
Appuntamento il 22 dicembre al Quirinale per ricevere dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella le bandiere tricolore da sventolare durante le cerimonie d’apertura dei Giochi olimpici (il 6 febbraio dentro lo stadio di San Siro) e paralimpici (il 6 marzo all’Arena di Verona) di Milano Cortina. Gli alfieri paralimpici sono noti: la fassana Chiara Mazzel e il cadorino Renè De Silvestro, entrambi sciatori. Resta da decidere la quaterna olimpica: una coppia porterà il vessillo a Milano, l’altra a Cortina. I nomi saranno comunicati a inizio dicembre ma a Cortina potrebbe quindi toccare a Sofia Goggia e Mosaner, con Stefania Constantini ad accendere il tripode. A Milano Federico Pellegrino potrebbe essere insieme a Francesca Lollobrigida o Arianna Fontana: quest’ultima in lizza pure come ultima tedofora, ruolo per il quale, in caso di mancata partecipazione, rientrerebbe anche Federica Brignone.
Da Vigo di Fassa con furore, per trasformare la passione per lo sci in una sinfonia regale da comporre sulla neve di Cortina. La fassana Chiara Mazzel ha sempre sciato sin da piccola, ma mai aveva pensato di diventare una sportiva professionista: «Ho cominciato a fare le cose seriamente solo due anni e mezzo dopo che mi era stato riscontrato il problema alla vista. Dopo un lungo periodo trascorso chiusa in camera, lo sci ha rappresentato l’inizio della mia seconda vita. Sono diventata un’atleta di livello internazionale quando ho accettato la mia disabilità».
Un glaucoma diagnosticatole all’età di diciotto anni e che, in poco tempo, le ha tolto quasi completamente la vista, senza però impedirle di vincere medaglie a destra e a manca nella categoria Ipovedenti AS2. «La prima vittoria in un Mondiale è stata in discesa a Espoo nel 2023, quella di cui vado più fiera è invece l’argento in slalom quest’anno a Maribor, che è stata la mia prima volta sul podio iridato tra i pali snodati, facendomi capire che potevo diventare polivalente». E infatti, come il collega portabandiera De Silvestro, anche Mazzel a marzo a Cortina si cimenterà in tutte le discipline. «La preferita resterà sempre la libera, dove occorre meno tecnica e più coraggio. A volte in allenamento ho paura, ma in gara grazie all’adrenalina mi sento sempre sicura, anche grazie all’aiuto della guida». L’angelo custode di Chiara, da sei stagioni, è Fabrizio Casal, in precedenza conduttore di Giacomo Bertagnolli fino ai fasti di Pyeongchang. «Proprio la loro vittoria fu in Corea è stato lo spartiacque della mia esistenza. Quel giorno accessi per caso la tv e proprio in quell’istante stavano scendendo Jack e Fabrizio in gigante. Il loro successo tra le porte larghe mi fece riflettere e capire che non potevo passare la mia vita chiusa in una stanza. Erano oltre due anni che non uscivo e capii che qualcosa stava succedendo dentro di me. Fu quasi come un’illuminazione. Contattai la Fisip, cominciai a sciare e la mia prima guida fu Willi Piller. L’anno dopo mi dissero che Bertagnolli aveva scelto un altro compagno e che quindi Casal era libero, a quel punto abbiamo costruito la nostra coppia e da sei stagioni lottiamo su tutti fronti».
Per la parte atletica, Mazzel si allena in palestra con una personal trainer, mentre in pista scia sempre con Casal, in estate e autunno tra Val Senales, Stubai e Saas Fee, in inverno sul manto candido amico delle valli trentine di Fassa e Fiemme. «In questa stagione centellineremo gli sforzi in coppa del mondo, partecipando ad alcune tappe e saltandone altre. Cominceremo a dicembre con Santa Cateria e St. Moritz, poi a gennaio Saalbach e Meribel e a febbraio Tignes. In mezzo tanti allenamenti su pendii simili a quello di Cortina». Sull’Olimpia delle Tofane Mazzel ha già gareggiato in gigante e slalom, mai nella velocità: «La parte bassa mi piace molto, per quella alta, ancora inesplorata, sono più preoccupata. L’auspicio è riuscire a fare meglio rispetto a Pechino 2022 e a prendere almeno una medaglia». In Cina tre anni fa la trentina fu settima in slalom e cadde in gigante, adesso sarà la portabandiera della squadra azzurra: «Un’emozione fantastica che non mi aspettavo. Quando mi ha chiamato il presidente De Sanctis non riuscivo a capire cosa mi stesse dicendo, poi quando ho realizzato mi sono fatta scappare un wow al telefono. Conosco benissimo Renè, siamo coetanei, siamo sempre insieme nelle trasferte e insieme cercheremo di cominciare nel migliore dei modi i Giochi di casa». Primo atto dentro l’Arena di Verona, per intonare una melodia che dovrà ispirare la massa: «Abbiamo di fronte a noi l’opportunità per far conoscere lo sport olimpico a tutti gli italiani e magari trascinare qualche potenziale campione di domani a fare sport». Da quattro anni Mazzel è entrata nel gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, ma non ha abbandonato le sue passioni extra sci: «Mi piace arrampicare, pedalare col tandem e camminare in montagna. Riesco a fare tanto perché ho numerose persone che mi stanno accanto e mi vogliono bene. I familiari, l’allenatore, il mio ragazzo, quando il 22 dicembre riceverò la bandiera dal Presidente della Repubblica il mio pensiero andrà a tutti loro».
