La prima sfida, Varese-Atalanta, da “bollino nero” per la contestazione della tessera del tifoso da parte degli ultrà è andata. Nessun incidente e la tifoseria atalantina stangata prima della trasferta per il derby lombardo: contro i 44 ultrà denunciati dalla questura di Bergamo per aver partecipato alla contestazione di mercoledì sera ad Alzano Lombardo nei confronti del ministro dell’Interno Roberto Maroni verrà adottata la misura del Daspo che vieterà il loro ingresso negli stadi. Qualche coro e striscione «no alla tessera» tra i campi di Serie B si sono sentiti e visti, ma la prima di Serie A allo stadio Friuli si è svolta in piena serenità. I circa mille tifosi genoani arrivati a Udine e i 1900 friulani che erano privi di documento sono comunque riusciti ad acquistare il biglietto e accedere allo stadio in tempo per l’inizio della partita. L’Udinese e la Questura di Udine si erano del resto già preparate: dalle 9 della mattina con un gazebo appositamente attrezzato per sopperire a questa emergenza. Oggi si temono manifestazioni da parte di altri gruppi ultrà a Firenze da parte dei napoletani e pertanto nei pressi dello stadio Franchi è stato potenziato il servizio di sicurezza con circa 300 agenti delle forze dell’ordine. Ieri intanto il Napoli calcio ha reso noto che su oltre 15mila tessere “Club Azzurro Card”, vagliate dalla divisione anticrime della Questura del capoluogo partenopeo meno di dieci sono state respinte perchè i richiedenti non erano idonei. Dopo i malumori degli ultimi giorni il numero delle nuove tessere del tifoso è in progressivo aumento: secondo le ultime rilevazioni sarebbero a quota 589.479 e quelle emesse a 397.949. I ritardi e i disguidi sono previsti per queste prime giornate, ma poi la macchina dovrebbe funzionare a pieno régime. Intanto però la tessera oltre a non essere gradita dagli ultrà riceve critiche anche dall’Associazione ’Giuseppe Dossetti che la boccia in quanto «schedatura di massa». L’Associazione Dossetti fa sapere che dopo avere ricevuto decine e decine di telefonate di tifosi, chiede un incontro chiarificatore con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e scende in campo per tutelare i diritti del «tifoso vero che ha sempre creduto nello sport e che oggi non vuole essere identificato con il violento che va allo stadio per delinquere».
avvenire
Visualizzazione post con etichetta tessera del tifoso. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta tessera del tifoso. Mostra tutti i post
Polemiche, assalti e oscuri presagi L’italcalcio ostaggio di tv e ultrà
Quelli che la tessera del tifoso... L’Italia, il Paese di 'quelli che'. Quelli che non la vogliono e te lo dicono bruciandoti l’automobile com’è successo ad Alzano con alcuni ultrà dell’Atalanta, niente di personale s’intende; e gettano bombe carta che certo non impari a fabbricarle ad educazione tecnologica e neanche con il 'piccolo chimico'. Quelli che non la vogliono, la tesseraccia, e ti spiegano, anzi ti ululano che è tutto un modo per schedare il povero tifoso e sottrargli libertà personale e negargli i diritti; ma poi non siamo riusciti a trovare nessuno capace di spiegare quale 'libertà' venga negata, e quale schedatura sarà mai, visto che è la stessa 'schedatura' che ti fanno al supermercato con la tessera punti... in realtà un modo comodo per studiare le abitudini di ogni singolo consumatore e, perbacco, la direzione marketing dell’iper sa perfino se ho la dentiera dall’adesivo che ho acquistato (in realtà per il nonno). Quelli che senza tessera seguiranno la squadra in trasferta, sabato e domenica sera, sapendo di concorrere a creare una situazione a rischio, con poliziotti schierati, e nervosi, a spese di tutti i contribuenti... a riprova che il calcio lo 'paga' anche a chi non lo vede.
E poi: quelli che la tessera l’hanno fatta seduti accanto a quelli che non l’hanno; come a Cesena, dove gli ultrà della Curva Mare non ne vogliono sapere ma il Centro coordinamento dei 33 club, per 4.000 tifosi, l’ha sottoscritta senza che la sua coscienza risultasse in alcun modo turbata. Quelli che... per la prima volta ultrà bresciani e bergamaschi remano nella stessa direzione, con il sospetto fondato che sia quella sbagliata. Quelli che a Milano non si capisce niente: 220mila tessere il Milan, praticamente ce l’ha anche chi è andato al Meazza una volta sola negli ultimi due anni; e 'appena' 50mila (pare) l’Inter.
