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Neve sci-abile. Lo slalom è riuscito


Uno slalom che ha superato gli ostaco­li, così è stato il percorso che nel cor­so di questi anni ha reso possibile la pratica dello sci alle persone con disa­bilità. Apripista la tecnologia con au­sili meccanici ed elettronici, spazza­dubbi le scuole di sci e i loro maestri, scalatrici le associazioni sportive - incalzate dagli a­spiranti sciatori che hanno fatto salire le loro ri­chieste sul moto perenne dello skilift - che oggi pre­sidiano e continuano a promuovere l’accessibilità, da Courmayeur a Predazzo sino all’Etna, passando per l’appennino emiliano e i monti abruzzesi.

La stagione sciistica che si è appena aperta, che con­ta sull’onda mediatica degli imminenti Giochi o­limpici (dal 7 febbraio) e paralimpici (dal 7 marzo), offre numerose opportunità anche a chi, a causa del suo handicap, fino a pochi anni fa doveva conside­rare gli sport invernali fuori dalla sua portata. Oggi sci alpino e sci di fondo sono praticati anche da chi ha una grave disabilità motoria, utilizzando monosci (un seggiolino, detto “guscio”, sotto al qua­le sta uno sci), bisci (un monosci spinto da un mae­stro di sci, una sorta di tandem), dualski (un guscio con sotto due sci), stabilizzatori (per gli amputati). Per i non vedenti c’è un collegamento radio o audio con l’accompagnatore-guida, per i sordi, invece, si parla la lingua dei segni. Ausili che associazioni e società sportive acquistano grazie all’intervento di donazioni, sponsor e finanziamenti da parte di isti­tuzioni nazionali e europee che da qualche anno sostengono lo sviluppo dello sport per persone di- e del bi-sci sabili.
Nello slalom di partenza è un’altra porta superata. Queste attività non esiterebbero se scuole di sci e maestri non fos­sero della partita. «Sono sciatori, sono clienti», dicono i maestri che sono tornati a studiare per impa­rare tutti i segreti di mono e bi­sci e per diventare atleta guida per non vedenti. La stagione 2013-2014 segna il boom dello snowboard, la tavola che cavalca la neve in velocità e a­crobazie. Accessibile pure questo. Protesi agli arti inferiori aiutano gli amputati, l’imbragatura B.a.s.s. (100% made in I­taly realizzata dal maestro di sci Andrea Borney) è l’ausilio per chi ha una grave disabilità motoria. Se lo snowboard è la novità del momento, il guscio è una realtà consolidata. Vuoi perché Alex Zanardi lo usa e un suo gesto ha la forza mediatica trai­nante di un gatto delle nevi, vuoi perché è lo strumento in pista da ormai 15 anni. Una tec­nologia che mescola ammortizzatori da mo­to, sci sciancrati e una leva che alza la se­duta per salire in seggiovia. In piena au­tonomia, parola chia­ve quest’ultima. E prossima porta dello slalom. Qualcuno l’ha già oltrepas­sata.
 All’Alpe di Folgaria, una cordata di realtà profit e non pro­fit ha fatto sì che chi arriva ai rifugi - attualmente sono otto - trovi u­na carrozzina, così da poter scendere dal monosci e muoversi. In autonomia. In libertà. Nessuna pre­notazione, la carrozzina è lì, dotazione del rifugio. Un approccio che si sta diffondendo. Complice an­che il fatto che lo sciatore disabile è un turista co­me gli altri. Una nicchia di mercato oggi presa in grande considerazione dagli operatori alberghieri. Lo sci per persone con disabilità è accessibile anche nei costi grazie a convenzioni e agevolazioni. Una lezione, comprensiva dell’ausilio, costa attorno ai 30 euro. Spesa che a volte non c’è se ci sono spon­sor che offrono gratuitamente i corsi di sci e il no­leggio dell’attrezzatura speciale. BMW da molti an­ni sponsorizza il “Progetto Sciabile” a Sauze d’Oulx, Fiat quello di “Freewhite” al Sestriere, Colorcom que­st’anno offre 25 posti a Folgaria. Lo sci per essere accessibile non ha bisogno di strut­ture dedicate, si pratica insieme ai normodotati, sul­le stesse piste, con gli stessi impianti.

