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Paris Hilton riceve delle scuse dopo l'arresto ai mondiali

Il portavoce di Paris ha spiegato a E! News che un'altra persona nel gruppo della Hilton era in possesso di marijuana. È stata interrogata, ma la polizia si è poi scusata e ha lasciato cadere le accuse contro di lei.

"Posso confermare che si è trattato di un grosso malinteso", ha detto il portavoce. "Il caso contro Paris è stato archiviato e non sono state emesse imputazioni. Le autorità si sono scusate per averla accusata ingiustamente dal momento che non aveva nulla a che vedere con l'incidente. Paris si sta divertendo molto ai mondiali".

Una fonte ha rivelato a E! News che la persona in possesso della marijuana si è dichiarata colpevole e ha dovuto pagare una multa.

"Va tutto bene. Io non c'entravo niente", ha poi scritto su Twitter la Hilton.
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Forse Paris Hilton dovrebbe prestare maggior attenzione alle proprie azioni.

Venerdì l'ereditiera è stata arrestata a Port Elizabeth, in Sud Africa, dopo essere stata trovata in possesso di marijuana al termine del match Brasile-Olanda.

La polizia, che non ha divulgato il nome della Hilton, ha detto che una sospettata "molto nota" si sarebbe presentata oggi in tribunale. È proprio quello che avrebbe fatto Paris verso mezzanotte.

Stando alle notizie, la Hilton era stata fermata fuori dal Nelson Mandela Bay Stadium al termine della partita, e le autorità l'avevano trovata in possesso di un quantitativo non specificato di droga. (Sarà successo dopo che aveva scritto su Twitter: "Oggi mi sono divertita tantissimo alla partita. Che match! Amo il Sud Africa!")

Ancora non si sa come la polizia abbia sospettato di lei.

Supponendo che si sia trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato, con delle sostanze proibite nella borsa, gli esperti ci hanno comunque detto che difficilmente se la vedrà brutta.

"Non finirà in prigione", ha spiegato a E! News Harold Copus, ex membro della squadra speciale dell'FBI Drug Enforcement Administration. "Non penso si ritroverà in una terribile prigione sud africana per diversi anni. Niente di tutto ciò".

Addirittura non rischia di trascorrere nemmeno un giorno in carcere, ha detto Copus, aggiungendo che possedere piccole quantità di marijuana è solitamente un reato "trascurabile" in Sud Africa.

Inoltre, l'avvocato criminale Alec Rose ha spiegato che la Hilton dovrà pagare probabilmente una cauzione dopo di che sarà rilasciata.

"Se si tratta di un reato minore, con tutta probabilità verrà lasciata libera e potrà ingaggiare un legale del posto", ha detto Rose. "La faranno tornare negli Stati Uniti se prima firmerà un documento in cui si dichiara responsabile nel caso venga giudicata colpevole del crimine".

"In numerosi paesi occidentali", ha continuato, "la pena legata al possesso di un quantitativo di marijuana per uso personale è minima. Il tutto si potrebbe risolvere con una semplice multa. Forse chiuderà la questione ancor prima di lasciare il paese". (eonline)

Mondiali Sudafrica 2010 – I risultati di Uruguay-Olanda

Ci siamo: cominciano le semifinali e su FF non si fanno trovare impreparati. Uruguay-Olanda come finirà? Leggete i nostri esperti per saperlo.

Carissimi lettori e lettrici, appassionati di scommesse e di calcio, correte al più vicino Punto Snai e giocatevi il patrimonio e pure le mutande: i nostri superesperti riuniti su Friendfeed, capitanati da me medesimo, giorno per giorno vi anticipano i risultati delle partite di domani. E come vedrete tra ventiquattr’ore, quasi sempre ci pigliano…
Uruguay-Olanda
1 -2 . Alla fine di un match tirato, la celeste è viola dalla rabbia perchè gli arancioni hanno la meglio con una prova gagliarda. Come sempre merito dei fiori, troppo facile quando si parla di Paesi Bassi. Gli altissimi olandesi calano il jolly al 35° del secondo tempo quando i migliaia di tifosi presenti sugli spalti accendono i cannoni. Una nube di piacere si diffonde sul campo di gioco e gli uruguaiani poco abituati alla marijuana si sballano cadendo per terra come birilli. E’ ancora Sneijder il mattatore dell’incontro con un gol facile facile al ritmo di Bob Marley.
giornalettismo

