In quasi tutte le curve a tre giorni dal via del campionato serpeggia la protesta Fiorentini e milanisti in controtendenza: “Cuore rossonero” ha 220mila tesserati
DI MARCO BIROLINI - avvenire
La battaglia degli ultras di mezza Italia (se non tutta) contro la tessera del tifoso va avanti da più di un mese, cioè da quando è stato chiaro che il ministro Maroni non avrebbe fatto marcia indietro. Subito sono partiti proteste, cori, volantini e appelli. La Curva della Lazio si è sciolta per ripicca, quelli della Roma hanno invitato tutti a non abbonarsi. Praticamente ogni gruppo organizzato ha lanciato il suo piccolo boicottaggio. Le società si sono piegate al volere del governo, senza però mancare di far sapere al popolo curvaiolo che loro, se avessero potuto, della tessera ne avrebbero fatto volentieri a meno. Qualcuno si è addirittura inventato il diritto di prelazione per chi non rinnoverà il vecchio abbonamento. Guai a inimicarsi gli ultras, nel calcio italiano sono sempre loro a dettar legge.
Stavolta, però, c’è un segnale nuovo. In molte piazze i tifosi non violenti, quelli senza Daspo e condanne sul groppone, hanno lasciato cadere nel vuoto la chiamata alla resistenza da curva. A Napoli si fa la fila in posta per sottoscrivere l’Azzurro card, a Firenze le tessere “Orgoglio viola” sono andate a ruba: già ventimila pezzi venduti. Paradossalmente, molti di più degli abbonamenti, fermi secondo stime ufficiose a quota diecimila. Segno che la tanto vituperata tessera, lungi dall’essere un bieco strumento di schedatura, può davvero rafforzare il legame con la squadra del cuore e trasformarsi in una sorta di telepass del tifoso.
Ben 220 mila sono le carte Cuorerossonero vendute dal Milan, che già due stagioni fa intraprese l’iniziativa resa obbligatoria da quest’anno dal Viminale per contrastare la violenza negli stadi.
A Bergamo è successa una cosa strana: una valanga di abbonamenti in più rispetto all’anno scorso. Quindicimila tessere bruciate in un mese, nonostante gli ultras avessero annunciato lo sciopero dell’abbonamento e incitato tutti a fare altrettanto. Il nuovo presidente Antonio Percassi ha ripetuto che abbonarsi era un obbligo per sostenere l’Atalanta nella corsa all’immediato ritorno in A. La gente ha dato retta a lui: anche le vendite in curva vanno a gonfie vele.
Il muro anti tessera mostra insomma ampie crepe, nonostante il vertice tra ultras di fine luglio in Sicilia: si è convenuto solo sulla condanna degli interisti, che già dall’anno scorso hanno sottoscritto 80 mila tessere. Ma anche i milanisti hanno aderito in massa, rompendo il fronte del no. Vero, gli abbonamenti sono in calo quasi ovunque, ma più per la crisi e per lo scarso appeal della Serie A che per lo sciopero dell’abbonamento. Quella degli ultras assomiglia sempre più a una battaglia contro i mulini a vento: resistono per non estinguersi dagli stadi. Chi ha la fedina penale sporca da quest’anno starà fuori, a meno che ogni volta prenda il biglietto. Ma presto il Viminale potrebbe andare oltre, impedendo ai cattivi anche l’acquisto dei tagliandi. L’operazione bonifica insomma va avanti spedita, giustificata anche dalle cifre sugli incidenti da stadio: più 20% l’anno scorso, senza contare le botte che hanno fatto da simpatico contorno alle amichevoli estive. Chi non vorrà adeguarsi resterà a guardare. Non dalla curva, al massimo dal divano di casa. Restare solo con la pay tv, ecco il colmo per un ultras. O come avverte il presidente del Coni Gianni Petrucci: «Se ne faccia una ragione chi non la vuole: è una battaglia persa in partenza perchè non si può tornare indietro ».