Con la cono­scenza reciproca dei diversi modi di sciare. Una pet­torina rende visibili gli sciatori non vedenti, che scia­no insieme a una guida che precede e che comuni­ca via radio la descrizione del tratto e indica - in un linguaggio che ai 140 caratteri di twitter gli fa un baffo - le manovre da seguire. I non vedenti sono i pionieri dello sci accessibile, insieme agli amputa­ti. Sono stati loro, infatti, a disputare i primi Giochi Paralimpici invernali, nel 1976 in Svezia, dove si so­no svolte solo gare standing (con sciatori in piedi). Gli sciatori sitting (seduti nel guscio) disputeranno la loro prima Paralimpiade solo nel 1998. Al di là dell’agonismo, sciando si vivono emozioni uniche. Lo racconta Silvia: «Quel suono che fa il ghiaccio premuto dalla lama dello sci. Irripetibile. E io che non posso vedere e che voglio ascoltare tut­ti i suoni del mondo, quel rumore lo volevo perce­pire. In prima persona. Per questo a tutti i costi ho voluto imparare a sciare».

Carmen Morrone - avvenire.it

Lo sport vietato ai minori


Il reverendo George Foreman fabbrica griglie e padelle. In tivù le prende a pugni. Se resistono, ride con il faccione tondo da tegame, vuol dire che sono buone. Pare sia l’ex sportivo più ricco: 250 milioni di dollari l’anno.

È anche sponsor degli Us Open di tennis. Il reverendo ha felicemente compiuto 64 anni. Se si volta appena indietro, ancora faceva a pugni. Ha dieci figli, cinque maschi: li ha chiamati tutti George. E ama saltare in corsa sui suoi cavalli. Sostiene che riuscirvi ancora, alla sua età, lo faccia sentire benissimo. L’esatto contrario di ciò che pensano i cavalli.

Foreman si è ritirato dalla boxe nel 1997, tre anni prima a 45 suonati riconquistò il titolo mondiale. Nel libro dei record c’è ancora posto per lui: il più vecchio campione dei pesi massimi. Ma i record son fatti per essere battuti, e il reverendo, irriso dalla farfalla Alì nella notte di The Rumble on the Jungle Kinshasa, 20 ottobre 1974), ne ha già visti sparire alcuni dalle pagine a lui dedicate. Era, in assoluto, il campione del mondo più anziano, ora non più. Bernard Hopkins, l’eterno Bernard, lo scorso 27 ottobre ha difeso con successo il suo titolo mondiale dei massimi leggeri. Una grande impresa per un quarantottenne. Bernard ha festeggiato sul ring indossando una maschera verde. Lo chiamano l’Alieno.

Lo sport si spinge sempre più in là. Fin dove non si sa, ma non ha mai smesso di andare oltre. Nessuno ne sentirebbe il bisogno, se i primati da battere fossero solo quelli anagrafici. Bambini rampanti, e vecchietti sempre in tiro creano meraviglia, è vero, ma riempiono di ansia i nostri cuori, ed è difficile non avvertirli come anomalie della natura, se non proprio come fenomeni da baraccone.

Se è da record, certo non risulta per questo meno sconcertante l’immagine di Yuri Pudyshev, allenatore-giocatore della Dinamo Brest, Serie A bielorussa, 56 anni portati neanche benissimo. Ma i mutandoni da calciatore non premiano chi non ha più l’età per portarli con disinvoltura, soprattutto quando scoprono, fra un tackle e l’altro, le generose Gibaud a sorreggere l’adipe da birraio.

Stanley Mathews, l’ex primatista battuto, giocò la sua partita d’addio il 6 febbraio 1965, Stoke City contro Fulham. Aveva 50 anni e 5 giorni, e agli occhi di chi lo aveva visto cominciare, trent’anni prima, appariva solo un po’ più rigido. Aveva la maglia ben calzata nei pantaloncini, una corsa elegante, e dopo ogni colpo di testa si passava le mani sui capelli per rifare la riga. Altra classe.

Ma c’è dell’altro. C’è che all’idea di uno sport sempre più vecchio, o privo di carta d’identità se preferite, dovremo forse abituarci. Non potremo più sorprenderci di nonno Christopher Horner, che vince la Vuelta a quasi 42 anni, né di uno Javier Zanetti che torna protagonista nel derby milanese a 40 anni e 4 mesi, e dopo un infortunio che sarebbe stato difficile da superare anche per un ventenne.

