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A Zanetti “Il bello del calcio 2012″

Nella sede de La Gazzetta dello Sport, si è tenuta la cerimonia di consegna del VII Premio Internazionale ’Il bello del calcio’ dedicato alla memoria di Giacinto Facchetti ed assegnato quest’anno al capitano dell’Inter Javier Zanetti.
Foto inter.it
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La  giuria composta da Gianfelice Facchetti, figlio del Cipe, Gianni Petrucci, presidente del Coni, e Andrea Monti, direttore della Gazza, ha consegnato il premio con questa motivazione: “E’ arrivato all’Inter nel ’95, ragazzo d’Argentina, e diciotto campionati dopo, a 39 anni – quasi tre in più del suo allenatore – corre e si spende sul campo come il primo giorno. Integro, tenace, combattivo e senza un capello fuori posto. Nascosto da qualche parte in Pinetina deve esserci un ritratto di Javier che sta invecchiando alla maniera di Dorian Grey. Nel ’99 ha indossato la fascia di capitano e non se l’è più tolta. Ha interpretato il ruolo di leader dando esempio di correttezza e generosità, facendo del rispetto la bussola di una carriera straordinaria per qualità di prestazioni e di correttezza e generosità, facendo del rispetto la bussola di una carriera straordinaria per qualità di prestazioni e di titoli vinti. Sotto gli occhi di Facchetti è cresciuto come giocatore e come uomo, fino a diventare il nerazzurro dai mille record. In anni di calcio spesso sguaiati e sopra le righe, ha saputo proporsi in campo e fuori con equilibrio di modi e parole, senza cavalcare scandali e accendere altri pericolosi fuochi. Adorato dagli interisti, stimato dagli avversari, il sempreverde Zanetti esprime davvero il bello del calcio. Insomma un vero esempio di calciatore serio ed onesto in campo e fuori. Chapeau capitan Zanetti!
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Sport: mostra di cimeli apre a Torino


Il casco di Ayrton Senna, la maglia numero 10 del Napoli autografata da Diego Armando Maradona, i guantoni di Mohammed Alì, la tuta da moto di Marco Simoncelli, la canotta di Livio Berruti, medaglia d'oro a Roma '60. E' un piccolo campionario delle tante 'memorabilia' che costituiscono il patrimonio del nuovo Museo dello Sport inaugurato oggi a Torino. Si tratta della prima esposizione permanente in Italia dedicata ai cimeli di tutte le discipline sportive. Vi hanno contribuito campioni del passato e del presente che con i loro pezzi hanno alimentato negli anni la collezione privata di Onorato Arisi, presidente della Autentico Sport, che conta 300mila pezzi e da cui proviene la selezione esposta. "Ho realizzato il mio sogno - sottolinea Arisi -: creare una casa per i campioni, regalare a chi mi ha fatto battere il cuore con un'impresa sportiva un luogo ove coltivare la memoria".
Un sogno che ha preso forma allo stadio Olimpico di Torino, teatro di un altro sogno realizzato, quello dei Giochi invernali del 2006. Sul lato nord-est dell'impianto è stato ricavato un percorso espositivo che racconta in cinque sale poste su due piani, per 800 metri quadrati complessivi, cinque storie di sport. Si parte con la sala 'Football', con l'omaggio alla Nazionale italiana di calcio e al Torino che all'Olimpico è di casa. Azzurro è il colore base della seconda area, 'Only Number One', dedicata ai 'numeri uno d'Italià: ci sono i cimeli dello schermidore Edoardo Mangiarotti, del pugile Giovanni Parisi, del pilota di Formula 1 Michele Alboreto, degli sciatori Piero Gros e Stefania Belmondo, dei fratelli golfisti torinesi, Edoardo e Francesco Molinari, del pugile Roberto Cammarelle, olimpionico a Pechino 2008.
C'é anche Mauro Berruto, Ct della Nazionale italiana di pallavolo bronzo a Londra 2012, che ha donato un maglia e un pallone autografato dagli azzurri: "E' un giorno importante - spiega -, il museo dimostra che lo sport è un fatto culturale". Si sale poi al secondo piano e si lascia spazio alle emozioni con la slitta dell'esploratore Ambrogio Fogar, gli 'attrezzi del mestiere' di Senna e Alì e alcune pellicole cinematografiche. La quarta sala è per la città di Torino, raccontata attraverso trofei e ricordi che richiamano i campioni, le squadre e le manifestazioni del capoluogo piemontese. Si chiude con le due ruote, con le fatiche e le imprese dei grandi campioni, da Coppi a Bartali, da Merckx a Motta, a Balmamion, Moser, Bugno e Pantani. In tutto sono rappresentati 200 atleti, che hanno conquistato cinquanta medaglie olimpiche, oltre cento titoli mondiali ed europei e migliaia di titoli italiani. La colonna sonora del museo è trasmessa da un grande juke box che contiene 106 brani: gli inni delle squadre di calcio (George Best canta quello del Manchester United) ma anche pezzi pop e rock cantati dai vari Pelé, Cruijff, Maradona, Beckenbauer, Paolo Rossi, Merckx
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La serie Gol! è il best seller

