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Lo sport contro 13 tumori, abbatte il rischio oltre il 20%

L'attività fisica protegge da ben 13 tipi di tumori e si conferma potente alleato nella prevenzione. In particolare, correre, camminare o nuotare regolarmente diminuisce di oltre il 20% il rischio di ammalarsi di alcuni tumori come quello a fegato e rene e di oltre il 40% di tumore all'esofago. A confermare l'importanza dell'allenamento aerobico come scudo protettivo è un ampio studio pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine.

Ogni anno in Italia si registrano circa 363.000 nuove diagnosi di tumore e 177.000 sono le morti. Così come l'importanza dell'alimentazione e di coretti stili di vita, anche l'associazioni tra esercizio fisico e cancro è già stata dimostrata da precedenti studi. Tuttavia la nuova ricerca, condotta da ricercatori del National Cancer Institute statunitense guidati da Steven Moore, si distingue per aver esaminato i dati di ben 1,44 milioni di persone, dai 19 ai 98 anni, residenti negli Stati Uniti e in Europa. I partecipanti sono stati seguiti per una media di 11 anni ed è stato chiesto di riportare il tipo e la quantità di attività effettuata nel tempo libero, come camminare, correre o nuotare. In media coloro che effettuavano attività fisica lo facevano per circa 150 minuti a settimana, ovvero un allenamento di 50 minuti per tre volte a settimana, che corrisponde a quanto previsto dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per l'Attività Fisica 2016-2020 di recente emanate.

Durante il periodo di studio, circa 187.000 di loro si sono ammalati di tumore, ma coloro che avevano riportato di fare attività fisica avevano avuto un rischio complessivamente più basso del 7% rispetto a coloro che ne avevano fatta meno.

Andando nel dettaglio, lo studio ha confermato un minor rischio di tumori della mammella (10%), al colon (16%) e all'endometrio (21%), già evidenziati da precedenti ricerche. Maggiori riduzioni di rischio erano evidenti per adenocarcinoma esofageo (42%), cancro al fegato (27%), cardias, ovvero la valvola che collega esofago e stomaco (22%), rene (23%) e leucemia mieloide (20%). Hanno mostrato riduzioni meno significative il mieloma (17%), il tumore della testa e del collo (15%), del retto (13%) e della vescica (13%), mentre per la prostata si è registrato un aumento del 5%. Quanto al cancro al polmone il rischio era ridotto solo qualora i pazienti fossero fumatori attuali ed ex.

La maggior parte delle associazioni, sottolineano i ricercatori, sono rimaste a prescindere dalla massa grassa, il che suggerisce che l'esercizio fisico agisce attraverso meccanismi diversi oltre al semplice abbassamento del peso corporeo, come produzione di ormoni e effetto antinfiammatorio. (ANSA).

La storia Pontoni, il bomber del Papa

da Avvenire
«Aver si alguno de ustedes se anima a hacer un gol como el de Pontoni» , tradotto: «Vediamo se qualcuno di voi riesce a fare un gol come quello di Pontoni». Questa frase pronunciata da papa Francesco, il 13 agosto del 2013, rimbombò nella Sala Clementina dove le nazionali di calcio di Italia e Argentina erano state “convocate” in udienza privata alla vigilia della partita dell’Olimpico in onore del Santo Padre. Quella citazione del bomber del San Lorenzo de Almagro, da parte del suo eterno tifoso Jorge Mario Bergoglio, in un lampo rimbalzò al di là dell’Oceano ed entrò nella casa di René Carlos Pontoni. «Il figlio del grande attaccante dei “Cuervos” degli anni ’40 aveva appena ricevuto la notizia da Pablo Calvo, giornalista del “Clarín” [sotto pubblichiamo la sua prefazione al libro di Lorenzo Galliani, collaboratore di “Avvenire”, ndr] ed era molto commosso. 

Quell’emozione ha contagiato anche me che ho deciso di scrivere la biografia di René Pontoni», spiega Galliani, che ha raccontato una storia intarsiandola con tante altre storie collegate al Papa che alla fine compongono un libro emozionante, degno della migliore tradizione sorianesca (vedi alla voce magistrale, Osvaldo Soriano). C’è tanto dell’anima argentina di papa Francesco nella storia del suo “idolo” d’infanzia, monumento assoluto dell’amateurNome e gesto calcistico che in quella giornata d’agosto di tre anni fa fece sgranare gli occhi a Messi e aprì le orecchie del distratto Balotelli. 

Quel gol leggendario, che da sempre alberga in un posto privilegiato nella memoria di Bergoglio, compie settant’anni: il 20 ottobre del 1946 Pontoni lo realizzò, con la maglia del San Lorenzo contro il Racing. «Mi ricordo di un gol di Pontoni che fece tac, tac, tac, gol!», confidò Francesco al presidente del San Lorenzo, Matías Lemmens, mentre questi gli consegnava la tessera di socio n. “88.235” che il Pontefice paga regolarmente versando gli annuali 120 pesos, anche in ricordo di quella mitica rete. «Andò così – scrive Galliani –. Cross di Francisco De La Mata, la palla arriva al limite dell’area. Stop di petto (tac), la palla scende al piede ma Pontoni, invece di fermarla per girarsi, alza un pallonetto all’indietro scavalcando i due difensori. Secondo tac. Il terzo tac, immaginiamo, è il tiro imparabile». Prodezze di un goleador che ricordava a un giornalista de “El Grafico” : «Ho segnato molti gol nel Newell’s Boys, nella Selección, nel San Lorenzo, in Colombia. Però ce n’è sempre uno «Ache rimane impresso nella memoria perché è quello che piace di più». Il suo gol preferito era quello segnato in un 6-1 all’Estudiantes, a dimostrazione che il «San Lorenzo non si fermava mai. Se si potevano segnare cento reti, si segnavano». 

