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La Juve corre quanto Vettel, il Napoli già frena


C’è una sola squadra sui campi di Serie A che corre veloce quanto la Red Bull di Sebastian Vettel, è la Juventus di Antonio Conte. A 25 giornate dalla fine del campionato la sensazione è che il mister salentino stia facendo pigiare l’acceleratore alla sua squadra per conquistare il più in fretta possibile il terzo scudetto di fila per poi concentrarsi sulla Champions.

La Juve finora ha sbagliato solo un secondo tempo a Firenze, dove stava vincendo 2-0, dopo di che 5 vittorie consecutive e senza subire gol. Buffon a Livorno porta la sua imbattibilità a 460 minuti e la Juve vince in surplace, pur con mezza difesa infermieria e con un Vidal schierato nei panni inediti di “terzino”. Ma bastano due lampi di Pogba e la verve cannoniera del tandem magico Llorente-Tevez per stendere l’umile Livorno di Nicola. La manifesta superiorità juventina può essere arginata solo dalla Roma che questa sera affronta il posticipo contro il Cagliari.

Una vigilia luttuosa quella dell’Olimpico, a 92 anni se ne è andato il fornaretto giallorosso Amedeo Amadei, mentre i sardi ricordano le vittime dell’alluvione dell’Isola. Il più isolato degli allenatori continua ad essere Max Allegri che non sa più a che santo votarsi per stoppare il trend negativo del suo Milan. I rossoneri non ne azzeccano più una e perfino Mario Balotelli sbaglia il suo pezzo forte, il tiro dagli undici metri. Ipnotizzato da Perin che a San Siro regala il pareggio al Genoa di Gasperini. Secondo rigore sbagliato per un Mario sempre meno super e con in testa l’idea di fare le valigie (assieme a Galliani già licenziato da giugno da Barbara Berlusconi) e volare via dall’Italia.

Chelsea, Monaco e Galatasaray stanno alla finestra per capire se è possibile ingaggiare Balotelli già a gennaio. Novembre nero intanto per il Napoli che dopo quella con la Juve incassa la seconda sconfitta consecutiva facendosi imbrigliare al San Paolo dal Parma di Cassano. FantAntonio punisce la squadra di Benitez che adesso per spazzare via le prime critiche feroci (fino a due settimane fa il tecnico spagnolo era osannato dall’universo napoletano) deve andare a prendersi il pass europeo nella sfida di Champions contro il Borussia Dortmund. Non sarà facile fare risultato nella tana dei tedeschi, peraltro reduci anche loro da una lezione di calcio contro il Bayern Monaco di Pep Guardiola.

La Champions chiama anche la Juventus con il Copenaghen, e il Milan è  atteso a Glasgow contro il Celtic. Tornando in Italia, l’Inter esentata dalle Coppe non approfitta dei rallentamenti delle concorrenti d’alta quota e si fa incartare da un Bologna più generoso e fortunato che scaltro. Al Dall’Ara finisce 1-1, con la riabilitazione di Curci che para l’impossibile e dove non arriva con i guantoni ci pensano i pali: la traversa colpita da Juan Jesus sta ancora tremando. La prima di Erick  Thohir da presidente dell’Inter (collegato via cavo da Giacarta), finisce con un pareggio che persino Mazzarri però accoglie quasi con soddisfazione. Perché l’Inter comunque cresce, mentre si arresta l’ascesa della Fiorentina che scivola sulla prima Udinese buona di stagione.

Stop anche per la rivelazione Hellas Verona che rianima il piccolo Chievo che beneficia della cura Corini: il tecnico richiamato da Campedelli torna e si prende subitio il derby, con tanto di gol al 92’ di Lazarevic. Tra le piccole in vetrina si segnala anche il Sassuolo che vince lo scontro diretto con l’Atalanta mettendo ancora in mostra i due gioielli di casa Squinzi, Berardi e Zaza. Mini-crisi conclamata della Lazio che stava per perdere la testa contro una Samp ridotta in dieci e appena rattoppata dall’arrivo di Sinisa Mihajlovic. Il pareggio laziale, in zona Cesarini - gol da centravanti di razza del difensore Cana - salva davvero la panchina di Petkovic che solo a parole gode ancora della fiducia del presidente Lotito.

