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Pellegrini: “Lucas la mia ultima chance Sono pronta a emigrare”

Tra Fede e il nuovo tecnico accordo di 4 anni: «Dopo Londra mi ha ferito che alcuni nell’ambiente abbiano parlato coi giornalisti e non con me»
giorgio viberti
MILANO
ètornata. Dopo la delusione olimpica Federica Pellegrini non lascia, raddoppia. Ieri a Milano, in un meeting organizzato dallo sponsor Nilox (tecnologia al servizio di sport e divertimento), è parsa rinfrancata, vogliosa, ottimista. E sorridente.
Federica, ci sembra rinata. La cura Lucas funziona, allora?
«Forse. Ho di nuovo grandi progetti e tanta fiducia».

Ci spiega la metamorfosi?
«Philippe Lucas per me era l’ultima chance di tornare nell’élite. Per questo, insieme a Filippo (Magnini, il suo fidanzato, ndr), ho deciso di affidarmi di nuovo a lui come prima dei Mondiali di Shanghai (2011, ndr), che per me andarono molto bene».

Ma Lucas allena a Narbonne, a 900 km dalla sua Verona.
«Troveremo un accordo. Spero che Philippe voglia venire con regolarità al Centro federale di Verona, altrimenti andremo noi da lui in Francia».

La Federnuoto italiana tempo fa non sembrava approvare l’arrivo di Lucas in Italia.
«È vero e le dichiarazioni del presidente Barelli non mi erano piaciute, però la sua conferma alla guida della Fin pare aver risolto tante cose. Magia delle elezioni. Butini e Coconi (responsabili tecnici azzurri, ndr) sono venuti a Verona per cercare una soluzione. E adesso la Federazione è disposta a fare un contratto a Lucas».

Allora è tutto risolto?
«No, perché Philippe è legato, credo ancora per un anno, alla società di Narbonne. Aspetto al più presto una sua decisione, ma in ogni caso mi allenerà lui».

Con quali obiettivi?
«Con un progetto di 4 anni, verso i Giochi 2016. In questo Lucas è anche più estremo di me, dice che posso concedermi un anno meno stressante per poi tornare più forte di prima. Ho fiducia».

In che cosa consiste quest’anno “meno stressante”?
«Più lavoro in palestra, allenamenti anche a piedi, di corsa, come non avevo mai fatto. Per questo sono anche dimagrita».

E niente più gare individuali di stile libero, la sua specialità?
«Preparerò solo le staffette e nel frattempo mi dedicherò di più a delfino e dorso, magari tentando anche di qualificarmi in quelle specialità per i Mondiali 2013».

Qualcuno aveva detto che lei cullava l’idea di un figlio...
«Per un bimbo ci sarà tempo. Ora ho in testa Rio e sono disposta a fare qualsiasi cosa, anche passare tre anni a Narbonne».

Beh, non sarà poi l’inferno...
«Ma voi avete mai provato a vivere a Narbonne? Io sì».

Non c’è vita notturna?
«Quella non mi interessa proprio, visto che alle 7,30 si va già in vasca. Verona però...».

Teme di sentirsi sola?

«Il mio è uno sport solitario, ma la gente cara mi è sempre stata vicina, anche dopo la delusione di Londra. E degli altri non mi interessa molto».

C’è una ferita ancora aperta dopo il flop dei Giochi?
«Volevo due ori e invece ho raccolto solo due quinti posti. Non do colpa a nessuno, ma mi ha fatto male che alcune persone dell’ambiente abbiano avuto il coraggio di parlare solo con i giornalisti e non con me. Io sono sempre stata diretta nei miei rapporti personali, a costo magari di passare per str... Altri con me non lo sono stati». 
la stampa.it

Il doping dilaga: follia di massa con pochi freni

Dopo tante parole sul doping in Italia ora arrivano anche i numeri: 371 milioni di dosi (per un costo di circa 425 milioni di euro) assunte da circa 254 mila sportivi, fra i quali 69mila praticanti il body building. Sono le cifre impressionanti, relative al 2011, stimate da “Libera” e presentate ieri insieme al nuovo libro di Sandro Donati (“Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte”) da don Luigi Ciotti, presidente nazionale dell’associazione, e del generale Cosimo Piccinno, comandante nazionale dei carabinieri del Nas.

