Il pareggio di Cassano in Estonia oscurato dalla tv
Calcio/L'Italia in gol ma non si vede, la Rai manda la pubblicità
Roma, 4 set. (Apcom) - La Rai ieri sera ha oscurato la diretta del gol del pareggio dell'Italia a Tallin contro l'Estonia per mandare in onda uno dei consueti minibreak pubblitari da pochi secondi inseriti all'interno delle partite. Al 60' del match valido per le qualificazioni ad Euro 2012 (poi conclusosi con la vittoria degli azzurri per 2-1), prima di un calcio d'angolo, contemporaneamente alla sostituzione di Quagliarella per Pepe, il telecronista di Rai1 ha chiamato la pubblicità: al ritorno con le immagini da Tallin, l'Italia aveva appena segnato con Cassano. Per fortuna ci sono i replay.
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Ridateci i padri che portano i figli allo stadio
DI MASSIMILIANO CASTELLANI
Il calcio spezzatino ultramediatico ricattato dagli ultrà ha reso gli stadi tristi non più accessibili ai “tifosi veri” e alle loro famiglie
È una Babele insidiosa e maligna questo benedetto pallone. E noi che come Lucio Dalla, siamo cresciuti «guardando le partite alla radio», - mentre ascoltavamo la voce amica di Tutto il calcio minuto per minuto ci sentiamo i veri condannati al Daspo. L’estate sta finendo e un’era se ne va. Quella che comincia per il calcio italiano dicono sia l’«era della tessera» che rimetterà le cose a posto, ripulirà le Curve, riporterà la sicurezza e la pace negli stadi. Sarà vero? È pur vero che dopo un decennio nero, di guerriglie urbane, macchine incendiate, accoltellati, agenti feriti e ispettori di Polizia caduti assurdamente sul “campo” (l’omicidio di Filippo Raciti ancora irrisolto), da qualche parte bisognava pur cominciare. Il problema è che anche nella nostra Repubblica fondata sul pallone, gattopardescamente si insinua da sempre lo striscione intimidatorio: «perché tutto cambi occorre che tutto resti uguale». Uno slogan adottato dai presidenti delle società, ai quali fino a ieri, il gioco è andato bene così, anche cedendo al ricatto e foraggiando i capricci dalle spese per le trasferte fino all’ultima sciarpa - dei gruppi ultrà. Poi però l’affare si è fatto commerciale e di conseguenza politico, la situazione gli è sfuggita di mano, e alla fine, dopo aver gridato e minacciato, al padre- patron non è rimasto che spedire la palla avvelenata in tribuna, prendere tempo e chiedere aiuto al vecchio e traballante Stato.
Il quale, a sua volta, avendo legami più o meno diretti con gli stessi imprenditori dell’Azienda calcio, sta usando la stessa tattica: pugno di ferro e che il messaggio della «tolleranza zero» arrivi agli ultrà. Ma intanto melina ad oltranza, sperando che i tempi, compresi quelli supplementari e al limite ai rigori, aggiustino tutto. Però così si rischia che a pagare sia solo e soltanto uno: il tifoso-vero. Più raro di un panda per la pubblica ottusità, eppure ancora maggioranza civile e per questo silenziosa. Stanno uccidendo il papà-tifoso. Quello che oltre a crescere e a educare un figlio ai valori sani della vita, lo aveva anche introdotto in quello che un tempo era il meraviglioso mondo delle gradinate. Ci faranno vedere il calcio a tutte le ore, da quella di pranzo (anticipo domenicale delle 12,30 che fa saltare il tradizionale convivio in famiglia) fino a notte fonda, ma hanno deciso che oscureranno l’immagine del papà che porta per la prima volta il figlio allo stadio. Eppure, se sapessero quanto era importante quell’iniziazione per un genitore-tifoso: fondamentale quanto il primo dentino spuntato, il primo giorno di scuola, il diploma, la laurea del figlio. «La colpa è degli stadi», l’altro tormentone. I nostri, sono i più brutti e insicuri d’Europa, vero. Ma è anche vero che quando con il tempo e nonostante le bombe scampate i nostri stadi diventano luoghi d’arte e monumenti alla memoria, poi li buttano giù e ne costruiscono di nuovi che però hanno sempre barriere, fossati ed eserciti - spesso inutili e costosi per dividerci, per tenerci a distanza, anche a noi che siamo tifosi veri. Quelli sani e onesti che hanno sempre pagato il biglietto e che erano felici anche di fare la coda al botteghino in compagnia di un padre, di un amico. Sereni e pacifici nell’aspettare insieme, per ore, che la partita cominciasse, mangiando pane e frittata e brindando con una lattina a una felicità frizzante che forse può stare anche dentro lo spazio ristretto di 90 minuti. C’è chi considera tutto questo un passato da cancellare, e dai e dai ci si sta riuscendo. E non poter neanche più dire senza essere derisi, «mio padre (il buon Mario) mi ha portato in tutti gli stadi d’Italia e non ci è mai capitato niente...», è la peggiore delle sconfitte.
