di Lorenzo Longhi
GRAZ
Lo spirito di Arnold Schwarzenegger non dimora più qui. Qui, a Graz, dove la Juventus giocherà questa sera contro lo Sturm la gara di andata dello spareggio preliminare per accedere alla fase a gironi dell'Europa League, in uno stadio che per alcuni anni ha portato il nome dell'attuale governatore repubblicano della California. Ma, ormai dal 2006, l'impianto si chiama Upc Arena e, secondo lo zeitgeist della nuova finanza applicata al calcio, è stato ribattezzato con il logo di un'azienda di telecomunicazioni (appunto la Upc Telekabel) che si è aggiudicata i naming rights per ribattezzare lo stadio per 10 anni, sino al 2016, per una cifra complessiva di 1 milione e 500 mila euro. Eppure non è stata una questione economica a sfrattare il nome di Schwarzenegger dallo stadio di Graz. Perché di venale, in tutta la vicenda, non c'è proprio niente: si è trattato, anzi, di una scelta di civiltà, tanto pregevole quanto poco nota al grande pubblico.
Vale dunque la pena fare qualche passo indietro per raccontare la storia dall'inizio. Spingiamo il tasto rewind e rieccoci al 1997, quando la ditta che dal 1995 si era impegnata a costruire il nuovo stadio della città consegnò l'opera, situata quattro chilometri a sud rispetto al centro storico di Graz: 27 settori per 15.400 posti, tutti a sedere e tutti al coperto, impianto di proprietà della Stadion Liebenau Betriebs GmbH, affittuari lo Sturm Graz e il Grazer Ak. Fatto lo stadio, c'era però da dargli un nome e, anche per una questione di autopromozione, a qualcuno venne un'idea: dedicarlo a Schwarzenegger, forse l'austriaco più conosciuto nel mondo, essendo nato a Thal - nel distretto di Graz Umgebung - nel 1947 ed avendo ivi vissuto i suoi primi vent'anni, per poi trasferirsi prima in Germania quindi negli Stati uniti. «Arnold Schwarzenegger stadium», ecco il nome altisonante con cui venne chiamato l'impianto di Graz, da subito dedicato al culturista che diventò una star di Hollywood, l'uomo che ottenne la cittadinanza americana nel 1983 ma mantenne anche quella austriaca. Al suo attivo, allora, c'erano decine di film che lo avevano proiettato nell'Olimpo del cinema d'azione, Conan e Terminator su tutti. E una passione politica che, negli anni '90, lo aveva visto diventare (nominato da George Bush senior) prima presidente del Consiglio in materia di sport e fitness, organizzazione facente parte del Dipartimento per la salute pubblica del Governo americano, quindi ambasciatore della Croce Rossa. Insomma, quanto basta per meritarsi uno stadio. Ma le mire politiche di Schwarzenegger erano altre e quando, il 17 novembre 2003, divenne Governatore della California, anche la città di Graz festeggiò l'elezione del suo figlio più illustre.
Del resto, da un paio di anni la stessa cittadina della Stiria, sotto l'aspetto politico e dell'immagine proiettata nel mondo, aveva ottenuto un riconoscimento altamente significativo: nel 2000, infatti, il Ministro degli Esteri austriaco, la signora Benita Ferrero-Waldner, aveva annunciato alla 55esima Assemblea generale delle Nazioni Unite l'intenzione di fare diventare Graz «prima città dei diritti umani in Europa», impegno sottoscritto dalla municipalità della città che nel febbraio del 2001 ha votato all'unanimità una mozione per dichiarare Graz, appunto, «Città dei diritti umani». Uno slogan ufficialmente e legalmente riconosciuto dall'Onu, anche perché Graz si è spesa per la causa, modificando la legislazione cittadina in modo da prendere in considerazione qualsiasi istanza in materia.