Quelli che s’illudono di aver risolto il problema dei delinquenti che s’infilano in curva e di trasformare gli stadi in teatri: se gli stadi italiani fossero come quelli inglesi o tedeschi o i migliori spagnoli, probabilmente non ci sarebbe alcun bisogno della tessera. Il tifoso italiano paga cifre assurde per vedere la partita male, sotto la pioggia e con il rischio di prendersi un petardo sulla testa, petardo che non potrebbe entrare se tutti gli spettatori fossero davvero controllati. I nostri stadi, tranne rarissime eccezioni, sono brutti, sporchi, scomodi, decrepiti, ingenerano ansia e insicurezza, e ci pensi cento volte prima di portarci la famiglia...
e alla fine non ce la porti.
Ed infine: quelli che per anni hanno lasciato mano libera agli ultrà, per convenienza o paura, e adesso sbattono loro la porta in faccia; i padroni del calcio prigionieri delle televisioni senza i cui soldi farebbero bancarotta. Quelli che se gli abbonati allo stadio calano del 20 per cento e gli abbonati alla pay-tv crescono del 20 per cento è una pura coincidenza.
Quelli che comunque il calcio è il gioco più bello del mondo e tutto digerisce: il biglietto nominale, i tornelli, i daspo, i morti, gli accoltellati, gli assalti alle caserme e i 'puncicati' romani, i portoghesi napoletani, calciopoli, le scommesse clandestine, lo smantellamento dei settori giovanili, le fidanzate dei calciatori strapagati e con la puzzetta al naso, i telecronisti logorroici nevrotici innamorati di sé, i cronisti e i loro processoni... diamine, digeriremo anche la tessera del tifoso, forse una delle iniziative più opportune e intelligenti, ma pensata per un calcio che ancora non c’è; e che, in un contesto insensato, rischia di risultare superflua, come argenteria alla mensa dei poveri.
Una misura opportuna in un contesto inadeguato: stadi fatiscenti, strapotere delle tv e impotenza delle società mentre gli spettatori abbandonano gli spalti per sedersi in poltrona
UMBERTO FOLENA - avvenire 27 agosto 2010
E poi: quelli che la tessera l’hanno fatta seduti accanto a quelli che non l’hanno; come a Cesena, dove gli ultrà della Curva Mare non ne vogliono sapere ma il Centro coordinamento dei 33 club, per 4.000 tifosi, l’ha sottoscritta senza che la sua coscienza risultasse in alcun modo turbata. Quelli che... per la prima volta ultrà bresciani e bergamaschi remano nella stessa direzione, con il sospetto fondato che sia quella sbagliata. Quelli che a Milano non si capisce niente: 220mila tessere il Milan, praticamente ce l’ha anche chi è andato al Meazza una volta sola negli ultimi due anni; e 'appena' 50mila (pare) l’Inter.
Quelli che s’illudono di aver risolto il problema dei delinquenti che s’infilano in curva e di trasformare gli stadi in teatri: se gli stadi italiani fossero come quelli inglesi o tedeschi o i migliori spagnoli, probabilmente non ci sarebbe alcun bisogno della tessera. Il tifoso italiano paga cifre assurde per vedere la partita male, sotto la pioggia e con il rischio di prendersi un petardo sulla testa, petardo che non potrebbe entrare se tutti gli spettatori fossero davvero controllati. I nostri stadi, tranne rarissime eccezioni, sono brutti, sporchi, scomodi, decrepiti, ingenerano ansia e insicurezza, e ci pensi cento volte prima di portarci la famiglia...
e alla fine non ce la porti.
Ed infine: quelli che per anni hanno lasciato mano libera agli ultrà, per convenienza o paura, e adesso sbattono loro la porta in faccia; i padroni del calcio prigionieri delle televisioni senza i cui soldi farebbero bancarotta. Quelli che se gli abbonati allo stadio calano del 20 per cento e gli abbonati alla pay-tv crescono del 20 per cento è una pura coincidenza.
