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Quando il calcio fa miracoli: a Rosarno la gente tifa per la squadra dei neri


Dalla rivolta di Rosarno al campionato di calcio Dilettanti di Terza Categoria. Dallo sfruttamento sui campi di agrumi, alle corse e i gol sui campi di pallone. È la bella storia della squadra Koa Bosco, la prima composta completamente da immigrati che partecipa a un campionato italiano regolare. Prima partita in programma il 25 ottobre. Trentadue africani, tra calciatori e dirigenti, tutti tesserati, provenienti da Senegal, Mali, Ghana, Burkina Faso.

Vivono nella tendopoli di San Fredinando, alcuni rifugiati, altri ancora in attesa del riconoscimento. Reduci dei drammatici fatti del gennaio 2010 quando, dopo atti di violenza e sfruttamento commessi da alcuni cittadini italiani, fomentati dalla ’ndrangheta, gli immigrati di Rosarno scesero in piazza. Protesta dura, anche con eccessi violenti, ma la prima contro i clan della zona. Tutto iniziò nella contrada "Bosco", quartiere periferico della cittadina, terra di nessuno, senza illuminazione, sui cartelli delle strade solo la scritta "stradone" e un numero progressivo, dall’1 al 15. Nel 2012 nella parrocchia di S. Antonio arriva il giovane sacerdote don Roberto Meduri, ex viceparroco a Polistena dove col parroco don Pino Demasi, responsabile di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro e simbolo della lotta alle cosche, aveva già partecipato a molte iniziative per gli immigrati. Così anche a Rosarno. La squadra di calcio è, infatti, inserita in un progetto più ampio, “Uniti oltre le frontiere”, che prevederà alfabetizzazione e formazione. «La squadra - spiega - vuole essere un segno di integrazione. Gli immigrati non sono solo quelli delle arance o della rivolta. E cosa c’è di meglio del calcio per integrarli nel nostro territorio?».

All’inizio giocavano in ciabatte e pigiama, ora sono arrivate le divise offerte dalla "Viola basket" di Reggio Calabria. «Cerchiamo sponsor - spiega don Roberto - ma non solo per finanziare la squadra. Ci piacerebbe trovare qualcuno che sia disposto a farli lavorare e noi faremo pubblicità...». Ma la cosa più importante è il rapporto coi rosarnesi. «La ferita per i fatti del 2010 è ancora aperta - ammette il parroco - ma vederli giocare a calcio piace a tutti e cominciano a fare il tifo per loro. Molti si sono iscritti alla pagina facebook della squadra». Gli allenamenti si terranno sul campo comunale di Palmi, le partite a Rosarno. Si fa di tutto per unire italiani e migranti. Così sulla divisa gialla e verde, colori “africani”, ci sarà un distintivo molto particolare: i profili dell’Africa e della Calabria, un albero di agrumi, la croce e la mezzaluna, due mani, bianca e nera, in preghiera, e le scritte “Pronti a servire” e “Fratelli” (questa in arabo). I giovani africani sono entusiasti. «Nel mio paese non potevo giocare a calcio - ricorda Khadim Seye, 26 anni del Senegal -. Non c’era il campo per motivi religiosi. Così noi bambini dovevamo giocare per strada e quando arrivava la polizia scappavamo». Gioco e non solo. Hanno scritto l’inno della squadra e lo suonano coi bonghi. In campo pregano e alla fine dell’allenamento si mangia tutti insieme (non solo loro: più di 100 i pasti offerti). «Siamo forti in tutti i settori tranne il portiere ma anche senza vinciamo, giochiamo per noi e i fratelli africani», dicono orgogliosi. E poi scherzando aggiungono: «Abbiamo un’arma in più: se fanno cori razzisti, vinciamo a tavolino». Ma la partita vera l’hanno già vinta.

