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Mondiali 2010 - La stampa attacca un brutto Brasile

La stampa brasiliana, nelle versioni on line dei quotidiani, critica l'eliminazione del Brasile dalla Coppa del Mondo e punta il dito contro il ct Carlos Dunga. "Il tecnico ha lottato per adottare una filosofia diversa da quella del 2006. Ironia della sorte, il risultato è stato lo stesso: sconfitti da una squadra europea e eliminati ai quarti di finale", si legge sul quotidiano "O' Globo".
La "Gazeta Esportiva" titola invece: "Gli 'orange' spremono il Brasile e lo lasciano fuori dalla Coppa del Mondo. Due errori difensivi e poca ispirazione in attacco determinato la fine del sogno di avere un Brasile 6 volte campione del mondo. Dopo un buon primo tempo, la Seleçao è caduta per 2-1 contro l'Olanda con uno Sneijder ispirato".
"Globo Esporte" spiega: "La Seleçao ha offerto una prestazione incerta nel secondo tempo ed è stata sconfitta".
"Folha do Sao Paulo", apre la sua edizione online e sostiene che "La squadra di Dunga ha iniziato bene, è andata in vantaggio e avrebbe potuto segnare più gol. In preda al panico, però, è crollata bruscamente perdendo poi la testa quando Felipe Melo è stato espulso".
"Il Brasile ha subito un corto circuito nella fase finale della partita e ha detto addio al Sudafrica", si legge nell'edizione online del quotidiano "O Estado de Sao Paulo".
SI FESTEGGIA, INVECE, IN ARGENTINA E URUGUAY - Lungo le strade di Buenos Aires la rete del 2-1 di Wesley Sneijder, quella che ha sancito la qualificazione dell'Olanda alla semifinale e soprattutto l'eliminazione del Brasile, nemico di sempre, è stata festeggiata come se a realizzarla fosse stata la Seleccion. Urla e clacson nella capitale argentina, anche se ancora mancavano diversi minuti al termine dell'incontro di Port Elizabeth. Al fischio finale del giapponese Nishimura - racconta "Clarin" - in un bar di Cordoba si è festeggiato come se la sconfitta brasiliana fosse stata una vittoria argentina. Boati e le immancabili vuvuzela anche a Montevideo, alla vigilia dell'altro quarto di finale tra Uruguay e Ghana.
Italpress / Eurosport

Cannavaro ne ha per tutti

E' passata ormai una settimana dalla clamorosa eliminazione dell'Italia nella fase a gironi dei Mondiali e Fabio Cannavaro decide di sfogarsi, senza risparmiare critiche a nessuno, neanche all'ex ct Marcello Lippi per quello che giudica un "sistema sbagliato".

"Nel primo tempo contro la Slovacchia ho visto gente pallida vagare guardando nel vuoto e ho capito che non ne venivamo fuori e nella mia mente pensavo che finire così proprio non volevo. Grandi campioni come Cristiano Ronaldo e Rooney sono a casa, perchè senza squadra non vai da nessuna parte. Solo Maradona ha vinto da solo", spiega l'ormai ex capitano azzurro.

Il difensore campano, che chiuderà la sua gloriosa carriera negli Emirati Arabi, prosegue poi la sua lunga intervista con la Gazzetta dello Sport toccando altri argomenti: "Scudetto? Il cuore dice sempre Napoli ma la ragione afferma Inter che ha l'organico migliore, ha le caratteristiche giuste per far bene in Italia".

"Moviola? C'e' un esempio che tutti conoscono: Zidane espulso a Berlino per un intervento del quarto uomo che vede il replay sul monitor. Basta applicarlo, per evitare continue sospensioni e un uso equilibrato della tecnologia. Dire no alle innovazioni è un esercizio per preservare il potere", prosegue Cannavaro, criticando nemmeno troppo velatamente Blatter.

L'ex difensore della Juve conclude parlando proprio della sua travagliata storia con la maglia bianconera: "Ci eravamo lasciati per degli imprevisti. Pensavo fosse la scelta giusta e invece è andata male tutti".