E quella era la formazione campione d’Argentina, la più cara al piccolo Bergoglio (all’epoca aveva dieci anni) che sapeva recitarla a memoria. La squadra del ’46, quella del Terceto de oro «Farro-Pontoni-Martino, al quale si affiancava un quarto attaccante – De La Mata o Silva», precisa Galliani, anche lui rapito dall’atmosfera che il giovane Bergoglio aveva respirato al Viejo Gasómetro. Lo stadio dove il futuro Papa si recava alla domenica, «con tutta la famiglia», per seguire il club fondato a Buenos Aires, nel barrio del Boedo, il 1° aprile del 1908 dal salesiano padre Lorenzo Massa. La chiamarono San Lorenzo in onore di padre Massa, il quale attirò a sé i primi seguaci dei “Cuervos” dicendo loro: «Vi ospito nel cortile dell’oratorio di Sant’Antonio, qui dietro. In cambio però voi venite a Messa tutte le domeniche». Questo il patto da cui originarono gli azulgrana in cui nel 1945, proveniente dal Newell’s di Rosario, approdò il 25enne Pontoni. Era nato a Santa Fe da una famiglia povera, orfano a sette anni di padre aiutava la mamma nel negozio portandole le uova che raccattava all’alba nei pollai, diventando presto l’Huevitodel barrio. 

Quindicenne, sfidò ogni ostacolo per ascoltare dal vivo il concerto del suo unico vero mito, Carlos Gardel. Sulle note di Murmullos ha danzato su tutti i campi d’Argentina e nell’inverno del ’46 prese parte alla “campagna” di Spagna da dove non l’avrebbero mai fatto ripartire. Con 15 gol in otto amichevoli stregò i dirigenti del Barcellona pronti a fargli ponti d’oro pur di ingaggiarlo, ma lui fu irremovibile. Doveva tornare subito dalla sua bella Sara e dai loro figli, e poi il presidente del San Lorenzo era stato esplicito: «Se vendo Pontoni i nostri tifosi mi uccidono» . Più tardi al canto delle sirene spagnole, sponda Real Madrid, non avrebbe resistito il grande Alfredo Di Stéfano, compagno di partitelle di strada di Bergoglio, e agli inizi di carriera riserva di Pontoni nella nazionale argentina in cui Huevitovantaun record: 19 gol in 19 partite. Il calcio italiano nel frattempo aveva rapito suo cognato, l’ala Mario Boyé, detto “El Atomico”. 

«Altro bomber esplosivo, arrivò al Genoa, segnò 12 gol nel girone di andata e poi scappò in Argentina – spiega Galliani –. A Buenos Aires sua figlia Diana mi ha confermato che fu la madre Elsa (sorella di Sara) a spingere per il rientro immediato in patria». Mario e René uniti in campo, con la Selección, e nella vita ai tavoli della loro pizzeria, la Guitarrita. Tango, pizza e fútbolfino alla fine dei suoi giorni (Pontoni è morto nel 1983) per il bomber più amato da papa Bergoglio che era nato sotto un’altra santa stella: il 18 maggio del 1920: «stesso giorno mese e anno di un certo Karol Wojtyla».

Ciclismo solidale, un centesimo a Km, la proposta del prete ciclista

da Avvenire
Un centesimo per ogni chilometro percorso in bicicletta. E' l'invito alla solidarietà di don Donato Agostinelli, parroco per vocazione (a Cerreto Guidi, Firenze) e ciclista per passione. Non un professionista, ma certamente uno che la biciletta la prende sul serio se è vero, come ha raccontato lo stesso Agostinelli, che l'idea gli sarebbe venuta durante la preparazione della Pedalata della pace, una corsa di 70 chilometri da Cerreto a Montenero in programma il 21 maggio prossimo. Assieme a lui parteciperanno all'iniziativa anche il maresciallo dei carabinieri del paese, Salvatore Serra, il presidente dell'Arci, Renato Picchi, e quello della pro loco Marco Iuliucci.
I fondi così raccolti saranno devoluti a iniziative di solidarietà, come ad esempio quelle del movimento Shalom che cura progetti di cooperazione nei paesi del Terzo Mondo. L'invito di Don Donato è rivolto ai ciclisti di tutti i livelli, compresi i campioni attualmente impegnati nel Giro d'Italia. Ma quanti soldi è possibile recuperare in questo modo? Ebbene, il parroco ha già fatto i conti e secondo lui "un ciclista ben allenato che percorra una sessantina di chilometri al giorno, in un anno arriverebbe a donare duecento euro, quanto basta per permettere a una bambino di andare a scuola in Africa".
E che nessuno provi a barare sulle distanze visto che ormai "grazie a orologi, app e navigatori - continua don Agostinelli - anche l'ultimo ciclista della domenica sa con precisione quanti chilometri percorre. Chi pedala di più - è il motto del parroco-ciclista - vive di più e fa vivere. Pedalate, gente, pedalate".