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C'e' l'ombra di Marcello Lippi dietro Claudio Ranieri?

Allo sfogo, sia pure mai esplicito, di qualche giorno fa, dell'allenatore romano, risponde indirettamente l'ex presidente della Juventus, Giovanni Cobolli Gigli. ''Io penso di si' - ha spiegato ai microfoni di Sky riferendosi al periodo juventino - Blanc aveva proposto a Lippi di venire a fare l'allenatore della Juventus prima di ingaggiare Ranieri. E Lippi decise di non venire perche' voleva stare ancora fuori dall'ambiente calcistico per aspettare la sentenza del processo che riguardava suo figlio. E quindi il Pensiero di Lippi era un pensiero oggettivo. Che poi ci fosse anche un altro retro-pensiero che poteva vedere Lippi, alla fine del proprio impegno azzurro, di nuovo occuparsi della Juventus con qualche ruolo importante, questo lo suppongo''. Il tecnico romano si riferiva sia ai tempi del suo esonero, nella primavera 2009, sia alle voci delle ultime settimane, che lo vorrebbero a rischio di panchina. Sul primo frangente, Cobolli aggiunge: ''Credo che Ranieri abbia fatto un ottimo lavoro alla Juventus. E che nelle ultime settimane in cui e' andato via, avesse percepito che da parte delle proprieta' non c'era piu' il cento per cento di fiducia e che pensasse, come spesso capita, che ci fosse dietro di lui l'ombra di Lippi''. Cobolli si pronuncia anche sul famoso ''pranzo di Recco'', in cui Jean Claude Blanc incontro' Lippi. ''A posteriori si puo' dire che fu una piccola imprudenza. Si poteva cercare un ambiente piu' riservato. Fu una superficialita', dovuta anche alla non conoscenza dell'attenzione che gli italiani danno a queste cose. Ranieri poi ando' avanti, fece ottime cose, ma quando ci trovammo con la Juventus che stava gradualmente scivolando, con la sensazione che i calciatori cominciassero a non ascoltare piu' Ranieri, prendemmo la decisione di sostituire il tecnico. Lui ci rimase male, ma io devo ringraziarlo per tutto quello che ha fatto''.

ansa

Trapattoni: guida la nazionale del Vaticano!

Sfiderà la squadra della Guardia di Finanza con Donadoni in panchina. Il 23 ottobre il ct dell'Irlanda allenerà i migliori giocatori della Clericus Cup.

L'idea di creare la nazionale del Vaticano venne al cardinale Bertone, tifoso juventino, quando era arcivescovo di Genova, con la convinzione che attraverso il calcio sia possibile continuare l'opera di evangelizzazione e far circolare tra i giovani i valori della Chiesa.

Un sogno forse destinato a diventare realtà. Si stanno mettendo i mattoni, anche se nessuno si sbilancia.

(La Gazzetta dello Sport)

Del Piero come Buddha

di Giorgio De Simone

Domenica a Napoli, Totti si stava già avviando verso la panchina, rassegnato ad andar fuori. Ma imprevedibilmente (?!) Ranieri lo lasciava in campo facendo uscire Borriello, ovvero il bomber che non aveva incantato ma si sentiva (dichiarazioni sue) «il gol in canna». A Milano, domenica sera, nella partita di gala contro l’Inter, Del Piero entrava in campo per accomodarsi, sereno come un Budda, nella buca dei panchinari. Sereno sì, il capitano della Juve, e anche allegro. Il contrario del capitano della Roma, ormai incapace di sorridere. Otto giorni prima, nella partita all’Olimpico contro l’Inter, Ranieri lo aveva sostituito a pochi minuti dalla fine, lui si era infilato negli spogliatoi più nero di un furioso Giove e da lì era poi corso a casa a smaltire l’affronto. Discussioni, chiarimenti ci saranno stati in settimana e il risultato eccolo lì: contro il Napoli, Totti non gioca bene, ma Ranieri lo lascia in campo. A quel punto (certo non esclusivamente per questa mossa) perde la partita quando la volta prima, sostituendo il capitano con Vucinic, proprio con Vucinic l’aveva vinta. I rapporti tra Ranieri e Totti saranno anche buoni, ma è un fatto che il Pupone le sostituzioni non le prende bene. E spiegherà pure il tecnico che a questo punto della carriera, misurando le energie, distribuendo le forze, Francesco sarà sempre lui. Niente da fare. Al contrario, sul versante bianconero, Del Piero se ne sta fuori con il sorriso di chi alla scuola di mister Capello, quando stava più in panca che in campo, la lezione l’ha imparata bene. Così bene che oggi i conti il giocatore li sa fare con la sua storia, la sua carriera, il suo portafoglio fino a farsi dire da tutt’e tre (storia, carriera e portafoglio) che sono conti giusti. Nato a Conegliano Veneto ma torinese d’adozione, Alex Del Piero conosce l’accortezza, la prudenza, la pazienza piemontesi.

Nemmeno a lui fa piacere non entrare in campo, meno piacere ancora gli fa uscire ma, ragionandoci, ha capito che è giusto così.

Questo in un mondo dove nessuno accetta di star fuori, domenica Cassano è uscito che sembrava un orso bruno e l’interista Muntari, quando ha saputo che non avrebbe giocato, ha rifiutato la tribuna. Francesco e Alex, i due grandi capitani oggi a passeggio sul Sunset Boulevard, hanno avuto e hanno una vita fatta di pallone come il pane è fatto di farina. Appassionata vita per l’uno, ragionata per l’altro. Totti è stato e resta (dopo il leggendario capitano Giacomo Losi)

er core de Roma e per lui il sentimento fa premio su tutto. Per Del Piero è invece la ragione da preferirsi a tutto. Uno va dove lo porta il cuore, l’altro dove la ragione ha detto al cuore di tacere.

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