Sport Land News: dicembre 2013

Basket: Reggio Emilia-Venezia 93-73

Reggio Emilia batte Umana Venezia 93-73 nel posticipo della 13ma giornata del campionato di basket e distacca i veneti in classifica in chiave final-eight. I padroni di casa sfruttano alla perfezione l'attacco e le rotazioni ridotte degli avversari. Dopo un equilibrio nella prima parte del match (40-40), quando mancano 10' alla fine c'è il cambio di marcia col il lituano Kaukenas, ex Montepaschi, che porta Reggio al +10 (68-58). E' lo strappo decisivo per Venezia che non ne ha più.
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Neve sci-abile. Lo slalom è riuscito


Uno slalom che ha superato gli ostaco­li, così è stato il percorso che nel cor­so di questi anni ha reso possibile la pratica dello sci alle persone con disa­bilità. Apripista la tecnologia con au­sili meccanici ed elettronici, spazza­dubbi le scuole di sci e i loro maestri, scalatrici le associazioni sportive - incalzate dagli a­spiranti sciatori che hanno fatto salire le loro ri­chieste sul moto perenne dello skilift - che oggi pre­sidiano e continuano a promuovere l’accessibilità, da Courmayeur a Predazzo sino all’Etna, passando per l’appennino emiliano e i monti abruzzesi.

La stagione sciistica che si è appena aperta, che con­ta sull’onda mediatica degli imminenti Giochi o­limpici (dal 7 febbraio) e paralimpici (dal 7 marzo), offre numerose opportunità anche a chi, a causa del suo handicap, fino a pochi anni fa doveva conside­rare gli sport invernali fuori dalla sua portata. Oggi sci alpino e sci di fondo sono praticati anche da chi ha una grave disabilità motoria, utilizzando monosci (un seggiolino, detto “guscio”, sotto al qua­le sta uno sci), bisci (un monosci spinto da un mae­stro di sci, una sorta di tandem), dualski (un guscio con sotto due sci), stabilizzatori (per gli amputati). Per i non vedenti c’è un collegamento radio o audio con l’accompagnatore-guida, per i sordi, invece, si parla la lingua dei segni. Ausili che associazioni e società sportive acquistano grazie all’intervento di donazioni, sponsor e finanziamenti da parte di isti­tuzioni nazionali e europee che da qualche anno sostengono lo sviluppo dello sport per persone di- e del bi-sci sabili.
Nello slalom di partenza è un’altra porta superata. Queste attività non esiterebbero se scuole di sci e maestri non fos­sero della partita. «Sono sciatori, sono clienti», dicono i maestri che sono tornati a studiare per impa­rare tutti i segreti di mono e bi­sci e per diventare atleta guida per non vedenti. La stagione 2013-2014 segna il boom dello snowboard, la tavola che cavalca la neve in velocità e a­crobazie. Accessibile pure questo. Protesi agli arti inferiori aiutano gli amputati, l’imbragatura B.a.s.s. (100% made in I­taly realizzata dal maestro di sci Andrea Borney) è l’ausilio per chi ha una grave disabilità motoria. Se lo snowboard è la novità del momento, il guscio è una realtà consolidata. Vuoi perché Alex Zanardi lo usa e un suo gesto ha la forza mediatica trai­nante di un gatto delle nevi, vuoi perché è lo strumento in pista da ormai 15 anni. Una tec­nologia che mescola ammortizzatori da mo­to, sci sciancrati e una leva che alza la se­duta per salire in seggiovia. In piena au­tonomia, parola chia­ve quest’ultima. E prossima porta dello slalom. Qualcuno l’ha già oltrepas­sata.
 All’Alpe di Folgaria, una cordata di realtà profit e non pro­fit ha fatto sì che chi arriva ai rifugi - attualmente sono otto - trovi u­na carrozzina, così da poter scendere dal monosci e muoversi. In autonomia. In libertà. Nessuna pre­notazione, la carrozzina è lì, dotazione del rifugio. Un approccio che si sta diffondendo. Complice an­che il fatto che lo sciatore disabile è un turista co­me gli altri. Una nicchia di mercato oggi presa in grande considerazione dagli operatori alberghieri. Lo sci per persone con disabilità è accessibile anche nei costi grazie a convenzioni e agevolazioni. Una lezione, comprensiva dell’ausilio, costa attorno ai 30 euro. Spesa che a volte non c’è se ci sono spon­sor che offrono gratuitamente i corsi di sci e il no­leggio dell’attrezzatura speciale. BMW da molti an­ni sponsorizza il “Progetto Sciabile” a Sauze d’Oulx, Fiat quello di “Freewhite” al Sestriere, Colorcom que­st’anno offre 25 posti a Folgaria. Lo sci per essere accessibile non ha bisogno di strut­ture dedicate, si pratica insieme ai normodotati, sul­le stesse piste, con gli stessi impianti.