Ma anche per questo motivo, i violenti non possono averla vinta.
avvenire 29 agosto 2010
Il calcio spezzatino ultramediatico ricattato dagli ultrà ha reso gli stadi tristi non più accessibili ai “tifosi veri” e alle loro famiglie
È una Babele insidiosa e maligna questo benedetto pallone. E noi che come Lucio Dalla, siamo cresciuti «guardando le partite alla radio», - mentre ascoltavamo la voce amica di Tutto il calcio minuto per minuto ci sentiamo i veri condannati al Daspo. L’estate sta finendo e un’era se ne va. Quella che comincia per il calcio italiano dicono sia l’«era della tessera» che rimetterà le cose a posto, ripulirà le Curve, riporterà la sicurezza e la pace negli stadi. Sarà vero? È pur vero che dopo un decennio nero, di guerriglie urbane, macchine incendiate, accoltellati, agenti feriti e ispettori di Polizia caduti assurdamente sul “campo” (l’omicidio di Filippo Raciti ancora irrisolto), da qualche parte bisognava pur cominciare. Il problema è che anche nella nostra Repubblica fondata sul pallone, gattopardescamente si insinua da sempre lo striscione intimidatorio: «perché tutto cambi occorre che tutto resti uguale». Uno slogan adottato dai presidenti delle società, ai quali fino a ieri, il gioco è andato bene così, anche cedendo al ricatto e foraggiando i capricci dalle spese per le trasferte fino all’ultima sciarpa - dei gruppi ultrà. Poi però l’affare si è fatto commerciale e di conseguenza politico, la situazione gli è sfuggita di mano, e alla fine, dopo aver gridato e minacciato, al padre- patron non è rimasto che spedire la palla avvelenata in tribuna, prendere tempo e chiedere aiuto al vecchio e traballante Stato.