Quelli che comunque il calcio è il gioco più bello del mondo e tutto digerisce: il biglietto nominale, i tornelli, i daspo, i morti, gli accoltellati, gli assalti alle caserme e i 'puncicati' romani, i portoghesi napoletani, calciopoli, le scommesse clandestine, lo smantellamento dei settori giovanili, le fidanzate dei calciatori strapagati e con la puzzetta al naso, i telecronisti logorroici nevrotici innamorati di sé, i cronisti e i loro processoni... diamine, digeriremo anche la tessera del tifoso, forse una delle iniziative più opportune e intelligenti, ma pensata per un calcio che ancora non c’è; e che, in un contesto insensato, rischia di risultare superflua, come argenteria alla mensa dei poveri.
Una misura opportuna in un contesto inadeguato: stadi fatiscenti, strapotere delle tv e impotenza delle società mentre gli spettatori abbandonano gli spalti per sedersi in poltrona
UMBERTO FOLENA - avvenire 27 agosto 2010
Lo stadio apre l’era della tessera: ARGENTINA E BRASILE CI PROVANO DA ANNI E LA THATCHER FU BLOCCATA PER LA PRIVACY
DI IVO ROMANO
Il calcio italiano da sabato entra nella nuova era della Tessera del tifoso. Una piccola card che come sempre divide la nostra Repubblica del pallone. A Napoli, ci sono gruppi di ultrà dissidenti che via Internet non trovano di meglio che consigliare «come si falsifica» la famigerata tessera. Incidenti di percorso in un iter che soddisfa il suo principale promotore, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. «Dopo molte resistenze e qualche mugugno, le società hanno mantenuto gli impegni che avevano assunto. Non tutto è stato realizzato in modo omogeneo, ma quanto doveva esser fatto o almeno avviato è avvenuto. Ci saranno anche altre misure perchè bisogna tener distinti i tifosi veri dagli ultras violenti che si oppongono ad ogni forma di controllo e sicurezza», sottolinea il ministro Maroni, raggiante per il raggiungimento di quota 521.540 tessere del tifoso tra i club di Serie A e B.
E allora andiamo a verificare qual è la novità che fa pensare a un calcio italiano anno zero. La tessera del tifoso, promette di ripulire gli stadi da ogni forma di violenza. Che sia la panacea di tutti i mali lo dirà solo il tempo. Un dato, per ora, è certo: cambierà le abitudini dei calciofili. La tessera della rivoluzione. Più o meno come con una carta di credito o un bancomat, sia per forma che per dimensioni. E, soprattutto, obbligatoria per chi voglia seguire la squadra del cuore in trasferta, almeno nel settore ospiti (altrimenti si può sempre acquistare un biglietto per altri settori, sempre che siano in vendita). Variabile il costo: si aggira tra i 10 e i 15 euro, ma in seguito c’è chi è pronto a distribuirla gratuitamente, insieme all’abbonamento (potrebbe anche sostituirlo: in più dell’abbonamento ci sarà anche la foto personale), sempre che il richiedente abbia i requisiti previsti dalla legge. Perché è vero che viene rilasciata dalle singole società (cui il richiedente dovrà comunicare tutti i dati personali), ma non prima del via libera da parte della Questura, cui spetta il diritto di veto: non potrà averla chi sia stato sottoposto a provvedimento di Daspo (che vieta ai soggetti pericolosi l’accesso ai luoghi in cui si svolgano manifestazioni sportive) e a chi abbia subito condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni.