Fiducia a tempo anche per De Canio a Catania che subentrato a Maran non ha migliorato la condizione degli etnei, i quali dopo il 4-1 subìto con il Torino si ritrovano ad essere il nuovo fanalino di coda. Siamo partiti con la Juve formato Red Bull e chiudiamo proprio con Vettel che a Interlagos manda in archivio il Mondiale di Formula 1 del 2013 con il nono successo stagionale e uno stradominio quasi imbarazzante. Appello alla Ferrari: il prossimo anno vorremmo una Rossa al passo con la Red Bull e quindi un Alonso che non sia costretto a chiudere la stagione a 155 punti di distacco da super Vettel.

Massimiliano Castellani- avvenire.it

«Il calcio libero non esiste più»

Chi si stupiva, quando Josè Mourinho inseriva la quarta punta in campo per far vincere l’Inter del “triplete”, vuol dire che non ha mai sentito parlare di Ezio Glerean. Né ha mai visto giocare il suo “Cittadella dei miracoli”, il club patavino che tra il 1996 e il 2000 aveva trascinato dalla C2 alla Serie B, dove è ancora.
Il segreto di quella escalation? Un modulo all’olandese, come sua moglie Caroline: il 3-3-4 del Cittadella diventato materia di tesi al Corso allenatori di Coverciano e fonte di ispirazione per il regista Paolo Sorrentino nel suo film L’uomo in più.

«Tanti tecnici, Antonio Conte in primis, l’hanno sperimentato e con successo quel mio modulo che ho iniziato a praticare al San Donà, in C2, vent’anni fa. Il cinema di Sorrentino mi piace moltissimo, so che è un appassionato di calcio, quindi spero che prima o poi ci troveremo a un tavolo per conoscerci e parlare. Magari anche presto, io di tempo libero adesso ne ho...».

Infatti, se non arriva una chiamata entro la fine dell’anno, per il 57enne allenatore di San Michele al Tagliamento, si tratterebbe della quarta stagione da “disoccupato”: ultima panchina quella del Cosenza, giugno 2010.

Ma come è possibile: appena un decennio fa le davano del “genio” e ora non la chiama neanche un club di Seconda divisione...
«Ci sono altri bravi tecnici ingiustamente a spasso, alcuni sono quegli allenatori-ragazzini che i presidenti prima hanno sedotto e poi subito abbandonato, quindi la cosa non mi sconvolge. Ciò che, invece, non finisce di stupirmi è la totale assenza di una linea che sta portando alla deriva il nostro calcio».

A quale “linea smarrita” si riferisce?
«All’indebolimento preoccupante della figura dell’allenatore che, solo qui da noi, non ha più la possibilità di costruire liberamente delle squadre. Quelle ormai le fanno i direttori sportivi, con la complicità dei procuratori. Sono loro che tengono in ostaggio i presidenti, i quali seguono le mode e il business e spesso oltre a non possedere un minimo di competenza, non hanno neppure passione per il calcio. E questo, poi, contagia tutti, a partire dalla base».

Siamo di fronte a un pallone italiano perniciosamente contaminato?
«Siamo diventati poveri e non vogliamo ammetterlo. Tanti miei colleghi che allenano anche in B, mi confessano che vorrebbero scapparsene all’estero anche domani, perché qui non c’è futuro. Non ci sono più i campioni, siamo fermi a Totti e Del Piero e questo per un problema di educazione. In Spagna vincono tanto perché ci sono talenti ben educati fin dalla scuola calcio. Qui da noi, le scuole sono tutte da ripensare».

Trovato il problema alla radice, ma la soluzione?
«Meno campus a pagamento per le ambizioni dei genitori e più “campi etici” in cui insegnargli fin da bambini una regola fondamentale: si gioca e si sta assieme per divertirsi e non per fare o diventare dei “numeri” di questo pallone tritatutto».

Un’immagine apocalittica, densa di tristezza.
«Triste, è il termine che sintetizza il momento. Stadi tristemente vuoti, perché la gente non vede più i campioni in campo e, quindi, non si diverte. Le famiglie non hanno soldi da spendere e se li trovano non rischiano per andare in un luogo come lo stadio che non è sicuro per i loro figli. Tristi e tese, sono le facce dei miei colleghi, specie quando a fine gara, alla tv, invece di commentare quella che dovrebbe essere una festa di 90 minuti sembrano che siano reduci da una guerra».