SUDAFRICA 2010 - Il Mondiale del pianto

(Repubblica.it) - Come esce di scena un vero uomo? Tra le lacrime o sputando e imprecando? Esiste ancora un senso della dignità che rifugge da questi estremi e si rifugia tra le conserte braccia dell'onorevole Takeshi Oneda, il ct giapponese che ha accolto l'eliminazione senza aprire un poro ed è tornato in campagna a scrivere versi?

A guardare quel che succede sui prati del Sudafrica, quando il sipario cala e per qualcuno la recita è finita sembrerebbe davvero di no. Vai con il pianto. O vai con il delirio. In alternativa, nel caso peggiore che terremo per ultimo, prima l'uno e poi l'altro.

La nazionale delle lacrime è fortissima. Tra i pali schiera il portoghese Eduardo, forse il miglior portiere visto ai mondiali, quello che da solo ha cercato di fermare la Spagna mentre i suoi compagni cincischiavano. Lo ha stroncato la sensazione di spreco: a che serve essere bravo se intorno a te c'è soltanto mediocrità? Nessuno si ricorderà adesso delle sue parate, dato che non sono state gradini di un'ascesa verso il cielo, ma soltanto tesori nascosti dietro una porta chiusa al piano appena sopra il girone eliminatorio. Momenti meravigliosi che, come diceva quello che ne aveva vissuti tanti, andranno persi, appunto, "come lacrime nella pioggia".
Questa è l'unica squadra ideale del torneo a cui partecipa un italiano: Quagliarella, il primo a cedere. Anche lui stroncato dalla sensazione dell'irripetibile. Quando mai gli ricapiterà di essere così in forma ma venire impiegato soltanto in extremis, in una squadra già fuori tempo massimo? Su un giornale sudafricano il suo gol è ancora nella classifica dei dieci più belli, ma ho visto un olandese leggerla e, indicando l'italiano, domandare: "Chi era questo?". Era.

Una foto mossa, poi l'obiettivo si è spostato altrove. Se non altro ha dei buoni compagni d'attacco. Al centro c'è addirittura Messi, che Maradona (allenatore di questa inconsolabile squadra) ha voluto descriverci nello spogliatoio, seduto sulla panca, sguardo a terra, intento a dimostrare il suo attaccamento alla maglia inzuppandola per venti minuti. E sull'altra fascia può spingere Cardozo, il paraguayano inguaiato che ha sbagliato il rigore ammazzaspagna. Pesava troppo quel pallone, quasi come quello di Asamoah Gyan, al 120' minuto dello storico quarto di finale ghanese e a un istante dalla leggenda. Impossibile farcela, altrettanto perdonarsi. Di tutti, per l'eccezionalità dell'evento, lui è l'unico comprensibile. Fin lì si era sentito infallibile dal dischetto, e così Cardozo, che aveva fatto piangere i giapponesi.

Ecco, se lo fa un emotivo latino, passi. Ma se vedi un samurai blu che si copre la faccia con la maglia per non mostrare il volto mentre si scompone, è finita. Davanti alle lacrime di Honda e Komano si è capito che la diga era rotta, l'alluvione imminente.

Molti potranno dire che è una reazione naturale, salutare anzi, come uno starnuto: quel che fa male è trattenerla. Nell'affermarlo si maschera il senso di disagio di fronte non a uno, ma a due, undici uomini che piangono. Le lacrime di Mourinho, certo. Almeno quelle erano di gioia. Il pianto felice è una bottiglia che tracima, è esploso il tappo, allegria. Quello davanti a un film (possibilmente in aereo, soli, a diecimila di quota) uno sfogo solitario. Il pianto triste in mondovisione è un'altra cosa, una resa, somma all'incapacità di farcela quella di farsene una ragione. Non ci sono stati lutti, ci saranno altre partite, forse altri mondiali, la vita offre rivincite sul campo, bisogna solo prepararsi per esserne all'altezza: chissà che fra quattro anni non ci sia, per la terza volta consecutiva, il quarto di finale Germania-Argentina. Magari per il Ghana il treno sarà più lento, ma è probabile che ripassi.

