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Mondiali, azzurri lasciano Mangaratiba

(ANSA) - MANGARATIBA (BRASILE), 13 GIU - Il pullman con a bordo la Nazionale ha lasciato il ritiro del Portobello resort, a pochi chilometri da Mangaratiba, e si è diretto verso l'aeroporto militare di Santa Cruz. Gli azzurri si imbarcheranno poi sul charter che li porterà a Manaus, dove domani affronteranno l'Inghilterra. E' partito con la squadra anche Mattia de Sciglio, che ieri ha avuto un infortunio muscolare.
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Brasile 3 Croazia 1. Show del duo comico Neymar-Nishimura. Cerimonia d'apertura banale e scontro con i black bloc

Dall'1 a 1 che tutti pensavano come risultato finale, al trionfo immeritato della Seleção

di Massimo Melani

Brasile 3 Croazia 1. Show del duo comico Neymar-Nishimura. Cerimonia d'apertura banale e scontro con i black bloc
I carioca esultano dopo il rigore inesistente trasformato da Neymar
Colori: giallo e blu; ritmo: un miscuglio di canzoni e balli incomprensibili eseguiti dal pubblico in pieno tema Carnevale di Rio; e, finalmente il calcio, la partita: da ufficio inchiesta!
Queste sono state le componenti della cerimonia d’apertura dei Mondiali di Calcio brasiliani, all’Arena Corinthias, precedentemente al primo incontro del torneo fra Brasile e Croazia.
Lo show, alquanto modesto, si è tenuto davanti al presidente Dialma Roussef e ad altre personalità mondiali.
Più di 660 comparse, hanno rappresentato la storia, la cultura e le bellezze del Brasile, il tutto al ritmo scontato di capoeira.
Poi si è dischiuso un enorme pallone da calcio ove all’interno è posizionato il palco per il finale col botto, rappresentato dall’esibizione del rapper americano Pittbull, che congiuntamente alla procacissima Jennifer Lopez e alla cantante pop brasiliana Claudia Leitte, ha cantato l’inno ufficiale dei Mondiali, intitolato «We are One».
Il tutto in 25minuti, quasi mezz’ora di celebrazione al  Déjà vu, al visto e rivisto, allo scontato più scontato che possa esistere, 25minuti di festa solo carioca, senza niente di originale da far strabuzzare gli occhi.
Intanto, fuori dall’impianto sportivo, si svolgono varie manifestazioni di protesta organizzate da diverse associazioni che costituiscono la policroma galassia del movimento “No Copa”, che raduna, nella disapprovazione contro le spese per l’organizzazione dei Mondiali, studenti, insegnanti, operai, sindacalisti, disoccupati, abitanti delle favelas e poveri senza un tetto. 
La manifestazione è, poi, degenerata in violenti scontri a San Paolo quando alcune decine di black bloc si sono, come sempre, infiltrati in un corteo pacifico e hanno cominciato a lanciare sassi e bottiglie contro la polizia locale.
Due giornaliste della Cnn, un fotografo argentino dell’Associated press ed il cameraman di una tv locale sono rimasti feriti, mentre una dozzina di contestatori sono stati arrestati.
L’accorato appello di Papa Francesco, che ha inviato un messaggio d’auguri in portoghese auspicando «una festa di solidarietà tra i popoli in tutta serenità e tranquillità’», è caduto quasi totalmente nel vuoto, nel più grande Paese cattolico del mondo. 
Alla fine la partita Brasile Croazia, che ha messo in mostra due macchiette niente male: il funambolico Neymar e l’arbitro giapponese Nishimura.
Due caricature, rispettivamente di giocatore e di direttore di gara, che alla fine hanno deciso il destino del match.
Parte molto bene la Croazia che per ben due volte va vicino al goal, al terzo tentativo però ci pensa uno sconsiderato tocco di Marcelo che batte imparabilmente Julio Cesar. Uno a zero più che meritato per la Croazia.
Come ci aspettavamo parte l’assalto, ma non devastante, del Brasile che alla fine pareggia con un golletto di Neymar aiutato da un tuffo fantozziano del portiere della Croazia Pletikosa.
Il gioiello carioca, nel frattempo, si è già messo in mostra per alcune simulazioni e, a metà gara, per una manata a un giocatore croato, viene punito con un’ammonizione.
Piano, piano il numero 10 del Brasile presenta il suo vero volto, quello di un giullare che se solo gli rifiati a un metro dal collo stramazza mezzo morto a terra...
Dopo un primo tempo vibrante arriva una ripresa al Tavor.
La Seleçao mostra enormi difficoltà a creare occasioni, infiammata ogni tanto da qualche accelerazione di Cesar e Neymar.
Ormai gli scommettitori che avevano puntato sul pareggio si stanno sfregando le mani, quando il burattino numero due, l’arbitro giapponese, s’inventa un rigore per un fallo inesistente di Lovren su Fred.
Neymar si accomoda la palla sul dischetto e, dopo, finte e controfinte, interruzioni di corsa, balletti da Bolshoi e sculettanti mosse alla Lola Falana, tira in bocca al portiere, che essendo una chiavica si lascia sfuggire il pallone, che mestamente va in rete.
Nel finale il terzo goal di Oscar toglie molte preoccupazioni e pressioni al Brasile.
Recrimina legittimamente la Croazia, che si è vista estirpare un giusto pareggio dalla nuova accoppiata comica Jerry Lewis e Dean Martin, mentre i dirigenti della Seleção, vista la scarsità della squadra che dovrebbe vincere i mondiali, sono già in pellegrinaggio al Santuario di Nostra Signora di Aparecida a Rio, con la speme che la divin mulher posso donare al Brasile un altro arbitro come Nishimura. Così sì che vince le parite!
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Verso i mondiali... Il Vangelo del football


