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L'addio a Mennea, 'Adesso correrai lassù'. Oggi a Roma i funerali del velocista azzurro

Ci ha regalato un sogno, era doveroso venirlo a salutare". In coda per rendere omaggio alla camera ardente di Pietro Mennea non ci sono solo i campioni: tanta gente comune, qualcuno con i fiori in mano, altri che lasciano un pensiero per l'olimpionico scomparso ieri. Molti i tifosi di Pietro che hanno voluto portare la loro testimonianza d'affetto: "E' stato giusto portarlo qui - commenta un anziano riferendosi al salone d'onore del Coni che ha aperto le sue porte per salutare il campione della velocità - una scelta significativa. Certo, Mennea era la velocità e stare qui fermo.... Correrà lassù". Tra le dediche molti i "grazie" per il "riscatto della gente del sud".
APERTA CAMERA ARDENTE AL CONI - Il feretro di Pietro Mennea, fuoriclasse azzurro della velocità, scomparso ieri a 60 anni, è esposto nella camera ardente allestita nel Salone d'Onore del Coni, circondato dai cuscini di fiori della presidenza della Repubblica, del presidente del Consiglio, del Comitato Olimpico Italiano, della Federatletica e del sindaco di Roma. Il primo a rendergli omaggio é stato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che ha abbracciato la moglie di Mennea, Manuela, e salutato i familiari.
Un grande e commosso applauso ha accolto la salma di Mennea al palazzo del Coni. Particolarmente commosso Franco Carraro, membro del Cio, che non è riuscito a trattenere le lacrime abbracciando la moglie del campione olimpico. La salma di Mennea è giunta nel palazzo H del Coni con circa un'ora di ritardo rispetto all'orario previsto per l'apertura della camera ardente. Ad attenderla, oltre al presidente del Coni, Giovanni Malagò, il numero uno della Fidal, Alfio Giomi, i presidenti federali Gianfranco Ravà (cronometristi) e Francesco Purromuto (pallamano) e l'altro membro del Cio Mario Pescante. Presenti anche l'ex campione mondiale di calcio, Dino Zoff, l'ex oro olimpico del pugilato, Nino Benvenuti, e l'ex calciatore, Francesco Rocca.

I funerali di Mennea saranno celebrati domani, alle 10, a Roma, nella basilica di Santa Sabina, nell'Aventino.

BLATTER 'AMAVA CALCIO PULITO, ERA UNO DI NOI' - "Pietro Mennea era tifoso del calcio pulito e quindi pur essendo stato un campione dell'atletica leggera, è sempre stato uno di noi. Il mondo del calcio si stringe allo sport italiano in questo momento così triste". Lo scrive il presidente della Fifa, Joseph Blatter, in un messaggio di cordoglio indirizzato ai familiari di Pietro Mennea, il campione della velocità scomparso ieri a 60 anni.


ABETE 'PERSONA TENACE, SEMPRE IMPEGNATA E SCHIERATA' - "Ho un ricordo di una persona tenace che ha sempre fortemente creduto nelle cose che portava avanti. Si è sempre impegnato e schierato. Ci lascia dei ricordi incredibili sul piano sportivo ma anche come uomo ci lascia la dimensione di un impegno mai venuto meno, un rigore, una logica di chi vuole sempre competere nella massima autonomia e libertà". Così il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, ricorda Pietro Mennea, scomparso ieri. "I miei ricordi sono di due tipi - ha detto Abete all'ingresso della camera ardente allestita al Coni -. Quelli da appassionato e tifoso, di una persona che seguiva le sue imprese e poi da dirigente sportivo. Ci sono state tante occasioni di confrontarsi e di scambiare delle riflessioni sia per il suo impegno politico sia sul versante giuridico". "L'ho incontrato qualche mese fa in treno, ci siamo salutati, ma non sapevo che c'era questa situazione così difficile" ha concluso Abete.

LA FRECCIA DEL SUD E QUEL 19"72 DURATO 17 ANNI - Pietro Mennea può essere considerato uno degli atleti più decorati nella storia dello sport italiano. Nato il 28 giugno 1952, a Barletta, per 17 anni è stato detentore del primato mondiale dei 200 metri, stabilito alle Universiadi di Città del Messico, nel 1979. Partecipò alla rassegna da studente in scienze politiche e polverizzò il precedente record che apparteneva a Tommie Smith. Un altro statunitense, Michael Johnson gli strappò il primato alle Olimpiadi di Atlanta, nel 1996.