Certo, ci sono reazioni peggiori. Ci sono quelli che, avendo fatto la metà di Eduardo, invece di piangere di fronte alla telecamera sputano a chi le sta dietro, come ha fatto Cristiano Ronaldo. E quelli che invece di ringraziare il proprio pubblico in ogni angolo dello stadio, come ha fatto Honda, lo insultano alla maniera di Rooney. C'è Felipe Melo che nell'uscita del Brasile ha responsabilità molto più grosse rispetto a Cardozo per quella del Paraguay, ma si sente colpevole? No, proclama: "Delle critiche me ne frego". E fila via, sotto scorta però, perché in questo caso gli sputi e le offese sarebbero mirati a lui.

Poi c'è l'ultimo, l'agrodolce Suarez, el ladròn, quello della mano assassina che para il tiro ghanese sulla linea di porta e nega il gol della giusta vittoria. Non provoca soltanto il rigore, ma anche la propria espulsione, quindi l'esclusione da ogni eventuale futuro. Consapevole delle conseguenze, ma non dell'indicibile che sta per avverarsi, esce dal campo piangendo. Poi resta lì, grondaia, a guardare Asamoah Gyan che, presumibilmente, renderà la sua bravata vana e dannosa. Invece quello sbaglia. Ed ecco che Suarez esulta, rivendica e l'indomani tronfio annuncia: "Ora la mano di Dio sono io". Che se poi esistesse, quella mano, asciugherebbe le lacrime, tapperebbe le bocche, distribuirebbe qualche scapaccione e di nuovo tutti in campo, ad allenarsi.

MONDIALI 2010/ Uruguay Olanda, sfida tra emigranti del pallone

Due semifinali, due storie simili e opposte. Uruguay contro Olanda e Germania contro Spagna ad assomigliarsi a coppie. Prendete la partita di questa sera, che mette di fronte due realtà simili per dimensioni geografiche e, soprattutto, per storie calcistiche. Sono Paesi costituiti da emigranti del pallone, che sanno rendere grande la propria Nazionale andando a farsi in giro per il mondo quell'esperienza negata a casa loro da campionati oggi di seconda fila. Dei 23 dell'Uruguay soltanto due calciatori giocano in patria e, di questi, l'unico titolare è Arevalo del Penarol.

Tra i 23 dell'Olanda si sale a nove giocatori militanti nell'Eredivisie, ma soltanto quattro di questi sono tra i titolari prescelti da Van Marwijk: Stekelenburg, Van der Wiel, Van Bronckhorst e l'ultimo aggiunto Ooijer, con il terzino dell'Ajax già pronto a salutare l'Olanda, viste la giovane età e la considerevole bravura. Detto questo, i pronostici danno per logici favoriti gli oranje: messe sul piatto le singole squadre, non si può neanche paragonare il loro tasso tecnico rispetto alle qualità dei sudamericani, che fanno della determinazione e dell'applicazione le qualità su cui puntare. Olanda che comunque non si fida del ruolo che le hanno ritagliato addosso, anche in presenza di pesanti squalifiche come quelle di Suarez e Fucile e dei problemi fisici che mettono fuori causa Lugano e Lodeiro. Perché è un ruolo scomodo, dove devi essere tu a dimostrare qualcosa in più della controparte, anche se mancano elementi preziosi come Van der Wiel e, soprattutto, De Jong, entrambi squalificati. Gli uomini di Van Marwijk non dovrebbero avere problemi a evidenziarlo, come hanno fatto finora con un calcio estremamente pratico, impreziosito dalla qualità del quartetto che si muove in attacco.
il sussidiario