La tessera del tifoso non è indispensabile per seguire le partite casalinghe della squadra del cuore: qualunque non abbonato potrà acquistare il biglietto nominativo. Ma il possessore avrà la possibilità di acquistare fino a 4 biglietti per amici che vuol portare con sé allo stadio: sarà comunque necessario esibire i documenti d’identità delle persone interessate. La card diventa, invece, fondamentale per le gare in trasferta: in questo caso garantirà il biglietto per il settore ospiti, cui altrimenti non si potrà accedere in alcun modo. La tessera, inoltre, permetterà l’accesso agli stadi anche in occasione di partite soggette a restrizioni (che, d’ora in poi, dovrebbero diminuire). Se dubbi e proteste non mancano, i club si sono comunque messi in regola. Tutti d’accordo, a quanto pare: dalla Lega di A («la tessera del tifoso è progetto condiviso da società e ministero, è un passaporto universale per gli stadi, che va a vantaggio dei tifosi», secondo il presidente Beretta) fino alla Lega Pro («un’iniziativa lodevole, che non potevamo non appoggiare, anzi lo abbiamo fatto con grande entusiasmo», per il presidente Macalli). Il progetto è partito, dove in tempo utile, dove in colpevole ritardo. Ma i problemi restano. La reazione degli ultrà, innanzitutto. E la volontà di disertare la campagna abbonamenti. Chi più, chi meno registra una contrazione negli abbonamenti venduti: proiezioni azzardano un decremento tra il 15 e il 20 per cento, un ulteriore colpo alle già scarse presenze negli stadi. E poi si aspettano notizie dall’Osservatorio del Viminale: con l’avven- to della Tessera del tifoso cosa accade alle restrizioni per alcune trasferte? Ci sarà ancora un elenco di partite ad alto rischio? Saranno confermate alcune vecchie limitazioni? Domande legittime, in attesa di risposte certe.
E poi c’è chi dietro ci vede dell’altro. Un’operazione commerciale, ad esempio. La fidelizzazione del tifoso, la lotta alla violenza. Ma pure altro. La tessera è una sorta di carta di credito ricaricabile (con tanto di codice Iban impresso), ma senza obbligo di conto corrente bancario, con costi di gestione variabili, a seconda dell’uso che ne si fa. E chi più spende maggiori benefici ottiene. Un vorticoso giro di quattrini (difficile da quantificare per ora) dalle tasche dei tifosi alle casse dei club, secondo una logica deleteria: chi più spende più è tifoso. Lo si capirà. Lampante la direzione del movimento di danaro: dalle tasche dei tifosi alle casse della società.
Nulla di paragonabile alla tessera del tifoso, fuori dai confini italiani.
Una prima assoluta, la novità voluta dal Viminale. Qualcuno ci ha provato, altrove. Ma senza riscuotere consensi. Altri ci stanno provano ancora, ma con un iter che avanza col freno a mano tirato. È il caso dell’Argentina, dove il problema della violenza a margine del calcio è all’ordine del giorno: il progetto è datato 2007, affidato all’Universidad Tecnologica General (che ha studiato una speciale carta magnetica), ma ha oltre 3 anni dal varo non è ancora entrato in vigore. Restando in America Latina, qualcosa del genere era stato studiato anni addietro anche in Brasile, ma l’idea andò incontro al semaforo rosso proprio quando sembrava in dirittura d’arrivo. In altri paesi dove il fenomeno della violenza negli stadi è particolarmente sentito ci hanno pensato, ma senza mai giungere all’adozione di un sistema simile alla nostra tessera del tifoso: solo in Olanda si sta provando a studiare qualcosa di analogo, ma si è ancora agli inizi. In Inghilterra, ai tempi della dura lotta contro la piaga degli hooligans, ci provò il primo ministro Margaret Thatcher, la lady di ferro, che però si scontrò contro l’insormontabile necessità di difendere la privacy. Perciò anche nella Premier si va avanti con un semplice abbonamento nominale, ben lontano dalla nostra tessera
avvenire 25 agosto 2010
Il calcio italiano da sabato entra nella nuova era della Tessera del tifoso. Una piccola card che come sempre divide la nostra Repubblica del pallone. A Napoli, ci sono gruppi di ultrà dissidenti che via Internet non trovano di meglio che consigliare «come si falsifica» la famigerata tessera. Incidenti di percorso in un iter che soddisfa il suo principale promotore, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. «Dopo molte resistenze e qualche mugugno, le società hanno mantenuto gli impegni che avevano assunto. Non tutto è stato realizzato in modo omogeneo, ma quanto doveva esser fatto o almeno avviato è avvenuto. Ci saranno anche altre misure perchè bisogna tener distinti i tifosi veri dagli ultras violenti che si oppongono ad ogni forma di controllo e sicurezza», sottolinea il ministro Maroni, raggiante per il raggiungimento di quota 521.540 tessere del tifoso tra i club di Serie A e B.
