Non
succede, ma se succede... Ed è successo: Inter eliminata, Roma in
finale. Per la prima volta, la finalissima di coppa Italia, in programma
- si spera - , domenica 26 maggio (l’ora è tutta da decidere) allo
stadio Olimpico della capitale vedrà di fronte Lazio e Roma.
Sulla carta un piccolo momento di gloria per il calcio capitolino, una festa dello sport per la “città eterna”, che però è eternamente perseguitata dalle frange estreme delle due opposte fazioni che minacciano pericolo di nuovi scontri. Derby atto terzo stagionale, la rivincita (nei due precedenti di campionato il primo l’ha vinto la Lazio, l’altro è finito 1-1) in campo, ma che si preannuncia come la resa dei conti fuori. È ancora aperta la ferita dei fattacci di Ponte Milvio: posticipo di lunedì 8 aprile, prima del derby si scatenò l’ennesima guerriglia urbana tra il branco romanista e quello laziale. Bilancio finale: 8 feriti, 6 accoltellati, 4 arresti e due tifosi (uno per sponda) condannati a 5 anni di Daspo.
Un bollettino bellico, a margine di una stracittadina il cui risultato è passato in secondo piano. E adesso è più che legittimo che ci sia il timore di un’altra notte dai “lunghi coltelli”. Ormai i tifosi romani sono noti in tutta Europa per le “puncicate” (coltellate) ai glutei e per gli oltraggiosi cori razzisti. La Lazio in Europa League, le notti balorde e antisemite (contro i sostenitori del Tottenham) delle sue “sporche dozzine” le ha pagate con due gare giocate a porte chiuse. Perciò va letto come atto di buon senso, oltre che di prevenzione, l’appello lanciato dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: «Mai più derby di notte». Vero anche, come puntualizza il direttore di Rai Sport, Eugenio De Paoli (logicamente interessato all’auditel della diretta tv serale del 26 maggio), che «gli scontri si sono verificati alle 5 del pomeriggio con la luce del sole». Intanto, mentre calano vertiginosamente le presenze degli spettatori - 1 posto su due rimane vuoto sulle tribune della Serie A - aumenta il numero degli scontri fuori dallo stadio. A Roma «il momento è catartico» direbbe Flavo Oreglio, ma non si pensi che il calcio italiano sia il maggior focolaio della violenza ultrà internazionale. Mentre l’Inghilterra dava l’addio alla signora Thatcher, che è stata Lady di ferro anche con i violenti da stadio (dopo la strage dell’Heysel impose il divieto di trasferte all’estero) è riesploso in maniera eclatante il fenomeno degli “hooligans”.
Gli stadi inglesi saranno pure un modello, i più sicuri internamente, ma all’esterno di questi teatrini del football accade di tutto. A Londra, stadio di Wembley, dopo un match di Coppa d’Inghilterra ci sono stati 29 arresti a seguito dei tafferugli tra i temutissimi tifosi del Millwall e quelli del Wigan. Quello del derby romano è stato un weekend di paura anche in Premier conclusosi con altri 14 teppisti fermati per gli scontri prima e dopo tra il Newcastle e il Sunderland (derby anche questo) allenato dall’ex “capitano-ultrà” laziale Paolo Di Canio. Nella stagione 2011-2012 il calcio inglese per episodi di violenza ha registrato 2.363 arresti e 2.750 Daspo. E non è stato l’anno horribilis. Quello lo ha vissuto il Brasile, futuro organizzatore dei Mondiali del 2014, dove nel 2012 si sono verificate 27 “morti da stadio”: le ultime due vittime - uccise a colpi di pistola sempre la settimana scorsa - nel derby di Fortaleza.
Tornando in Europa, nell’altra ex culla della civiltà antica, Atene, Aek-Panthrakikos è stata sospesa a tre minuti dalla fine per invasione di campo dei feroci ultrà dell’Aek. Sospeso per incidenti anche il sempre acceso derby di Bucarest, Rapid-Steaua. Clamoroso in Svezia: per la prima volta nella storia del calcio scandinavo, tutti sotto la doccia in anticipo per colpa degli ultrà. È successo in Djurgarden-Mjallby, gli ospiti al momento del gol sono andati a festeggiare sotto la Curva dei tifosi di casa scatenando il lancio di ogni genere di oggetto, dalle bottiglie alle monete, fino alla «pera» scagliata contro il difensore Arokoyo rimasto a terra ferito, e da qui lo stop. Fermo immagine di un calcio violento che è arrivato alla frutta.