Tregua: siamo arrivati al si salvi chi può?<+tondo>
«No, si può ancora sperare se si decide di seguire la direzione di Cesare Prandelli. Il ct azzurro è l’unico che con il suo calcio, fatto prima di tutto di piacere di giocare, di educazione e di rispetto delle regole, continua a mascherare le tante falle del nostro sistema».

Qualcuno le farà notare, che lei è come Zeman, parla così perché non ha vinto in carriera...
«Che Zeman non alleni è una sconfitta per tutti. Gli unici quattro giovani interessanti, Insigne. Immobile, Verratti e Florenzi, li ha lanciati lui con il solito coraggio dell’uomo libero che da sempre crede nei giovani sul serio... Io vivo il calcio come Zeman, conosco i miei limiti, in passato ho rifiutato quattro panchine di A, ma ho vinto tutti i campionati, dalla Terza Categoria alla Serie C. Però la cosa di cui vado più fiero è aver conquistato tre Coppa Disciplina e di essere arrivato tante volte secondo».

Una filosofia la sua, che forse nessun presidente sarebbe disposto a sposare.
«Uno sì, ma purtroppo non c’è più. Era Angelo Gabrielli, il presidente del mio Cittadella. Conservo ancora una ventina di lettere di quell’uomo straordinario e le più belle sono quelle che mi ha scritto dopo le sconfitte. Qualcuna finirà nel libro che sto scrivendo (editore Mazzanti, ndr) e spero tanto che le leggano e facciano riflettere quei dirigenti e procuratori che stanno rovinando il gioco».

Lei insiste sul concetto di “gioco”, non è il caso forse che ricominci con l’allenare dei ragazzini.<+tondo>
«Se c’è un progetto serio ed educativo io sono disposto a ricominciare anche dall’ultimo gradino del dilettantismo. Ma prima vorrei vedere un Paese in cui si gioca a calcio nelle scuole e durante l’orario didattico. Vorrei campionati giovanili alla luce del sole e non con gare disputate sotto i riflettori o con i campi ghiacciati, solo per illuderli che a 10 anni sono già dei professionisti. Vorrei vedere giocare tutti nella stessa squadra: bravi e scarsi, ricchi e poveri, ragazzini sani e quelli con handicap, e farlo con il sorriso. Perché ciò che manca sopra ogni cosa in questo sport è la gioia, il sorriso».

Ma chi può ridare il sorriso a questa generazione?
«Servono dei maestri, come quelli che ho avuto io. Gino Costenaro che ci venne a cercare a scuola per portarci nella sua squadra “oratoriale” a Portogruaro. Poi, da lì, mi ha messo tra le braccia di Luisito Suarez che allenava la Primavera del Genoa. Suarez arrivava nello spogliatoio elegantissimo con le scarpette legate in spalla e ci diceva: “Le vedete? Sono lucidissime e da sempre me le pulisco da solo. È anche per questo che sono arrivato fino al Pallone d’Oro”. Se gli insegniamo queste piccole cose, come pensare da soli alle proprie scarpe da calcio, allora forse questi ragazzi potranno ancora coltivare grandi sogni in campo, e magari anche nella vita».

Massimiliano Castellani - avvenire

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Olimpia Milano Serie A: l'avversaria, Grissin Bon Reggio Emilia

La formazione emiliana si presenterà oggi al Forum con la formazione al completo e con lo stesso record dell'EA7 (3-3) in campionato. La stella è James White, c'è anche l'ex biancorosso Karl. 