E allora andiamo a verificare qual è la novità che fa pensare a un calcio italiano anno zero. La tessera del tifoso, promette di ripulire gli stadi da ogni forma di violenza. Che sia la panacea di tutti i mali lo dirà solo il tempo. Un dato, per ora, è certo: cambierà le abitudini dei calciofili. La tessera della rivoluzione. Più o meno come con una carta di credito o un bancomat, sia per forma che per dimensioni. E, soprattutto, obbligatoria per chi voglia seguire la squadra del cuore in trasferta, almeno nel settore ospiti (altrimenti si può sempre acquistare un biglietto per altri settori, sempre che siano in vendita). Variabile il costo: si aggira tra i 10 e i 15 euro, ma in seguito c’è chi è pronto a distribuirla gratuitamente, insieme all’abbonamento (potrebbe anche sostituirlo: in più dell’abbonamento ci sarà anche la foto personale), sempre che il richiedente abbia i requisiti previsti dalla legge. Perché è vero che viene rilasciata dalle singole società (cui il richiedente dovrà comunicare tutti i dati personali), ma non prima del via libera da parte della Questura, cui spetta il diritto di veto: non potrà averla chi sia stato sottoposto a provvedimento di Daspo (che vieta ai soggetti pericolosi l’accesso ai luoghi in cui si svolgano manifestazioni sportive) e a chi abbia subito condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni.
La tessera del tifoso non è indispensabile per seguire le partite casalinghe della squadra del cuore: qualunque non abbonato potrà acquistare il biglietto nominativo. Ma il possessore avrà la possibilità di acquistare fino a 4 biglietti per amici che vuol portare con sé allo stadio: sarà comunque necessario esibire i documenti d’identità delle persone interessate. La card diventa, invece, fondamentale per le gare in trasferta: in questo caso garantirà il biglietto per il settore ospiti, cui altrimenti non si potrà accedere in alcun modo. La tessera, inoltre, permetterà l’accesso agli stadi anche in occasione di partite soggette a restrizioni (che, d’ora in poi, dovrebbero diminuire). Se dubbi e proteste non mancano, i club si sono comunque messi in regola. Tutti d’accordo, a quanto pare: dalla Lega di A («la tessera del tifoso è progetto condiviso da società e ministero, è un passaporto universale per gli stadi, che va a vantaggio dei tifosi», secondo il presidente Beretta) fino alla Lega Pro («un’iniziativa lodevole, che non potevamo non appoggiare, anzi lo abbiamo fatto con grande entusiasmo», per il presidente Macalli). Il progetto è partito, dove in tempo utile, dove in colpevole ritardo. Ma i problemi restano. La reazione degli ultrà, innanzitutto. E la volontà di disertare la campagna abbonamenti. Chi più, chi meno registra una contrazione negli abbonamenti venduti: proiezioni azzardano un decremento tra il 15 e il 20 per cento, un ulteriore colpo alle già scarse presenze negli stadi. E poi si aspettano notizie dall’Osservatorio del Viminale: con l’avven- to della Tessera del tifoso cosa accade alle restrizioni per alcune trasferte? Ci sarà ancora un elenco di partite ad alto rischio? Saranno confermate alcune vecchie limitazioni? Domande legittime, in attesa di risposte certe.
E poi c’è chi dietro ci vede dell’altro. Un’operazione commerciale, ad esempio. La fidelizzazione del tifoso, la lotta alla violenza. Ma pure altro. La tessera è una sorta di carta di credito ricaricabile (con tanto di codice Iban impresso), ma senza obbligo di conto corrente bancario, con costi di gestione variabili, a seconda dell’uso che ne si fa. E chi più spende maggiori benefici ottiene. Un vorticoso giro di quattrini (difficile da quantificare per ora) dalle tasche dei tifosi alle casse dei club, secondo una logica deleteria: chi più spende più è tifoso. Lo si capirà. Lampante la direzione del movimento di danaro: dalle tasche dei tifosi alle casse della società.
Nulla di paragonabile alla tessera del tifoso, fuori dai confini italiani.