Il problema nasce qui. Graz «città dei diritti umani», Arnold Schwarzenegger - dedicatario del nome dello stadio - governatore di quella California la cui legislazione ancora prevede la pena di morte. C'è qualcosa che non va. E, per quanto narcotizzata per un paio di anni, la contraddizione è esplosa fragorosamente nel dicembre 2005. Nel braccio della morte del carcere californiano di San Quintino c'era Stanley Williams, detto «Tookie», fondatore dei Crips, una delle più note e violente gang della Los Angeles anni '70 e '80. Arrestato e processato, nel 1981 Williams venne condannato alla pena capitale, ritenuto responsabile di quattro omicidi, pur avendo sempre proclamato la propria innocenza. Tookie, durante il periodo di carcerazione, fu artefice di uno straordinario percorso di redenzione e di attivismo sociale, riconosciuto anche da George W. Bush (che lo lodò in una lettera divenuta pubblica), da una candidatura al Nobel per la pace del 2001 e da un film - Redemption - dedicato alla sua storia. Dopo 24 anni nel braccio della morte, l'esecuzione di Williams era programmata per il 13 dicembre 2005. E quando, nel novembre di quell'anno, la Corte suprema della California decise di non riaprire il caso, l'unica persona a poter cambiare il corso degli eventi, concedendogli la grazia, era il governatore dello Stato, Schwarzenegger. Che, l'11 dicembre, a Sacramento, diede udienza a chi chiedeva un provvedimento di clemenza per Williams. «Quando si tratta di decidere della vita o della morte di una persona, è il momento più difficile per un governatore», dichiarò alla stampa.
La città di Graz si schierò con il movimento per i diritti umani, ovviamente. Ma Schwarzenegger non concesse la grazia: fu eseguita l'iniezione letale, Williams morì. E a Graz cominciò il dibattito: possibile che la «città dei diritti umani» mantenesse il proprio impianto sportivo principale con il nome di chi non aveva bloccato una esecuzione capitale? No, naturalmente, e si prepararono le delibere per ribattezzare lo stadio: la decisione era già stata presa, si trattava solo di procedere agli atti formali. La notizia arrivò in California, dove Schwarzenegger non la prese bene. Arnold prese carta e penna e, in tedesco, mandò al sindaco di Graz una risentita lettera di diffida: «Ho negato la richiesta di grazia a un quadruplice omicida, legalmente detenuto, dopo un attento e scrupoloso esame, secondo le leggi del nostro Stato. Per evitare imbarazzi ai politici della città di Graz, ritiro con effetto immediato il diritto di utilizzare il mio nome per lo stadio. In materia riceverete presto una lettera dai miei avvocati», scrisse. E, nel giro di pochi giorni, Schwarzenegger rispedì al mittente a mezzo posta anche l'anello di cittadino onorario di Graz («Ormai per me non ha nessun valore») consegnatogli in una cerimonia pubblica nel 1999.
Così, il 26 dicembre 2005, gli operai rimossero le gigantesche lettere con il nome dell'ex Conan il barbaro dall'entrata dello stadio e dovunque ve ne fosse traccia: rimase solo la dicitura «Stadion Graz-Liebenau», sino all'accordo del 2006 con la Upc Telekabel. La Upc Arena ora mette d'accordo tutti. E pazienza se «The Governator» - un gioco di parole fra «Governor» e «Terminator» - non vi metterà mai più piede.
ilmanifesto.it
CHAMPIONS LEAGUE: Voeller contesta Platini per finale di sabato
Rudi Voeller, direttore sportivo del Bayer Leverkusen, ha attaccato il presidente dell'Uefa Michel Platini, contestandogli la decisione di spostare dal mercoledì al sabato la finale di Champions League. Per l'ex romanista sarebbe: «Un delitto contro le leghe nazionali, tutti i club devono girarsi i pollici per due settimane a causa di due squadre che disputano la finale di Champions League». «Un'assurdità, è il più grande torto che si potesse fare alle leghe». Platini, ex juventino ed ex nazionale francese, ha promosso il trasferimento dal mercoledì al sabato della finale della massima competizione europea per permettere un maggior afflusso di tifosi e una maggiore audience televisiva.
