Ce li avevano presentati come i Mondiali delle sudamericane. Con un Brasile imbattibile e un'Argentina pronta a giocarsi le sue carte, sull'onda dell'entusiasmo e il folklore portato nella Seleccion da Maradona, in una finale annunciata contro i rivali di sempre. I bookmakers avevano imposto con le loro quote le solite certezze e le puntate andavano tutte in quella direzione. Tra le due grandi favorite, giusto qualche sprazzo d'Europa con le novità emergenti Uruguay e Paraguay, pronte ad inserirsi: ma solo a sorpresa. E invece tanto la Seleçao quanto i «figliastri» del Pibe de Oro, hanno fatto la fine della corazzata Potionky. E proprio quell'Uruguay, legato più ai fasti della tradizione che non ai numeri più attuali del ranking mondiale, è l'unica che può ancora provare a riportare in Sudamerica la Coppa del Mondo: difficile, ma non impossibile. Intanto a comandare torna la «vecchia» Europa, anche se le tre semifinaliste in questione di vecchio hanno ben poco. Anzi, in realtà vincono proprio le tre squadre che più hanno saputo interpretare le novità di un calcio che continua ad evolversi e si sono liberate dagli antichi preconcetti legati solo alle capacità dei singoli giocatori.
Vince l'organizzazione, piuttosto che la tecnica individuale. Vince la capacità di investire sui giovani, di dar spazio a tecnici magari meno eccentrici e carismatici di Maradona & Co., ma con altrettante capacità di gestione di un gruppo: soprattutto per quanto riguarda una competizione particolare come un Mondiale. La partita che spiega meglio la nuova situazione del calcio internazionale è proprio quella che ha visto la sconfitta dell'argentina contro i tedeschi. La Germania quasi perfetta e che non ha mai concesso nulla alla squadra di Maradona. Troppo veloci e organizzati gli uomini di Loew per un'Argentina decisamente «seduta» e col genio di Messi lontano anni luce. Il Pallone d'Oro è mancato nel match più importante e ha lasciato il Sudafrica senza neanche aver segnato una rete. Probabilmente Higuain e compagni non meritavano il 4-0 ma sulla vittoria della Mannschaft c'è poco da discutere: ha vinto la squadra che ha giocato meglio.
Meno sorprendente il successo della Spagna sul Paraguay, ma la squadra di Del Bosque non ha avuto vita facile contro una formazione compatta e ben organizzata come quella di Martino, e chissà come sarebbe andata se Cardozo avesse messo a segno il primo calcio di rigore concesso da Batres per una trattenuta di Piquè. Per gli spagnoli è un evento storico, mai prima d'ora erano riusciti ad arrivare così avanti in un mondiale. Ma nel complesso è evidente che il sistema di gioco europeo abbia avuto la meglio, almeno finora, sulla tradizionale forza individuale dei sudamericani.
Adesso le semifinali vedranno Uruguay-Olanda da un lato, Germania-Spagna dall'altro. Quadro che prospetta la possibilità, tutt'altro che remota, di vedere il prossimo 11 luglio una finale tutta europea: e fuori dai confini del Vecchio Continente sarebbe la prima volta. Ma comunque vada l'Europa ha già dato la sua risposta: Sneijder, Robben, Muller, Podolski, Klose, Villa e Xabi Alonso sono i simboli di un continente che non vuole abdicare davanti ai vari Messi, Robinho e Kakà. E che, alla faccia del talento dei sudamericani, ha ancora qualcosa da dire in questo sport meraviglioso. I bookmakers? Gente che in genere sbaglia poco e che in questa edizione sudafricana del Mondiale ha già fatto qualche passo falso inatteso. Loro per la finale non hanno dubbi: sarà Olanda-Germania. Le puntate sono aperte!
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