A suggerirlo sono i fisioterapisti, gli uomini addetti alla manutenzione delle macchine umane che vogliamo in pista. Attenzione, il doping non c’entra. Non qui. Il doping non fa invecchiare meglio, fa esattamente il contrario. Siate sospettosi di un atleta che salta ai vertici dopo aver frequentato troppo a lungo i piani medio-bassi del suo sport, non quando resiste così a lungo da raggiungere l’età nella quale potrebbe fare da padre a oltre la metà degli atleti che affronta.

Prendete il tennis. È la disciplina che meglio evidenzia, al momento, il punto di vista dei preparatori fisici. Una dozzina di anni fa, un’allegra e scalpitante nidiata di aitanti giovanotti stava per irrompere nel circuito. Si parlava di ricambio, di nuove speranze. I padroni del vapore, sempre un po’ eccessivi nei loro propositi pubblicitari, li chiamarono "the young gunners" e li disposero in bella fila in una pubblicità che li mostrava con l’espressione più crudele che potessero fare. Imberbi ma già killer.

E certo nessuno poneva il problema dell’invecchiamento del circuito. Il pronostico più naturale, semmai, era che i giovani “pistoleri” avrebbero percorso fino in fondo la strada del successo, quei sei-sette anni utili a realizzare i loro progetti agonistici, ognuno per le sue capacità.

Non è andata esattamente così. Gli anni sono diventati, otto, dieci. Sono ancora il presente. Altri giovani “pistoleri” non sono venuti a reclamare il posto. Nei primi cento tennisti della classifica mondiale, oggi, figurano appena tre Under 23. Non era mai successo. Il tennis è diventato uno sport vietato ai minori.

L’elisir di lunga giovinezza, spiegano gli addetti ai lavori, sgorga dai nuovi sistemi di allenamento, sempre più personalizzati, tagliati a misura degli atleti. E dalla tecnologia, che aiuta ad avere un quadro clinico dell’atleta come prima non sarebbe stato possibile. «È una questione economica, innanzi tutto», spiega Riccardo Piatti, fino a ieri coach del francese Richard Gasquet, oggi vicino al canadese Milos Raonic, il giovane più forte dell’ultima nidiata. «I giocatori guadagnano bene, si allenano meglio, investono sui team e in questo modo prolungano le loro carriere.

I più forti possono permettersi un vero staff, che va dal coach al manager, dal preparatore atletico all’accordatore, dalla segretaria all’ufficio stampa». Un percorso comune, questo, negli sport dove il confronto è fra singoli atleti. Nasce l’atleta-azienda. E il business impone di prolungare le carriere e restare sul mercato. Senza scadenza.

Daniele Azzolini- avvenire.it

L'ex campione di F1 Schumacher, i medici: situazione critica


Schumacher
Michael Schumacher è in "coma farmacologico artificiale per limitare gli stimoli": lo hanno detto, in una conferenza stampa, i medici dell'ospedale di Grenoble, in Francia, dove è ricoverato da ieri mattina l'ex campione tedesco di Formula 1, giunto in coma dopo una caduta dagli sci. "Le lesioni sono gravi nonostante indossasse il casco, la situazione è stabile ma critica", hanno aggiunto i sanitari che hanno in cura il sette volte campione del mondo.

"Il casco lo ha protetto parzialmente, ma senza sarebbe morto": Lo hanno detto i medici dell'ospedale di Grenoble dove è ricoverato Michael Schumacher. "È possibile - hanno aggiunto - che il suo fisico possa aiutarlo a sopravvivere. Attualmente respira in maniera artificiale per ridurre il consumo di ossigeno nel cervello".

