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Mondiali, per i tifosi più preghiere e più sesso

Uno su cinque promette di metter mano al rosario pur di vedere l'Italia campione del mondo, mentre uno su tre assicura che festeggerà le vittorie tra le lenzuola


Come ogni quattro anni la febbre da mondiali contagia i tifosi. Che, presi dall'entusiasmo, promettono di riscoprire una religiosità magari ultimamente un po' sopita e allo stesso tempo un'insolita "virilità", specialmente a vantaggio della partner. Risultato? Tra gli intervistati 1 su 5 promette di pregare ogni giorno per tutta la durata del torneo per propiziare il trionfo dell'Italia in Sudafrica, ma al tempo stesso 3 su 10 sono intenzionati a festeggiare gli eventuali successi della nazionale azzurra facendo sesso sfrenato con le rispettive compagne.
Questi e altri curiosi aspetti emergono da una ricerca sociologica condotta dal bookmaker inglese Stanleybet su un campione di 2.500 scommettitori italiani appassionati di calcio e di età compresa tra i 20 e i 50 anni. Obiettivo? Analizzare i loro comportamenti durante la World Cup 2010, in particolare gli effetti riconducibili all'euforia collettiva per le gesta della compagine di Lippi.
Sorprende innanzitutto che il 22 per cento degli interpellati individui nella preghiera il modo migliore per conciliare l'affermazione degli azzurri in terra africana. Di poco inferiore la percentuale (20 per cento) di quanti, per fare un fioretto, scelgono di privarsi del loro piatto preferito per tutta la durata del torneo. Il 18 per cento si dice pronto ad abolire le sigarette e il 16 per cento è disposto a fare a meno delle vacanze estive.
Decisamente pochi (15 per cento) quelli che si arrischiano a promettere di astenersi dal sesso: un sacrificio troppo grande per il latin lover italico che però, in occasione dei mondiali, esalta la propria religiosità. E a partita conclusa? La prospettiva cambia decisamente a seconda che l'Italia risulti vincente o perdente. Nel primo caso, i festeggiamenti per eccellenza pare proprio che per la maggior parte dei tifosi debbano avvenire sotto le lenzuola. Per il 31 per cento, infatti, il risultato positivo delle partite scatena una vera e propria tempesta ormonale che solo la propria partner è in grado di placare. Decisamente inferiori le preferenze accordate alle altre opzioni: andare in giro in macchina con gli amici (20 per cento), stappare una bottiglia di spumante (18) o addirittura chiudersi in stanza da soli per almeno un'ora per metabolizzare la vittoria (14). Solo il 13 per cento sente l'esigenza di telefonare ad amici, parenti e colleghi per condividere con loro la gioia. Al contrario, in caso di sconfitta degli azzurri, la reazione che accomuna la maggioranza dei tifosi (29 per cento) è quella di isolarsi e non voler sentire nessuno. Ma c'è anche chi preferisce fare una corsa per scaricare lo stress (23) o chi cerca di tenersi impegnato in qualche modo per non pensare (18). Il 16 per cento arriva addirittura al punto di bruciare il proprio portafortuna (maglietta, slip, ecc.), mentre l'11 per cento rifiuta proprio l'eventualità che la nazionale italiana, reduce dal successo del 2006 in Germania, possa perdere. (di Giannino Della Frattina - Il Giornale)

Se i Mondiali sono politica e l'inno di Mameli diventa una spina in seno al governo

E così ora anche i Mondiali sono una questione politica. Un intero partito tifa contro la Nazionale, Radio Padania ha esultato quando il Paraguay ha segnato. Mai amato il calcio, mai seguito mezza partita se non per doveri professionali, ma possibile che in questo Paese nemmeno i Mondiali possano essere guardati in santa pace senza sentirsi subito marchiati come appartenenti ad uno schieramento oppure all'altro? Possibile che si debba seguire il movimento delle labbra dei calciatori per essere pronti ad individuare eventuali errori? Possibile che una tennista pulita, lontana da giochi e poteri come Francesca Schiavone debba andare a Porta a Porta a confondersi con mondi che non le appartengano? Possibile che la politica debba invadere davvero ogni nostra molecola?


E ora arriverà anche un disegno di legge per regolare l’uso dell’inno nazionale nelle manifestazioni pubbliche. Nel prossimo futuro il governo litigherà per decidere se sia il caso di far intervenire banda e grancassa per suonare l’inno di Mameli durante l’inaugurazione di un edificio pubblico o se invece ci si debba limitare a occasioni come il ricordo dei caduti.

Ma la parola d’ordine di ieri era ricucire lo strappo tutto interno al governo sorto quando si era saputo che il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, due giorni fa aveva fatto suonare il «Va pensiero» al posto dell’inno durante l’inaugurazione di una scuola. Infatti il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha annunciato il provvedimento ma ha precisato di non voler togliere valore patriottico e nazionalistico al «Va pensiero» molto amato dai leghisti. E Umberto Bossi, di fronte all’idea di una legge che imponga l’inno nazionale, ha risposto: «La Russa faccia ciò che vuole. Basta che non venga a mettere becco al mio ministero».