Ma le cifre ufficiali si fermano ai 105 milioni di dosi sequestrate dal 2000 a oggi, circa 8 milioni l’anno. Una porzione molto modesta dei farmaci realmente utilizzati che si basa sui risultati dei controlli antidoping, sulle 100 inchieste giudiziarie e sui sequestri di sostanze dopanti, effettuati dai carabinieri del Nas e dalle altre Forze di Polizia.
«Si tratta certamente di una sottostima – spiega una nota di Libera – determinata dal fatto che l’assunzione di molti farmaci non è rilevabile nei controlli anti-doping per cui sfugge a qualsiasi valutazione. E questi casi sono molto più diffusi tra gli atleti di elevato livello che, però, per una serie di ragioni, non traspare dai risultati dei controlli».

È significativo il fatto che a fronte del 4,5% di casi positivi rilevati nello sport amatoriale dai controlli della Commissione anti-doping del ministero della Salute, la percentuale dei casi positivi nei controlli attuati dal Coni sugli atleti di alto livello si attesta intorno allo 0,70%. Senza considerare, sottolinea ancora Libera, «che il Coni ha smesso nel 2007 di pubblicare sul suo sito i risultati dei propri controlli». Le ragioni della “debolezza” di tali controlli sugli atleti di alto livello sono diverse: «La coincidenza controllori-controllati che rappresenta un freno estremamente rilevante; la pressoché totale assenza di controlli a sorpresa, molto più efficaci di quelli programmati nelle gare e quindi prevedibili; la debolezza delle analisi anti-doping che nelle urine non riescono a rintracciare numerose sostanze; l’evidente “buco nero” dei controlli nel calcio e, più in generale, sui professionisti (delle diverse discipline) di elevata valenza economica».

Accuse pesanti rafforzate da Donati che nel libro parla anche di «alterazione dei risultati delle maggiori competizioni, favorito da dirigenti che guardano solo al numero delle vittorie e da una parte della stampa sportiva che preferisce non vedere e non sentire. Pochi sanno, invece, che tutto questo ha fatto scuola e che molti praticanti di livello amatoriale affollano gli ambulatori dei medici dei campioni per farsi prescrivere la “cura” miracolosa che può consentire loro di battere in gara il collega di ufficio». Inoltre, in Italia non si è riusciti a «spezzare la contraddizione tra controllori e controllati, e sono pressoché assenti i controlli a sorpresa: la Wada dovrebbe diventare pubblica e indipendente come tutte le altre agenzie antidoping, compresa quella italiana che, invece, è di casa al Foro Italico».
Il doping è diventato, dunque, un fenomeno «con molti punti di contatto con la droga e sta generando traffici internazionali manovrati dietro le quinte dalle multinazionali farmaceutiche e con gli interessi della criminalità organizzata». Indicativo anche il fatto che dal 2006 al 2009 siano state condannate 683 persone: 253 per accuse generiche di doping e 430 per commercio illegale in sostanze dopanti.
Inevitabile l’amarezza nelle parole di don Luigi Ciotti: «Ti accorgi che dietro molte belle storie di vittorie c’è invece l’umiliazione dello sport. Specchio di un coma etico e di deriva della società in cui domina la cultura della prestazione e del successo».

Giulia Antinori 
avvenire.it

Moto: dall'8 dicembre galleria per 'Sic'

Verra' inaugurata l'8 dicembre, nel Palazzo della Cultura a Coriano (Rimini), la galleria gia' ribattezzata 'La storia del Sic' e nata per conservare gli oggetti che hanno fatto parte della vita di Marco Simoncelli. La sta ultimando il Comune di Coriano, in accordo con la famiglia del pilota scomparso a Sepang il 23 ottobre dello scorso anno.

L'allestimento e' a cura di Aldo Drudi. Nella stessa giornata sara' presentato anche il 'Podio del Sic', opera realizzata dagli amici del centauro.
ansa