DA JOHANNESBURG ANGELO MARCHI - avvenire
Nelson Mandela finalmente in tribuna. E una finale inedita ed affascinante. Questo si aspetta di vedere il mondo questa sera. Olanda- Spagna al Soccer City di Johannesburg, per la prima volta incoronerà regina calcistica del pianeta un’europea al di fuori del proprio continente (e sarà una squadra che finora il titolo non l’hai mai conquistato). Si affronteranno le due nazionali che più lo hanno meritato, non solo per ciò che hanno fatto in Sudafrica, dove hanno primeggiato in fatto di bel gioco, ma anche prima di arrivarci.
L’Olanda, imbattuta dal settembre 2008 e trascinata da Sneijder e Robben, avrà la possibilità di eguagliare un primato che appartiene al mitico Brasile di Messico ’70, ovvero di diventare campione del mondo dopo aver vinto tutte le partite delle qualificazioni (otto su otto nel caso degli arancioni) e della fase finale (altre sette, se batte la Spagna). Sneijder, forte dei trionfi interisti, potrebbe avvicinare Pelè anche a livello individuale, diventando l’unico calciatore a vincere quattro grandi titoli nello stesso anno solare: “O Rei” ci riuscì nel 1962, quando, appena 21enne, vinse campionato paulista, Coppa del Brasile e Libertadores, e poi i Mondiali in Cile e Intercontinentale.
La Spagna non può fare come l’Olanda, anche se diventasse campione del mondo, a causa della sconfitta nel match d’esordio a Durban contro la Svizzera. Ma quella è stata anche l’unica battuta d’arresto delle Furie Rosse, assieme alla semifinale di Confederations Cup persa l’anno scorso contro gli Usa, dal febbraio 2007 ad oggi, sotto le gestioni di Aragones prima (titolo europeo conquistato a Vienna) e Del Bosque adesso.
Tutto ciò per dire che lo spettacolo dovrebbe essere assicurato anche oggi, in una finale dal pronostico incerto, ma che pende leggermente dalla parte degli spagnoli, maestri del fraseggio ed alfieri di quel calcio totale che un tempo era appannaggio degli olandesi ed ora viene interpretato al meglio proprio da coloro che l’hanno imparato dai maestri dei Paesi Bassi. La Spagna di oggi, finalmente al meglio e capace di conquiste dopo anni di mancati traguardi e cocenti delusioni, è frutto di una straordinaria fioritura di campioni (Xavi su tutti, almeno qui in Sudafrica) che traducono in modo ottimale sul campo gli insegnamenti nel corso degli anni, in Spagna ed in particolare a Barcellona e Madrid, dei vari Michels, Cruijff, Hiddink, Beenhakker e Rijkaard: in fondo sono stati proprio loro, ironia della sorte, gli artefici del miracolo spagnolo.
Non piace affatto però a Vicente Del Bosque, ct della Spagna, l’accostamento tra la sua nazionale e il Barcellona, società che comunque dà alla squadra diversi calciatori-chiave (Puyol, Piquè, Busquets, Xavi, Iniesta, ora anche Villa). «Siamo un gruppo - dice - e funzioniamo bene proprio per questo. La finale? I giocatori sono abituati a disputare partite del genere sotto pressione. Non sento alcun peso allo stomaco, bisogna sdrammatizzare. Sono tranquillo». Andres Iniesta invece non vede l’ora di scendere in campo: «Essere qui è già grandioso - spiega il centrocampista - , siamo davanti a una sfida storica e abbiamo un’occasione unica che dobbiamo cercare di sfruttare in tutti i modi. Sarà una partita molto difficile contro giocatori che hanno grandi qualità». Ieri mattina Del Bosque e il capitano Iker Casillas hanno ricevuto una telefonata d’incoraggiamento dal Re Juan Carlos (ancora convalescente dopo un intervento chirurgico), che non sarà allo stadio, così come il primo ministro Josè Luis Zapatero. «Sono molto felici, si aspettano che la Spagna mostri il suo miglior spirito», conclude il ct. Alla finale assisteranno invece la regina di Spagna Sofia, già portafortuna in semifinale, e i principi delle Asturie, Felipe e Letizia Ortiz.
Se la Spagna vince non sarebbe una sorpresa, ma l’ennesima conferma della grandezza di una squadra che, come dice Casillas, regalerebbe «una gioia talmente grande da far dimenticare anche la crisi economica». Il paese iberico ne sta soffrendo in modo profondo, ora è leader in disoccupazione e non più locomotiva dell’Europa, ma il titolo mondiale avrebbe l’effetto di un’immensa terapia collettiva. Miracoli che solo il calcio può fare, dopo quello di aver unito una volta di più tutte le razze ed i colori sudafricani.
Di contro l’Olanda, che non ha mai nascosto le proprie ambizioni e che Krol vede vincente «perchè finalmente non giochiamo contro la squadra di casa», cercherà di ribaltare le previsioni affidandosi ad uno Sneijder fin qui stratosferico (e probabile vincitore a fine anno del Pallone d’Oro in caso di titolo iridato) e che potrebbe vivere una “sfida nella sfida” con David Villa per il titolo di capocannoniere. Per l’olandese è anche l’occasione di un’ennesima rivincita su quel Real Madrid che un anno fa ha assurdamente ripudiato lui e Robben. «Quella contro la Spagna è la partita più importante di tutta la mia vita, ma è importante per tutti i giocatori: nessun olandese è mai stato campione mondiale », sottolinea il tecnico “orange” Bert Van Marwijk. «Dobbiamo fare tutto il possibile - aggiunge - per giocare il nostro calcio. Con tutto il rispetto per l’avversario, che fin qui ha fatto vedere grandi cose, siamo convinti di poter vincere, l’unica cosa che conta».
Van Marwijk: «È la gara più importante della vita. Spagna favorita ma se giochiamo il nostro calcio possiamo farcela» Del Bosque: «Siamo un gruppo, non la copia del Barcellona. Nessun peso allo stomaco, i miei sono abituati a partite del genere»