Per
descrivere cosa è stato e cos’è ancora Alessandro Del Piero per il
calcio, bisognerebbe avere a disposizione un papiro lungo da Torino fino
a Sydney, dove sta concludendo la sua avventura australiana in campo.
Quel papiro si srotolerebbe, per raccontarci di una storia in
bianco&nero che comincia da Giampiero Boniperti e Omar Sivori,
prosegue fino a Michel Platini, passando per Roberto Baggio e Zinedine
Zidane, per arrivare al giardino veneto di San Vedemiano, dove sotto
l’occhio amorevole di papà Gino muoveva i primi passi l’ultimo vero
numero 10 (assieme a Francesco Totti) del pallone italiano.
A
scovarlo nel Padova quando era un 18enne esile e sbarbato fu il
presidente Boniperti, che probabilmente nel giovane Alex vide il suo
degno erede in campo, e forse anche dietro alla scrivania. Ma quel tempo
alla Juve, dopo 705 partite e 290 gol segnati, dopo aver vinto tutto
nelle 19 stagioni - dal 1993 al 2012 - trascorse in maglia bianconera
(dal titolo italiano Primavera, ai 6 scudetti – «ma io ne considero 8»,
tiene a sottolineare lui –, una Coppa Uefa, una Champions e
l’Intercontinentale) è terminato il 13 maggio di due anni fa. Un addio
giudicato “ingiusto” e “inaccettabile” dalla maggioranza del popolo
juventino per un uomo-bandiera rimasto sempre fedele alla causa
bianconera, nella buona come nella cattiva sorte.
Ma dopo aver
recitato per vent’anni il ruolo del protagonista, il seduttore di casa
Juve, alla fine gli è toccato quello scomodo del sedotto e poi
abbandonato. Per curare la ferita dell’innamorato deluso ha messo in
mezzo un Oceano di silenzi e di altri gol segnati (24) nelle due
stagioni con il Sydney Fc. E qui la parola fine - rimarrà ambasciatore
fino alla Coppa d’Asia del 2015 che si disputerà in Australia - l’ha
appena scritta lui. Salvo che a 39 anni, il titolo della biografia di
Del Piero, “Giochiamo ancora”, è un monito sempre attuale.
Dato che per ora è ancora a Sydney, come si vede l’Italia e il nostro calcio da laggiù?
«Sarà
banale, ma davvero stare lontani dal proprio Paese te lo fa apprezzare
ancora di più. Così è accaduto anche a me. Non ho mai avuto crisi di
nostalgia, certo la quotidianità del rapporto con gli amici e con le
abitudini di casa qualche volta mi è mancato, ma nulla più del normale.
Stando fuori dall’Italia ti accorgi di tutto quello che abbiamo, che
talvolta non valorizziamo, ma che di certo viene riconosciuto e
apprezzato anche dall’altra parte del mondo. Per quanto riguarda il
nostro calcio, non appartengo alla schiera dei critici a tutti i costi.
Abbiamo dei problemi, soprattutto perché alcuni grandi campioni hanno
preferito altri campionati. Ma possiamo recuperare posizioni, è accaduto
anche in passato. Fuori dal campo, invece, dovremmo guardarci intorno e
capire che c’è da migliorare…».
Il 10 di Del Piero è
“in gioco” dal 12 settembre 1993 (giorno del debutto in A con la Juve),
cosa è cambiato dentro di lei in tutto questo tempo?
«È
cambiato tanto, ma la mia passione no. Ho smesso con un certo tipo di
calcio con la mia ultima partita nella Juventus, poi ho scelto di
percorrere un’altra strada, perché non potevo avere nulla di più e
cercavo qualcosa di diverso. Ma la passione, ripeto, è la stessa. Che
non mi porterà a giocare in eterno, ma di certo sempre con la stessa
voglia finché lo farò».
Molto prima di Chiellini lei disse: “Alla Juve vorrei essere ricordato come Gaetano Scirea”. Pensa di esserci riuscito?
