«Chi fermerà la musica?» si chiedevano i Pooh. Chi fermerà questa Juve?
È la domanda che si fa l’altra metà d’Italia non-bianconera. Il Napoli
sabato ci ha provato, c’ha messo tutto l’impegno possibile, ha preso
anche una traversa baciata con l’inesauribile e divino Cavani (arrivato a
Torino dopo un volo aereo lungo 9mila chilometri) eppure non è bastato.
L’invincibile armata Juventus è giunta a quota 46 partite (47
complessive) senza sconfitte in campionato sotto la gestione Conte. I
bianconeri non conoscono rivali. Possono tenere il loro tecnico in
“gabbia”, mettere in panchina il vice dei vice Carrera, riportarci il
vice “scontato” (con Conte ha ottenuto lo sconto di pena per
Scommessopoli) Alessio, che tanto il risultato non cambia: passa sempre e
comunque la Vecchia Signora.
E lo fa grazie a un’officina
calcistica piena di ricambi di prima scelta, vedi i Caceres e i Pogba,
marcatori di turno. Tutto l’oro di Napoli, valutato alla Borsa virtuale
del calcio intorno ai 180 milioni di euro, non è bastato contro quello
bianconero che con i suoi 220 milioni di pregiatissimi gioielli non
conosce spread, almeno in campo nazionale. Due numeri per identificare
la manifesta superiorità juventina: solo 4 gol subiti in 8 partite e
Buffon (contro il Napoli giocava Storari) che si sporca i guanti per una
parata ogni 42 minuti.
Gli scettici dicono: Juve padrona, ma
solo in Italia, dove l’Inter di “Stramourinho” Stramaccioni cresce
gradualmente, ma non ha ancora il physique du role della capolista.
Stesso discorso vale per la discontinua Lazio di Petkovic che ha vinto 6
delle otto partite fin qui disputate, ma sul 3-0 con il Milan ha
rischiato di mandare all’aria un match chiuso e archiviato.
A proposito del Milan,
giorni davvero poco Allegri a Milanello. Senza le penalizzate Siena e
Atalanta, con 7 punti i rossoneri sarebbero al penultimo posto. E come
tali, mercoledì sera si presenteranno in Champions, sul campo di un
Malaga che di questi tempi può far perdere ai tifosi milanisti quel poco
d’amore che ancora conservano per la squadra più triste e più indietro
degli ultimi 70 anni (una partenza così negativa del Milan risaliva alla
stagione 1941-’42).
Con altro piglio invece si rituffa in
Europa la Juve che domani a Copenaghen trova gli umili danesi del
Nordsjaelland. Juve ancora imbattuta anche in Coppa e uscita indenne
anche da Stamford Bridge, la tana dei campioni d’Europa del Chelsea.
Cosa che il prode Mazzarri, tecnico triste e anche un po’ stanco (forse
l’anno prossimo si prenderà un anno sabbatico alla Guardiola, ma il
tosco Walter ha vinto solo una Coppa Italia finora) del Napoli, aveva
sottolineato alla vigilia della grande rivincita di Pechino.
Già,
quel trionfo juventino in Supercoppa italiana, che da Napoli
considerano ancora un ratto storico in perfetta regola, complice
l’arbitraggio del signor Mazzoleni di Bergamo. Nel dopo Juve-Napoli di
sabato, “piangina” Mazzarri che con il suo presidente De Laurentiis
vanta il record assoluto di lamentele contro i direttori di gara, il
primo complimento non lo ha fatto alla squadra, ma al signor Damato di
Barletta. Un bel gesto di pace e di sano fair-play, sciupato dalla
teppaglia napoletana che non ha trovato niente di meglio che sfasciare i
bagni del modernissimo e accogliente Juventus Stadium.
Non
bastano le tessere del tifoso per tenere lontana la violenza dai nostri
stadi e quando non è fisica è verbale. Come i cori oltraggiosi contro Piermario Morosini
urlati bestialmente da quella sporca dozzina di pseudotifosi
dell’Hellas Verona in trasferta a Livorno. Ricordiamo a queste “mele
marce” (purtroppo ancora presenti in ogni Curva) che Morosini, questo
piccolo eroe esemplare dello sport, è morto su un campo di calcio (a
Pescara) nell’aprile scorso, a 25 anni, per un improvviso attacco
cardiaco.
La sua memoria va difesa e nessuno può permettersi di
insultarla. Il motociclismo invece non dimentica, ma anzi celebra il
“Sic”, Marco Simoncelli, a un anno esatto dalla sua
morte avvenuta il 23 ottobre 2011 sulla pista del circuito di Sepang.
Domenica su quella stessa pista del GP di Malesia, in cui Pedrosa ha
battuto ancora Lorenzo (primo, ma con soli 23 punti di vantaggio),
tanti piloti sono scivolati per via della pioggia e ad ogni caduta è
stato un tuffo al cuore... E il ricordo di tutti non poteva che andare
al nostro grande “Sic” che adesso lassù insegna agli angeli ad andare
più veloci.
avvenire.it