Mondiali, via ai quarti di finale: oggi Brasile-Olanda e Uruguay-Ghana

ROMA (1° luglio) – Dopo due giorni di riposo venerdì ripartono i Mondiali. In programma Olanda-Brasile e Uruguay-Ghana, che stabiliranno le prime due semifinaliste del torneo. Si comincia alle 16 al Nelson Mandela Bay di Port Elizabeth con la sfida fra gli Orange e i verdeoro. Il ct olandese Bert Van Marwijk ha in mente di schierare tutta la qualità offensiva di cui dispone per cercare l'impresa nei quarti di finale del mondiale. Per la prima volta in questo mondiale si dovrebbero vedere in campo tutti insieme Van der Vaart, Robben, Sneijder e Van Persie che avranno il compito di scardinare la solida ed organizzata difesa brasiliana.

Nonostante gli screzi dopo la sostituzione nel match contro la Slovacchia, Van Marwijk sembra non avere la minima intenzione di privarsi di Van Persie per la partita più importante, nella quale l'Olanda andrà alla ricerca di rivincite per l'esito dei mondiali 1994 e 1998 quando uscì di scena, rispettivamente ai quarti e in semifinale, proprio per mano dei verdeoro.

Il Brasile, invece, dovrebbe scendere in campo con la stessa formazione che ha battuto il Cile nei quarti. Secondo il romanista Juan, il modo migliore di gestire questa sfida sarebbe di «fare il nostro gioco e cercare di segnare per primi, perchè sappiamo che una volta in vantaggio di solito sappiamo controllare bene la partita. L'Olanda è forte, e ci stiamo pensando da quando abbiamo battuto il Cile, fra l'altro con un mio gol. È stato bellissimo, ho realizzato una cosa che sognavo fin da bambino, ovvero segnare, io che faccio il difensore, in un match dei Mondiali».

Alle 20 e30, invece, scenderanno in campo Uruguay e Ghana. La squadra di Tabarez presenterà due cambiamenti nella formazione titolare per i quarti di finale del Mondiale rispetto alla gara vinta con gli Usa: il difensore Mauricio Victorino giocherà al posto dell'infortunato Diego Godìn e Alvaro Fernandez sostituirà a centrocampo Alvaro Pereira. Come è sua abitudine, l'allenatore della nazionale Tabarez ha reso nota la squadra 48 ore prima dell'incontro. Erano 40 anni che la “Seleccion” di Montevideo non otteneva risultati come quelli raggiunti in questo mondiali.

Dall'altra parte troverà un Ghana galvanizzato dal fatto di essere l'ultima compagine africana ancora in corsa. «Vinceremo per l'Africa». È la promessa di Kevin-Prince Boateng. Le «Black Stars» sono la terza squadra del continente africano che arriva ai quarti di finale in un Mondiale. Il Camerun fu eliminato dall'Inghilterra a Italia '90, e il Senegal fu sconfitto dalla Turchia ai quarti del Mondiale di Corea e Giappone 2002.
il messaggero.it

MONDIALPILLOLE

Per la figuraccia Mondiale la Nigeria sospesa due anni

Pesante punizione per la nazionale nigeriana. Il presidente Goodluck Jonathan non ha digerito la figuraccia rimediata dalla squadra e ha deciso di sospenderla per due anni da tutte le competizioni internazionali «per consentirle ­spiega una nota - di riorganizzare il suo calcio». La Nigeria è arrivata ultima nel gruppo B con un solo punto, frutto del pareggio con il Sudcorea, dopo le sconfitte con Argentina e Grecia.

Cruijff critica il Brasile: «Non pagherei per vederlo» La sfida è gia cominciata. «Il Brasile? Non pagherei per vederlo». Johann Cruijff, 63 anni, leggenda del calcio olandese, provoca la Selecao di Carlos Dunga a due giorni dal confronto diretto nei quarti. «Non pagherei mai il biglietto per vedere una partita di questo Brasile», dice in una dichiarazione riportata dal tabloid inglese Mirror. «Ha giocatori di talento, ma giocano in modo difensivo e poco interessante. È una vergogna per i tifosi e per il torneo dover vedere un Brasile del genere».

Il Paraguay nel ritiro degli azzurri Ad Asuncion la festa diventa rissa Il Paraguay ha deciso di trasferire il proprio campo base per gli allenamenti al Southdown College, dove si è allenata la squadra di Lippi durante la spedizione sudafricana. la decisione è stata presa per evitarsi due lunghi e faticosi spostamenti in vista dei quarti di finale. Infatti sabato affronterà la Spagna a Johannesburg.

