Sport Land News: Corre ma non vince: Italia, che peccato

Corre ma non vince: Italia, che peccato


La Nazionale fermata dal Paraguay: la qualificazione ora diventa più difficile


ITALIA 1 PARAGUAY 1
DAL NOSTRO INVIATO A CITTÀ DEL CAPO
MASSIMILIANO CASTELLANI
N on siamo il Brasile, non siamo la Spagna e nep­pure il Paraguay, ma chi siamo? Gioca, a tratti do­mina, ma ha poca qualità, è leggerina davanti. E alla fine raggiunge gli avversari, ma non vince. La Na­zionale al debutto ci insegna a 10mila chilometri dall’I­talia che si può perdere la propria identità, anche in so­li 90 minuti, pur se giocati tutti di corsa.
Poca quiete dopo la tempesta, vissuta dai 60mila teme­rari spettatori fradici e stremati dal freddo (molti i biglietti omaggio ai lavoratori dei cantieri mondiali, anche loro costretti ad assistere…) per colpa delle folate del Cape Doctor, il vento gelido dell’Antartide che si è infranto sul Green Point Stadium di Cape Town. Un oceano di paure e un’incertezza che nel primo tempo si era fatta abissale, si è riversata contro la squadra azzurra. La stam­pa italiana, già licenziata da Special Lippi («se non ave­te ancora capito la formazione, potete anche cambiare mestiere», aveva bofonchiato alla vigilia), finalmente a un’ora dalla sfida ha la certezza che lo sperimentalissi­mo e virtuale 4-2-3-1, è un realtà. Ma in certi casi è me­glio lasciare al potere l’immaginazione e sognare un’al­tra squadra, con uno straccio di fantasista, perché no?
La fantasia dello Special di Viareggio arriva invece a con­cedere la corsia difensiva di sinistra a Criscito che ri­marrà alla storia per essere il primo genoano, in 117 an­ni di epopea del Grifone, ad aver giocato a un Mondia­le. Al Paraguay dello smaliziato argentino ct Martino basta un’occhiata per capire che questa non è più la ban­da degli audaci di Germania 2006. Niente 'po-popopo­popopo', il secondo inno trionfale fino alla notte magi­ca di Berlino viene oscurato dalle zanzare assordanti, le vuvuzela. Un primo tempo in trance con il Jabulani che per tutti è un pallone leggero come una piuma di struz­zo, tranne che per i nostri, ai loro piedi diventa un ma­cigno, impossibile da spedire con un minimo di peri­colosità dalle parti di Villar. Così al 39’ il Paraguay pas­sa: punizione di Torres per la testa di Alcaraz che svetta come un Materazzi (ci tocca già rimpiangerlo) e dal cie­lo saluta gli appollaiati De Rossi e Cannavaro, con Buffon che incassa il primo gol di una missione mondiale tut­ta in salita. Ma non doveva essere la difesa compatta il punto di forza di questa squadra?
La ripresa comincia blanda. Buffon (problemi alla schie­na) lascia la sua porta a Marchetti e in sordina arriva al 18’ il pareggio di De Rossi che su calcio d’angolo battu­to da Pepe (uno dei migliori in campo) fulmina il bom­ber Barrios che ripiega malamente in copertura. È il gol che ci dà l’unica certezza: qualcosa di quattro anni fa si è conservato e cortesemente, da qui, potremmo chia­marlo 'capo della buona sorte'. E l’avevamo capito già con l’urna benevola che ci aveva messo in un girone tutt’altro che dantesco.
Così, dal Green Point mezzo pieno d’acqua, possiamo dire che si è rivisto lo stesso spaesamento generale del­l’amichevole persa con il Messico, con in più almeno u­na condizione fisica brillante di quasi tutto il gruppo. Del resto lo Special Marcello ci aveva avvertito: «Quello che accade prima di un Mondiale non conta perché poi si azzera tutto». Con la Nuova Zelanda, domenica, si ri­parte da un punticino, ma con una prospettiva futura tutta in salita. (fonte: avvenire)