Mondiali 2014: nasce il Brasile di Leonardo

Leonardo Araujo, ex allenatore del Milan, è in pole position per la panchina della Nazionale Brasiliana. Dopo l’esonero di Carlos Dunga, avvenuto per telefono, il team verdeoro sta pensando a Leonardo per ricostruire la squadra in vista della prossima Coppa del Mondo in Brasile nel 2014.
Ecco la probabili formazione del Brasile di Leonardo, spettacolo e classe al contrario dell’idea di gioco del vecchio Ct:
BRASILE (4-2-3-1): Julio Cesar- Bastos, Juan, Thiago Silva, Maicon- Hernanes, Josuè- Kakà, Robinho, Ronaldinho- Pato.
Dallo schieramento emerge palese gratitudine nei confronti dei suoi ex giocatori al Milan. Ronaldinho e Maicon sono in là con l’età ma rimangono due campioni ai quali non si può rinunciare.
I confermati tra i titolari rispetto la precedente Coppa del Mondo sono: Julio Cesar e Maicon dell’Inter, Juan della Roma, Michel Bastos del Lione, Kakà del Real Madrid e Robinho del Santos.
Riserve sul rendimento di Ricardo Kakà. Dovrà dimostrare di essere il campione dei tempi del Milan. (blizquotidiano)

Il Sudamerica fa flop, Europa regina mondiale

(ANSA) - ROMA - Il Vecchio Continente e' il nuovo che avanza. Doveva essere samba contro tango, Copacabana contro Buenos Aires e invece la corsa al titolo iridato del calcio passa per Plaza Mayor, la Porta di Brandeburgo e i canali di Amsterdam: gia' perche' in questo mondiale, in cui le star del pallone si sono tutte accomodate all'uscita molto prima che scorressero i titoli di coda, a dominare e' ancora la stagionata Europa.
Tre squadre su quattro a caccia della stella d'oro sono europee: Gemania, Spagna e Olanda. Unica eccezione l'Uruguay che, riportando all'antico splendore i fasti della Celeste, tiene in vita il Sudamerica. E se non fosse per la nazionale di Oscar Tabarez il calcio fantasia dei sudamericani sarebbe praticamente desaparecidos. Una sorpresa assoluta al termine dei quarti di finale che hanno visto fare le valigie tra le lacrime Brasile, Argentina, ma anche il Paraguay che pure aveva tenuto duro fino a capitolare con la Spagna.
E pensare che alla vigilia delle sfide dei quarti, con le altre grandi d'Europa eliminate al primo giro (Francia e Italia le piu' clamorose fuori nel girone eliminatorio, ma anche l'Inghilterra, tra le candidate al titolo, e invece messa in ginocchio dalla Germania) il Sudamerica sembrava aver fagocitato l'intero mondiale. Qualcuno ipotizzava addirittura la quaterna (Brasile, Argentina, Paraguay e Uruguay) a giocarsi il titolo. E invece mentre cadevano gli 'dei' e' arrivata la zampata del vecchio continente.
La sorpresa maggiore la sta riservando la Germania: una squadra decimata dai forfait della vigilia e che dei giovani (la media della nazionale tedesca e' di 24 anni) rimasti in campo ha fatto il suo punto di forza. Merito di Joachim Loew, che con 13 gol in cinque partite ha fatto vedere una Germania a ritmo di samba, capace di umiliare l'Argentina di Maradona. La Spagna non ha invece ancora mostrato il meglio di se', eppure ha raggiunto una semifinale storica: e mercoledi' a Durban provera' a superare l'inarrestabile Germania, esattamente come fece nella finale degli Europei del 2008, quando si aggiudico' il titolo. Due anni fa in panchina c'era Luis Aragones, ora il timone e' passato a Vicente del Bosque che aspetta al varco anche i tedeschi: ''Non temo la Germania'' ha detto il ct della Roja. Del resto l'allenatore della Spagna puo' contare su un David Villa che in Sudafrica ha gia' messo in porta cinque gol: altro che Messi o Rooney che hanno lasciato il Sudafrica a bocca asciutta, o lo stesso Cristiano Ronaldo, una sola rete nella goleada fin troppo facile alla Corea del Nord.
E poi c'e' l'Olanda che con Sneijder, ma anche Robben e Van der Vaart, puo' far paura a tutti dopo aver eliminato sua maesta' il Brasile. In semifinale gli Orange troveranno l'unica nazionale arrivata da lontano: l'Uruguay aspetta da troppo tempo di tornare tra le grandissime del pallone. Forlan e Suarez sono diventati gli eroi di tre milioni e mezzo di paraguayani. La Celeste, diventata una mosca bianca nel tris d'oro della Vecchia Europa che si e' gia' presa il mondiale.