Con la cono­scenza reciproca dei diversi modi di sciare. Una pet­torina rende visibili gli sciatori non vedenti, che scia­no insieme a una guida che precede e che comuni­ca via radio la descrizione del tratto e indica - in un linguaggio che ai 140 caratteri di twitter gli fa un baffo - le manovre da seguire. I non vedenti sono i pionieri dello sci accessibile, insieme agli amputa­ti. Sono stati loro, infatti, a disputare i primi Giochi Paralimpici invernali, nel 1976 in Svezia, dove si so­no svolte solo gare standing (con sciatori in piedi). Gli sciatori sitting (seduti nel guscio) disputeranno la loro prima Paralimpiade solo nel 1998. Al di là dell’agonismo, sciando si vivono emozioni uniche. Lo racconta Silvia: «Quel suono che fa il ghiaccio premuto dalla lama dello sci. Irripetibile. E io che non posso vedere e che voglio ascoltare tut­ti i suoni del mondo, quel rumore lo volevo perce­pire. In prima persona. Per questo a tutti i costi ho voluto imparare a sciare».

Carmen Morrone - avvenire.it

Lo sport vietato ai minori


Il reverendo George Foreman fabbrica griglie e padelle. In tivù le prende a pugni. Se resistono, ride con il faccione tondo da tegame, vuol dire che sono buone. Pare sia l’ex sportivo più ricco: 250 milioni di dollari l’anno.

È anche sponsor degli Us Open di tennis. Il reverendo ha felicemente compiuto 64 anni. Se si volta appena indietro, ancora faceva a pugni. Ha dieci figli, cinque maschi: li ha chiamati tutti George. E ama saltare in corsa sui suoi cavalli. Sostiene che riuscirvi ancora, alla sua età, lo faccia sentire benissimo. L’esatto contrario di ciò che pensano i cavalli.

Foreman si è ritirato dalla boxe nel 1997, tre anni prima a 45 suonati riconquistò il titolo mondiale. Nel libro dei record c’è ancora posto per lui: il più vecchio campione dei pesi massimi. Ma i record son fatti per essere battuti, e il reverendo, irriso dalla farfalla Alì nella notte di The Rumble on the Jungle Kinshasa, 20 ottobre 1974), ne ha già visti sparire alcuni dalle pagine a lui dedicate. Era, in assoluto, il campione del mondo più anziano, ora non più. Bernard Hopkins, l’eterno Bernard, lo scorso 27 ottobre ha difeso con successo il suo titolo mondiale dei massimi leggeri. Una grande impresa per un quarantottenne. Bernard ha festeggiato sul ring indossando una maschera verde. Lo chiamano l’Alieno.

Lo sport si spinge sempre più in là. Fin dove non si sa, ma non ha mai smesso di andare oltre. Nessuno ne sentirebbe il bisogno, se i primati da battere fossero solo quelli anagrafici. Bambini rampanti, e vecchietti sempre in tiro creano meraviglia, è vero, ma riempiono di ansia i nostri cuori, ed è difficile non avvertirli come anomalie della natura, se non proprio come fenomeni da baraccone.