Calcio/Rieccole: Inter e Roma atto IV, c'é la Supercoppa
Oggi a San Siro nerazzurri e giallorossi aprono la stagione
Roma, 21 ago. (Apcom) - Dopo la brevissima interruzione della sfida (persa) contro la Lazio un anno fa, l'Inter ritrova quello che nelle tre precedenti stagioni era stato il suo tradizionale avversario nella sfida di Supercoppa italiana, il trofeo che apre la stagione calcistica: la Roma. Battuta nella corsa scudetto e nella finale dell'ultima Coppa Italia, la squadra giallorossa sarà questa sera (ore 20.45 a san Siro) il primo ostacolo dei campioni d'Italia e d'Europa nella rincorsa al clamoroso record del Barcellona 2008-09, vincitore di 6 trofei, ovvero di tutte le competizioni (nazionali e internazionali) alle quali ha partecipato. "Cominciamo col pensare a portare a casa il primo trofeo, poi penseremo agli altri, sempre uno per volta", ha detto il nuovo allenatore nerazzurro, lo spagnolo Rafael Benitez. Che, con la grande classe che da sempre lo contraddistingue, ha dribblato con eleganza le gratuite frecciate del suo predecessore, il portoghese Jose Mourinho. "Benitez non può vincere quello che ho vinto io e se vince la Supercoppa e il Mondiale per club lo deve a me", aveva detto pochi giorni fa il "vate" di Setubal. "Non vinco io, non vince Mourinho, vincono la società e i giocatori, che da 5 anni stanno vincendo tutto", ha replicato Benitez. Che per bon-ton ha evitato di ricordare che Mourinho ha deciso da solo di andarsene, nonostante fosse legato da un contratto: se ci teneva a questi trofei, poteva restare, avrebbe potuto rispondere lo spagnolo. "Mourinho non mi manca, forse manca di più ai giornalisti", ha detto poi Ranieri. Che ora dall'altra parte si ritrova un collega-avversario degno di stima: "Con Benitez ci conosciamo da tanto tempo, lo stimo molto, è un grande professionista e un grande allenatore, una persona seria". La Roma ha perso due delle tre finali di Supercoppa giocate contro l'Inter, sempre a San Siro. E anche questa volta, secondo Ranieri, "l'Inter è favorita". Ma non è escluso che poi in campo si possa sovvertire il pronostico: "E' una partita secca, c'é una coppa in palio, ci proveremo con la nostra qualità e con l'orgoglio".
Roma, 21 ago. (Apcom) - Dopo la brevissima interruzione della sfida (persa) contro la Lazio un anno fa, l'Inter ritrova quello che nelle tre precedenti stagioni era stato il suo tradizionale avversario nella sfida di Supercoppa italiana, il trofeo che apre la stagione calcistica: la Roma. Battuta nella corsa scudetto e nella finale dell'ultima Coppa Italia, la squadra giallorossa sarà questa sera (ore 20.45 a san Siro) il primo ostacolo dei campioni d'Italia e d'Europa nella rincorsa al clamoroso record del Barcellona 2008-09, vincitore di 6 trofei, ovvero di tutte le competizioni (nazionali e internazionali) alle quali ha partecipato. "Cominciamo col pensare a portare a casa il primo trofeo, poi penseremo agli altri, sempre uno per volta", ha detto il nuovo allenatore nerazzurro, lo spagnolo Rafael Benitez. Che, con la grande classe che da sempre lo contraddistingue, ha dribblato con eleganza le gratuite frecciate del suo predecessore, il portoghese Jose Mourinho. "Benitez non può vincere quello che ho vinto io e se vince la Supercoppa e il Mondiale per club lo deve a me", aveva detto pochi giorni fa il "vate" di Setubal. "Non vinco io, non vince Mourinho, vincono la società e i giocatori, che da 5 anni stanno vincendo tutto", ha replicato Benitez. Che per bon-ton ha evitato di ricordare che Mourinho ha deciso da solo di andarsene, nonostante fosse legato da un contratto: se ci teneva a questi trofei, poteva restare, avrebbe potuto rispondere lo spagnolo. "Mourinho non mi manca, forse manca di più ai giornalisti", ha detto poi Ranieri. Che ora dall'altra parte si ritrova un collega-avversario degno di stima: "Con Benitez ci conosciamo da tanto tempo, lo stimo molto, è un grande professionista e un grande allenatore, una persona seria". La Roma ha perso due delle tre finali di Supercoppa giocate contro l'Inter, sempre a San Siro. E anche questa volta, secondo Ranieri, "l'Inter è favorita". Ma non è escluso che poi in campo si possa sovvertire il pronostico: "E' una partita secca, c'é una coppa in palio, ci proveremo con la nostra qualità e con l'orgoglio".
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