​ Anche Jean Todt e Ross Brawn, compagni di Michael Schumacher nella lunga avventura sportiva in Ferrari, sono giunti all'ospedale di Grenoble per visitare l'ex campione di Formula 1 che versa in gravi condizioni dopo una caduta con gli sci. L'ex direttore generale e l'ex direttore tecnico del team Ferrari sono arrivati nella città francese nella notte. Schumacher è stato sottoposto a un intervento neurochirurgico dopo essere stato ricoverato in coma per un trauma cranico a seguito di una caduta con gli sci avvenuta ieri a Meribel, in Savoia.
avvenire.it

L'altro Seedorf, molto oltre il calcio


Se il mondo del calcio italiano somigliasse di più a Clarence Seedorf, non sarebbe mai in pericolo. Il 37enne centrocampista olandese, è da sempre un numero "10" in campo, ma soprattutto fuori, dove spera «di essere ricordato come esempio di positività e di umanità» . Un raro ambasciatore internazionale (parla sei lingue) prestato all’universo del football. Lo sa bene il patron del Milan Silvio Berlusconi che l’ha avuto a Milanello per un decennio e che per la prossima stagione lo considera già la prima scelta per la guida dei rossoneri, al posto di Max Allegri.

Ma alla vigilia di Natale, non è questo il tema nodale da affrontare con il saggio Clarence, bensì il suo impegno e la sua “mission” in giro per il mondo, per portare soccorso ai più deboli e quindi ai più piccoli della terra. Per questo motivo continua a fondare cittadelle per i ragazzi, con annessi campi di calcio e istituti scolastici, costruite partendo dalla sua terra d’origine, il Suriname (l’ex Guyana Olandese dove visse il nonno Frederick, figlio di uno schiavo africano che prese il cognome dal padrone tedesco, Seedorf) passando per il Kenya e la Cambogia, fino ad Almere, la città dell’Olanda dove ha trascorso l’infanzia.

Anche nel suo ultimo approdo professionale, il Brasile - la terra natìa della moglie Luviana - non si è fatto conoscere solo per le belle giocate e il titolo nazionale vinto con il Botafogo, ma soprattutto per le innumerevoli attività sociali che gli sono valse il tributo popolare da parte di tutte le tifoserie. Progetti iniziati ancor prima di sbarcare nel Brasilerao (la serie A brasiliana) con l’apertura di un centro sportivo in una favela di Salvador de Bahia. Il "pallone solidale" di Seedorf è arrivato fino a Malmberg, in quel Sudafrica che ancora piange la sua grande anima, Nelson Mandela.

Lei, è uno dei "Legacy Champions" scelti da Mandela per continuare a promuove i suoi valori e il suo lavoro a livello internazionale. Che ricordo ha del grande "Madiba" e quanto ha influito nella formazione della sua coscienza civile?

«Mandela è stato fondamentale, soprattutto nell’infondermi la consapevolezza di poter fare la differenza, non solo per me stesso, ma anche per gli altri. È anche grazie a lui se mi avvalgo del mio ruolo per dare quel contributo che mira a rendere il mondo migliore».

Quanto è stato importante il messaggio di Mandela al mondo dello sport ?

«È stato vitale, ma in parte sottovalutato dallo stesso universo sportivo. Con il potenziale che lo sport ha, potrebbe ambire a risultati certamente più importanti. Per questo uno dei miei obiettivi è quello di rendere il calcio uno sport più cosciente della sua responsabilità sociale».

Lei è uno dei pochi campioni che da anni è concretamente impegnato nella lotta al razzismo. Come pensa che si possa trasmettere alle nuove generazioni la cultura dell’antirazzismo?

«Dando il buon esempio, comportandosi correttamente e lasciando da parte i pregiudizi. Continuare a dire che si vuole combattere il razzismo equivale a fare una lotta contro un fantasma che porta via tante energie preziose alle azioni concrete. È necessario conoscersi, confrontarsi, aprirsi a nuove esperienze e a nuove idee. Quando sai, rispetti e apprezzi. Quando non sai, colmi il vuoto con il pregiudizio».

Alla luce della sua ultima esperienza brasiliana, quali sono i punti di forza del Paese che ospiterà il prossimo Mondiale di calcio?

«Sono i giovani brasiliani, la loro allegria e una condivisione di valori come quello della famiglia».

"Meno stadi e più studio", può diventare lo slogan da lanciare ai giovani brasiliani e forse anche a quelli di altri Paesi dove gli investimenti per la cultura e l’istruzione (Italia compresa) sono relegati dai governi all’ultimo posto.

