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Juventus vuole anche Coppa Italia, non molliamo nulla

Finire la stagione come era iniziata, alzando un trofeo. La Juventus, a tre giorni dalla finale di Coppa Italia contro il Milan, vuole un altro record: nessuno è mai riuscita nell'impresa di centrare la doppietta Scudetto-Coppa Italia per due anni consecutivi e la squadra di Allegri, nella storia per il quinto scudetto consecutivo, vuole ora rendere la stagione davvero indimenticabile. "Abbiamo iniziato l'anno vincendo la Supercoppa a Shanghai: sarebbe bello finirla vincendo la Coppa Italia - sottolinea Paulo Dybala, capocannoniere bianconero - sarebbe il giusto coronamento per tutto quello che abbiamo fatto in questa stagione". Sulla carta i bianconeri, reduci da una stagione trionfale, non dovrebbero faticare per avere la meglio su un Milan in grave crisi, non solo di risultati; ma anche l'attaccante non si fida. "É una finale, una partita secca - dice - non dobbiamo sottovalutare la partita, non dobbiamo lasciare nulla all'avversaria: per 90 minuti non dobbiamo mollare, dimostrare di essere superiori a loro".
Ultima spiaggia Milan, trofeo per salvare anno  - Dopo oltre due mesi, domani Silvio Berlusconi è atteso a Milanello per dare la carica al suo Milan, a due giorni dalla finale di coppa Italia che può mettere una pezza a una stagione fin qui disastrosa. Sarebbe la prima visita per il presidente rossonero da quando ha affidato la squadra a Cristian Brocchi col mandato di restituirle un gioco all'altezza. Sabato all'Olimpico, però, contro la Juventus la priorità sarà il risultato, perché vincere è l'unico modo per andare in Europa League dopo due stagioni senza coppe, e una sconfitta rischierebbe di diventare il prologo dell'arrivo del quinto cambio in panchina in poco più di due anni. All'insegna del pragmatismo, Brocchi ha messo da parte il 4-3-1-2 provando in allenamento il 4-3-3, pur consapevole che "senza lo spirito combattivo possiamo parlare di tattica e sistemi di gioco e nulla conta". La sua sfuriata in spogliatoio ha alzato il livello di concentrazione, ma non ci si può illudere con gli allenamenti. "Anche settimana scorsa - ha ammesso il tecnico - ho visto una squadra col giusto atteggiamento e poi ha fatto una prestazione indecorosa con la Roma". Brocchi ha tirato le somme e per questo ultimo impegno stagionale hanno il posto sicuro solo tre dei nove rinforzi acquistati in estate con una campagna da 90 milioni di euro: Bacca, Kucka e Romagnoli. Il colombiano, 30 anni a settembre, in campionato ha segnato 18 reti ma nessuna nei due scontri diretti con la Juventus. Proverà a essere decisivo come l'anno scorso di questi tempi col Siviglia nella finale di Europa League, poi ragionerà col Milan sul futuro. Al suo fianco sarà titolare senza troppi dubbi Bonaventura, un altro dei rossoneri ambiti sul mercato, e il tridente dovrebbe essere completato da Honda. Ha pochissime chance Balotelli, che dopo una stagione in prestito non si è meritato la conferma al Milan ed è indesiderato a Liverpool.
ansa

Lo sport contro 13 tumori, abbatte il rischio oltre il 20%

L'attività fisica protegge da ben 13 tipi di tumori e si conferma potente alleato nella prevenzione. In particolare, correre, camminare o nuotare regolarmente diminuisce di oltre il 20% il rischio di ammalarsi di alcuni tumori come quello a fegato e rene e di oltre il 40% di tumore all'esofago. A confermare l'importanza dell'allenamento aerobico come scudo protettivo è un ampio studio pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine.

