicità frizzante che forse può stare anche dentro lo spazio ristretto di 90 minuti. C’è chi considera tutto questo un passato da cancellare, e dai e dai ci si sta riuscendo. E non poter neanche più dire senza essere derisi, «mio padre (il buon Mario) mi ha portato in tutti gli stadi d’Italia e non ci è mai capitato niente...», è la peggiore delle sconfitte.
Ma anche per questo motivo, i violenti non possono averla vinta.
avvenire 29 agosto 2010
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