Intanto nella capitale sudamericana la festa per la qualificazione si è trasformata nella solita rissa innescata dai tifosi più violenti culminata con gli scontri con gli agenti di polizia. Il bilancio è molto pesante. Molti feriti e in uno dei quartieri residenziali di Asuncion, i tifosi hanno distrutto automobili e autobus, mentre non sono mancate aggressioni a donne che passavano in quel momento per la strada.

Per i giocatori della Corea del Nord un ritorno senza feste e qualche timore La squadra della Corea del Nord è tornata martedì a casa, accolta all’aeroporto di Pyongyang da alcuni funzionari. Lo riferisce la Kcna, l’agenzia ufficiale del regime, in un brevissimo dispaccio senza dettagli. La stampa sudcoreana, invece, ha ricordato che c’erano oltre di mille persone a salutare i giocatori al momento della partenza più di un mese fa, mentre solo pochi “funzionari” al rientro. I “cavalli alati”, ai Mondiali per la seconda volta nella loro storia dopo un digiuno di 44 anni, sono stati eliminati nella prima fase a seguito delle tre sconfitte rimediate nel girone G con Brasile (2-1), Portogallo (7-0) e Costa d’Avorio (3-0). Secondo il sito web sudafricano Times Live rischiano di essere spediti in un campo di lavoro, ma quotidiano cinese Global Times lo ritiene «improbabile», almeno a giudicare dal trattamento che hanno avuto a Pechino.

Solo l’arbitro va al patibolo. de l’Italo africano

di Italo Cucci

B uono il bilancio tecnico del Mondiale dopo gli ottavi. Miserrimo quello umano. E scusate se faccio prevalere il discorso degli arbitri - questa è la miseria ­sulla dovizia di dati tecnici e spettacolari.

Iermattina è “scomparso” Busacca, lo svizzero che solo poche ore prima era candidato a dirigere la finale. Motivazione principe: non lo utilizzavano mai; e l’intelligenza del villaggio precisava: lo risparmiano per il botto finale. Ancora non sappiamo perché sia stato fatto fuori, ma non é questo il problema: é con quale leggerezza, mentre si parla di ipotetiche innovazioni tecnologiche che non saranno mai radicali, si buttano gli arbitri/uomini nella monnezza metaforica che viene invece risparmiata a tutti gli altri protagonisti. Guardate non tanto Larrionda, che dovrà vedersela con gli uruguagi, e non credo che lo sbraneranno per non avere visto il gol di Lampard (funzione cannibalesca che piacerebbe semmai a Capello); guardate Rosetti, che ha atteso una vita di poter fischiare una finale mondiale dopo aver diretto l’ultimo atto di un Campionato d’Europa e di una Champions ed è rispedito in patria con ignominia per un fuorigioco non visto dall’assistente Ajroldi: per carità, chi sbaglia paga, ma come la mettiamo con il massacro mediatico cui è stato sottoposto, aggregato alla compagnia degli Italiani Perdenti (Lippi, la Nazionale e Capello) con un piacere rivelatore di un penoso disfattismo? I media insorgono contro questi Orrori Arbitrali e tuttavia - guarda un po’ - plaudono alla giovinezza e freschezza e allegrezza della Germania che ha giustamente fatto a pezzi l’Inghilterra; e accusano Rosetti per quel fuorigioco ignorato che ha consentito a Tevez di iniziare a fare a pezzi il Messico, ma le cronache non fanno altro che elogiare l’Argentina di Maradona, il Maradona dell’Argentina, così come minimizzano il fallo che avrebbe dovuto far cancellare il gol di Villa costringendo la Spagna a battersi fino in fondo per eliminare il Portogallo. Quegli errori, allora, sono umani o sono mostruosi?

Non sono forse una rappresentazione pratica della mano de Dio, la conferma che la terna arbitrale è solo e sempre una componente del gioco? Per il resto, dicevo, tutto bene: il Sudamerica avanza con una ventina di giocatori presi dal campionato italiano; Germania, Olanda e Spagna hanno i numeri per far immaginare almeno una finale, che so, fra rappresentanti dei due continenti padroni del calcio: ma c’è anche il Ghana, che mi sta diventando sempre più simpatico e che meriterebbe d’essere il Grande Incomodo in nome dell’Africa. In nome di Balotelli: se lo scellerato Mario si facesse furbo, visto che i tecnici d’Italia hanno la puzza al naso, un posto da re nel Ghana pallonaro non glielo negherebbe nessuno.