Soprannominato la 'Freccia del sud', tutt'ora detiene il primato europeo e italiano dei 200 metri. nel 1980, a Mosca, con una straordinaria rimonta, conquistò la medaglia d'oro, sempre nei 200 metri, che si somma ai quattro titoli europei, a un argento e un bronzo ai Mondiali, ma anche ad altri due bronzi olimpici, il primo dei quali conquistato sulla pista di Monaco di Baviera ai Giochi del 1972, nella gara vinta dal sovietico Borzov. Mennea è stato anche straordinario staffettista e ha pure trovato fortuna nei 400 metri piani. Stamattina, però, ha perso la sua gara più importante.
ansa

È morto Pietro Mennea


È morto stamattina in una clinica a Roma, all'età di 61 anni, Pietro Mennea, ex velocista azzurro, olimpionico e per anni primatista mondiale dei 200 metri. Da tempo lottava con un male incurabile. camera ardente per oggi pomeriggio, nella sede del Coni.

Appresa la notizia della morte dell'campione Pietro Mennea, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è rientrato precipitosamente da Milano, dove si trovava per impegni di lavoro. Il numero 1 dello sport italiano ha disposto l'allestimento della camera ardente per oggi pomeriggio, nella sede del Coni, a Roma. Mennea è stato primatista del mondo dei 200 metri dal 1979 al 1996.​
avvanire.it

Mennea e l'arte della “Resistenza”

«Pietro Mennea era un inno alla sofferenza, alla tenacia, al sacrificio per arrivare alla vittoria». Sono le parole di Livio Berruti, oro nei 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960, l’antesignano di Mennea, che a soli 61 anni ci saluta e se ne va, per sempre.
Un fine corsa precoce quello del campione olimpico di Mosca 1980. Per la generazione di chi è nato negli anni ’60, quelli che se la ricordano bene (in diretta tv) la finale dei 200 di una Mosca eterea e boicottata, Mennea era (e rimane) un mito.

«Ma chi sei Mennea?», ci si chiedeva divertiti e ironici davanti al più veloce del gruppo. E le ragazze del muretto rispondevano all’amica "salterina": «Ma chi sei la Simeoni?». Erano loro i piccoli eroi esemplari dello sport italiano di quegli anni '80. Anni in cui Mennea alzava il dito sotto un cielo di un mondo diviso da un muro e dalla paura di un’atomica sempre pronta a riesplodere.
E, invece, la vera bomba fu lui, la “Freccia del Sud”. Quel ragazzo dal volto scavato, dalla muscolatura nervosa e un fisico normalissimo (un “Tersite” del XXI secolo ), ma veloce come un treno partito da Barletta per fermarsi in cima al mondo. Con Mennea sognavamo di andare di corsa a prendere la luna e magari di farlo a tempo di record o, almeno, avvicinarci a quello stellare 19’’ e 72 centesimi che ha resistito per quasi 17 anni. L'ultimo atleta bianco che è riuscito a battere i potenti corridori di colore.

Ecco il verbo che racchiude l’esistenza e l’impegno sportivo e civile di Pietro il grande: «Resistere». Ha resistito alla tentazione del doping, dei maneggi e delle pratiche assurde che troppo spesso hanno distrutto l’immagine dello sport, denunciandole puntualmente e con coraggio, anche dai banchi del Parlamento europeo, dove ha continuato a far correre le idee e i valori veri del «ragazzo arrivato dal profondo Sud».
In un tempo in cui vivere e provare ad emergere al Meridione era ancora più difficile di adesso, Mennea ha mandato il suo messaggio di speranza che «con l’impegno e il sacrificio si raggiungono i traguardi». È uno slogan che gli abbiamo sentito ripetere, con convinzione, fino all’ultimo. L’ha gridato e scritto a caratteri d’oro in ogni libro che ha pubblicato. Saggi in cui invitava alla necessità di un ritorno a uno sport più umano, fatto di atleti puri e non di fenomeni da baraccone e ancor meno da creature progettate in laboratorio. Ma soprattutto invitava i Governi e la politica a non arricchirsi o a indebitarsi inseguendo il miraggio olimpico: «Perché - ci ricordava alla vigilia di Londra 2012 - ogni Paese che ha organizzato i Giochi, dopo è subito sprofondato in una paurosa crisi economica. Vedi la Grecia...». Idee chiare, rapide come il suo passo di uomo che dentro ad ogni sua vittoria prima della gioia liberava la sofferenza. La sua e quella del mondo intero.

Massimiliano Castellani - avvenire.it