«Molti non comprendono ancora che lo sport fa parte della cultura e dell’istruzione dei giovani. Attraverso la pratica sportiva si impara a crescere equilibrati, aiuta a saper perdere, a rispettare la disciplina, a sperimentare lo spirito di collaborazione. Lo sport educa a gestire la pressione e poi è fondamentale per il corretto sviluppo psicofisico dei bambini per farne dei buoni adulti di domani. Per questo motivo l’educazione fisica deve essere incentivata anche all’interno del sistema scolastico e non solo come attività ludica, ma per creare un’autentica cultura sportiva».

In Brasile ha visitato ospedali, parlato di educazione e istruzione nelle scuole.

«Ho messo la mia esperienza di vita al servizio specialmente dei giovani. Ho avuto modo di visitare cinque scuole e di parlare a migliaia di bambini, spiegando loro che è importante proseguire il percorso di studi perché non tutti potranno coronare il sogno di diventare dei calciatori».

Ha conosciuto anche i detenuti di quel carcere minorile che l’hanno voluto premiare con l’Oscar per il "Miglior calciatore socio-educativo"?

«Sì, ho visitato i ragazzi del carcere Degase e ho cercato di ispirarli, facendogli capire che se anche hanno commesso degli errori, sono ancora in tempo per rimediare e per continuare ad inseguire il loro futuro. Nei giorni scorsi poi, sono entrato a far parte del board di "Laureus", una fondazione di cui Mandela appunto è stato il padrino e che utilizza la filosofia e il potere dello sport per promuovere il cambiamento sociale».

Oltre a Mandela, qual è stato un altro modello che ha seguito nel suo percorso umano e sportivo?

«Un punto di riferimento costante è mio padre. Nel mondo dello sport sicuramente il coach Phil Jackson, per l’efficacia con la quale è riuscito ad introdurre all’interno di una disciplina come il basket la sua spiritualità e la forza dei suoi valori. E poi l’attrice e conduttrice tv Oprah Winfrey, una delle donne più potenti del mondo che ha messo il suo talento al servizio della società per contribuire a fare la differenza».

Che rapporto ha con la spiritualità e con la religione?
«La spiritualità è una caratteristica molto forte della mia persona. Sono molto interessato a conoscere le diverse sfaccettature delle religioni e quelle che considero più affini ed importanti fanno riferimento ai valori universali che inducono al rispetto di se stessi e degli altri».

In campo lei è un trascinatore. Più grande è la sfida, più Seedorf si impegna per vincerla?
«Penso che le sfide, gli ostacoli e le difficoltà siano una grande opportunità per crescere. Negli anni ho acquisito consapevolezza nei miei mezzi, consapevolezza che ho nutrito costantemente in maniera cosciente».

Che cosa si augura per lei e cosa si aspetta dall’anno che verrà?

«Il mio augurio va agli abitanti della terra, perché trascorrano delle serene festività e che il 2014 sia un anno di salute e di pace interiore per tutto il mondo».

Massimiliano Castellani - avvenire.it

Basket: Serie A, chiusa la 12/a giornata, Siena resta in testa

Cimberio Varese-Granarolo Bologna 98-89 nel posticipo che ha chiuso la 12/a giornata della Serie A di basket.

Classifica: Siena 18 punti; Roma, Sassari, Brindisi e Cantù 16; Milano 14; Bologna, Reggio Emilia, Venezia, Avellino e Caserta 12; Pistoia e Varese 10; Montegranaro 8; Pesaro e Cremona 4.
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Nasce Fox Sports 2 HD, la casa degli altri sport su Sky

Da oggi, venerdì 20 dicembre, in esclusiva su Sky, in alta definizione, il nuovo canale Fox (213). Dalla Champions di Volley all’Eurolega di Basket. Dall’NFL, con il SuperBowl, alla Diamond League di atletica, passando per i mondiali di Rally e di Darts
Dalla Champions League di Volley all’Eurolega di Basket. Dall’NFL (National Football League) alla Diamond League di atletica leggera passando per i mondiali di Rally e di Darts. Fox Sports 2 HD è tutto questo e molto di più. Arriva venerdì 20 dicembre il nuovo canale dedicato allo sport di Fox International Channels Italy proposto in esclusiva su Sky in alta definizione sul canale 213 della piattaforma. Per festeggiare la sua nascita, Fox Sports 2 HD sarà visibile a tutti gli abbonati Sky fino al 20 gennaio 2014, dal 21 gennaio, il canale sarà disponibile per tutti gli abbonati al pacchetto Sport con opzione HD. Fox Sports 2 HD è inoltre visibile su SkyGo.

