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Calcio/ Supercoppa, Benitez: L'Inter scordi quello che già vinto

In vista della sfida di domani sera contro l'Atletico Madrid, con la sua Inter alla caccia della Supercoppa europea, Rafael Benitez ricorda che in una partita del genere "non contano i titoli che hai già vinto", ma solo "quello che devi conquistare". L'allenatore spagnolo è infatti convinto che i campioni d'Italia e d'Europa non si sentiranno la vittoria già in tasca. "E' una partita importante e difficile, loro sono una squadra d'esperienza, ma vogliamo vincere e pensiamo di poterlo fare", ha detto oggi Benitez in conferenza stampa. "Loro hanno in attacco Aguero e Forlan, giocatori di qualità e di massimo livello, un problema per tutti i difensori. Forlan è molto intelligente, proverà a giocare fra le linee, noi cercheremo di fermarlo. Questa partita rappresenta una responsabilità e una sfida per tutti noi, allenatore e giocatori, è un trofeo che l'Inter non ha mai vinto". L'Atletico, di cui suo papà "era tifoso", è secondo Benitez "una squadra con grande qualità". E a chi gli ricorda della battuta di Jose Mourinho, "per Benitez allenare l'Inter è un sogno, non deve faticare quanto ho faticato io", lo spagnolo replica: "Intanto siamo qui per il lavoro fatto dalla società e dai giocatori, poi dobbiamo pensare a vincere, poi potremo parlare di paradiso". Nessuna distrazione, è certo Benitez, arriverà dal sorteggio dei gironi di Champions League, in programma questa sera. "Non ho la possibilità di influenzare quell'evento, preferisco concentrarmi sulla partita di domani", ha detto l'allenatore dell'Inter. (apcom 26 agosto 2010)


Calcio/ Zanetti: Ibra al Milan? All'Inter non fa nessun effetto

Roma, 26 ago. (Apcom) - Il possibile passaggio di Zlatan Ibrahimovic al Milan "non fa nessun effetto" al capitano Javier Zanetti e alla sua Inter. "Nel calcio di oggi noi giocatori siamo chiamati a prendere delle decisioni personali che vanno accettate", ha detto Zanetti. "Noi che siamo qui dobbiamo pensare solo all'Inter e a fare bene come abbiamo fatto fino ad ora". Il Milan come noto sta cercando di acquistare l'attaccante svedese dal Barcellona.

Torino: Bernacci lascia, motivi personali

Il centravanti del Torino Marco Bernacci lascia la squadra e il calcio giocato, sia pure temporaneamente, per 'motivi personali'. Lo scrive la societa' granata sul proprio sito. La voce piu' ricorrente e' quella di un motivo di salute, ovviamente coperto da privacy. Il giocatore era appena arrivato a coprire l'assenza temporanea di Rolando Bianchi infortunato. La societa' granata, colta di sorpresa, sta valutando gli aspetti umani e legali della questione. (ansa)

Protesta ultrà Atalanta, feriti agenti

Alcuni agenti sono rimasti feriti nel corso della protesta degli ultra' atalantini alla Festa della Lega Nord di Alzano Lombardo. Gli agenti sono stati fatti oggetto del lancio di bottiglie e altri oggetti mentre erano impegnati a tenere lontano il gruppo di ultras, quantificati in alcune centinaia, dall'area della festa. Quando sono partiti i petardi stava parlando il Ministro Maroni, poi il dibattito e' stato interrotto. Almeno cinque ultras sarebbero stati fermati. (ansa)

