A Londra 2012 Niccolò Campriani è stato l’olimpionico azzurro che ha
raccolto di più: oro e argento individuali. Quest’anno nella carabina 3
posizioni da 50 metri (a terra, in piedi e in ginocchio) il tiratore
toscano ha festeggiato assieme alla fidanzata Petra Zublasing: nello
stesso giorno, in estate si sono aggiudicati i Giochi del Mediterraneo, e
due domeniche fa anche la Coppa del mondo. Nessun italiano aveva mai
sollevato quel trofeo, a Monaco di Baviera se l’è aggiudicato anche il
poliziotto siciliano Andrea Amore, nella pistola da 10 metri. Petra
nella gara femminile si è imposta con 5 punti di margine sulla serba
Arsovic, facendo 3 punti in più di Campriani. «Se ci penso bene –
scherza “Nicco” – è come fossi stato argento, dietro di lei. Ora
allenarci assieme aiuta, ma per quasi un anno era stata dura perché non
ci siamo visti: io stavo facendo un master in Inghilterra, lei studiava
in un college americano...».
È tutto raccontato nel
romanzo-confessione “Ricordati di dimenticare la paura” (edizioni Strade
Blu, Mondadori) scritto con il giornalista Marco Mensurati. Campriani
aveva iniziato con un’arma presa in prestito e un manuale scritto in
cirillico, ma spesso il bersaglio di dove si allenava da ragazzo era
occupato dal nido di due passerotti, nel poligono di Cascine, sperduto
nella campagna toscana. Nella specialità “in piedi” è un predestinato,
il migliore nella storia del tiro a segno. Eppure a Pechino 2008 mentre
sta per conquistare l’oro, Campriani scopre un avversario subdolo e in
realtà di tanti: l’ultimo colpo. Manca il bersaglio per 3,34 millimetri,
cioè lo spessore di due monetine da un centesimo. Precipita in un buco
nero che lo svuota e gli fa dubitare di tutte le scelte. Una mattina si
sveglia depresso, nella casa di Sesto Fiorentino, la ragazza l’ha
lasciato, si era ubriacato: «Qui non troverò le risposte che cerco»,
scrive. Nicco è in fuga da sé, lascia Sesto Fiorentino e si iscrive a un
campus americano. In 4 anni studia intensamente ingegneria, si allena
in posti improbabili e si laurea da “cervello in fuga”. Parla con
campioni ed ex, lo aiutano a scoprire che fra il mirino e il bersaglio
ci sono aria, distanza e paura: di fallire, e anche di deludere se
stessi. Sono tre anni di incontri, con la nuova “morosa” Petra,
altoatesina, e pure con se stesso. «Tanti atleti stranieri – racconta
Campriani – studiano psicologia dello sport, io ho frequentato 6
corsi...». I segreti della mente continuano a catturarlo: «La
preparazione mentale è fondamentale, all’Acquacetosa, invece, ricordo
che mi avevano proposto un semplice questionario sportivo, a crocette.
Alle Olimpiadi non siamo abituati a gestire il circo mediatico, quella è
stata una difficoltà in più, ma appunto mi ero preparato. Conta quasi
quanto le ore in palestra o al poligono, a selezionare munizioni e
carabine: il nostro sport per l’80% è questione di testa...».
È
anche così che vince la paura dell’ultimo colpo. A 24 anni, a Londra
2012, Campriani rinasce e senza mai rischiare conquista l’oro da 50
metri nella carabina a tre posizioni e l’argento dai 10 metri, ad aria
compressa. Viene in mente la canzone degli Europe “The final countdown”.
«Il fine è il gesto perfetto, assoluto e puro, da compiere solo in una
condizione di distacco, dimenticando ansia e paura di vincere».