Have Fun. Divertiti. E’ questo il motto di Fox Sports 2 HD, il punto di riferimento per gli appassionati di sport a 360° ma non solo. Il canale offre infatti tutte le emozioni del grande spettacolo, un’esperienza unica per immagini, protagonisti e storie. Un’occasione per divertirsi e scoprire quanto lo sport sia prima di tutto grande intrattenimento.

BASKET E VOLLEY EUROPEI
Parte dell’offerta di Fox Sports 2 HD è l’Eurolega di basket: il primo appuntamento live è in programma già venerdì 20 dicembre, alle ore 20.45, con l’incontro dell’Armani Jeans Milano, impegnata a Strasburgo, in Francia, nella decima e ultima giornata di Regular Season. Nel palinsesto del canale anche la CEV DenizBank Volleyball Champions League (maschile e femminile), la massima competizione europea di pallavolo per club, che dal 14 gennaio 2014 propone i Playoff 12, fase a eliminazione diretta con scontri di andata e ritorno. Il commento tecnico degli incontri sarà affidato a Andrea Meneghin e Hugo Sconochini per il basket e a Maurizia Cacciatori, Rachele Sangiuliano, Fabio Vullo e Andrea Zorzi per il volley.

GLI SPORT AMERICANI E IL SUPERBOWL

Fiore all’occhiello è inoltre la ricca programmazione dedicata agli sport americani. In primo piano l’NFL (National Football League), che il 22 e 29 dicembre dalle 19:00 propone gli ultimi due turni della stagione regolare, decisivi per definire la griglia dei Playoff, al via dal 4 gennaio con il Wild Card Weekend. L’obiettivo è il Super Bowl in onda in diretta su Fox Sports 2 HD a febbraio. Il 22 marzo scatta invece la stagione dell’MLB (Major League Baseball) con l’opening game tra Arizona Diamondbacks e Los Angeles Dodgers. Particolare attenzione è riservata anche al mondo dello sport universitario, che negli USA rappresenta un osservatorio d’eccezione per i campioni di domani, con il basket e il football NCAA. Sabato 21 dicembre, in diretta a partire dalle ore 18.00, su Fox Sports 2 HD ben cinque gli incontri di basket NCAA: TCU-Tulsa, St. John’s-Youngstown St. (ore 20.00), Villanova-Rider (ore 22.00), FIU-Louisville (a mezzanotte)  e Stanford-Michigan (ore 2.30).

ATLETICA E BOXE
A completare l’offerta di Fox Sports 2 HD anche la Diamond League di atletica leggera e i più importati incontri di boxe organizzati dalla Golden Boy Promotion di Oscar De La Hoya.

MOTORI
L’offerta motoristica del canale propone invece il Mondiale rally e il Mondiale di Formula E, riservato alle monoposto elettriche.

I DARTS: SPORT DI CULTO

Ampio spazio è poi dedicato al Mondiale di Darts, sport spettacolare e coinvolgente amato da star come Lady Gaga e Robbie Williams, cui partecipano i migliori 64 giocatori del ranking. Fox Sports 2 HD trasmetterà le dirette delle semifinali e finali rispettivamente il 30 dicembre dalle 20:00 e il 1 gennaio dalle 21:00.

LE GRANDI STORIE DI SPORT
In primo piano, non solo i grandi eventi sportivi, ma anche grandi momenit di intrattenimento. Ne è un primo esempio Being Mike Tyson, docu-serie proposta dal canale in prima visione assoluta in Italia. Sei episodi in onda dal prossimo 6 gennaio dalle 23.00, in cui l’ex campione statunitense dei pesi massimi si racconta offrendo un’immagine privata di un personaggio quanto mai discusso.