Calcio: Il vecchio abbonato in estinzione

Preoccupa il calo dei tifosi fidelizzati: meno 20% degli abbonamenti Reggono Inter e Genoa, ma il vuoto è causato dall’overdose da pay-tv
DI LUCA MAZZA - avvenire
L ’attesa è finita e sabato la serie A 2010-2011 prenderà il via. In crisi d’astinenza da partite ufficiali, e pronto a fare un sol boccone del campio­nato- spezzatino che la Lega-Calcio gli ha incautamente imposto, il tifoso si è trovato quest’estate a dover scegliere tra due di­versi “menu” in vista della stagione calci­stica. Il primo prevede una comoda vi­sione dal divano di casa, telecomando al­la mano, abbonamento alla pay-tv e tele­camere in grado di cogliere ogni piccolo particolare. Non sfuggirà nulla: dal replay con la prodezza del campione, alla mo­viola con il millimetrico fuorigioco non visto dall’assistente dell’arbitro.
Il secondo “menu” ha per antipasto la dif­ficoltà di trovare parcheggio nei pressi del­lo stadio, prosegue con la scomodità dei seggiolini sui quali si è costretti a vedere la partita e termina con un po’ di traffico per tornare a casa alla fine del match. Ri­sultato? La seconda opzione è stata scel­ta davvero da pochi tifosi e gli abbona­menti allo stadio hanno subito un calo complessivo del 20%.
Il Milan, protagonista di una campagna acquisti volta finora al risparmio e ravvi­vata solo poche ore fa dalla trattativa per Ibrahimovic, a meno di una settimana dalla chiusura ha registrato la sottoscri­zione di circa 20mila tessere. Poche, a fronte delle 27.885 della scorsa stagione. Attorno ai 18mila abbonamenti si è fer­mata la Roma (lo scorso anno erano 24.454) con seggiolini vuoti perfino nella calda Curva Sud.
Calo vistoso anche per la Juventus, dove il nuovo corso Agnelli-Marotta-Del Neri non convince pienamente i tifosi bianco­neri. Sono solo 12mila, infatti, coloro che hanno prenotato il loro posto fisso all’O­limpico di Torino (dodici mesi fa erano 19mila). Unica eccezione tra le “big” è l’In­ter. Freschi di triplete, orfani di Mourinho e con una Supercoppa italiana già in ba­checa, i nerazzurri, con oltre 36mila sot­toscrizioni, sono vicini al record di 40mi­la abbonamenti della passata stagione.
Per carità, la colpa gli spalti semivuoti non è da attribuire esclusivamente alle pay-tv. C’è da considerare la crisi economica, la delusione post-Sudafrica, le campagne acquisti poco esaltanti e, soprattutto, l’av­versione degli ultrà alla tessera del tifoso. Quest’ultimo fattore sembra essere quel­lo determinante per spiegare il caso del­la Lazio. La parte organizzata del tifo bian­coceleste, quella della Curva Nord, oltre ad essere in continua contestazione nei con­fronti del presidente Lotito ha deciso di boicottare la campagna abbonamenti proprio per la tessera del tifoso. Da 27.584 abbonati si è precipitati così a poco più di 7.000.
In difficoltà anche la Fiorentina, passata da più di 20mila abbonamenti agli attua­li 13mila, e il Parma, sceso da 13mila a 7mila . Il Napoli ha deciso di cominciare aprire la sottoscrizione delle tessere solo ai primi di agosto: l’inizio è incoraggian­te (quasi 10.000 posti già prenotati al San Paolo) ma bisognerà vedere se il trend po­sitivo continuerà fino alla chiusura, fissa­ta per il 12 settembre. Resistono invece Genoa, Samp, Bari e Palermo, che con­fermano più o meno il numero delle tes­sere della passata stagione. Il Cesena, in­vece, è un’isola felice. Con l’entusiasmo dei tifosi per la promozione nella massi­ma serie si è raggiunto il record di sem­pre: 8.300 abbonamenti. Per i tifosi ro­magnoli, non c’è divano che tenga. Que­st’avventura in serie A vogliono goderse­la dal vivo.


Lo stadio apre l’era della tessera: ARGENTINA E BRASILE CI PROVANO DA ANNI E LA THATCHER FU BLOCCATA PER LA PRIVACY

DI IVO ROMANO
Il calcio italiano da sabato entra nella nuova era della Tessera del tifoso. U­na piccola card che come sempre di­vide la nostra Repubblica del pallone. A Napoli, ci sono gruppi di ultrà dissiden­ti che via Internet non trovano di meglio che consigliare «come si falsifica» la fa­migerata tessera. Incidenti di percorso in un iter che soddisfa il suo principale pro­motore, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. «Dopo molte resistenze e qual­che mugugno, le società hanno mante­nuto gli impegni che avevano assunto. Non tutto è stato realizzato in modo o­mogeneo, ma quanto doveva esser fatto o almeno avviato è avvenuto. Ci saranno anche altre misure perchè bisogna tener distinti i tifosi veri dagli ultras violenti che si oppongono ad ogni forma di control­lo e sicurezza», sottolinea il ministro Ma­roni, raggiante per il raggiungimento di quota 521.540 tessere del tifoso tra i club di Serie A e B.