Antonio Maria Mira - inviato a Rosarno - avvenire.it

“Transazioni bancarie sospette”, inchiesta interna alla Rcs Sport

L’indagine, ha comunicato il gruppo di via Rizzoli, è scattata in seguito ad alcune “verifiche amministrative poste in essere recentemente dalla direzione amministrazione, finanza, controllo di gestione e legale della capogruppo”.

“Transazioni bancarie sospette”, inchiesta interna alla Rcs Sport
Movimenti di denaro poco limpidi tra Rcs Sport – la società del gruppo che pubblica Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, famosa per l’organizzazione del Giro d’Italia, oltre ad altri importanti eventi sportivi – e alcune società ad essa collegate. Tanto che Rcs vuole vederci chiaro al punto da aprire ufficialmente un’indagine sulla questione.
A comunicarlo è stato lo stesso gruppo di via Rizzoli, che in una nota ha fatto sapere di aver affidato “tempestivamente ad una società esterna l’avvio di un ‘audit’ (verifica ispettiva, ndr) per svolgere ulteriori approfondimenti in merito alla natura di alcune transazioni bancarie”. L’indagine è scattata in seguito ad alcune “verifiche amministrative poste in essere recentemente dalla direzione amministrazione, finanza, controllo di gestione e legale della capogruppo”.
Le operazioni finite nel mirino del cda sono state effettuate tra l’azienda ed altre società che intrattengono rapporti con la stessa, ma non fanno parte del gruppo. Secondo quanto appreso dal fattoquotidiano.it, sulle transazioni peserebbero delle irregolarità a livello “procedurale” e di “autorizzazioni”. Per il momento c’è il massimo riserbo sui nomi delle società coinvolte e la tipologia di irregolarità compiute (ancora comunque da verificare).
La società, però, fa sapere che nel caso i dubbi dovessero rivelarsi fondati, il gruppo sarebbe parte lesa della vicenda. “Vogliamo controllare se qualcosa è stato fatto in maniera scorretta, e a quel punto individuarne la responsabilità: capire se è attribuibile in toto alle società esterne, o se degli errori sono stati commessi da membri del gruppo che hanno danneggiato i nostri interessi”, spiegano da via Rizzoli.
Rcs Sport – sports and media company che opera nel ramo dell’organizzazione di eventi sportivi – nasce nel 1989 dalla Gazzetta dello Sport per gestire in maniera più accurata e indipendente gli eventi organizzati dal quotidiano sportivo. Fra essi ci sono alcune delle corse ciclistiche più prestigiose al mondo, come la Milano-Sanremo e il Giro di Lombardia (oltre al già citato Giro d’Italia). Nel ‘portfolio’ della compagnia rientrano anche le partnership con la nazionale italiana di calcio e con l’Inter, nonché la Federazione italiana di pallacanestro e la Lega basket Serie A.
Per garantire la maggior trasparenza possibile sui conti della società adesso il cda ha deciso di avviare un’indagine. I tempi – assicura l’azienda – saranno “assolutamente rapidi, come dimostra il fatto che dopo una prima verifica interna è stato subito dato mandato ad un soggetto terzo e competente per far luce sull’accaduto”. “Già nei prossimi giorni – concludono i vertici – dovrebbero esserci novità, che comunicheremo prontamente alla stampa”.
di Lorenzo Vendemiale - ilfattoquotidiano.it

 

Sport & miliardi Qatar, caldo e nuovi schiavi: 44 operai morti per costruire gli stadi dei mondiali

Un’inchiesta pubblicata in prima pagina sul Guardian di mercoledì racconta l’infernale odissea di migliaia di lavoratori nepalesi che partecipano alla costruzione degli immaginifici stadi dove si dovrebbero giocare le partite. Storie di straordinario sfruttamento della manovalanza migrante