Se è da record, certo non risulta per questo meno sconcertante l’immagine di Yuri Pudyshev, allenatore-giocatore della Dinamo Brest, Serie A bielorussa, 56 anni portati neanche benissimo. Ma i mutandoni da calciatore non premiano chi non ha più l’età per portarli con disinvoltura, soprattutto quando scoprono, fra un tackle e l’altro, le generose Gibaud a sorreggere l’adipe da birraio.

Stanley Mathews, l’ex primatista battuto, giocò la sua partita d’addio il 6 febbraio 1965, Stoke City contro Fulham. Aveva 50 anni e 5 giorni, e agli occhi di chi lo aveva visto cominciare, trent’anni prima, appariva solo un po’ più rigido. Aveva la maglia ben calzata nei pantaloncini, una corsa elegante, e dopo ogni colpo di testa si passava le mani sui capelli per rifare la riga. Altra classe.

Ma c’è dell’altro. C’è che all’idea di uno sport sempre più vecchio, o privo di carta d’identità se preferite, dovremo forse abituarci. Non potremo più sorprenderci di nonno Christopher Horner, che vince la Vuelta a quasi 42 anni, né di uno Javier Zanetti che torna protagonista nel derby milanese a 40 anni e 4 mesi, e dopo un infortunio che sarebbe stato difficile da superare anche per un ventenne.

A suggerirlo sono i fisioterapisti, gli uomini addetti alla manutenzione delle macchine umane che vogliamo in pista. Attenzione, il doping non c’entra. Non qui. Il doping non fa invecchiare meglio, fa esattamente il contrario. Siate sospettosi di un atleta che salta ai vertici dopo aver frequentato troppo a lungo i piani medio-bassi del suo sport, non quando resiste così a lungo da raggiungere l’età nella quale potrebbe fare da padre a oltre la metà degli atleti che affronta.

Prendete il tennis. È la disciplina che meglio evidenzia, al momento, il punto di vista dei preparatori fisici. Una dozzina di anni fa, un’allegra e scalpitante nidiata di aitanti giovanotti stava per irrompere nel circuito. Si parlava di ricambio, di nuove speranze. I padroni del vapore, sempre un po’ eccessivi nei loro propositi pubblicitari, li chiamarono "the young gunners" e li disposero in bella fila in una pubblicità che li mostrava con l’espressione più crudele che potessero fare. Imberbi ma già killer.

E certo nessuno poneva il problema dell’invecchiamento del circuito. Il pronostico più naturale, semmai, era che i giovani “pistoleri” avrebbero percorso fino in fondo la strada del successo, quei sei-sette anni utili a realizzare i loro progetti agonistici, ognuno per le sue capacità.

Non è andata esattamente così. Gli anni sono diventati, otto, dieci. Sono ancora il presente. Altri giovani “pistoleri” non sono venuti a reclamare il posto. Nei primi cento tennisti della classifica mondiale, oggi, figurano appena tre Under 23. Non era mai successo. Il tennis è diventato uno sport vietato ai minori.

L’elisir di lunga giovinezza, spiegano gli addetti ai lavori, sgorga dai nuovi sistemi di allenamento, sempre più personalizzati, tagliati a misura degli atleti. E dalla tecnologia, che aiuta ad avere un quadro clinico dell’atleta come prima non sarebbe stato possibile. «È una questione economica, innanzi tutto», spiega Riccardo Piatti, fino a ieri coach del francese Richard Gasquet, oggi vicino al canadese Milos Raonic, il giovane più forte dell’ultima nidiata. «I giocatori guadagnano bene, si allenano meglio, investono sui team e in questo modo prolungano le loro carriere.

I più forti possono permettersi un vero staff, che va dal coach al manager, dal preparatore atletico all’accordatore, dalla segretaria all’ufficio stampa». Un percorso comune, questo, negli sport dove il confronto è fra singoli atleti. Nasce l’atleta-azienda. E il business impone di prolungare le carriere e restare sul mercato. Senza scadenza.