E allora andiamo a verificare qual è la no­vità che fa pensare a un calcio italiano anno zero. La tessera del tifoso, promet­te di ripulire gli stadi da ogni forma di violenza. Che sia la panacea di tutti i ma­li lo dirà solo il tempo. Un dato, per ora, è certo: cambierà le abitudini dei calcio­fili. La tessera della rivoluzione. Più o me­no come con una carta di credito o un bancomat, sia per forma che per dimen­sioni. E, soprattutto, obbligatoria per chi voglia seguire la squadra del cuore in tra­sferta, almeno nel settore ospiti (altri­menti si può sempre acquistare un bi­glietto per altri settori, sempre che siano in vendita). Variabile il costo: si aggira tra i 10 e i 15 euro, ma in seguito c’è chi è pronto a distribuirla gratuitamente, in­sieme all’abbonamento (potrebbe anche sostituirlo: in più dell’abbonamento ci sarà anche la foto personale), sempre che il richiedente abbia i requisiti previsti dal­la legge. Perché è vero che viene rilascia­ta dalle singole società (cui il richieden­te dovrà comunicare tutti i dati persona­­li), ma non prima del via libera da parte della Questura, cui spetta il diritto di ve­to: non potrà averla chi sia stato sotto­posto a provvedimento di Daspo (che vie­ta ai soggetti pericolosi l’accesso ai luo­ghi in cui si svolgano manifestazioni sportive) e a chi abbia subito condanne per reati da stadio negli ultimi 5 anni.
La tessera del tifoso non è indispensabi­le per seguire le partite casalinghe della squa­dra del cuore: qualun­que non abbonato po­trà acquistare il bigliet­to nominativo. Ma il possessore avrà la pos­sibilità di acquistare fi­no a 4 biglietti per ami­ci che vuol portare con sé allo stadio: sarà co­munque necessario e­sibire i documenti d’i­dentità delle persone interessate. La card diventa, invece, fon­damentale per le gare in trasferta: in que­sto caso garantirà il biglietto per il setto­re ospiti, cui altrimenti non si potrà ac­cedere in alcun modo. La tessera, inol­tre, permetterà l’accesso agli stadi anche in occasione di partite soggette a restri­zioni (che, d’ora in poi, dovrebbero di­minuire). Se dubbi e proteste non man­cano, i club si sono comunque messi in regola. Tutti d’accordo, a quanto pare: dalla Lega di A («la tessera del tifoso è pro­getto condiviso da società e ministero, è un passaporto universale per gli stadi, che va a vantaggio dei tifosi», secondo il presidente Beretta) fino alla Lega Pro («un’iniziativa lodevole, che non poteva­mo non appoggiare, anzi lo abbiamo fat­to con grande entusiasmo», per il presi­dente Macalli). Il progetto è partito, dove in tempo utile, dove in colpevole ritardo. Ma i problemi restano. La reazione degli ultrà, innanzi­tutto. E la volontà di disertare la campa­gna abbonamenti. Chi più, chi meno re­gistra una contrazione negli abbona­menti venduti: proiezioni azzardano un decremento tra il 15 e il 20 per cento, un ulteriore colpo alle già scarse presenze negli stadi. E poi si aspettano notizie dal­l’Osservatorio del Viminale: con l’avven- to della Tessera del tifoso cosa accade al­le restrizioni per alcune trasferte? Ci sarà ancora un elenco di partite ad alto ri­schio? Saranno confermate alcune vec­chie limitazioni? Domande legittime, in attesa di risposte certe.
E poi c’è chi dietro ci vede dell’altro. Un’o­perazione commerciale, ad esempio. La fidelizzazione del tifoso, la lotta alla vio­lenza. Ma pure altro. La tessera è una sor­ta di carta di credito ricaricabile (con tan­to di codice Iban impresso), ma senza obbligo di conto corrente bancario, con costi di gestione variabili, a seconda del­l’uso che ne si fa. E chi più spende mag­giori benefici ottiene. Un vorticoso giro di quattrini (difficile da quantificare per ora) dalle tasche dei tifosi alle casse dei club, secondo una logica deleteria: chi più spende più è tifoso. Lo si capirà. Lam­pante la direzione del movimento di da­naro: dalle tasche dei tifosi alle casse del­la società.
Nulla di paragonabile alla tessera del tifoso, fuori dai confini italiani.
Una prima assoluta, la novità voluta dal Viminale. Qualcuno ci ha provato, altrove. Ma senza riscuotere consensi. Altri ci stanno provano ancora, ma con un iter che avanza col freno a mano tirato. È il caso dell’Argentina, dove il problema della violenza a margine del calcio è all’ordine del giorno: il progetto è datato 2007, affidato all’Universidad Tecnologica General (che ha studiato una speciale carta magnetica), ma ha oltre 3 anni dal varo non è ancora entrato in vigore. Restando in America Latina, qualcosa del genere era stato studiato anni addietro anche in Brasile, ma l’idea andò incontro al semaforo rosso proprio quando sembrava in dirittura d’arrivo. In altri paesi dove il fenomeno della violenza negli stadi è particolarmente sentito ci hanno pensato, ma senza mai giungere all’adozione di un sistema simile alla nostra tessera del tifoso: solo in Olanda si sta provando a studiare qualcosa di analogo, ma si è ancora agli inizi. In Inghilterra, ai tempi della dura lotta contro la piaga degli hooligans, ci provò il primo ministro Margaret Thatcher, la lady di ferro, che però si scontrò contro l’insormontabile necessità di difendere la privacy. Perciò anche nella Premier si va avanti con un semplice abbonamento nominale, ben lontano dalla nostra tessera
avvenire 25 agosto 2010


