Sport Land News: CRONICI
Visualizzazione post con etichetta CRONICI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta CRONICI. Mostra tutti i post

Dolore: lo sport alza la soglia. Nuove frontiere per i cronici

Una ricerca tedesca dimostra come gli atleti agonisti abbiano una tolleranza al male superiore: ora si studiano metodiche non invasive e senza effetti collaterali per i pazienti con dolori cronici

Praticare sport alza la soglia del dolore. Ansa
Praticare sport alza la soglia del dolore. Ansa
 
Una ricerca tedesca pubblicata su Pain dimostra come gli atleti agonisti abbiano una tolleranza al dolore superiore. Una scoperta che apre la strada allo studio di metodiche non invasive e senza effetti collaterali per i pazienti con dolori cronici.
soglia — Le persone sentono male in maniera uguale, oppure no? E’ la soglia del dolore a essere differente o solo la sua percezione? E’ questa la domanda cui hanno cercato di rispondere gli scienziati dell’Università di Heidelberg guidati da Jonas Tesarz attraverso una meta-analisi. Per riuscirci hanno riesaminato tutti gli studi effettuati su questo argomento e monitorato il rapporto con il dolore di 568 atleti che praticavano sport di resistenza o sport di squadra con palla, e di 331 persone normalmente attive, utilizzate però solo come gruppo di controllo. I test effettuati consistevano nel tenere le mani nell’acqua gelida per un certo periodo di tempo o subire pressioni di sufficientemente consistenti sulle dita. Dai risultati ottenuti è emerso in primo luogo che gli atleti sopportano meglio il dolore, ma che questa capacità non dipende da una soglia del dolore più alta, bensì da una sua differente elaborazione e da una maggiore abilità nel tollerarlo. Ma non è tutto, e certamente quest’altra conclusione vi sorprenderà, gli atleti più ‘stoici’ non sono coloro che praticano, come avremmo supposto, gli sport di resistenza, ma quelli che sono impegnati nei cosiddetti sport sferistici. Gli scienziati tedeschi al momento non sono in grado di dare una spiegazione certa e univoca a quanto scoperto, ma suppongono che, oltre alla fisiologica liberazione di endorfine prodotta dall’attività fisica, possano influire particolarmente alcune tecniche cognitive e psicologiche che gli sportivi agonisti utilizzano per ottenere una maggiore concentrazione, motivazione e dissociazione da tutto ciò che è considerato ‘esterno’ rispetto all’azione o all’obiettivo che si sono prefissati. L’aspetto gioco di squadra, poi, è quel quid in più che, rendendo più piacevole, più coinvolgente e più ‘solidale’ il momento che si sta vivendo, contribuisce a fare stringere maggiormente i denti.

dolore — Perché proviamo dolore? E’ la natura che ci avverte e protegge. Per questo motivo è bene non ignorarlo. Ne sanno qualcosa quelle persone, fortunatamente molto poche – circa 300 in tutto il mondo – che soffrono di una rarissima malattia ereditaria, la disautonomia, che impedisce al loro sistema nervoso di percepire gli stimoli del dolore, del caldo e del freddo. Si manifesta fin dalla nascita e i poveri bambini che ne sono colpiti sono in questo modo esposti a ogni tipo di pericolo e infortunio. Il dolore è come un senso e chi non riesce a provarlo è come se fosse privo di vista, gusto o olfatto. Non ci sa dire qualcosa sulla gravità di ciò che abbiamo, ma si limita a informarci della rapidità con cui il danno ai vari tessuti progredisce se non interveniamo. Dunque, i dolori fisici ci forniscono degli avvertimenti che possono tornarci molto utili e, per questo motivo, in alcuni casi è preferibile sopportarli con pazienza, specie se la causa non è stata ancora individuata.

sonno — Anche dormire di più modifica la percezione del dolore. Lo conferma una ricerca condotta dall’Henry Ford Hospital di Detroit: aggiungere al nostro consueto riposo solo due ore diminuisce la sensibilità al dolore quanto se non più di 60 milligrammi di codeina, un oppiaceo con forti proprietà analgesiche. Gli scienziati americani esperti di disturbi del sonno sono giunti a questa conclusione grazie a una ricerca condotta su diciotto volontari che, divisi in quattro distinti gruppi, hanno avuto assegnato un livello di riposo pari a quattro, sei, otto e dieci ore. Ebbene, tramite il monitoraggio delle onde cerebrali, del tono muscolare e della frequenza cardiaca, è stato evidenziato che il gruppo dei soggetti da 10 ore resisteva ben il 25% in più degli altri nell’esposizione di un dito a una fonte di calore.

meditazione — L’effetto analgesico della meditazione Zen. Alcuni ricercatori del Dipartimento di Fisiologia dell’Università di Montreal, guidati dal dott. Joshua A. Grant, hanno sottoposto 13 esperti praticanti di questa millenaria tecnica orientale e altrettanti soggetti che non avevano mai praticato alcuna forma meditativa a un test di tolleranza al dolore, che consisteva nell’appoggiare un piatto caldo a diverse temperature sui polpacci. Risultato: mentre molti ‘meditanti’ hanno tollerato la temperatura massima di 53 gradi Celsius, con una riduzione della sensibilità del 18%, nessuno del gruppo di controllo è riuscito a sopportarla. La risonanza magnetica effettuata durante la sperimentazione ha evidenziato che solo nei primi era presente una riduzione dell’attività di quelle zone del cervello che vengono attivate dal dolore (la corteccia pre-frontale, l’amigdala e l’ippocampo), grazie al disaccoppiamento dello stimolo doloroso dalla sua elaborazione, compiuto in maniera passiva, senza alcuno sforzo, ma semplicemente spegnendo le comunicazioni tra le zone implicate.
Mabel Bocchi - GAZZETTA.IT