Daniele Azzolini- avvenire.it

L'ex campione di F1 Schumacher, i medici: situazione critica


Schumacher
Michael Schumacher è in "coma farmacologico artificiale per limitare gli stimoli": lo hanno detto, in una conferenza stampa, i medici dell'ospedale di Grenoble, in Francia, dove è ricoverato da ieri mattina l'ex campione tedesco di Formula 1, giunto in coma dopo una caduta dagli sci. "Le lesioni sono gravi nonostante indossasse il casco, la situazione è stabile ma critica", hanno aggiunto i sanitari che hanno in cura il sette volte campione del mondo.

"Il casco lo ha protetto parzialmente, ma senza sarebbe morto": Lo hanno detto i medici dell'ospedale di Grenoble dove è ricoverato Michael Schumacher. "È possibile - hanno aggiunto - che il suo fisico possa aiutarlo a sopravvivere. Attualmente respira in maniera artificiale per ridurre il consumo di ossigeno nel cervello".

​ Anche Jean Todt e Ross Brawn, compagni di Michael Schumacher nella lunga avventura sportiva in Ferrari, sono giunti all'ospedale di Grenoble per visitare l'ex campione di Formula 1 che versa in gravi condizioni dopo una caduta con gli sci. L'ex direttore generale e l'ex direttore tecnico del team Ferrari sono arrivati nella città francese nella notte. Schumacher è stato sottoposto a un intervento neurochirurgico dopo essere stato ricoverato in coma per un trauma cranico a seguito di una caduta con gli sci avvenuta ieri a Meribel, in Savoia.
avvenire.it

L'altro Seedorf, molto oltre il calcio


Se il mondo del calcio italiano somigliasse di più a Clarence Seedorf, non sarebbe mai in pericolo. Il 37enne centrocampista olandese, è da sempre un numero "10" in campo, ma soprattutto fuori, dove spera «di essere ricordato come esempio di positività e di umanità» . Un raro ambasciatore internazionale (parla sei lingue) prestato all’universo del football. Lo sa bene il patron del Milan Silvio Berlusconi che l’ha avuto a Milanello per un decennio e che per la prossima stagione lo considera già la prima scelta per la guida dei rossoneri, al posto di Max Allegri.

Ma alla vigilia di Natale, non è questo il tema nodale da affrontare con il saggio Clarence, bensì il suo impegno e la sua “mission” in giro per il mondo, per portare soccorso ai più deboli e quindi ai più piccoli della terra. Per questo motivo continua a fondare cittadelle per i ragazzi, con annessi campi di calcio e istituti scolastici, costruite partendo dalla sua terra d’origine, il Suriname (l’ex Guyana Olandese dove visse il nonno Frederick, figlio di uno schiavo africano che prese il cognome dal padrone tedesco, Seedorf) passando per il Kenya e la Cambogia, fino ad Almere, la città dell’Olanda dove ha trascorso l’infanzia.

Anche nel suo ultimo approdo professionale, il Brasile - la terra natìa della moglie Luviana - non si è fatto conoscere solo per le belle giocate e il titolo nazionale vinto con il Botafogo, ma soprattutto per le innumerevoli attività sociali che gli sono valse il tributo popolare da parte di tutte le tifoserie. Progetti iniziati ancor prima di sbarcare nel Brasilerao (la serie A brasiliana) con l’apertura di un centro sportivo in una favela di Salvador de Bahia. Il "pallone solidale" di Seedorf è arrivato fino a Malmberg, in quel Sudafrica che ancora piange la sua grande anima, Nelson Mandela.

Lei, è uno dei "Legacy Champions" scelti da Mandela per continuare a promuove i suoi valori e il suo lavoro a livello internazionale. Che ricordo ha del grande "Madiba" e quanto ha influito nella formazione della sua coscienza civile?