Tessera del tifoso: Scendono in campo i tifosi del «no» Ma a Firenze e Milano è un boom gli ultras

In quasi tutte le curve a tre giorni dal via del campionato serpeggia la protesta Fiorentini e milanisti in controtendenza: “Cuore rossonero” ha 220mila tesserati
DI MARCO BIROLINI - avvenire
La battaglia degli ultras di mezza Italia (se non tut­ta) contro la tessera del tifoso va avanti da più di un mese, cioè da quando è stato chiaro che il ministro Maroni non avrebbe fatto marcia in­dietro. Subito sono partiti pro­teste, cori, volantini e appelli. La Curva della Lazio si è sciol­ta per ripicca, quelli della Ro­ma hanno invitato tutti a non abbonarsi. Praticamente ogni gruppo organizzato ha lancia­to il suo piccolo boicottaggio. Le società si sono piegate al vo­lere del governo, senza però mancare di far sapere al po­polo curvaiolo che loro, se a­vessero potuto, della tessera ne avrebbero fatto volentieri a meno. Qualcuno si è addirit­tura inventato il diritto di pre­lazione per chi non rinnoverà il vecchio abbonamento. Guai a inimicarsi gli ultras, nel cal­cio italiano sono sempre loro a dettar legge.
Stavolta, però, c’è un segnale nuovo. In molte piazze i tifosi non violenti, quelli senza Da­spo e condanne sul groppone, hanno lasciato cadere nel vuo­to la chiamata alla resistenza da curva. A Napoli si fa la fila in posta per sottoscrivere l’Az­zurro card, a Firenze le tesse­re “Orgoglio viola” sono anda­te a ruba: già ventimila pezzi venduti. Paradossalmente, molti di più degli abbona­menti, fermi secondo stime uf­ficiose a quota diecimila. Se­gno che la tanto vituperata tes­sera, lungi dall’essere un bie­co strumento di schedatura, può davvero rafforzare il lega­me con la squadra del cuore e trasformarsi in una sorta di te­lepass del tifoso.
Ben 220 mila sono le carte Cuorerossonero vendute dal Milan, che già due stagioni fa intraprese l’iniziativa resa ob­bligatoria da quest’anno dal Viminale per contrastare la violenza negli stadi.
A Bergamo è successa una co­sa strana: una valanga di ab­bonamenti in più rispetto al­l’anno scorso. Quindicimila tessere bruciate in un mese, nonostante gli ultras avessero annunciato lo sciopero del­l’abbonamento e incitato tut­ti a fare altrettanto. Il nuovo presidente Antonio Percassi ha ripetuto che abbonarsi era un obbligo per sostenere l’Ata­lanta nella corsa all’immedia­to ritorno in A. La gente ha da­to retta a lui: anche le vendite in curva vanno a gonfie vele.
Il muro anti tessera mostra in­somma ampie crepe, nono­stante il vertice tra ultras di fi­ne luglio in Sicilia: si è conve­nuto solo sulla condanna de­gli interisti, che già dall’anno scorso hanno sottoscritto 80 mila tessere. Ma anche i mila­nisti hanno aderito in massa, rompendo il fronte del no. Ve­ro, gli abbonamenti sono in calo quasi ovunque, ma più per la crisi e per lo scarso ap­peal della Serie A che per lo sciopero dell’abbonamento. Quella degli ultras assomiglia sempre più a una battaglia contro i mulini a vento: resi­stono per non estinguersi da­gli stadi. Chi ha la fedina pe­nale sporca da quest’anno starà fuori, a meno che ogni volta prenda il biglietto. Ma presto il Viminale potrebbe an­dare oltre, impedendo ai cat­tivi anche l’acquisto dei ta­gliandi. L’operazione bonifica insomma va avanti spedita, giustificata anche dalle cifre sugli incidenti da stadio: più 20% l’anno scorso, senza con­tare le botte che hanno fatto da simpatico contorno alle a­michevoli estive. Chi non vorrà adeguarsi resterà a guardare. Non dalla curva, al massimo dal divano di casa. Restare so­lo con la pay tv, ecco il colmo per un ultras. O come avverte il presidente del Coni Gianni Petrucci: «Se ne faccia una ra­gione chi non la vuole: è una battaglia persa in partenza perchè non si può tornare in­dietro ».