Tutti i libri di Garlando schede online su ibs>>>

Luigi Garlando fa parte della squadra di cronisti del più rappresentativo dei quotidiani sportivi italiani: La Gazzetta dello Sport. Cura la rubrica che fu di Candido Cannavò; con Piemme ha pubblicato la fortunatissima serie Gol!, in cui racconta le vicende della squadra di calcio delle Cipolline: un riuscitissimo best seller in tutto il mondo. Ora torna in libreria con un’avventura che sa molto delle sue esperienze di vita, portando con sé un pizzico della suggestione provata tra le mitiche pagine rosa del suo giornale. Ciponews è infatti il mensile delle Cipolline. Dante, Tommi, Sara, Lara, tutti i ragazzi della squadra sono uniti in una nuova e straordinaria avventura: far parte della redazione di una rivista. Questo nuovo lavoro di Garlando è l’occasione per i più piccoli di  crescere conoscendo uno dei valori fondamentali della società, il coraggio e il valore della libertà di stampa.
Hai vinto molti premi, solo per citarne alcuni de La vita è una bomba il Premio Il Battello a Vapore, il Premio Selezione Bancarellino, e il Premio Bruno Roghi; ce n’è uno a cui resti legato particolarmente?Il primo, Il Premio Il Battello a Vapore, perché mi ha fatto diventare scrittore. Si trattava di un concorso per racconti inediti a tema libero e il premio consisteva appunto nella pubblicazione. Così è nato il mio primo libro, edito dalla Piemme nel 2001: La vita è una bomba.
Qual è il complimento più bello che ti ha fatto uno dei tuoi giovani fan?Il più divertente me lo ha scritto un bambino: “Luigi, sei il più bravo scrittore del mondo. Altro che quel Manzoni che legge sempre mia sorella…”. Ma i complimenti preferiti sono quelli di bambini che mi confessano di non avere mai amato la lettura e di essersi appassionati alle Cipolline. Avvicinare un bambino al meraviglioso mondo della lettura è una gratificazione unica.
Da dove è nato il nome “Cipolline”?
Avendo creato la figura di Gaston Champignon, cuoco-allenatore, mi serviva per la squadra un nome che avesse a che fare con la cucina. Riflettendoci su, mi è tornata in menta la storia del piccolo Diego Armando Maradona che giocava in una squadra che si chiamava le Cipolline. O, meglio, le Cipolline era il nome della categoria dei piccoli calciatori argentini, così come noi in Italia abbiamo i Pulcini. Le Cipolline di Maradona diventarono una leggenda, un vero orgoglio nazionale perché quei bambini giocarono centinaia di partite senza perdere mai. Il nome suonava divertente e aveva a che fare con la cucina: faceva al caso mio. Perciò l’ho preso in prestito da Maradona. Anche se Gaston Champignon non insegnerebbe mai ai suoi ragazzi a ingannare l’arbitro con un gol di mano…”
Come ti è venuta l’idea di fare una collana di libri sul calcio?Ad essere sincero, l’idea è venuta alla Piemme, la mia casa editrice, dopo il successo di un libro che avevo scritto sul calcio: Da grande farò il calciatore. Non accolsi con entusiasmo la proposta, perché di calcio mi occupavo già tutti i giorni nella mia attività di giornalista sportivo. Nei libri per ragazzi avevo programmato di trattare altri argomenti. Poi però mi sono convinto della necessità di mettere in campo una squadra simpatica, competitiva, che fosse anche un esempio di lealtà sportiva. Per esperienza diretta, so che anche il calcio giovanile è ammalato di esasperazione: ex giocatori frustrati che diventano allenatori per vincere a tutti i costi attraverso una squadra di ragazzi ciò che non sono riusciti a vincere da soli; genitori che pretendono di avere in casa il prossimo Pallone d’Oro e magari si azzuffano o insultano in tribuna… Le Cipolline sono scese in campo anche per questo, per insegnare che ‘chi si diverte, non perde mai’, che l’amicizia conta più della classifica.
Nei tuoi ultimi libri ci ha colpito molto il riferimento a Giovanni Falcone, come si coniuga la passione civile con quella sportiva e quanto è importante per te insegnarlo ai ragazzi?A Giovanni Falcone e alla sua straordinaria lezione ho dedicato Per questo mi chiamo Giovanni, che considero il mio libro più importante. Falcone amava i ragazzi e lo sport. Andava spesso a parlare nelle scuole, convinto che la lotta alla mafia dovesse cominciare già da bambini, educandoli al rispetto delle regole e delle istituzioni. Il magistrato palermitano considerava lo sport una palestra privilegiata dove allenare i muscoli  della legalità, perché lo sport insegna a rispettare il regolamento e l’avversario. Falcone praticava canottaggio, nuoto, ping pong e andava spesso allo stadio a seguire il Palermo. Era uno sportivo vero. Perciò, quando ho portato le Cipolline in vacanza in Sicilia, mi è venuto naturale condurle al famoso ‘albero Falcone’ e raccontare loro la straordinaria lezione di coraggio e di legalità del magistrato ucciso a Capaci. Le Cipolline praticano lo sport come sarebbe piaciuto a Falcone: con passione e lealtà.