Ogni anno in Italia si registrano circa 363.000 nuove diagnosi di tumore e 177.000 sono le morti. Così come l'importanza dell'alimentazione e di coretti stili di vita, anche l'associazioni tra esercizio fisico e cancro è già stata dimostrata da precedenti studi. Tuttavia la nuova ricerca, condotta da ricercatori del National Cancer Institute statunitense guidati da Steven Moore, si distingue per aver esaminato i dati di ben 1,44 milioni di persone, dai 19 ai 98 anni, residenti negli Stati Uniti e in Europa. I partecipanti sono stati seguiti per una media di 11 anni ed è stato chiesto di riportare il tipo e la quantità di attività effettuata nel tempo libero, come camminare, correre o nuotare. In media coloro che effettuavano attività fisica lo facevano per circa 150 minuti a settimana, ovvero un allenamento di 50 minuti per tre volte a settimana, che corrisponde a quanto previsto dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per l'Attività Fisica 2016-2020 di recente emanate.

Durante il periodo di studio, circa 187.000 di loro si sono ammalati di tumore, ma coloro che avevano riportato di fare attività fisica avevano avuto un rischio complessivamente più basso del 7% rispetto a coloro che ne avevano fatta meno.

Andando nel dettaglio, lo studio ha confermato un minor rischio di tumori della mammella (10%), al colon (16%) e all'endometrio (21%), già evidenziati da precedenti ricerche. Maggiori riduzioni di rischio erano evidenti per adenocarcinoma esofageo (42%), cancro al fegato (27%), cardias, ovvero la valvola che collega esofago e stomaco (22%), rene (23%) e leucemia mieloide (20%). Hanno mostrato riduzioni meno significative il mieloma (17%), il tumore della testa e del collo (15%), del retto (13%) e della vescica (13%), mentre per la prostata si è registrato un aumento del 5%. Quanto al cancro al polmone il rischio era ridotto solo qualora i pazienti fossero fumatori attuali ed ex.

La maggior parte delle associazioni, sottolineano i ricercatori, sono rimaste a prescindere dalla massa grassa, il che suggerisce che l'esercizio fisico agisce attraverso meccanismi diversi oltre al semplice abbassamento del peso corporeo, come produzione di ormoni e effetto antinfiammatorio. (ANSA).

La storia Pontoni, il bomber del Papa

da Avvenire
«Aver si alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni» , tradotto: «Vediamo se qualcuno di voi riesce a fare un gol come quello di Pontoni». Questa frase pronunciata da papa Francesco, il 13 agosto del 2013, rimbombò nella Sala Clementina dove le nazionali di calcio di Italia e Argentina erano state “convocate” in udienza privata alla vigilia della partita dell’Olimpico in onore del Santo Padre. Quella citazione del bomber del San Lorenzo de Almagro, da parte del suo eterno tifoso Jorge Mario Bergoglio, in un lampo rimbalzò al di là dell’Oceano ed entrò nella casa di René Carlos Pontoni. «Il figlio del grande attaccante dei “Cuervos” degli anni ’40 aveva appena ricevuto la notizia da Pablo Calvo, giornalista del “Clarín” [sotto pubblichiamo la sua prefazione al libro di Lorenzo Galliani, collaboratore di “Avvenire”, ndr] ed era molto commosso. 

Quell’emozione ha contagiato anche me che ho deciso di scrivere la biografia di René Pontoni», spiega Galliani, che ha raccontato una storia intarsiandola con tante altre storie collegate al Papa che alla fine compongono un libro emozionante, degno della migliore tradizione sorianesca (vedi alla voce magistrale, Osvaldo Soriano). C’è tanto dell’anima argentina di papa Francesco nella storia del suo “idolo” d’infanzia, monumento assoluto dell’amateurNome e gesto calcistico che in quella giornata d’agosto di tre anni fa fece sgranare gli occhi a Messi e aprì le orecchie del distratto Balotelli. 