«Mandela è stato fondamentale, soprattutto nell’infondermi la consapevolezza di poter fare la differenza, non solo per me stesso, ma anche per gli altri. È anche grazie a lui se mi avvalgo del mio ruolo per dare quel contributo che mira a rendere il mondo migliore».

Quanto è stato importante il messaggio di Mandela al mondo dello sport ?

«È stato vitale, ma in parte sottovalutato dallo stesso universo sportivo. Con il potenziale che lo sport ha, potrebbe ambire a risultati certamente più importanti. Per questo uno dei miei obiettivi è quello di rendere il calcio uno sport più cosciente della sua responsabilità sociale».

Lei è uno dei pochi campioni che da anni è concretamente impegnato nella lotta al razzismo. Come pensa che si possa trasmettere alle nuove generazioni la cultura dell’antirazzismo?

«Dando il buon esempio, comportandosi correttamente e lasciando da parte i pregiudizi. Continuare a dire che si vuole combattere il razzismo equivale a fare una lotta contro un fantasma che porta via tante energie preziose alle azioni concrete. È necessario conoscersi, confrontarsi, aprirsi a nuove esperienze e a nuove idee. Quando sai, rispetti e apprezzi. Quando non sai, colmi il vuoto con il pregiudizio».

Alla luce della sua ultima esperienza brasiliana, quali sono i punti di forza del Paese che ospiterà il prossimo Mondiale di calcio?

«Sono i giovani brasiliani, la loro allegria e una condivisione di valori come quello della famiglia».

"Meno stadi e più studio", può diventare lo slogan da lanciare ai giovani brasiliani e forse anche a quelli di altri Paesi dove gli investimenti per la cultura e l’istruzione (Italia compresa) sono relegati dai governi all’ultimo posto.

«Molti non comprendono ancora che lo sport fa parte della cultura e dell’istruzione dei giovani. Attraverso la pratica sportiva si impara a crescere equilibrati, aiuta a saper perdere, a rispettare la disciplina, a sperimentare lo spirito di collaborazione. Lo sport educa a gestire la pressione e poi è fondamentale per il corretto sviluppo psicofisico dei bambini per farne dei buoni adulti di domani. Per questo motivo l’educazione fisica deve essere incentivata anche all’interno del sistema scolastico e non solo come attività ludica, ma per creare un’autentica cultura sportiva».

In Brasile ha visitato ospedali, parlato di educazione e istruzione nelle scuole.

«Ho messo la mia esperienza di vita al servizio specialmente dei giovani. Ho avuto modo di visitare cinque scuole e di parlare a migliaia di bambini, spiegando loro che è importante proseguire il percorso di studi perché non tutti potranno coronare il sogno di diventare dei calciatori».

Ha conosciuto anche i detenuti di quel carcere minorile che l’hanno voluto premiare con l’Oscar per il "Miglior calciatore socio-educativo"?

«Sì, ho visitato i ragazzi del carcere Degase e ho cercato di ispirarli, facendogli capire che se anche hanno commesso degli errori, sono ancora in tempo per rimediare e per continuare ad inseguire il loro futuro. Nei giorni scorsi poi, sono entrato a far parte del board di "Laureus", una fondazione di cui Mandela appunto è stato il padrino e che utilizza la filosofia e il potere dello sport per promuovere il cambiamento sociale».

Oltre a Mandela, qual è stato un altro modello che ha seguito nel suo percorso umano e sportivo?

«Un punto di riferimento costante è mio padre. Nel mondo dello sport sicuramente il coach Phil Jackson, per l’efficacia con la quale è riuscito ad introdurre all’interno di una disciplina come il basket la sua spiritualità e la forza dei suoi valori. E poi l’attrice e conduttrice tv Oprah Winfrey, una delle donne più potenti del mondo che ha messo il suo talento al servizio della società per contribuire a fare la differenza».

Che rapporto ha con la spiritualità e con la religione?
«La spiritualità è una caratteristica molto forte della mia persona. Sono molto interessato a conoscere le diverse sfaccettature delle religioni e quelle che considero più affini ed importanti fanno riferimento ai valori universali che inducono al rispetto di se stessi e degli altri».

