Sport Land News: «Il nostro calcio? Alla fine resta sempre lo stesso»

«Il nostro calcio? Alla fine resta sempre lo stesso»

* di Nicola Sellitti
OTTAVIO BIANCHI
«Il nostro calcio? Alla fine resta sempre lo stesso»
Il new deal del pallone in Italia? Solo parole mentre i vertici federali restano attaccati alla poltrona dopo il fallimento sudafricano. Ottavio Bianchi è la nemesi del calcio scontato. Secondo l'ex tecnico di Atalanta, Napoli, Inter e Roma in Europa vince solo chi spende, Mourinho ha idee fisse ma vincenti, Benitez è pronto per la serie A e l'Inter imbattibile per un triennio, mentre Prandelli va sostenuto dalla federazione. Infine la fortuna di Zeman: il calcio negli ultimi vent'anni è sempre lo stesso.

È l'estate degli allenatori, tra la fine del ciclo Lippi in azzurro e l'inizio di Prandelli, Mourinho al Real e Milan, Juve e Inter che hanno cambiato guida tecnica. Cosa pensa di Benitez che ha già in bacheca il suo primo trofeo con l'Inter?
Lo spagnolo è arrivato preparato in Italia. D'altronde ora si conosce tutto di tutti, dai metodi di preparazione sino alla tattica. La differenza sta solo nella potenza economica delle società in grado di assicurarsi i calciatori migliori. L'unica difficoltà di Benitez è stata valutare l'organico che ha a disposizione.

I rapporti di forza nel nostro campionato saranno quelli emersi dalla Supercoppa italiana, con l'Inter due spanne oltre le avversarie?
I nerazzurri sono superiori a Roma, Juve e Milan. Se non si rovineranno da soli domineranno per i prossimi tre anni in A. Nella passata stagione la Roma ha lottato per il titolo solo per un calo fisiologico interista, i cui calciatori sono potenti e tecnici, in grado di vincere 1-0 anche senza giocar bene. Invece i giallorossi spesso continuano a specchiarsi nelle loro giocate. Non c'è più spazio per sorprese come il Verona del 1983 o il mio Napoli del 1987. In Europa vincono sempre le più forti: Chelsea, Manchester Utd in Inghilterra, Real Madrid o Barcellona in Spagna.

Due settimane fa ha avuto inizio l'avventura azzurra di Cesare Prandelli. Si può parlare - alla luce anche del ruolo assunto in federazione da Baggio, Sacchi e Rivera - di un nuovo corso del calcio in Italia in grado di ripartire dai giovani?
Discorso molto complesso. Il nuovo corso italiano non esiste e il calcio non è cambiato affatto. Dopo il mondiale peggiore della storia, i vertici federali sono ancora lì attaccati alla poltrona. Non ci sono segnali di cambiamento, in una disfatta del genere si perde tutti, non solo Lippi e i ventitré calciatori. Prandelli è un ottimo allenatore, il suo curriculum, tra esperienze nel settore giovanile e in una piazza difficile come Firenze, è ottimo. Va però aiutato. Il problema è che siamo un Paese importatore di talenti, a differenza della Germania. Il nostro sistema si è impoverito da molti anni, le avvisaglie c'erano tutte. Si dovrebbe ripartire dalla ristrutturazione dei vivai, dei campionati. Ridare spazio alla tecnica, rivedere i sistemi di allenamento. Il modello è il Barcellona, che insegna calcio e non ha paura di mettere in campo giovani di 18-19 anni. Da noi invece un talento come Pirlo è cresciuto in provincia prima di esplodere nel Milan a 24 anni. I giovani italiani, una volta tornati in una grande squadra, sono poco pronti per i match internazionali.

A proposito di giovani, l'Inter si è privata di Balotelli..
Non conosco i motivi della sua cessione ma apprezzo la gestione societaria di Massimo Moratti degli ultimi anni: niente spese pazze, club più importante di allenatori e calciatori, vendere chi vuol cambiar aria. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

L'altro esule interista Mourinho vincerà anche a Madrid?
È un tecnico dalle idee vincenti ma fisse. Ha bisogno di atleti che sposino in pieno la sua filosofia calcistica. Vincerà anche con il Real, però apprezzo maggiormente gli allenatori che vincono alla guida di piccole squadre.

Come vede il Milan di Allegri, alla luce anche del possibile arrivo di Ibrahimovic?
Conosco poco Allegri ma a Cagliari ha prodotto risultati facendo giocare bene la sua squadra, dettaglio non da poco. Certo, guidare un top team è diverso. Lo svedese resta un grandissimo calciatore che ha bisogno di un contesto tecnico adatto alle sue giocate. Da solo non può ribaltare le gerarchie in A.

Foggia, oltre vent'anni dopo, rivive la favola Zemanlandia.
La fortuna di Zeman è che il calcio non è cambiato! Spero davvero non si tratti di un amarcord, auguro a lui ogni fortuna.

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