Sulla carta un piccolo momento di gloria per il calcio capitolino, una festa dello sport per la “città eterna”, che però è eternamente perseguitata dalle frange estreme delle due opposte fazioni che minacciano pericolo di nuovi scontri. Derby atto terzo stagionale, la rivincita (nei due precedenti di campionato il primo l’ha vinto la Lazio, l’altro è finito 1-1) in campo, ma che si preannuncia come la resa dei conti fuori. È ancora aperta la ferita dei fattacci di Ponte Milvio: posticipo di lunedì 8 aprile, prima del derby si scatenò l’ennesima guerriglia urbana tra il branco romanista e quello laziale. Bilancio finale: 8 feriti, 6 accoltellati, 4 arresti e due tifosi (uno per sponda) condannati a 5 anni di Daspo.
Un bollettino bellico, a margine di una stracittadina il cui risultato è passato in secondo piano. E adesso è più che legittimo che ci sia il timore di un’altra notte dai “lunghi coltelli”. Ormai i tifosi romani sono noti in tutta Europa per le “puncicate” (coltellate) ai glutei e per gli oltraggiosi cori razzisti. La Lazio in Europa League, le notti balorde e antisemite (contro i sostenitori del Tottenham) delle sue “sporche dozzine” le ha pagate con due gare giocate a porte chiuse. Perciò va letto come atto di buon senso, oltre che di prevenzione, l’appello lanciato dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: «Mai più derby di notte». Vero anche, come puntualizza il direttore di Rai Sport, Eugenio De Paoli (logicamente interessato all’auditel della diretta tv serale del 26 maggio), che «gli scontri si sono verificati alle 5 del pomeriggio con la luce del sole». Intanto, mentre calano vertiginosamente le presenze degli spettatori - 1 posto su due rimane vuoto sulle tribune della Serie A - aumenta il numero degli scontri fuori dallo stadio. A Roma «il momento è catartico» direbbe Flavo Oreglio, ma non si pensi che il calcio italiano sia il maggior focolaio della violenza ultrà internazionale. Mentre l’Inghilterra dava l’addio alla signora Thatcher, che è stata Lady di ferro anche con i violenti da stadio (dopo la strage dell’Heysel impose il divieto di trasferte all’estero) è riesploso in maniera eclatante il fenomeno degli “hooligans”.
Gli stadi inglesi saranno pure un modello, i più sicuri internamente, ma all’esterno di questi teatrini del football accade di tutto. A Londra, stadio di Wembley, dopo un match di Coppa d’Inghilterra ci sono stati 29 arresti a seguito dei tafferugli tra i temutissimi tifosi del Millwall e quelli del Wigan. Quello del derby romano è stato un weekend di paura anche in Premier conclusosi con altri 14 teppisti fermati per gli scontri prima e dopo tra il Newcastle e il Sunderland (derby anche questo) allenato dall’ex “capitano-ultrà” laziale Paolo Di Canio. Nella stagione 2011-2012 il calcio inglese per episodi di violenza ha registrato 2.363 arresti e 2.750 Daspo. E non è stato l’anno horribilis. Quello lo ha vissuto il Brasile, futuro organizzatore dei Mondiali del 2014, dove nel 2012 si sono verificate 27 “morti da stadio”: le ultime due vittime - uccise a colpi di pistola sempre la settimana scorsa - nel derby di Fortaleza.
Tornando in Europa, nell’altra ex culla della civiltà antica, Atene, Aek-Panthrakikos è stata sospesa a tre minuti dalla fine per invasione di campo dei feroci ultrà dell’Aek. Sospeso per incidenti anche il sempre acceso derby di Bucarest, Rapid-Steaua. Clamoroso in Svezia: per la prima volta nella storia del calcio scandinavo, tutti sotto la doccia in anticipo per colpa degli ultrà. È successo in Djurgarden-Mjallby, gli ospiti al momento del gol sono andati a festeggiare sotto la Curva dei tifosi di casa scatenando il lancio di ogni genere di oggetto, dalle bottiglie alle monete, fino alla «pera» scagliata contro il difensore Arokoyo rimasto a terra ferito, e da qui lo stop. Fermo immagine di un calcio violento che è arrivato alla frutta.
Massimiliano Castellani - avvenire.it