In campo lei è un trascinatore. Più grande è la sfida, più Seedorf si impegna per vincerla?
«Penso che le sfide, gli ostacoli e le difficoltà siano una grande opportunità per crescere. Negli anni ho acquisito consapevolezza nei miei mezzi, consapevolezza che ho nutrito costantemente in maniera cosciente».

Che cosa si augura per lei e cosa si aspetta dall’anno che verrà?

«Il mio augurio va agli abitanti della terra, perché trascorrano delle serene festività e che il 2014 sia un anno di salute e di pace interiore per tutto il mondo».

Massimiliano Castellani - avvenire.it

Basket: Serie A, chiusa la 12/a giornata, Siena resta in testa

Cimberio Varese-Granarolo Bologna 98-89 nel posticipo che ha chiuso la 12/a giornata della Serie A di basket.

Classifica: Siena 18 punti; Roma, Sassari, Brindisi e Cantù 16; Milano 14; Bologna, Reggio Emilia, Venezia, Avellino e Caserta 12; Pistoia e Varese 10; Montegranaro 8; Pesaro e Cremona 4.
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Nasce Fox Sports 2 HD, la casa degli altri sport su Sky

Da oggi, venerdì 20 dicembre, in esclusiva su Sky, in alta definizione, il nuovo canale Fox (213). Dalla Champions di Volley all’Eurolega di Basket. Dall’NFL, con il SuperBowl, alla Diamond League di atletica, passando per i mondiali di Rally e di Darts
Dalla Champions League di Volley all’Eurolega di Basket. Dall’NFL (National Football League) alla Diamond League di atletica leggera passando per i mondiali di Rally e di Darts. Fox Sports 2 HD è tutto questo e molto di più. Arriva venerdì 20 dicembre il nuovo canale dedicato allo sport di Fox International Channels Italy proposto in esclusiva su Sky in alta definizione sul canale 213 della piattaforma. Per festeggiare la sua nascita, Fox Sports 2 HD sarà visibile a tutti gli abbonati Sky fino al 20 gennaio 2014, dal 21 gennaio, il canale sarà disponibile per tutti gli abbonati al pacchetto Sport con opzione HD. Fox Sports 2 HD è inoltre visibile su SkyGo.

Have Fun. Divertiti. E’ questo il motto di Fox Sports 2 HD, il punto di riferimento per gli appassionati di sport a 360° ma non solo. Il canale offre infatti tutte le emozioni del grande spettacolo, un’esperienza unica per immagini, protagonisti e storie. Un’occasione per divertirsi e scoprire quanto lo sport sia prima di tutto grande intrattenimento.

BASKET E VOLLEY EUROPEI
Parte dell’offerta di Fox Sports 2 HD è l’Eurolega di basket: il primo appuntamento live è in programma già venerdì 20 dicembre, alle ore 20.45, con l’incontro dell’Armani Jeans Milano, impegnata a Strasburgo, in Francia, nella decima e ultima giornata di Regular Season. Nel palinsesto del canale anche la CEV DenizBank Volleyball Champions League (maschile e femminile), la massima competizione europea di pallavolo per club, che dal 14 gennaio 2014 propone i Playoff 12, fase a eliminazione diretta con scontri di andata e ritorno. Il commento tecnico degli incontri sarà affidato a Andrea Meneghin e Hugo Sconochini per il basket e a Maurizia Cacciatori, Rachele Sangiuliano, Fabio Vullo e Andrea Zorzi per il volley.