Quel gol leggendario, che da sempre alberga in un posto privilegiato nella memoria di Bergoglio, compie settant’anni: il 20 ottobre del 1946 Pontoni lo realizzò, con la maglia del San Lorenzo contro il Racing. «Mi ricordo di un gol di Pontoni che fece tac, tac, tac, gol!», confidò Francesco al presidente del San Lorenzo, Matías Lemmens, mentre questi gli consegnava la tessera di socio n. “88.235” che il Pontefice paga regolarmente versando gli annuali 120 pesos, anche in ricordo di quella mitica rete. «Andò così – scrive Galliani –. Cross di Francisco De La Mata, la palla arriva al limite dell’area. Stop di petto (tac), la palla scende al piede ma Pontoni, invece di fermarla per girarsi, alza un pallonetto all’indietro scavalcando i due difensori. Secondo tac. Il terzo tac, immaginiamo, è il tiro imparabile». Prodezze di un goleador che ricordava a un giornalista de “El Grafico” : «Ho segnato molti gol nel Newell’s Boys, nella Selección, nel San Lorenzo, in Colombia. Però ce n’è sempre uno «Ache rimane impresso nella memoria perché è quello che piace di più». Il suo gol preferito era quello segnato in un 6-1 all’Estudiantes, a dimostrazione che il «San Lorenzo non si fermava mai. Se si potevano segnare cento reti, si segnavano». 

E quella era la formazione campione d’Argentina, la più cara al piccolo Bergoglio (all’epoca aveva dieci anni) che sapeva recitarla a memoria. La squadra del ’46, quella del Terceto de oro «Farro-Pontoni-Martino, al quale si affiancava un quarto attaccante – De La Mata o Silva», precisa Galliani, anche lui rapito dall’atmosfera che il giovane Bergoglio aveva respirato al Viejo Gasómetro. Lo stadio dove il futuro Papa si recava alla domenica, «con tutta la famiglia», per seguire il club fondato a Buenos Aires, nel barrio del Boedo, il 1° aprile del 1908 dal salesiano padre Lorenzo Massa. La chiamarono San Lorenzo in onore di padre Massa, il quale attirò a sé i primi seguaci dei “Cuervos” dicendo loro: «Vi ospito nel cortile dell’oratorio di Sant’Antonio, qui dietro. In cambio però voi venite a Messa tutte le domeniche». Questo il patto da cui originarono gli azulgrana in cui nel 1945, proveniente dal Newell’s di Rosario, approdò il 25enne Pontoni. Era nato a Santa Fe da una famiglia povera, orfano a sette anni di padre aiutava la mamma nel negozio portandole le uova che raccattava all’alba nei pollai, diventando presto l’Huevitodel barrio. 

Quindicenne, sfidò ogni ostacolo per ascoltare dal vivo il concerto del suo unico vero mito, Carlos Gardel. Sulle note di Murmullos ha danzato su tutti i campi d’Argentina e nell’inverno del ’46 prese parte alla “campagna” di Spagna da dove non l’avrebbero mai fatto ripartire. Con 15 gol in otto amichevoli stregò i dirigenti del Barcellona pronti a fargli ponti d’oro pur di ingaggiarlo, ma lui fu irremovibile. Doveva tornare subito dalla sua bella Sara e dai loro figli, e poi il presidente del San Lorenzo era stato esplicito: «Se vendo Pontoni i nostri tifosi mi uccidono» . Più tardi al canto delle sirene spagnole, sponda Real Madrid, non avrebbe resistito il grande Alfredo Di Stéfano, compagno di partitelle di strada di Bergoglio, e agli inizi di carriera riserva di Pontoni nella nazionale argentina in cui Huevitovantaun record: 19 gol in 19 partite. Il calcio italiano nel frattempo aveva rapito suo cognato, l’ala Mario Boyé, detto “El Atomico”. 

«Altro bomber esplosivo, arrivò al Genoa, segnò 12 gol nel girone di andata e poi scappò in Argentina – spiega Galliani –. A Buenos Aires sua figlia Diana mi ha confermato che fu la madre Elsa (sorella di Sara) a spingere per il rientro immediato in patria». Mario e René uniti in campo, con la Selección, e nella vita ai tavoli della loro pizzeria, la Guitarrita. Tango, pizza e fútbolfino alla fine dei suoi giorni (Pontoni è morto nel 1983) per il bomber più amato da papa Bergoglio che era nato sotto un’altra santa stella: il 18 maggio del 1920: «stesso giorno mese e anno di un certo Karol Wojtyla».