Con Fox Sports 2 HD, si arricchisce così la proposta sportiva di Fox International Channels Italy su Sky. Il canale si aggiunge infatti al “fratello maggiore” Fox Sports (su Mediaset Premium canali 382 e 383 e, in HD, su Sky, canali 205 e 210), disponibile in Italia dallo scorso agosto: il canale dei Top Player propone incontri di Barclays Premier League e F.A. Cup inglesi, della Liga spagnola, della Ligue 1 francese e dell’Eredivisie olandese e del campionato di calcio statunitense nonché le partite della Nazionale inglese.

Fox Sports è su SKY (canali 205 e 210) e su Mediaset Premium (canali 382 e 383)

Sport e tecnologia. È doping anche questo?

Quando nel 1977 al torneo di tennis di Aix-en-Provence, il guascone romeno Ilie Nastase sconfisse il “poeta” della terra rossa, l’argentino Guillermo Vilas - imbattuto da 46 match di fila -, ci fu chi gridò allo scandalo, dato l’utilizzo della mirabolante arma segreta: la racchetta con l’incordatura a “spaghetti”.

Da quel giorno, l’attrezzo tennistico non fu più lo stesso: via il legno, dentro i metallici racchettoni. E la stessa cosa si è verificata nello sci, addio a tutti i “legnosi” discesisti, i discendenti del «pipistrello umano», Leo Gasperl (che negli anni ’40 stupiva con indosso la brevettata “giacca-paracadute”) e benvenuta alla tuta speedwyre (con cui nel ’97 ai Mondiali del Sestriere, Hilary Lindh vinse la libera per soli 6 centesimi) e alla fibra di vetro carbonio sotto gli scarponi.

Elogio dell’ipertecnologico, in tutti gli sport motoristici, rallentando, ma non troppo, fino alla poetica e un tempo la più artigianale delle discipline su due ruote: il ciclismo. Lo sviluppo tecnologico della bicicletta da corsa, in cui solo sellino e catena sono rimasti praticamente invariati nel tempo, ha visto, nell’arco di un secolo, dimezzare il suo peso (da 15 a 7 kg scarsi) e quindi aumentare notevolmente la velocità di un mezzo che ormai solo in letteratura passa sotto la voce: pronipote del pionieristico “cavallo di ferro” (l’ottocentesco e primordiale velocipede).

Il terzo millennio ha, di fatto, sancito l’unione inscindibile tra “Sport e Scienza” e per approfondire questo forte legame viene in soccorso un saggio illuminante, Sportivi ad alta tecnologia (Zanichelli), scritto a quattro mani dall’ingegnere meccanico Nunzio Lanotte e sua moglie, specialista in opere scientifiche, la francese Sophie Lem.

L’idea del moderno campione robotizzato o peggio ancora della “cavia elettronica” da sperimentazione in laboratorio, impressiona e fa discutere, ma spesso non rende ragione al notevole progresso e agli straordinari risultati ottenuti dagli scienziati anche nello sport. Pertanto l’assioma di partenza dovrebbe essere: «È molto difficile che la tecnologia ti faccia vincere, ma non avere la tecnologia di sicuro ti fa perdere. La tecnologia non trasforma il “brocco” in campione, può fare solo una differenza marginale, ma nello sport di elite diviene spesso decisiva», dice Lanotte, che è anche consulente del Coni per le nuove tecnologie.

Tradotto con un esempio molto semplice: «Non è la racchetta in fibra di carbonio a far vincere un torneo a Nadal, ma provate voi a giocare contro Federer con una racchetta di legno e ne riparliamo…». Un azzardo da non tentare, specie in un’era in cui si assiste alla massima diffusione della tecnologia grazie alla miniaturizzazione e alla diminuzione dei costi dei componenti: sensori, processori, pile e quant’altro.
«La fibra di carbonio ha soppiantato legno, acciaio, alluminio ed altri materiali tradizionali in quasi tutte le applicazioni: vale a dire telai, ruote, caschi, imbarcazioni, pagaie, racchette», continua Lanotte.

Partendo dalla galassia più nota dell’universo Sport, il calcio, fa quasi sorridere il ricordo dei “tacchetti avvitati” degli scarpini che fecero il loro debutto ufficiale nella finale dei Mondiali svizzeri del 1954: la sfida vinta dalla Germania contro l’Ungheria. Una diavoleria per i tempi, un oggetto da museo oggi che Messi e Ibrahimovic viaggiano a pelo d’erba come centometristi, su comode calzature personalizzate e in microfibra. Più o meno le stesse che nell’atletica fanno mettere ancor di più le ali ai piedi al figlio del vento Usain Bolt. Alla pelle di canguro si è sostituito il mix esplosivo di poliestere immerso in una matrice di poliuretano. Materiali più resistenti, più comodi e che quindi aiutano a migliorare la prestazione.