Il Mondiale parla europeo

Ce li avevano presentati come i Mondiali delle sudamericane. Con un Brasile imbattibile e un'Argentina pronta a giocarsi le sue carte, sull'onda dell'entusiasmo e il folklore portato nella Seleccion da Maradona, in una finale annunciata contro i rivali di sempre. I bookmakers avevano imposto con le loro quote le solite certezze e le puntate andavano tutte in quella direzione. Tra le due grandi favorite, giusto qualche sprazzo d'Europa con le novità emergenti Uruguay e Paraguay, pronte ad inserirsi: ma solo a sorpresa. E invece tanto la Seleçao quanto i «figliastri» del Pibe de Oro, hanno fatto la fine della corazzata Potionky. E proprio quell'Uruguay, legato più ai fasti della tradizione che non ai numeri più attuali del ranking mondiale, è l'unica che può ancora provare a riportare in Sudamerica la Coppa del Mondo: difficile, ma non impossibile. Intanto a comandare torna la «vecchia» Europa, anche se le tre semifinaliste in questione di vecchio hanno ben poco. Anzi, in realtà vincono proprio le tre squadre che più hanno saputo interpretare le novità di un calcio che continua ad evolversi e si sono liberate dagli antichi preconcetti legati solo alle capacità dei singoli giocatori.

Vince l'organizzazione, piuttosto che la tecnica individuale. Vince la capacità di investire sui giovani, di dar spazio a tecnici magari meno eccentrici e carismatici di Maradona & Co., ma con altrettante capacità di gestione di un gruppo: soprattutto per quanto riguarda una competizione particolare come un Mondiale. La partita che spiega meglio la nuova situazione del calcio internazionale è proprio quella che ha visto la sconfitta dell'argentina contro i tedeschi. La Germania quasi perfetta e che non ha mai concesso nulla alla squadra di Maradona. Troppo veloci e organizzati gli uomini di Loew per un'Argentina decisamente «seduta» e col genio di Messi lontano anni luce. Il Pallone d'Oro è mancato nel match più importante e ha lasciato il Sudafrica senza neanche aver segnato una rete. Probabilmente Higuain e compagni non meritavano il 4-0 ma sulla vittoria della Mannschaft c'è poco da discutere: ha vinto la squadra che ha giocato meglio.

Meno sorprendente il successo della Spagna sul Paraguay, ma la squadra di Del Bosque non ha avuto vita facile contro una formazione compatta e ben organizzata come quella di Martino, e chissà come sarebbe andata se Cardozo avesse messo a segno il primo calcio di rigore concesso da Batres per una trattenuta di Piquè. Per gli spagnoli è un evento storico, mai prima d'ora erano riusciti ad arrivare così avanti in un mondiale. Ma nel complesso è evidente che il sistema di gioco europeo abbia avuto la meglio, almeno finora, sulla tradizionale forza individuale dei sudamericani.

Adesso le semifinali vedranno Uruguay-Olanda da un lato, Germania-Spagna dall'altro. Quadro che prospetta la possibilità, tutt'altro che remota, di vedere il prossimo 11 luglio una finale tutta europea: e fuori dai confini del Vecchio Continente sarebbe la prima volta. Ma comunque vada l'Europa ha già dato la sua risposta: Sneijder, Robben, Muller, Podolski, Klose, Villa e Xabi Alonso sono i simboli di un continente che non vuole abdicare davanti ai vari Messi, Robinho e Kakà. E che, alla faccia del talento dei sudamericani, ha ancora qualcosa da dire in questo sport meraviglioso. I bookmakers? Gente che in genere sbaglia poco e che in questa edizione sudafricana del Mondiale ha già fatto qualche passo falso inatteso. Loro per la finale non hanno dubbi: sarà Olanda-Germania. Le puntate sono aperte!
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