Sport Land News

Argentina, è Maradona il vero show

DI VANNI ZAGNOLI
L’Argentina parte bene e si candida per il suo terzo ti­tolo mondiale. Facile l’e­sordio con la Nigeria, accreditata co­me sorpresa dall’allenatore del Pa­lermo Delio Rossi, in realtà in fase calante.
Diego Maradona aveva abbando­nato per doping Usa ’94, dopo il 4­0 con i verdi, in Sudafrica da allena­tore presenta un’Albiceleste vin­cente a anche se un po’ leziosa e di­stratta, che aveva rischiato l’elimi­nazione nel girone sudamericano.
La classe non è in discussione, ma gli argentini dalla sconfitta nella fi­nale di Italia ’90 non hanno più fat­to strada, nel campionato del mon­do. E non basta una partita per di­chiararli anti Brasile. Resta il fatto che la Nigeria non in­quadra mai la porta. Nel pri­mo tempo Gutierrez ( Jonas, sulla maglia, mentre a Tevez hanno impedito la scritta preferita, Carlitos) sbaglia l’intervento di testa, conce­dendo il sinistro (largo) a O­basi. Nessuna capriola di O­binna, l’attaccante che si era rivela­to nel Chievo senza sfondare all’In­ter, bocciato nel primo anno di Mourinho: qualche minuto del se­condo tempo e viene sostituito da Oba Martins, altro in ribasso dopo gli sprint da minorenne con Cuper. Argentina-Nigeria è stata la finale o­limpica del ’96, con successo degli africani, e di Pechino, riscatto bian­coceleste firmato Di Maria, ieri comprimario. Il risultato è lo stesso di due anni fa, 1-0, al 6’ tuffo di Hein­ze, su angolo da destra: sui corner la difesa africana marca colpevol­mente a zona. Per Messi tre sinistri fenomenali nella prima frazione pa- rati da Enyeama, che dice no anche a Higuain. Il ct svedese Lagerback, con le Aquile solo da febbraio, non può limitare il talento della Pulce, a 23 anni pronto per lasciare il segno in nazionale, dopo avere vinto tut­to con il Barcellona, esclusa l’ultima Champions. Maradona a 21 fallì Spagna 1982, adesso gli ha offerto le chiavi dell’Argentina. Ma è pro­prio Dieguito il protagonista asso­luto. Salta dalla panchina, corre, e­sulta, scoppia dentro la giacca e cra­vatta imposta dalle figlie che l’ave­vano pregato di abbandonare la tu­ta.
In campo invece Veron ha il passo stanco dei suoi 35 anni, viene da due Palloni d’oro sudamericani conse­cutivi, è professionista da metà del­la sua vita, rischia di essere la palla al piede dei sogni di una nazione che vuole il titolo anche per uscire dalla crisi economica: il ct gli ri­sparmia l’ultimo quarto d’ora, ba­ciandolo al momento del cambio per Maxi Rodriguez.
Milito ieri ha compiuto 31 anni, per 78 minuti l’interista protagonista as­soluto di scudetto e Champions è rimasto in panchina, una scelta quasi blasfema considerando le tan­te occasioni sprecate dai suoi com­pagni. Bene comunque ha giocato Messi, che nel secondo tempo avvi­cina due volte il palo, senza mai su­perare il portiere avversario che ha mantenuto in partita la Nigeria ne­gando il raddoppio anche a Higuain. Per gli africani due palle dell’1-1, U­che sbaglia la più invitante. Buona la prima, Maradona può esultare.
Diego ct scatenato e vittoria sofferta per la sua squadra che spreca molto. La Nigeria sfiora il pari nel finale Decide la rete di Heinze
(avvenire)