Il quale, a sua volta, avendo legami più o meno diretti con gli stessi imprenditori dell’Azienda calcio, sta usando la stessa tattica: pugno di ferro e che il messaggio della «tolleranza zero» arrivi agli ultrà. Ma intanto melina ad oltranza, sperando che i tempi, compresi quelli supplementari e al limite ai rigori, aggiustino tutto. Però così si rischia che a pagare sia solo e soltanto uno: il tifoso-vero. Più raro di un panda per la pubblica ottusità, eppure ancora maggioranza civile e per questo silenziosa. Stanno uccidendo il papà-tifoso. Quello che oltre a crescere e a educare un figlio ai valori sani della vita, lo aveva anche introdotto in quello che un tempo era il meraviglioso mondo delle gradinate. Ci faranno vedere il calcio a tutte le ore, da quella di pranzo (anticipo domenicale delle 12,30 che fa saltare il tradizionale convivio in famiglia) fino a notte fonda, ma hanno deciso che oscureranno l’immagine del papà che porta per la prima volta il figlio allo stadio. Eppure, se sapessero quanto era importante quell’iniziazione per un genitore-tifoso: fondamentale quanto il primo dentino spuntato, il primo giorno di scuola, il diploma, la laurea del figlio. «La colpa è degli stadi», l’altro tormentone. I nostri, sono i più brutti e insicuri d’Europa, vero. Ma è anche vero che quando con il tempo e nonostante le bombe scampate i nostri stadi diventano luoghi d’arte e monumenti alla memoria, poi li buttano giù e ne costruiscono di nuovi che però hanno sempre barriere, fossati ed eserciti - spesso inutili e costosi per dividerci, per tenerci a distanza, anche a noi che siamo tifosi veri. Quelli sani e onesti che hanno sempre pagato il biglietto e che erano felici anche di fare la coda al botteghino in compagnia di un padre, di un amico. Sereni e pacifici nell’aspettare insieme, per ore, che la partita cominciasse, mangiando pane e frittata e brindando con una lattina a una felicità frizzante che forse può stare anche dentro lo spazio ristretto di 90 minuti. C’è chi considera tutto questo un passato da cancellare, e dai e dai ci si sta riuscendo. E non poter neanche più dire senza essere derisi, «mio padre (il buon Mario) mi ha portato in tutti gli stadi d’Italia e non ci è mai capitato niente...», è la peggiore delle sconfitte.
Ma anche per questo motivo, i violenti non possono averla vinta.
avvenire 29 agosto 2010
Gli ultrà iniziano a “digerire” la tessera
La prima sfida, Varese-Atalanta, da “bollino nero” per la contestazione della tessera del tifoso da parte degli ultrà è andata. Nessun incidente e la tifoseria atalantina stangata prima della trasferta per il derby lombardo: contro i 44 ultrà denunciati dalla questura di Bergamo per aver partecipato alla contestazione di mercoledì sera ad Alzano Lombardo nei confronti del ministro dell’Interno Roberto Maroni verrà adottata la misura del Daspo che vieterà il loro ingresso negli stadi. Qualche coro e striscione «no alla tessera» tra i campi di Serie B si sono sentiti e visti, ma la prima di Serie A allo stadio Friuli si è svolta in piena serenità. I circa mille tifosi genoani arrivati a Udine e i 1900 friulani che erano privi di documento sono comunque riusciti ad acquistare il biglietto e accedere allo stadio in tempo per l’inizio della partita. L’Udinese e la Questura di Udine si erano del resto già preparate: dalle 9 della mattina con un gazebo appositamente attrezzato per sopperire a questa emergenza. Oggi si temono manifestazioni da parte di altri gruppi ultrà a Firenze da parte dei napoletani e pertanto nei pressi dello stadio Franchi è stato potenziato il servizio di sicurezza con circa 300 agenti delle forze dell’ordine. Ieri intanto il Napoli calcio ha reso noto che su oltre 15mila tessere “Club Azzurro Card”, vagliate dalla divisione anticrime della Questura del capoluogo partenopeo meno di dieci sono state respinte perchè i richiedenti non erano idonei. Dopo i malumori degli ultimi giorni il numero delle nuove tessere del tifoso è in progressivo aumento: secondo le ultime rilevazioni sarebbero a quota 589.479 e quelle emesse a 397.949. I ritardi e i disguidi sono previsti per queste prime giornate, ma poi la macchina dovrebbe funzionare a pieno régime. Intanto però la tessera oltre a non essere gradita dagli ultrà riceve critiche anche dall’Associazione ’Giuseppe Dossetti che la boccia in quanto «schedatura di massa». L’Associazione Dossetti fa sapere che dopo avere ricevuto decine e decine di telefonate di tifosi, chiede un incontro chiarificatore con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e scende in campo per tutelare i diritti del «tifoso vero che ha sempre creduto nello sport e che oggi non vuole essere identificato con il violento che va allo stadio per delinquere».
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