«Non
so se ci sono riuscito, di sicuro è stato fonte di ispirazione. Scirea è
un modello da imitare e tale deve rimanere. È uno stimolo, per tutti,
come lo è stato per me. Una persona da raccontare a qualunque ragazzo o
ragazza si avvicini al mondo dello sport».
Delle
tante etichette che le hanno appiccicato addosso, comprese quelle di
“Pinturicchio” e “Godot” affibbiategli dall’Avvocato, qual è quella che
più le è andata stretta?
«Le accetto tutte, perché ciascuna
mi ricorda un momento importante del mio percorso professionale che non
voglio cancellare. Certo quelle dell’Avvocato sono il frutto della
creatività di una persona straordinaria, che ha segnato molto la mia
carriera».
Ripensando al suo lungo cammino
calcistico, qual è stato il momento più alto e la pagina che, invece,
vorrebbe strappare e gettare nel dimenticatoio?
«A
posteriori, della mia carriera non dimentico niente, né voglio
dimenticare. Dovessi cancellare qualcosa, lascio scegliere a voi una
delle finali perse con la Juve e con la Nazionale, a me vanno bene
tutte… Mentre il momento che non si può scordare, tra i tanti, è quello
che ogni calciatore sogna di vivere: la finale del Mondiale. La coppa
alzata sotto il cielo di Berlino nel 2006 per me rappresenta l’apice del
cammino fatto fin qui».
Ora si parla di un suo
possibile approdo in Giappone o in California. Una volta smesso, cosa
pensa che farà Del Piero da... grande?
«Non ho ancora preso
una decisione. Non è più soltanto il contenuto agonistico che mi
affascina, ma anche il progetto che c’è intorno, l’ambiente,
l’opportunità di costruire qualcosa di importante dentro e fuori dal
campo, come è accaduto in Australia. Il mio obiettivo è lavorare non
solo per la squadra di club, ma per tutto il movimento calcistico. Di
sicuro non voglio rivivere esperienze che ho già vissuto, ma qualcosa di
nuovo. Questa è la mia filosofia di vita, oltre che sportiva».
Qual è il sogno che intende salvare con “Save the Dream” e cosa ha ispirato questo suo ennesimo assist solidale?
«Il
legame con Save the Dream è stato naturale. Sono stato entusiasta
quando mi hanno proposto di fare parte di questa squadra, come primo
atleta coinvolto. Si tratta di un progetto importantissimo: è uno
slancio verso lo sport vero, un modo per testimoniare che i valori dello
sport sono parte fondamentale nella formazione dei giovani, e vanno
preservati, prima di tutto con l’esempio di chi è riuscito a realizzare
quel sogno. Arriveremo lontano e sono anche molto contento che la sede
italiana dell’organizzazione sia a Torino, nel mio spazio espositivo
AdpLog, che ho inaugurato un anno fa».
Oltre alla passione per il rock, ora viene fuori anche quella per l’arte e per la fotografia...
«Apprezzo
molto la contaminazione dei generi. Fotografia, arte, musica, cinema e,
ovviamente, sport: le porte di AdpLog sono aperte alle idee, alla
creatività, all’innovazione. Il 16 maggio, a Torino, inaugureremo la
nuova mostra con il grande fotografo americano Steve McCurry che
presenterà alcune fotografie inedite e dedicate al calcio. Le sue
immagini rappresentano esattamente il motivo per cui qualsiasi bambino
si innamora del pallone e del grande sogno che ancora custodisce dentro
di sé questo sport».
Qual è il sogno che deve ancora
realizzare il futuro 40enne Del Piero (li compie il 9 novembre), e
quello che invece ha per i suoi tre bambini, Tobias, Dorotea e Sasha
«Io
ne ho ancora tanti. Non basta un’intervista per elencarli tutti. Per i
miei figli, non sogno e non sognerò nulla che non sia nei loro sogni.
Spero che li realizzino, come ho avuto il privilegio di fare io».