Nemmeno il tempo di archiviare l'impresa con l'Efes in Eurolega, per l'Olimpia è già tempo di pensare al campionato: domani pomeriggio (ore 18.15) al Forum di Assago arriva la Grissin Bon Reggio Emilia, nella settima giornata di Serie A. Sarà la sfida numero 40 tra le due squadre, con i biancorossi avanti per 28-11 nel bilancio complessivo, anche se l'anno scorso furono gli emiliani ad imporsi in entrambe le gare giocate. L'inizio di stagione della formazione di Menetti è stato simile a quello dell'EA7, cioè altalenante e con lo stesso record di 3 vittorie e 3 sconfitte. Anche la Reggiana sta faticando parecchio in trasferta, dove è sempre stata battuta, mentre in Eurochallenge è al comando del proprio girone con 2 successi su 3 gare disputate. C'è stato qualche problema fisico, soprattutto a Cinciarini, ma per la gara di domenica la Grissin Bon si presenterà al completo. L'uomo copertina della squadra è sicuramente James White, miglior marcatore del campionato 2011, anche sinora sta avendo un rendimento forse inferiore alle attese, nonostante i quasi 15 punti e 8 rimbalzi di media. Il quintetto è composto anche dal già citato playmaker azzurro (11 punti e 5 assist a partita), l'ex biancorosso Coby Karl come altro esterno, oltre a Silins e Brunner. Dalla panchina escono, in particolare, Bell e Antonutti. 
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Quello che si temeva subito dopo l'incidente si è tristemente verificato: il crollo del tetto di un supermercato ieri a Riga ha provocato una strage. Sono quarantasette i corpi senza vita tirati fuori finora dalle macerie, compresi quelli di tre vigili del fuoco, ma si temono molte più vittime perché decine di persone risultano ancora intrappolate. E' ancora mistero sulle cause, ma il governo lettone punta il dito sui difetti strutturali dell'edificio, inaugurato nel 2011 e che - beffa del destino - aveva ricevuto un premio d'architettura. Il bollettino dei morti si aggiorna di ora in ora, nell'incessante attività dei duecento soccorritori aiutati dai militari per fronteggiare il peggior disastro accaduto in Lettonia dal suo ritorno all'indipendenza, nel 1991. Le gru sono impegnate a sollevare le grandi lastre del tetto dell'edificio alla periferia della capitale, crollato ieri sera all'ora di punta, con centinaia di clienti impegnati negli acquisti. Si cercano le persone ancora intrappolate, che sarebbero una quarantina, in base alle immagini delle telecamere di sicurezza.
E ci si serve anche degli squilli dei telefoni cellulari, mentre i superstiti riferiscono di esser stati avvolti dal buio subito dopo un forte boato, e di essere riusciti a fuggire dalle finestre. Prima che crollasse un altro pezzo di struttura. Sul posto sono accorse decine di persone: chi per cercare un parente disperso, chi semplicemente per portare fiori o accendere una candela in memoria delle vittime. Le cause dell'incidente, che per ora registra anche una quarantina di feriti, restano ancora sconosciute. Si sa soltanto che un gruppo di lavoratori stava costruendo un giardino pensile, ma il governo mette in dubbio la correttezza nelle procedure di edificazione.
"E' chiaro - sottolinea il ministro dell'Interno Rihards Kozlovskis - che c'è stato un problema con l'adempimento delle prescrizioni per la costruzione" dell'edificio della Maxima, catena lituana che impiega quasi trentamila persone in tutti gli Stati baltici. Il numero di vittime è comunque "troppo grande" per concentrarsi adesso sull'origine della tragedia, afferma il premier Valdis Dombrovskis, proclamando tre giorni di lutto nazionale. Tutto il paese intanto si stringe intorno ai soccorritori, che avranno bisogno di almeno un altro giorno per districarsi tra le macerie che si estendono per 1.500 metri quadrati. Poi, le autorità dovranno fare chiarezza sul peggior disastro che ha colpito questa giovane repubblica nata dalle ceneri dell'Unione Sovietica, membro dell'Unione europea da quasi dieci anni e che nel 2014 entrerà nell'eurozona. Nel 2007, la Lettonia aveva pianto ventisei morti per un incendio in una casa di cura. Altri ventitre nel '94 dopo l'affondamento di un traghetto estone nel mar Baltico, in cui persero la vita oltre 800 persone.
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Venezia: marea +106, acqua alta 9% città



  (ANSA) - VENEZIA, 23 NOV - Il Centro Previsioni e Segnalazioni Maree ha registrato oggi, alle ore 12, a Venezia, una punta massima di marea di 106 cm. Con un'alta marea di 106 cm il fenomeno dell'acqua alta ha interessato circa il 9% cento del suolo cittadino, con un livello variante da pochi millimetri a una media sui 25 cm in Piazza San Marco, l'area più bassa della città.

