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Serie A, segno rosso sul viso contro violenza donne Lega A, Aic e Aia a sostegno campagna #unrossoallaviolenza

Calcio: Serie A, segno rosso sul viso contro violenza donne © ANSA
Un segno rosso sul viso dei giocatori che scenderanno in campo scandirà la 34/a giornata di Serie A (hanno aperto alle 15 Spal e Roma) a sostegno della campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne #unrossoallaviolenza, presentata nei giorni scorsi da Lega A e Aic, in collaborazione con WeWorld Onlus. Per la campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, calciatori e arbitri oggi e domani scenderanno in campo con un segno rosso sul viso, accompagnati all'ingresso in campo da bambine con la maglietta dell'iniziativa per sensibilizzare il pubblico presente sugli spalti e i telespettatori che il cartellino rosso più importante è quello da dare alla violenza sulle donne.
   
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Le donne e lo sport emozioni vincenti

Non si capisce perché devono accontentarsi della famigerata parità dei sessi quando sono così straordinariamente diverse dagli uomini. Sono le donne dello sport, che passano da un podio a un pianto, senza mezze misure e ti tengono lì, davanti alla tv, a tifare

Emozionano. Comunque vada. Non si capisce perché devono accontentarsi della famigerata parità dei sessi quando sono così straordinariamente diverse dagli uomini. Sono le donne dello sport, che passano da un podio a un pianto, senza mezze misure e ti tengono lì, davanti alla tv, a tifare. Che sia l’arrivo della 25 chilometri o un doppio e mezzo ritornato poco importa. Oggi sono i mondiali di Barcellona, appena ieri il tennis o la scherma: soffrono, vincono, perdono, ridono, urlano. Si mettono in piazza con le loro emozioni e il loro coraggio. Sbagliano, cambiano, ricominciano. Impossibile non tifare per tutte loro, soprattutto quelle che - risultati alla mano - ufficialmente perdono: oggi la copertina è di Martina Grimaldi, oro nella 25 chilometri di nuoto dopo 5 ore di battaglia e un arrivo allo sprint. Ma lo spirito è nelle parole di Alice Franco, quarta di un niente: «E’ andata così, posso solo impegnarmi di più per migliorare». O nelle lacrime di Maria Marconi, perfetta in quattro tuffi su cinque. La differenza tra la gloria e il fallimento. Quando c’è da lottare loro ci sono e trascinano, non può essere un caso. Raramente deludono. E se lo fanno ripartono a testa bassa con la loro incredibile determinazione che le porta a scelte coraggiose e vincenti: le ragazze del tennis hanno preso racchette e bagagli e sono andate all’estero a cercare fortuna. Federica Pellegrini ha fatto lo stesso. Fissato l’obiettivo, il resto è un accessorio: loro vanno, chi mi ama mi segua. E tornano vincitrici. 
corrieredellosport

Salute: ossessione sport, colpisce uomini e donne (star comprese) e ha conseguenze serie

Ore e ore trascorse in palestra, in piscina o a fare jogging. Se praticare attività fisica fa bene per mantenersi in salute e i medici la consigliano caldamente, esagerare può essere poco salutare o addirittura deleterio. Il rischio, insomma, è che lo sport si trasformi in una sorta di ossessione. È la cosiddetta exercise addiction, ossia la fissazione “patologica” per lo sport. Che colpisce in primo luogo le celebrità, ma non solo. Ne abbiamo discusso con il Professor Alessandro Sartorio, Primario della Divisione di Auxologia & Malattie Metaboliche dell’Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, di Milano che di questo argomento ha parlato nel recente congresso della Società Europea di Neuroendocrinologia di Vienna. 
Quando praticare sport diventa una “malattia”?
Chi pratica sport in modo sano, integra l’attività sportiva nella propria vita. Chi è “malato” pianifica la sua esistenza in funzione dello sport, tutto, insomma, ruota intorno a un’ossessiva e smoderata attività fisica, che viene svolta in modo ossessivo anche a fronte di danni fisici per la persona.

Ma quanto è diffusa questa ossessione?
Si stima che negli Stati Uniti il 3 - 5% della popolazione soffra di exercise addiction. Anche in Italia, il disturbo è in costante aumento. È però molto difficile azzardare una percentuale perché il fenomeno tende a rimanere spesso sommerso.

Qual è la ragione principale di questo fenomeno?
Le ragioni sono principalmente due: l’esercizio ossessivo può essere finalizzato a migliorare sempre di più la prestazione fisica, non accontentandosi mai dei risultati raggiunti, un fenomeno più frequente negli uomini. Per le donne, invece, spesso lo scopo è quello di mantenere costante il peso corporeo, oppure di perderlo. La finalità è, quindi, sostanzialmente quella di evitare di ingrassare e di stabilire un controllo costante sulla propria forma fisica. Al femminile, l’exercise addiction è molto diffusa tra le anoressiche e in donne con disturbi del comportamento alimentare. Circa il 50 % delle donne che hanno disturbi del comportamento alimentare deve fare i conti anche con l’ossessione nei confronti dello sport. E magari anche con altri disturbi del comportamento, come, per esempio, lo shopping compulsivo. Gli uomini che soffrono di exercise addiction tendono, invece, spesso, a fare abuso di alcol, di fumo e, talvolta anche di farmaci illeciti e/o integratori che permettano loro di migliorare il livello delle prestazioni sportive.

Quali le manifestazioni più eclatanti?
Chi è affetto da exercise addiction prova spesso una sorta di incapacità di controllo nei confronti dell’attività fisica che viene, quindi, praticata senza limite alcuno, anche fino allo sfinimento e al danno fisico. I “dipendenti da esercizio” provano anche sintomi da astinenza quando non praticano sport e devono aumentare costantemente il numero e la durata degli allenamenti. Nei casi più gravi, c’è chi arriva addirittura, a praticare il “boosting”, quello che è stato definito il doping del dolore. Ci si procura cioè dolore fisico attraverso una diversificata serie di lesioni, che vanno dalle scosse elettriche ai genitali a piccole fratture ossee, con lo scopo di aumentare il livello della propria prestazione, perché aumentano i livelli della pressione sanguigna e quelli dell’adrenalina in circolo nel sangue.

Che fare allora, per guarire da una patologia che può diventare anche molto seria?
Partire dal presupposto fondamentale che se praticare sport fa bene, eccedere può essere controproducente o addirittura può far male alla salute. Le articolazioni ne risentono, così come il sistema cardio-circolatorio, soprattutto, quando si eccede nello sport (senza essere capaci di fermarsi per tempo) e non si è più giovanissimi (oltre i 45 anni). Anche l’equilibrio ormonale rischia di andare a pallino, il ciclo mestruale nelle donne inizia a non essere più regolare o può addirittura scomparire, specie se c’è una importante riduzione del peso corporeo... In sostanza corpo e psiche ne risentono. A questo punto, bisogna ricorrere all’aiuto di uno specialista e la terapia cognitivo comportamentale può veramente darci una mano a vivere in maniera più serena l’attività sportiva. È ovviamente difficile disintossicare una persona dipendente da esercizio, se a questa si associa anche un disturbo alimentare e/o un'assunzione concomitante di farmaci illeciti e/o integratori, sempre più diffusa anche fra i giovani per la grande facilità del loro acquisto sul web. E se da soli non siamo in grado di capire che ormai siamo “malati di sport”, il nostro partner o chi ci sta più vicino può aiutarci a prendere atto dei seri pericoli che questa nuova “dipendenza” può dare per la salute e per l’equilibrio psichico. 
di Paola Scaccarabozzi . repubblica.it