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Tennis, ATP Finals: il messaggio di Andrey Rublev dopo la vittoria: “Abbiamo bisogno di pace”

 


La seconda giornata delle ATP Finals di Torino 2022 ci ha offerto un incontro che in questo anno di tennis è stato molto difficile da vedere e che inevitabilmente assume un significato che va oltre il campo: il derby russo tra Andrey Rublev e Daniil Medvedev.

Al termine di una partita spettacolare ed estremamente equilibrata, Rublev è riuscito a battere al tie-break del terzo set il connazionale di un anno più grande, cosa che gli era riuscita solo una volta nei precedenti incroci. Gli sono serviti cinque match point ed un ultimo scambio infinito, chiuso con uno schiaffo al volo sulla linea per poter finalmente esplodere nella sua gioiosa esultanza.

Come già accaduto in questa stagione, il tennista di Mosca ha provato ad utilizzare la sua notorietà, la sua piattaforma e soprattutto la sua voce per lanciare un messaggio importante: “Pace, pace, pace. È tutto quello di cui abbiamo bisogno“. Queste le parole, semplici ma sentite, che Rublev ha scritto sulla telecamera alla fine del match.

Un gesto che può sembrare banale, ma che, arrivando da un cittadino russo che ha ancora tutti i suoi familiari in patria ed a così tanto tempo dall’inizio dell’invasione in Ucraina, significa tanto e dice tanto anche della persona che si cela dietro l’atleta.
oasport.it

La legge anti-gay in Russia, un duro colpo allo sport

Alle Olimpiadi di Sochi 2014 verranno puniti coloro che faranno "propaganda di relazioni sessuali non tradizionali": sconcerto e prime minacce di boicottaggio

S e esistesse un dizionario "avanzato" in cui cercare la definizione delle parole oltre il significato immediato, alla voce sport troveremmo: libertà, socializzazione, confronto. Ogni sfida fisica è infatti anche un confronto di idee, modi di vivere, interessi. E visto che l’Olimpiade è il momento più alto dello sport, quello che più esalta i Diritti Umani, è difficile non cogliere la contraddizione di quello che la Russia sta per mettere sul piatto della prossima Olimpiade invernale di Sochi 2014, con la prima prova generale già fra una settimana ai Mondiali di atletica di Mosca.
Stiamo parlando della nuova legge anti-gay istituita in giugno dal governo di Putin che, già intollerabile come principio, rischia di minacciare a tal punto le prossime competizioni in Russia da sollevare già qualche minaccia di boicottaggio. Questa recrudescenza di intolleranza proposta dal regime di Putin ha fatto fatica a trovare posto sulla stampa internazionale, ma il Comitato Olimpico Internazionale l’ha portata alla luce denunciando la scorsa settimana la minaccia che incombe sull’essenza stessa dei Giochi.
In un primo momento tutti avevano creduto alle assicurazioni del governo russo su una specie di "tregua sportiva". Ma ad accendere la miccia ci ha pensato il ministro dello sport russo, Vitaly Mutko, che giovedì si è affrettato a spiegare che la nuova legge non nasce per perseguitare i gay ma verrà attuata durante i Giochi per punire solo coloro che faranno "propaganda di relazioni sessuali non tradizionali" di fronte a minori. E fa già pensare il fatto che nessun funzionario russo si azzardi a usare la parola gay, sostituita dall’odiosa dicitura "sessualità non tradizionale".
In ogni caso la legge impedisce di esprimere orientamenti gay sia online sia sulla stampa (del tutto vietati i Gay Pride) e per i cittadini stranieri che verranno scoperti a fare propaganda gay, la legge prevede pene che vanno fino a 2250 euro di multa, reclusione di 15 giorni, deportazione e divieto a fare rientro in Russia. Venerdì il Cio ha chiarito che userà tutti i mezzi perché la nuova legge non venga applicata agli atleti olimpici ma il candidato portoricano alla presidenza, Richard Carrion, è andato oltre, proponendo che le future candidate olimpiche non abbiano leggi statati discriminatorie in contrasto con la carta olimpica.
Inutile sottolineare che fra i partecipanti olimpici i gay so no presenti nella stessa percentuale della popolazione mondiale. Ma, oltre a loro, a Sochi ci saranno dirigenti, tecnici, accompagnatori, familiari, tifosi. Come può la Russia, proprio nello sport, pensare di segregare un diffuso modo di vivere. Giustamente i siti gay sono da giorni in fermento sull’argomento e il comitato olimpico australiano ha espresso la propria preoccupazione su una legge che permetterà di sospettare praticamente chiunque. Anche se fra gli atleti degli sport invernali non ci sono gay dichiarati come l’oro 2008 australiano della piattaforma Matthew Mitcham, erede in tutto e per tutto di Greg Louganis, proviamo ad immaginare gli scenari possibili per i gay nei prossimi avvenimenti in Russia.
E’ reato se dopo la gara va a baciare il suo fidanzato o, peggio, gli dedica la medaglia? E’ reato se dichiara il suo orientamento "non tradizionale?". E come dovranno comportarsi gli spettatori in tribuna e gli operatori della stampa nel diffondere le notizie? Sembra di essere tornati indietro di cento anni.
Fausto Narducci - gazzetta.it