Basket: Eurolega, Galatasaray-Siena 54-52

Il Galatasaray Liv Hospital Istanbul ha sconfitto la Montepaschi Siena 54-52 in un match valido per la fase a gironi dell'Eurolega di basket. Si fa ora più difficile per i toscani l'approdo alla top 16.
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TIRO A SEGNO Campriani oltre l'ultimo colpo


​ A Londra 2012 Niccolò Campriani è stato l’olimpionico azzurro che ha raccolto di più: oro e argento individuali. Quest’anno nella carabina 3 posizioni da 50 metri (a terra, in piedi e in ginocchio) il tiratore toscano ha festeggiato assieme alla fidanzata Petra Zublasing: nello stesso giorno, in estate si sono aggiudicati i Giochi del Mediterraneo, e due domeniche fa anche la Coppa del mondo. Nessun italiano aveva mai sollevato quel trofeo, a Monaco di Baviera se l’è aggiudicato anche il poliziotto siciliano Andrea Amore, nella pistola da 10 metri. Petra nella gara femminile si è imposta con 5 punti di margine sulla serba Arsovic, facendo 3 punti in più di Campriani. «Se ci penso bene – scherza “Nicco” – è come fossi stato argento, dietro di lei. Ora allenarci assieme aiuta, ma per quasi un anno era stata dura perché non ci siamo visti: io stavo facendo un master in Inghilterra, lei studiava in un college americano...».

È tutto raccontato nel romanzo-confessione “Ricordati di dimenticare la paura” (edizioni Strade Blu, Mondadori) scritto con il giornalista Marco Mensurati. Campriani aveva iniziato con un’arma presa in prestito e un manuale scritto in cirillico, ma spesso il bersaglio di dove si allenava da ragazzo era occupato dal nido di due passerotti, nel poligono di Cascine, sperduto nella campagna toscana. Nella specialità “in piedi” è un predestinato, il migliore nella storia del tiro a segno. Eppure a Pechino 2008 mentre sta per conquistare l’oro, Campriani scopre un avversario subdolo e in realtà di tanti: l’ultimo colpo. Manca il bersaglio per 3,34 millimetri, cioè lo spessore di due monetine da un centesimo. Precipita in un buco nero che lo svuota e gli fa dubitare di tutte le scelte. Una mattina si sveglia depresso, nella casa di Sesto Fiorentino, la ragazza l’ha lasciato, si era ubriacato: «Qui non troverò le risposte che cerco», scrive. Nicco è in fuga da sé, lascia Sesto Fiorentino e si iscrive a un campus americano. In 4 anni studia intensamente ingegneria, si allena in posti improbabili e si laurea da “cervello in fuga”. Parla con campioni ed ex, lo aiutano a scoprire che fra il mirino e il bersaglio ci sono aria, distanza e paura: di fallire, e anche di deludere se stessi. Sono tre anni di incontri, con la nuova “morosa” Petra, altoatesina, e pure con se stesso. «Tanti atleti stranieri – racconta Campriani – studiano psicologia dello sport, io ho frequentato 6 corsi...». I segreti della mente continuano a catturarlo: «La preparazione mentale è fondamentale, all’Acquacetosa, invece, ricordo che mi avevano proposto un semplice questionario sportivo, a crocette. Alle Olimpiadi non siamo abituati a gestire il circo mediatico, quella è stata una difficoltà in più, ma appunto mi ero preparato. Conta quasi quanto le ore in palestra o al poligono, a selezionare munizioni e carabine: il nostro sport per l’80% è questione di testa...».