​Garrincha conosceva un movimento solo ma lo ripeteva così bene, che sembrava sempre nuovo. Finta, controfinta, poi scatto sulla destra a saltare l’uomo. Inesorabilmente. Eusebio da ragazzo faceva il lustrascarpe e lo chiamavano "ninguem" cioè "nessuno". Con i piedi però disegnava capolavori, un artista del pallone, forse il più grande che il Portogallo abbia avuto. Perché il campo di calcio non inganna, è uno dei pochi posti al mondo dove non conta chi sei o da dove vieni, tantomeno chi ti raccomanda.

Se non hai tecnica, e coraggio, e fame agonistica, la concorrenza ti divora. E invece la storia del prato verde è piena di poverissimi ricchi di talento, di ultimi che diventano primi, di pietre scartate che vengono usate, per così dire, come testata d’angolo. Il riferimento alle Scritture non è casuale, richiama il rapporto con l’Assoluto e, insieme, le radici stesse del "football" dove – sottolinea Gianni Mura – «non è sufficiente sembrare, occorre essere».

Il tema è al centro di un breve ma arguto saggio edito dalla Claudiana. In Bibbia e calcio (pagine 96; euro 9.50), Marco e Tobia Dal Corso, padre e figlio, rispettivamente teologo e studente liceale, approfondiscono affinità e differenze tra la Parola e il mondo del pallone, mettono a confronto l’idea biblica di libertà con il bisogno di giocare, il sogno profetico con l’immaginazione sportiva, il tema dell’ospitalità con la presenza sempre più massiccia di stranieri e oriundi nelle nostre squadre. Il punto di partenza non può che essere la dimensione per così dire liturgica della partita, un rito laico che spesso sconfina nella superstizione, e qualche volta straripa nel cattivo gusto, se non proprio nella blasfemia. Esemplare in questo senso la "canonizzazione" di Diego Armando Maradona, ribattezzato san Gennarmando e portato in processione dai tifosi del Napoli per lo scudetto vinto nel 1987. O forse più semplicemente, quella goliardata non era che la certificazione di come il calcio resti in fondo un gioco, dove le sconfitte, come le vittorie, vengono dimenticate così in fretta che bisogna inventarsi l’inimmaginabile per scolpirle nella memoria. Hai voglia a contare gli scudetti, a illuderti di scrivere la storia con un’azione fenomenale o un gol da cineteca.

Nel mondo del pallone si consuma tutto in un’ora e mezza e ogni partita rappresenta un nuovo inizio, fa storia a sé, è un’altra pagina bianca da scrivere. Detto in altro modo, lo sport, il calcio, educano all’inutilità, che non significa spendersi per cose che non servono, ma recuperare il gusto della bellezza, stare con le persone, non per il vantaggio che ne possiamo trarre, ma in modo libero e creativo. Del resto – scrivono Marco e Tobia Dal Corso – un’immagine religiosa per eccellenza come il Paradiso «è totalmente inutile se messa alla prova dello spirito pratico e tecnologico moderno». Eppure la felicità non la incontri nelle cose che hai, ma nella fatica di conquistarle, nello spirito con cui le usi, nella virata che sai dare alla tua vita quotidiana.

Puoi leggere mille manuali ma poi nel cuore ti resterà la frase di un romanzo, nella memoria l’eco di una poesia, negli occhi un colore, una magia. Quelle, sotto forma di dribbling e serpentine, che hanno reso famoso Gigi Meroni. In lui, nella "farfalla granata" morta a 23 anni appena, è racchiusa l’essenza stessa del calciatore, che per dirla con De Gregori, lo «vedi dal coraggio, dall’altruismo, dalla fantasia». E di nuovo il pensiero torna alla Scrittura. Perché nella Bibbia si è uomini nella misura in cui si è capaci di dialogo con Dio, di gratuità e disinteresse verso l’altro. E coraggio significa lasciarsi guidare dal desiderio ben oltre il bisogno, inseguire la libertà ben oltre la paura, essere consapevoli che le partite, come la vita, si "vincono" solo insieme.

Come in un’orchestra, c’è bisogno di un direttore e di un primo violino, dei fiati come degli ottoni. E allora sarà possibile la sinfonia del calcio totale, quella immaginifica e armoniosa, dell’Olanda disegnata da Rinus Michels negli anni 70, l’Olanda dei Krol e dei Neeskens, guidata in campo da Johan Cruijff perfetto mix di tecnica sopraffina e furore agonistico. La stessa nazionale orange che di lì a poco avrebbe accolto i primi oriundi nati nel Suriname piuttosto che nelle Molucche.

Una specie di avamposto dei nuovi cittadini europei che in Italia sono stati incoronati campioni del mondo con Camoranesi e oggi propongono il bresciano d’importazione Balotelli alla guida dell’attacco. La presenza degli stranieri di casa nostra è la fotografia di una nuova realtà geopolitica e insieme un richiamo ai valori biblici dell’accoglienza e dell’ospitalità, nel segno della ricerca del più indispensabile dei valori inutili. Quello che farà dire alla teologa tedesca Dorothee Solle: «Se dovessi spiegare a un bambino la felicità?. Non gliela spiegherei, gli darei un pallone per farlo giocare».

Riccardo Maccioni - avvenire.it