Esemplare la storia del 32enne americano Matthew Emmons. Nel 2004 ad
Atene all’ultimo sparo colpisce il bersaglio. Ma è quello accanto al
suo, di un avversario. Emmons perde titolo e podio, divenendo una
barzelletta a cinque cerchi. A Pechino 2008 il bis: il colpo decisivo
gli parte accidentalmente, mentre prende la mira, e addio titolo. «Ho
cercato Emmons per email – racconta Niccolò –, ci siamo allenati assieme
e a Londra perlomeno ha raggiunto il podio, entrambi siamo migliorati
sul colpo chiave». Difficile azzerare i fantasmi della paura: «Quelli
del 2008 per me comparirono anche un anno fa, ma ci convivo in maniera
diversa, spostando l’attenzione sulle cose positive, che contano
davvero: per il gesto tecnico serve tanto esercizio, nella sua
semplicità è complesso». Il titolo olimpico è arrivato dopo un decennio
di pratica, mentre questo è stato un anno di scarico. «Alla finale della
coppa di cristallo – spiega – sono arrivato grazie a tre secondi posti e
a un terzo. Per me è stato come ricominciare a tirare perché ho
cambiato carabina, mi allenavo per sviluppare la Pardini, ho portato sul
podio la prima carabina italiana, in precedenza ne usavo una tedesca». A
luglio Campriani ha concluso un altro master, ha discusso la tesi a
Sheffield, in Inghilterra. «È un trattato di fisica sulla meccanica
delle vibrazioni, descrive quanto succede nella canna al momento del
tiro, l’energia del colpo: una parte rincula e un’altra fa vibrare
l’arma, a distanza di 50 metri dal bersaglio, l’effetto è nella
dispersione, nel volo, in particolare sul calibro 22 è molto
interessante. Mi ha aiutato un medico di fisica scozzese...».
Per
il momento con gli studi si ferma, ma ha già in mente un altro master:
«A Losanna, in management dello sport». Intanto, ha traslocato e
raggiunto Petra al suo paese, Appiano, sulla strada del vino, in
provincia di Bolzano: «Abbiamo iniziato a convivere, ma ci sposeremo».
Lei a Londra è stata 12ª, non è il fidanzato ad allenarla («Non
funzionerebbe, sarei troppo coinvolto. Ci scambiamo consigli, però, è
ovvio»), ad allenarsi vanno a 50 metri da dove vivono. «In un ambiente
climatizzato. I poligoni di solito sono all’aperto, da ottobre a marzo
fa troppo freddo per continuare l’attività, qui invece non c’è questo
problema». Il futuro sportivo? «Io proseguo sicuramente sino al 2016,
sulla scelta incidono mille fattori, valuterò se mi diverto ancora,
intanto ringrazio le Fiamme Gialle: per la tranquillità che garantiscono
alla mia vita, non solo per i soldi. Ma, poi, penso già alla
professione: può essere rischioso iniziare a fare l’ingegnere a 40 anni,
con il curriculum vuoto sul piano professionale». È stato papà
Giuseppe, 66 anni, aretino del Casentinese, a trasmettergli la passione
per ingegneria: «Non avessi tirato, mi sarei perso mille storie. Amo il
tennis, comunque gli sport individuali. La squadra è bella, però per il
mio carattere gareggio bene da solo: ho scoperto il golf, molto simile
al tiro, la competizione è individuale e con un colpo alla volta; i
campioni delle mazze ripetono lo swing e gli psicologi lavorano tanto
anche con loro».
Nel suo salto di qualità balistico incidono
anche gli stage a Pechino e pure il mese trascorso laggiù prima della
Coppa: «Ho tirato con i cinesi, tengono molto al segreto professionale,
mi relaziono con il loro allenatore». Fondamentale è anche il ruolo
della ct azzurro, Valentina Turisini, unica a occuparsi di uomini e
donne. E non è un programma televisivo. «A Londra ci ha protetto molto,
una coppia di fidanzati in Nazionale si presta come storia, invece non
ci ha dato in pasto ai giornalisti, escluso nell’ultima settimana».
Campriani già inquadra il prossimo obiettivo: «A settembre 2014 in
Spagna». Il campionato del mondo metterà in palio le prime carte
olimpiche per Rio. Nicco e Petra si presenteranno da favoriti e
proseguiranno la battaglia con la paura dell’ultimo colpo. In fondo
quella ce l’abbiamo un po’ tutti. E in qualsiasi ambito.