Una prima assoluta, la novità voluta dal Viminale. Qualcuno ci ha provato, altrove. Ma senza riscuotere consensi. Altri ci stanno provano ancora, ma con un iter che avanza col freno a mano tirato. È il caso dell’Argentina, dove il problema della violenza a margine del calcio è all’ordine del giorno: il progetto è datato 2007, affidato all’Universidad Tecnologica General (che ha studiato una speciale carta magnetica), ma ha oltre 3 anni dal varo non è ancora entrato in vigore. Restando in America Latina, qualcosa del genere era stato studiato anni addietro anche in Brasile, ma l’idea andò incontro al semaforo rosso proprio quando sembrava in dirittura d’arrivo. In altri paesi dove il fenomeno della violenza negli stadi è particolarmente sentito ci hanno pensato, ma senza mai giungere all’adozione di un sistema simile alla nostra tessera del tifoso: solo in Olanda si sta provando a studiare qualcosa di analogo, ma si è ancora agli inizi. In Inghilterra, ai tempi della dura lotta contro la piaga degli hooligans, ci provò il primo ministro Margaret Thatcher, la lady di ferro, che però si scontrò contro l’insormontabile necessità di difendere la privacy. Perciò anche nella Premier si va avanti con un semplice abbonamento nominale, ben lontano dalla nostra tessera
avvenire 25 agosto 2010
Tessera del tifoso: Scendono in campo i tifosi del «no» Ma a Firenze e Milano è un boom gli ultras
In quasi tutte le curve a tre giorni dal via del campionato serpeggia la protesta Fiorentini e milanisti in controtendenza: “Cuore rossonero” ha 220mila tesserati
DI MARCO BIROLINI - avvenire
La battaglia degli ultras di mezza Italia (se non tutta) contro la tessera del tifoso va avanti da più di un mese, cioè da quando è stato chiaro che il ministro Maroni non avrebbe fatto marcia indietro. Subito sono partiti proteste, cori, volantini e appelli. La Curva della Lazio si è sciolta per ripicca, quelli della Roma hanno invitato tutti a non abbonarsi. Praticamente ogni gruppo organizzato ha lanciato il suo piccolo boicottaggio. Le società si sono piegate al volere del governo, senza però mancare di far sapere al popolo curvaiolo che loro, se avessero potuto, della tessera ne avrebbero fatto volentieri a meno. Qualcuno si è addirittura inventato il diritto di prelazione per chi non rinnoverà il vecchio abbonamento. Guai a inimicarsi gli ultras, nel calcio italiano sono sempre loro a dettar legge.
Stavolta, però, c’è un segnale nuovo. In molte piazze i tifosi non violenti, quelli senza Daspo e condanne sul groppone, hanno lasciato cadere nel vuoto la chiamata alla resistenza da curva. A Napoli si fa la fila in posta per sottoscrivere l’Azzurro card, a Firenze le tessere “Orgoglio viola” sono andate a ruba: già ventimila pezzi venduti. Paradossalmente, molti di più degli abbonamenti, fermi secondo stime ufficiose a quota diecimila. Segno che la tanto vituperata tessera, lungi dall’essere un bieco strumento di schedatura, può davvero rafforzare il legame con la squadra del cuore e trasformarsi in una sorta di telepass del tifoso.
Ben 220 mila sono le carte Cuorerossonero vendute dal Milan, che già due stagioni fa intraprese l’iniziativa resa obbligatoria da quest’anno dal Viminale per contrastare la violenza negli stadi.
A Bergamo è successa una cosa strana: una valanga di abbonamenti in più rispetto all’anno scorso. Quindicimila tessere bruciate in un mese, nonostante gli ultras avessero annunciato lo sciopero dell’abbonamento e incitato tutti a fare altrettanto. Il nuovo presidente Antonio Percassi ha ripetuto che abbonarsi era un obbligo per sostenere l’Atalanta nella corsa all’immediato ritorno in A. La gente ha dato retta a lui: anche le vendite in curva vanno a gonfie vele.
Il muro anti tessera mostra insomma ampie crepe, nonostante il vertice tra ultras di fine luglio in Sicilia: si è convenuto solo sulla condanna degli interisti, che già dall’anno scorso hanno sottoscritto 80 mila tessere. Ma anche i milanisti hanno aderito in massa, rompendo il fronte del no. Vero, gli abbonamenti sono in calo quasi ovunque, ma più per la crisi e per lo scarso appeal della Serie A che per lo sciopero dell’abbonamento. Quella degli ultras assomiglia sempre più a una battaglia contro i mulini a vento: resistono per non estinguersi dagli stadi. Chi ha la fedina penale sporca da quest’anno starà fuori, a meno che ogni volta prenda il biglietto. Ma presto il Viminale potrebbe andare oltre, impedendo ai cattivi anche l’acquisto dei tagliandi. L’operazione bonifica insomma va avanti spedita, giustificata anche dalle cifre sugli incidenti da stadio: più 20% l’anno scorso, senza contare le botte che hanno fatto da simpatico contorno alle amichevoli estive. Chi non vorrà adeguarsi resterà a guardare. Non dalla curva, al massimo dal divano di casa. Restare solo con la pay tv, ecco il colmo per un ultras. O come avverte il presidente del Coni Gianni Petrucci: «Se ne faccia una ragione chi non la vuole: è una battaglia persa in partenza perchè non si può tornare indietro ».