Il motto da sfatare è nemo propheta in patria, perché Renè De Silvestro sulla neve di Cortina è cresciuto agonisticamente. Il portabandiera azzurro risiede a San Vito di Cadore, a una decina di chilometri dalla Perla delle Dolomiti, e si allena abitualmente sull’Olimpia delle Tofane, il pendio che a marzo assegnerà i titoli paralimpici. «Gareggiare in casa è una circostanza speciale, una cosa che se sei fortunata ti capita una volta nella vita. Non intendo farmela sfuggire, soprattutto adesso che conosca il percorso a memoria». La pista sarà la stessa che ai Giochi olimpici accoglierà le competizioni femminili. «Ci abbiamo anche gareggiato in coppa del mondo un paio di stagioni fa, è un tracciato molto scorrevole, ideale per le prove di velocità, ma di notevole complessità anche per le specialità tecniche».
Il ventinovenne cadorino è alla sua terza partecipazione nella rassegna dei tre agitos: «L’esordio a Pyeongchang nel 2018 fu bellissimo, ricorderò per sempre l’esperienza nel villaggio in cui stavamo tutti insieme atleti di diversi sport e diversi continenti. Ero giovane e spensierato. Non completai né il supergigante né la supercombinata, ma arrivai ottavo in gigante e settimo in slalom».
Quattro anni più tardi il Covid rese tutto particolare: «La cosa più drammatica è stata gareggiare davanti al nulla. Eravamo solo noi atleti, pochissimi addetti ai lavori e ovviamente nessun tifoso. Ero ormai maturo e infatti i risultati furono positivi, secondo in gigante, terzo nello speciale e quarto in superG». Grazie a quei due metalli De Silvestro è riuscito a spuntarla per il ruolo di alfiere, una qualifica che lo rende orgoglioso: «Mi era stato anticipato qualche settimana fa dal presidente del Cip e in quel momento ero rimasto senza parole. Esprimo gratitudine nei confronti di chi mi ha scelto e sono pronto a rappresentare l’Italia nel momento più seguito dei Giochi, la cerimonia d’apertura. Sono inoltre felice di essere alfiere insieme a Chiara Mazzel, che conosco da anni e con la quale condivido tanto lavoro sulla neve. Sventolare il tricolore dentro l’Arena di Verona sarà la chicca della mia carriera».
Un’avventura agonistica con gli sci al centro, nel bene e nel male: «Scio da quando ero bambino e a 16 anni in una gara giovanile sono caduto fratturandomi alcune vertebre e lesionandomi il midollo con una conseguente paralisi parziale degli arti inferiori. Ho ripreso con lo sport facendo atletica (così bene che oltre a quattro titoli italiani ha vinto pure ai Mondiali juniores nel peso e nel giavellotto, ndr) ma con l’obiettivo fisso nella mente di tornare a sciare». Traguardo raggiunto nel 2016, quando monosci e stabilizzatori sono diventati i suoi attrezzi del mestiere: «Gareggio nella categoria Sitting, sottocategoria LW12-1, sono seduto su un sedile a sospensioni fissato su un unico sci e uso i due bastoncini per fare le curve». Finora ha vinto due ori, tre argenti e un bronzo ai Mondiali, 15 volte in Coppa del mondo e ha sollevato le coppe di specialità di superG e slalom nel 2024. «Per tutto il mese di novembre ci alleneremo tra la Val Senales e Dobbiaco, poi a metà dicembre esordiremo in coppa del mondo a Santa Caterina Valfurva, avviando da lì il cammino agonistico che condurrà ai Giochi. «Finora la più bella soddisfazione della carriera è stato l’oro iridato in gigante di Maribor lo scorso febbraio, perché uscivo da un periodo difficile in cui i risultati non arrivavano e stavo perdendo la motivazione».
Adesso gli stimoli sono tornati, tanto che a Cortina gareggerà in tutte le specialità: «Sarò in azione in discesa, superG, combinata, gigante e slalom. L’obiettivo è fare meglio di Pechino, quindi puntare al metallo pesante. So che posso farcela. In gigante e slalom i rivali più agguerriti sono un norvegese e un olandese, mentre nella velocità l’affare si complica perché la concorrenza si estende anche agli altri continenti con americani, canadesi, giapponesi e neozelandesi». Professionista a tempo pieno dal 2023 («Essere entrato nella Polizia mi ha consentito di concentrarmi sullo sci»), per Renè i Giochi saranno anche una vetrina per allargare la base del movimento: «Noi atleti dobbiamo dare un esempio positivo per convincere i giovani a fare sport».
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