Prandelli, pensaci tu.
avvenire

Sorprese mondiali ed eclissi di stelle

Rooney e Ronaldo eliminati senza incidere; Kakà, Torres e Messi avanti senza gol. Unica ecceziona la coppia olandese formata da Sneijder e Robben. Lo spagnolo Villa è la grande sorpresa. Su 123 reti segnate sinora solo 11 provengono dalla nostra Serie A

DI MARCO BIROLINI - avvenire

Il Mondiale che non ti aspetti. Ar­gentina, Brasile e Spagna erano e restano le favorite, ma a spinger­le avanti finora sono stati gli attori di secondo piano. Kakà doveva essere la stella cometa della Seleçao, e inve­ce a brillare è l’astro di Luis Fabiano, centravanti del Siviglia che prima del torneo non figurava certamente nel ristretto club dei top player. Leo Mes­si era annunciato come uomo co­pertina, invece ecco sbucare la faccia ruvida di Gonzalo Higuain e i suoi quattro gol. Fernando Torres ha ta­gliato i capelli e sembra aver perso le forze, moderno Sansone. Ci ha pen­sato David Villa a togliere le castagne dal fuoco con quattro guizzi dei suoi. Il Barcellona si frega le mani, con­tento di aver speso bene i 40 milioni scuciti al Valencia. Quanto a Cristia­no Ronaldo e Wayne Rooney, le altre due superstar, hanno fatto la valigia ancor prima che qualcuno si accor­gesse della loro presenza. Le stelle, insomma, sono rimaste a guardare. Se non altro, Messi e Kakà hanno re­galato sprazzi del loro talento, il por­toghese e l’inglese invece hanno la­sciato in bocca il gusto amaro del­l’occasione perduta. Tra i fantastici quattro solo Ronaldo è andato in gol, troppo poco.

Ma altri numeri testimoniano l’eclis­si dei supercampioni. Il Castrol Index (elaborato dalla Fifa sulla base di pas­saggi, tiri e corsa per misurare in mo­do oggettivo il rendimento) vede Messi al 46° posto, Ronaldo all’89°, Rooney al 107° e Kakà addirittura al 200°. Higuain, per dire, è 15°, Villa 22°. Sempre a proposito di cifre, Milito è ancora a quota zero gol. L’uomo che ha firmato la tripletta interista è ri­masto a secco, oscurato dagli altri as­si della banda Maradona. A questo Mondiale mancano le reti “italiane”. Non solo gli azzurri hanno faticato a segnare, ma anche gli stranieri che giocano nel nostro campionato. Su 123 gol totali, solo 11 provengono dal­la serie A. Decisamente pochi, visto che ben 80 giocatori impegnati in Su­dafrica militano nelle nostre squadre. La quantità c’è, la qualità meno. L’u­nico a farsi onore è Sneijder con due gol: con Robben forma una coppia che fa sognare l’Olanda. Meglio dei “nostri” hanno fatto quelli di Liga (23 reti), Premier League (21) e Bunde­sliga (13). I bomber, insomma, abita­no altrove: non è un caso che Villa, Higuain, Luis Fabiano e Forlan gio­chino in Spagna. L’Italia si conferma Paese dedito al difensivismo: Brasile e Argentina sono dei bunker grazie a Samuel, Juan, Lucio, Maicon e Bur­disso.