DI MARCO BIROLINI - avvenire
La battaglia degli ultras di mezza Italia (se non tutta) contro la tessera del tifoso va avanti da più di un mese, cioè da quando è stato chiaro che il ministro Maroni non avrebbe fatto marcia indietro. Subito sono partiti proteste, cori, volantini e appelli. La Curva della Lazio si è sciolta per ripicca, quelli della Roma hanno invitato tutti a non abbonarsi. Praticamente ogni gruppo organizzato ha lanciato il suo piccolo boicottaggio. Le società si sono piegate al volere del governo, senza però mancare di far sapere al popolo curvaiolo che loro, se avessero potuto, della tessera ne avrebbero fatto volentieri a meno. Qualcuno si è addirittura inventato il diritto di prelazione per chi non rinnoverà il vecchio abbonamento. Guai a inimicarsi gli ultras, nel calcio italiano sono sempre loro a dettar legge.
Stavolta, però, c’è un segnale nuovo. In molte piazze i tifosi non violenti, quelli senza Daspo e condanne sul groppone, hanno lasciato cadere nel vuoto la chiamata alla resistenza da curva. A Napoli si fa la fila in posta per sottoscrivere l’Azzurro card, a Firenze le tessere “Orgoglio viola” sono andate a ruba: già ventimila pezzi venduti. Paradossalmente, molti di più degli abbonamenti, fermi secondo stime ufficiose a quota diecimila. Segno che la tanto vituperata tessera, lungi dall’essere un bieco strumento di schedatura, può davvero rafforzare il legame con la squadra del cuore e trasformarsi in una sorta di telepass del tifoso.
Ben 220 mila sono le carte Cuorerossonero vendute dal Milan, che già due stagioni fa intraprese l’iniziativa resa obbligatoria da quest’anno dal Viminale per contrastare la violenza negli stadi.
A Bergamo è successa una cosa strana: una valanga di abbonamenti in più rispetto all’anno scorso. Quindicimila tessere bruciate in un mese, nonostante gli ultras avessero annunciato lo sciopero dell’abbonamento e incitato tutti a fare altrettanto. Il nuovo presidente Antonio Percassi ha ripetuto che abbonarsi era un obbligo per sostenere l’Atalanta nella corsa all’immediato ritorno in A. La gente ha dato retta a lui: anche le vendite in curva vanno a gonfie vele.
Il muro anti tessera mostra insomma ampie crepe, nonostante il vertice tra ultras di fine luglio in Sicilia: si è convenuto solo sulla condanna degli interisti, che già dall’anno scorso hanno sottoscritto 80 mila tessere. Ma anche i milanisti hanno aderito in massa, rompendo il fronte del no. Vero, gli abbonamenti sono in calo quasi ovunque, ma più per la crisi e per lo scarso appeal della Serie A che per lo sciopero dell’abbonamento. Quella degli ultras assomiglia sempre più a una battaglia contro i mulini a vento: resistono per non estinguersi dagli stadi. Chi ha la fedina penale sporca da quest’anno starà fuori, a meno che ogni volta prenda il biglietto. Ma presto il Viminale potrebbe andare oltre, impedendo ai cattivi anche l’acquisto dei tagliandi. L’operazione bonifica insomma va avanti spedita, giustificata anche dalle cifre sugli incidenti da stadio: più 20% l’anno scorso, senza contare le botte che hanno fatto da simpatico contorno alle amichevoli estive. Chi non vorrà adeguarsi resterà a guardare. Non dalla curva, al massimo dal divano di casa. Restare solo con la pay tv, ecco il colmo per un ultras. O come avverte il presidente del Coni Gianni Petrucci: «Se ne faccia una ragione chi non la vuole: è una battaglia persa in partenza perchè non si può tornare indietro ».
Iscriviti a:
Post (Atom)