La Fifa ha fifa di chi crede in Dio : MARCHI A GOGÒ, MANIFESTAZIONI DI FEDE NO

UMBERTO FOLENA - avvenire
Sotto la casacca, niente.
Stateci attenti, ragazzi, perché le conseguenze potrebbero essere gravi. Sotto la casacca, al massimo la maglietta della salute, in Sudafrica fa freschino. Sotto la casacca, mai più scritte come «I belong to Jesus» («Appartengo a Gesù») che tanto piace a Kakà. E la foto della fidanzata? Cattivo gusto a parte, dipende: se è una leader religiosa o politica, proibito. Se è una normale cittadina, permesso. Nuove indicazioni della Fifa – omen nomen, una preoccupazione dietro l’altra – in vista dell’esordio, martedì, della nazionale verdeoro.
Si sa che i brasileri schierano un’alta percentuale di evangelici pentecostali con il modo tutto loro, esplicito e naif, di esprimere la propria fede. I cattolici, in genere, sono più discreti. Non perché la loro fede sia più tiepida, e guai a giudicare una qualsiasi passione dall’intensità esteriore con cui viene espressa: c’è chi ribolle di fuori ed è un ghiacciolo di dentro, e chi ribolle di dentro ma rimane composto di fuori.
In ogni caso, a far fifa alla Fifa è la Confederation Cup dell’anno scorso, con il rito improvvisato a centrocampo da Lucio; e le t-shirt sotto le casacche dei bomber con l’alta probabilità – giocano contro la non irresistibile Corea del Nord – che facciano gol e corrano verso le telecamere voraci per sfoderare manifestazioni di fede imbarazzanti... già, imbarazzanti per chi?
Premesso che ogni ostentazione stona e che il senso della misura dovrebbe valere sempre; premesso pure che chiedere a Dio di farti vincere la partita a scapito dell’avversario significa chiedere un privilegio indebito perché Dio sul terreno di gioco è neutrale, e lo stesso ringraziarLo per averti fatto fare gol (il portiere infilzato che dovrebbe dire, allora, a Dio?); premesso tutto ciò, la sensazione è che il vero problema non sia la manifestazione di una fede in mondovisione, ma il conflitto di fede in alta definizione.
Prendiamo un pedatore qualsiasi del ventunesimo secolo e scannerizziamolo dal calzettone al colletto: non c’è un centimetro esente da una manifestazione di fede, che si chiami (omissis) o (omissis), in tutti i maggiori marchi dell’abbigliamento sportivo che si contendono un mercato globale.
L’investimento è da capogiro. E secondo voi chi investe così tanto sulla casacca d’un puntero verdeoro può correre il rischio che quel bel tomo se la sfili per mostrare al cielo e alla terra che prima che al marchio egli crede al suo Dio? Teniamo Dio lontano dal prato verde, dunque, dove altre divinità pagane, del tutto effimere, si contendono perfino i fili d’erba. Che Lassù siano neutrali, d’altronde è garantito dalla seguente storiella. Gesù, noto appassionato di calcio, vorrebbe finalmente vedersi una partita dal vivo, senza commento di Caressa. Il Padreterno lo autorizza e Gesù sceglie, così a caso, il derby di Glasgow Celtic-Rangers, cattolici contro protestanti.
Pronti via. Attacchi avvolgenti del Celtic, cross, rovesciata acrobatica e gol strepitoso.
«Gol! Bellissimo gol!», esulta Gesù ammirato da tanto gesto atletico. Ma i Rangers passano al contrattacco, altro cross, respinta, tiro da 30 metri nell’angolino e gol mostruoso. «Gol!
Bellissimo gol!», esulta di nuovo di Gesù. I suoi due vicini di sedia, perplessi, si danno di gomito e uno fa all’altro: «Per me è ateo».
Ai fedeli della Fifa, ai credenti nel Grande Brand, meglio non raccontarla: metterebbero Gesù che esulta accanto al marchio della braghetta del giocatore del Celtic. I sobri moralizzatori.

MONDIALI La «frusta» di Gattuso: ora vinciamo

Oggi a Città del Capo esordio della Nazionale nel Mondiale di calcio contro il Paraguay. Il centrocampista azzurro sprona i compagni a superare lo scetticismo: «Non siamo così scarsi, non falliremo». Intanto l’Argentina guidata in panchina dallo scatenato Maradona irrompe nel torneo battendo la Nigeria, la Grecia crolla contro la sorprendente Corea del Sud e gli Usa arginano l’Inghilterra sull’1 a 1.