Per divertirsi meglio guardare il Gha­na di Asamoah Gyan, uno dei tanti incompresi del nostro calcio (un al­tro è Tiago, resuscitato nel Portogal­lo), e soprattutto la Germania più ve­loce della storia. Una volta i panzer e­rano potenti ma lentissimi, adesso li costruiscono agili e scattanti. Merito della nazionale multietnica dipinta da Loew, signor nessuno capace di stupire. Il genio turco Ozil (21 anni) e il polacco Podolski sono i degni com­pari di Thomas Muller, che un anno fa era ancora un dilettante. Poi al Bayern è arrivato Van Gaal e il brutto anatroccolo si è trasformato in cigno: Capello ne sa qualcosa. Tra i prota­gonisti inattesi bisogna infilare pure l’Uruguay. Tabarez sta dimostrando che il Milan non aveva visto così ma­le quando lo chiamò nel 1996, salvo silurarlo poco dopo per richiamare Sacchi. Allenatore dai modi pacati e dallo sguardo malinconico, Tabarez ha saputo capitalizzare il talento di Forlan e Suarez, imbastendo alle lo­ro spalle una squadra vera e rogno­sa, capace di complicare la vita a chiunque. Dagli ottavi sono sbucati anche i cugini del Paraguay. Dopo la vittoria ai rigori sul Giappone il ct Martino piangeva a dirotto. C’è da ca­pirlo, visto che la nazionale sudame­ricana non era mai arrivata ai quarti. Altra sopresa l’ha regalata il Messico, con il suo gioco spumeggiante e i suoi giovani di belle speranze. Uno, Javier Hernandez, l’ha già preso il Manche­ster United per 7 milioni di euro. In Sudafrica ha segnato due reti: ha 22 anni e lo chiamano El Chicarito (il fa­giolino). Le squadre italiane lo han­no notato troppo tardi, come sempre più spesso accade quando c’è da comprare qualcuno capace di fare gol.

«Il calcio? Democrazia e riscatto Ma spesso è usato dai politici»

DA RIO DE JANEIRO

Che Il calcio in Brasile sia una realtà più im­portante che in qua­lunque altro Paese al mondo lo dimostrano gli innumere­voli articoli, libri e convegni dedicati al futebol verdeoro come espressione sociale e di riscatto. E lo conferma l’esi­stenza di corsi accademici co­me quello di cui è titolare, al­l’Università statale di Rio de Janeiro e all’Università Salga­do de Oliveira, il professor Maurício Murad. Murad insegna infatti Sociologia del calcio.

Perché il calcio in Brasile è così importante?

Una certa identi­ficazione con la nazionale di cal­cio esiste in qua­lunque Paese in cui questo sport è amato. Ma è vero: qui in Brasile tale i­dentificazione con la Seleção è totale. E questo per una ra­gione peculiare: le squadre di calcio in generale, e la nazio­nale in particolare, sono la rappresentazione del Paese. Non del Paese come è, ma co­me dovrebbe essere. Un Pae­se vincente – perché nessuno ha conquistato tanti titoli mondiali come il Brasile – e soprattutto un Paese demo­cratico. In nazionale giocano bianchi e neri, ricchi e pove­ri. Anzi, i grandi campioni, da Pelé a Garrincha, da Ronaldo ad Adriano, vengono dalla po­vertà o dalle favelas. Il calcio ha dimostrato ai brasiliani che anche i più svantaggiati, i ne­ri discendenti dagli schiavi, possono imporsi e avere suc­cesso. E tutto questo in ar­monia con quei bianchi di buona famiglia, alla Kaká per intenderci, che nella storia del Brasile hanno sempre avuto grandi privilegi.

Il calcio è quindi simbolo di riscatto sociale. Ma è anche la rappresentazione di un Paese socialmente giusto che, nella realtà, non esiste...

Esatto. In Brasile la disugua­glianza sociale è ancora gran­de. Ma la situazione è miglio­rata molto negli ultimi de­cenni. E io credo che il calcio abbia assai contribuito a diffondere l’idea della parità dei diritti. Il calcio ha unito bianchi e neri, ricchi e poveri come soltanto in un altro settore della cultura po­polare del Paese è successo, ovve­ro in quello mu­sicale. Certo, da qui a pensare che il calcio e la musica, da soli, possano cam­biare la menta­lità di un Paese gigantesco e complesso come il Brasile, ce ne corre...

Non ritiene però che dare tanta importanza al calcio fi­nisca con l’essere pericoloso? A volte si ha la netta sensa­zione che il brasiliano scenda in piazza solo per la naziona­le e mai per protestare con­tro ingiustizia e malgoverno.

Ciò avviene costantemente. La colpa però non è del cal­cio, ma dell’uso politico che ne viene fatto. Fin dai tempi della dittatura militare, le vit­torie della Seleção sono state usate a fini propagandistici o per distogliere l’attenzione dai problemi reali. A mio pa­rere, i brasiliani dovrebbero continuare a seguire con la stessa passione il calcio. Ma dovrebbero essere educati a non attribuirgli un’importan­za esagerata. Credo che con il tempo si arriverà a questo tra­guardo. ( G.Mil. ) - avvenire