È anche così che vince la paura dell’ultimo colpo. A 24 anni, a Londra 2012, Campriani rinasce e senza mai rischiare conquista l’oro da 50 metri nella carabina a tre posizioni e l’argento dai 10 metri, ad aria compressa. Viene in mente la canzone degli Europe “The final countdown”. «Il fine è il gesto perfetto, assoluto e puro, da compiere solo in una condizione di distacco, dimenticando ansia e paura di vincere». Esemplare la storia del 32enne americano Matthew Emmons. Nel 2004 ad Atene all’ultimo sparo colpisce il bersaglio. Ma è quello accanto al suo, di un avversario. Emmons perde titolo e podio, divenendo una barzelletta a cinque cerchi. A Pechino 2008 il bis: il colpo decisivo gli parte accidentalmente, mentre prende la mira, e addio titolo. «Ho cercato Emmons per email – racconta Niccolò –, ci siamo allenati assieme e a Londra perlomeno ha raggiunto il podio, entrambi siamo migliorati sul colpo chiave». Difficile azzerare i fantasmi della paura: «Quelli del 2008 per me comparirono anche un anno fa, ma ci convivo in maniera diversa, spostando l’attenzione sulle cose positive, che contano davvero: per il gesto tecnico serve tanto esercizio, nella sua semplicità è complesso». Il titolo olimpico è arrivato dopo un decennio di pratica, mentre questo è stato un anno di scarico. «Alla finale della coppa di cristallo – spiega – sono arrivato grazie a tre secondi posti e a un terzo. Per me è stato come ricominciare a tirare perché ho cambiato carabina, mi allenavo per sviluppare la Pardini, ho portato sul podio la prima carabina italiana, in precedenza ne usavo una tedesca». A luglio Campriani ha concluso un altro master, ha discusso la tesi a Sheffield, in Inghilterra. «È un trattato di fisica sulla meccanica delle vibrazioni, descrive quanto succede nella canna al momento del tiro, l’energia del colpo: una parte rincula e un’altra fa vibrare l’arma, a distanza di 50 metri dal bersaglio, l’effetto è nella dispersione, nel volo, in particolare sul calibro 22 è molto interessante. Mi ha aiutato un medico di fisica scozzese...».

Per il momento con gli studi si ferma, ma ha già in mente un altro master: «A Losanna, in management dello sport». Intanto, ha traslocato e raggiunto Petra al suo paese, Appiano, sulla strada del vino, in provincia di Bolzano: «Abbiamo iniziato a convivere, ma ci sposeremo». Lei a Londra è stata 12ª, non è il fidanzato ad allenarla («Non funzionerebbe, sarei troppo coinvolto. Ci scambiamo consigli, però, è ovvio»), ad allenarsi vanno a 50 metri da dove vivono. «In un ambiente climatizzato. I poligoni di solito sono all’aperto, da ottobre a marzo fa troppo freddo per continuare l’attività, qui invece non c’è questo problema». Il futuro sportivo? «Io proseguo sicuramente sino al 2016, sulla scelta incidono mille fattori, valuterò se mi diverto ancora, intanto ringrazio le Fiamme Gialle: per la tranquillità che garantiscono alla mia vita, non solo per i soldi. Ma, poi, penso già alla professione: può essere rischioso iniziare a fare l’ingegnere a 40 anni, con il curriculum vuoto sul piano professionale». È stato papà Giuseppe, 66 anni, aretino del Casentinese, a trasmettergli la passione per ingegneria: «Non avessi tirato, mi sarei perso mille storie. Amo il tennis, comunque gli sport individuali. La squadra è bella, però per il mio carattere gareggio bene da solo: ho scoperto il golf, molto simile al tiro, la competizione è individuale e con un colpo alla volta; i campioni delle mazze ripetono lo swing e gli psicologi lavorano tanto anche con loro».

Nel suo salto di qualità balistico incidono anche gli stage a Pechino e pure il mese trascorso laggiù prima della Coppa: «Ho tirato con i cinesi, tengono molto al segreto professionale, mi relaziono con il loro allenatore». Fondamentale è anche il ruolo della ct azzurro, Valentina Turisini, unica a occuparsi di uomini e donne. E non è un programma televisivo. «A Londra ci ha protetto molto, una coppia di fidanzati in Nazionale si presta come storia, invece non ci ha dato in pasto ai giornalisti, escluso nell’ultima settimana». Campriani già inquadra il prossimo obiettivo: «A settembre 2014 in Spagna». Il campionato del mondo metterà in palio le prime carte olimpiche per Rio. Nicco e Petra si presenteranno da favoriti e proseguiranno la battaglia con la paura dell’ultimo colpo. In fondo quella ce l’abbiamo un po’ tutti. E in qualsiasi ambito.

Vanni Zagnoli