Questo spesso comporta il dibattito sul possibile sconfinamento nel territorio, illecito, del “doping tecnologico”. Ma sul tema l’esperto ribatte pronto: «La tecnologia è uno strumento lecito, mentre il doping è una frode. Le vicende delle bici dei record dell’ora o dei supercostumi del nuoto, entrambi prontamente proibiti, ci mostrano che talvolta una tecnologia troppo innovativa provoca un fisiologico rigetto, specie se infrange le regole interne alle singole federazioni».

Lem e Lanotte si riferiscono ai «record azzerati», dopo la comparsa nel ciclismo della bicicletta con le due ruote tubolari lenticolari (preparata dal biomeccanico Antonio Dal Monte) in sella alla quale a Città del Messico, nel 1984, Francesco Moser stabilì il primato dell’ora percorrendo 51,151 km (il precedente record di Merckx del 1972 era di 49,432 km, l’attuale di Ondrej Sosenka è ridisceso a 49,700 km) e nel nuoto, ai supercostumi integrali che tra il 2008 e il 2009 avrebbero fruttato decine di primati mondiali e olimpici in quanto “galleggianti”. «Per test effettuati di persona – smentisce il consulente del Coni – posso garantire che non è assolutamente vero che i supercostumi galleggiassero».

La tecnologia applicata allo sport, dunque, non è quasi mai da rigettare, al limite ci si può stupire, dell’utilizzo in campo di Gps che dai cruscotti delle auto passano sui parastinchi, o che l’atleta venga connesso con Internet e che Gsm e Smartphone siano applicati direttamente sul corpo del campione in pista o in pedana. Tutto ciò rientra nello studio dell’aerodinamica e dell’idrodinamica, fondamentali nella progettazione di bici, barche, vele, bob, caschi e tute. «Lo sport è entrato da tempo nella galleria del vento. Si utilizzano, poi, sia la vasca idrodinamica che il software di simulazione (Cfd, Computational Fluid Dynamics) – spiega la Lem –. Grazie a questi strumenti di misura, ora l’atleta può essere “modellizzato” e la sua prestazione studiata in ogni singolo dettaglio».

È importantissimo in tal senso il contributo che stanno fornendo le ultime tecniche di analisi delle riprese video, introdotte dai giapponesi sin dai Giochi di Amsterdam del 1928 per “spiare” i nuotatori americani. Risultato? Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Los Angeles, la squadra nipponica sbaragliò quella Usa vincendo 5 ori su sei. «Quei video erano gli antesignani dell’attuale “match analysis” di dominio quotidiano nel calcio e negli sport di squadra, così come i software di analisi biomeccanica vengono adottati dal nuoto, sci, atletica e da altre discipline olimpiche».

Quando la tecnologia non è invasiva, e di ciò un fenomeno del motociclismo come Valentino Rossi si è lamentato spesso invocando «meno elettronica sulle moto», porta comunque con sé un sensibile miglioramento della sicurezza e del benessere psicofisico degli atleti. E anche in questo caso si concretizza con gli innovativi gel, materiali viscoelastici, gore-tex.

La creatività del talento non è messa in discussione, ma probabilmente il campione del futuro dovrà confrontarsi sempre più, oltre che con gli avversari, anche con le avanguardistiche “nanotecnologie”, con le tecniche di manifattura su misura (stampanti 3D). E non ultimo, con l’inserimento di parti artificiali nel corpo umano, microchip e sensori sottocutanei compresi.

Fantascienza? «Niente affatto. Forse – conclude Lanotte –, non è lontano il giorno in cui vedremo un telaio di bicicletta che pesi 100 grammi o una canoa di due etti appena. I materiali sportivi su misura diventeranno veri e propri oggetti intelligenti, capaci di cambiare il proprio comportamento in base alle condizioni atmosferiche rilevate da sensori sempre più piccoli e accurati».

Massimiliano Castellani - avvenire.it
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