«Sono stato accomunato a quelli che hanno creduto che Zaia avesse effettivamente deciso lui di non far suonare inno - ha chiarito La Russa - ma io sono stato l’unico che ha dubitato. Ho fatto bene perchè ho scoperto che è stato suonato. Credo però che una sottovalutazione di questo che è un momento centrale delle cerimonie pubbliche ci sia stato anche in quell’occasione».

Ecco quindi la decisione di presentare «un disegno di legge per disciplinare l’uso obbligatorio in determinate circostanze dell’inno nazionale». Un modo, secondo quanto spiegato dal ministro, per avere «un riferimento normativo come esiste per l’esposizione della bandiera». «Va Pensiero - ha comunque poi osservato il titolare della Difesa è persino più patriottico dell’inno di Mameli e mi fa piacere che la Lega lo abbia scelto». A quel punto il ministro se l’è presa con l’opposizione. «Mi fa anche piacere che a scandalizzarsi sia la sinistra, la stessa che quando io ero un pò più giovane e cantavamo l’inno ci gridava fascisti».

Proprio il deputato del Pd Franco Laratta è il primo firmatario, insieme ad altri parlamentari dello stesso partito, della proposta di legge che prevede l’esecuzione dell’inno d’Italia in tutte le pubbliche manifestazioni, oltre alla lettura quotidiana di un articolo della Costituzione in tutte le scuole. Una proposta che - ha precisato - era pronta da diverse settimane. È solo coincidenza la presentazione nel momento in cui scoppia il caso Zaia, mentre su Facebook ha raccolto centinaia di adesioni. Se i partiti vogliono, può diventare legge in pochi giorni, comunque in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia».

La Russa ha cercato di ricucire lo strappo, insomma, ma il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ieri mattina si è presentato a un convegno indossando una cravatta blu con un piccolo tricolore. A chi lo ha notato, il ministro ha spiegato che non è stata una scelta casuale ma un gesto simbolico per far capire da che parte sta in questa polemica di governo sull’inno. Anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, nell’aprire l’assemblea della sua associazione ha chiarito : «Io amo l’inno di Mameli e sono tifosissima della Nazionale».

Il governatore Zaia, dal canto suo, ha precisato ancora una volta come è andata due giorni fa: «Noi non ci siamo occupati dell’organizzazione della manifestazione», ha precisato. E, comunque, ha spiegato che «è il buonsenso che ci deve guidare. Sono andato a centinaia di inaugurazioni e c’è sempre stato l’Inno di Mameli. C’è stato anche a Fanzolo di Vedelago. Evidentemente - ha concluso Zaia - c’è stato qualcuno che ha voluto tentare di fare l’affondo». In qualunque modo sia andata una parte del Pdl si è schierata contro di lui, da Benedetto Della Vedova a Italo Bocchino, finiano di ferro, che ha chiesto l’intervento di Berlusconi su questa vicenda. (di Flavia Amabile - La Stampa)

Mondiali 2010: De Rossi salva l’Italia al debutto in Sud Africa






















Finisce con un pareggio l’esordio azzurro ai mondiali sudafricani. Come anticipato nell’articolo di questo pomeriggio Lippi sceglie una squadra con un modulo 4231 con De Rossi e Montolivo davanti alla difesa, e Pepe Iaquinta e uno spento Marchisio a supporto di Gilardino.

La partita vede partire bene la squadra italiana che sembra avere una buona condizione atletica, con Pepe e Iaquinta che aggrediscono le fasce dove si nota la debolezza della squadra paraguaiana, ma a metà del primo tempo improvvisamente la squadra Sudamerica passa in vantaggio, su un calcio di punizione commesso da Chiellini, la difesa azzurra si fa sorprendere da un incursione del difensore Alcaraz. Il goal sembra innervosire gli azzurri, infatti chiudono il primo tempo con un po’ di nervosismo e senza idee.
Nella ripresa subito una sorpresa al rientro dagli spogliatoi si vede in campo il portiere di riserva italiano Marchetti al posto di Buffon, ma si nota subito che l’Italia ha voglia di ribaltare il risultato, Lippi butta nella mischia l’esterno Camoranesi al posto di uno spento Marchisio per poter attaccare maggiormente sulle fasce e l’intuizione del commissario tecnico si rivela vincente infatti da una combinazione sulla fascia sinistra Pepe Criscito scaturisce il calcio d’angolo che porterà al pareggio di De Rossi.
Nella parte finale forcing azzurro per cercare di centrare la vittoria, ma la difesa paraguaiana si difende molto bene anche se con un po’ di affanno, l’ultima occasione capita sui piedi di Montolivo che calcia da fuori area un tiro molto insidioso deviato in calcio d’angolo dal portiere sudamericano.

In conclusione si può dire che la squadra ha destato un ottima impressione dal punto di vista fisico, cosa molto importante in un torneo molto impegnativo che si gioca tutto in un mese e la variazione fatta tatticamente da Lippi sembra essere la più quadrata, per questa squadra posizionandosi con un 442, dando maggiore equilibrio sia al centrocampo che in difesa, si può dire che il viatico per difendere il titolo mondiale conquistato quattro anni fa a Berlino.

A cura di Max Fasciana - corriereinformazione