Ennesima tempesta di sabbia sui Mondiali di calcio del 2022 in Qatar. Un’inchiesta pubblicata in prima pagina sul Guardian di mercoledì racconta l’infernale odissea di migliaia di lavoratori nepalesi che partecipano alla costruzione degli immaginifici stadi dove si dovrebbero giocare le partite. Storie di straordinario sfruttamento della manovalanza migrante: tra lavori forzati, indegne condizioni sanitarie, passaporti requisiti e stipendi congelati dalle società appaltatrici dei lavori. Oltre alle tragiche testimonianze di prima mano su almeno 44 lavoratori morti tra il 4 e l’8 agosto per avere lavorato come schiavi in pieno deserto, senza bere un goccio d’acqua. Il tutto mentre la Fifa, la Uefa e i club europei non riescono nemmeno a mettersi d’accordo su quando disputare la competizione, che per la prima volta nella storia andrà necessariamente spostata in inverno, contribuendo ancor di più a rendere insostenibile l’idea che si possano fare i Mondiali in Qatar.
E palesando ancora una volta come siano state lobbying e corruzione le uniche ragioni che hanno fatto sì, nel dicembre del 2010, che l’organizzazione della competizione più importante del calcio fosse affidata all’emirato. Il drammatico reportage di Pete Pattisson sul Guardian segue infatti di qualche mese il rapporto di Human Right Watch sulla condizione di schiavitù in cui vivono i migranti in Qatar, una denuncia – “Saranno più i migranti morti sul lavoro nella costruzione degli stadi che non i giocatori che parteciperanno al Mondiale” – cui aveva già dato risalto lo scorso gennaio ilfattoquotidiano.it. E segue di qualche giorno il congresso della Uefa a Drubovnik (19-20 settembre) in cui ancora una volta non si è riusciti a trovare unità di intenti per le date del Mondiale.
Stabilito che d’estate con 50 gradi all’ombra non è possibile giocare – al di là degli stadi con l’aria condizionata che in un primo tempo pare avessero convinto Platini e Blatter, dimenticando tifosi e lavoratori che si muovono dentro e fuori gli stadi – Platini vorrebbe una pausa invernale dei campionati e della Champions intorno a Natale, per dare spazio al Mondiale invernale. Mentre Rumenigge a nome dei grandi club chiede che il Mondiale si faccia ad aprile. Alla fine deciderà Blatter, con la Fifa che ha già spiegato che bisogna giocare a novembre per non cozzare contro le Olimpiadi Invernali del 2022. E le squadre europee dovranno organizzarsi di conseguenza. Nessuno che pensa ai lavoratori migranti morti in Qatar nei palazzi del calcio, e sarebbe strano il contrario. La lotta è tutta politica, in vista delle elezioni Fifa del 2015 dove ci sarà la sfida tra Blatter, o un suo nuovo delfino, e il suo ex delfino Platini, il grande sponsor del Mondiale in Qatar che ora si trova con la patata bollente in mano.
Per l’ennesima volta, durante l’esecutivo Uefa a Drubovnik, Platini ha dovuto ammettere di avere partecipato a una cena all’Eliseo in compagnia dell’allora presidente francese Sarkozy e dell’allora emiro Al Thani pochi giorni prima che fossero assegnati i Mondiali al Qatar. E in contemporanea Blatter, per la prima volta, dopo aver sempre sostenuto che il Qatar era una scelta “sportiva”, ha invece ammesso che si è trattato di una scelta “politica”. Chissà se il riferimento era alle accuse di corruzione che hanno portato alla sospensione di Jack Warner e di Mohammed bin Hamman, mammasantissima della Fifa e ed ex alleati di Blatter diventati poi suoi avversari, o alle cene eleganti tra Platini e gli emiri. O ancora al conflitto d’interessi in seno alla famiglia Platini: dove Laurent, figlio del boss Uefa, lavora da qualche anno proprio per la Qatar Sports Investmentes degli emiri. La guerra per la presidenza Fifa del 2015 è in pieno svolgimento, e che si svolga sulla pelle di 44 migranti nepalesi morti in Qatar e di molte altre possibili vittime non ancora accertate, non sembra disturbare nessuno.
twitter: @ellepuntopi - di Luca Pisapia - ilfattoquotidiano.it