Un leone in gabbia che urla e chiede aiuto, «alle istituzioni e alle persone di cuore», affinché la sua palestra, la “Star Judo Club”, causa mancanza di mezzi di sussistenza, non sia costretta a chiudere, ma possa continuare nella funzione di «avamposto sociale». Maddaloni e i suoi figli, tutti campioni di judo (Pino medaglia d’oro alle Olimpiadi di Sydney nel 2000 e tecnico della Nazionale, Laura 13 volte campionessa italiana, Marco due titoli europei e i “cuccioli” di casa Serena e Braiz), da otto anni sono in prima linea per sostenere la gente di Scampia.
Centomila anime, per niente salve, popolano questo quartiere - tristemente noto per fatti di cronaca nera - e più di mille sono quelle che ogni anno frequentano la palestra del Centro Sociale Maddaloni. Quote di iscrizione “simboliche”: «20 euro al mese per i papà e le mamme, i figli gratis, anche se ne hanno 4, e qui ce ne stanno assai di famiglie così numerose». Spiega o’ Maestro che ora è rimasto al verde, alla palestra mancano perfino i soldi per pagare la bolletta della luce.
«Quella è scaduta ieri ed era 2mila euro solo di anticipo. L’unico sponsor che avevamo, la Trincar autodemolitore, ci dava mille euro, ma è sparito. Adesso abbiamo circa 20mila euro di debiti “ingiusti”. Sono allenato a pagare di tasca mia e a vivere di carità, ma questa volta non so più a quali porte bussare». Il tutto accade nel momento in cui anche il Comune di Napoli ha cercato di incentivare le già innumerevoli attività della palestra, con il “Patto per Scampia” voluto dall’assessore allo Sport Pina Tommasielli. «Si tratta di 108 scugnizzi che tre volte alla settimana arrivano un po’ da tutti i quartieri ad alto rischio della città. Sono la mia gioia e il mio divertimento.
Li alleniamo gratuitamente con i miei operatori, una decina in tutto che lavorano cinque giorni su sette per stipendi da fame, 350, 500 euro mensili, quando ci stanno». Ciro e altri sette scugnizzi pur di essere puntuali all’allenamento sono arrivati a piedi, perché il pullman è rimasto fermo a piazza Plebiscito: «L’autista, dipendente della Napoli Sociale, ha incrociato le braccia: non ha preso lo stipendio questo mese e tiene figli piccoli pure lui che devono mangiare...». Ritratto di un messico napoletano fatto di miseria e nobiltà, di disagio e di quella violenza che si impara a conoscere fin da piccoli. E ribellarsi a un destino di «manovalanza della camorra» è la prima sfida da superare.
«Vedete quel piccolino lì, è Antonio. Suo padre deve scontare 14 anni per spaccio di droga e dal carcere - sta in Sardegna - , mi ha scritto per ringraziarmi di cuore perché Antonio da quando lui è in prigione a scuola “pazziava”, era ingestibile. Mi mandò a chiamare la maestra disperata dicendomi: “Maddaloni veda se può fare qualche cosa lei per questo bambino”. Con noi è diventato un “ometto”». E di Antonio qui ogni giorno ne entra uno. «Attraverso il judo e lo sport gli insegniamo il valore fondamentale della legalità che passa per il rispetto delle regole dello sport».
Ai suoi scugnizzi al primo ingresso o’Maestro parla chiaro nella loro lingua madre e li accoglie dicendo: «Guagliù e megl campà cu 50 euro a settimana ca guaragnà mille e murì o restà rint a nu carcere p’tutt a vita. Se entri in questa palestra impari anche a guadagnarti il pane onestamente e non torni a delinquere». Dal carcere di Poggio Reale in tre escono al mattino e restano fino alla sera alla palestra. Sono detenuti adulti in affido con i servizi sociali e altrettanti sono già al cancello, in attesa di iniziare il “Percorso Maddaloni”. «È un percorso di vita prima che sportivo e per quanto è nelle nostre possibilità cerchiamo di non negare una mano a nessuno. Dagli immigrati sbarcati a Lampedusa, come Mhamaoud Konè, arrivato dal Mali, uno dei migliori talenti della “Star Judo”. Ma anche i 200 bambini della Scuola Montale, i ragazzi del Centro di prima accoglienza don Peppino Diana e quelli della comunità minorile Colli Aminei». Tutti piccoli eroi scampati alla “guerra” per la sopravvivenza in questo set reale di una Gomorra infinita.
E poi ci sono quelli che o’ Maestro considera i “campionissimi”. Sono quelli come Michele Riccio, «ragazzo diversamente abile diventato cintura nera di judo», Giuseppe Musella, «sordomuto, cintura marrone, viene dalla Vela rossa, noto centro di spaccio, al mattino lavora in un bar e la sera si allena con noi». C’è Giovanni Guzzo, «“’o filosofo”, ce lo mandò il Martuscelli, l’Istituto per non vedenti, due lauree e ora va a caccia della terza: una medaglia alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro». E Antonietta Caruso, «anche lei non vedente: aveva subito violenze e non usciva più di casa. Ha ritrovato il coraggio e la voglia di vivere e dove? A Scampia signori miei...». Storie che commuovono fino alle lacrime una roccia come o’ Maestro che torna sorridente e si inorgoglisce al pensiero che tra qualche settimana Beppe Fiorello comincerà a girare una fiction per la Rai sulla sua storia.
«Orgogliosissimo, ma per Maddaloni ci sarà una sola puntata, mentre per storiacce che esaltano la violenza, come il Clan dei Camorristi ne mandano in onda dieci-dodici in prima serata. È una vergogna». Torna a ruggire il leone che non si arrende mai e invita a venire a Scampia i dirigenti dello sport nazionale. «Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, mi ha promesso che verrà a vedere e a toccare con mano la nostra realtà, in cui oltre a salvare la maggiore risorsa di Napoli, la sua gioventù, sforniamo continuamente campioni che poi diventano il vanto dell’Italia olimpica». L’ultimo talento della “Star Judo” è il campione italiano Gennaro Cangiano: «Alza 140 kg dalla panca e tiene appena 16 anni», sottolinea o’Maestro che una volta ripianati i debiti ha ancora tanti progetti per il futuro.
«Con mio genero (il marito di Laura), il pugile campione olimpico Clemente Russo, pensavamo di aggiungere anche la boxe per i nostri scugnizzi». Oggi è l’ora di palestra dei 40 «ragazzi difficili» della Fondazione Fernandes. «Quando se ne vanno mi lasciano sempre 1 euro. Per me è come se fosse un milione, è un obolo d’oro, come l’amicizia sincera che abbiamo stabilito». Maddaloni lo deposita nel salvadanaio che serve a finanziare i sogni di domani. Perché nonostante tutto, come dice o’ filosofo Giovanni Guzzo: «Colui che non ha mai smesso di sognare ha già vinto».
Massimiliano Castellani - avvenire.it