GLI SPORT AMERICANI E IL SUPERBOWL

Fiore all’occhiello è inoltre la ricca programmazione dedicata agli sport americani. In primo piano l’NFL (National Football League), che il 22 e 29 dicembre dalle 19:00 propone gli ultimi due turni della stagione regolare, decisivi per definire la griglia dei Playoff, al via dal 4 gennaio con il Wild Card Weekend. L’obiettivo è il Super Bowl in onda in diretta su Fox Sports 2 HD a febbraio. Il 22 marzo scatta invece la stagione dell’MLB (Major League Baseball) con l’opening game tra Arizona Diamondbacks e Los Angeles Dodgers. Particolare attenzione è riservata anche al mondo dello sport universitario, che negli USA rappresenta un osservatorio d’eccezione per i campioni di domani, con il basket e il football NCAA. Sabato 21 dicembre, in diretta a partire dalle ore 18.00, su Fox Sports 2 HD ben cinque gli incontri di basket NCAA: TCU-Tulsa, St. John’s-Youngstown St. (ore 20.00), Villanova-Rider (ore 22.00), FIU-Louisville (a mezzanotte)  e Stanford-Michigan (ore 2.30).

ATLETICA E BOXE
A completare l’offerta di Fox Sports 2 HD anche la Diamond League di atletica leggera e i più importati incontri di boxe organizzati dalla Golden Boy Promotion di Oscar De La Hoya.

MOTORI
L’offerta motoristica del canale propone invece il Mondiale rally e il Mondiale di Formula E, riservato alle monoposto elettriche.

I DARTS: SPORT DI CULTO

Ampio spazio è poi dedicato al Mondiale di Darts, sport spettacolare e coinvolgente amato da star come Lady Gaga e Robbie Williams, cui partecipano i migliori 64 giocatori del ranking. Fox Sports 2 HD trasmetterà le dirette delle semifinali e finali rispettivamente il 30 dicembre dalle 20:00 e il 1 gennaio dalle 21:00.

LE GRANDI STORIE DI SPORT
In primo piano, non solo i grandi eventi sportivi, ma anche grandi momenit di intrattenimento. Ne è un primo esempio Being Mike Tyson, docu-serie proposta dal canale in prima visione assoluta in Italia. Sei episodi in onda dal prossimo 6 gennaio dalle 23.00, in cui l’ex campione statunitense dei pesi massimi si racconta offrendo un’immagine privata di un personaggio quanto mai discusso.

Con Fox Sports 2 HD, si arricchisce così la proposta sportiva di Fox International Channels Italy su Sky. Il canale si aggiunge infatti al “fratello maggiore” Fox Sports (su Mediaset Premium canali 382 e 383 e, in HD, su Sky, canali 205 e 210), disponibile in Italia dallo scorso agosto: il canale dei Top Player propone incontri di Barclays Premier League e F.A. Cup inglesi, della Liga spagnola, della Ligue 1 francese e dell’Eredivisie olandese e del campionato di calcio statunitense nonché le partite della Nazionale inglese.

Fox Sports è su SKY (canali 205 e 210) e su Mediaset Premium (canali 382 e 383)

Sport e tecnologia. È doping anche questo?

Quando nel 1977 al torneo di tennis di Aix-en-Provence, il guascone romeno Ilie Nastase sconfisse il “poeta” della terra rossa, l’argentino Guillermo Vilas - imbattuto da 46 match di fila -, ci fu chi gridò allo scandalo, dato l’utilizzo della mirabolante arma segreta: la racchetta con l’incordatura a “spaghetti”.

Da quel giorno, l’attrezzo tennistico non fu più lo stesso: via il legno, dentro i metallici racchettoni. E la stessa cosa si è verificata nello sci, addio a tutti i “legnosi” discesisti, i discendenti del «pipistrello umano», Leo Gasperl (che negli anni ’40 stupiva con indosso la brevettata “giacca-paracadute”) e benvenuta alla tuta speedwyre (con cui nel ’97 ai Mondiali del Sestriere, Hilary Lindh vinse la libera per soli 6 centesimi) e alla fibra di vetro carbonio sotto gli scarponi.

Elogio dell’ipertecnologico, in tutti gli sport motoristici, rallentando, ma non troppo, fino alla poetica e un tempo la più artigianale delle discipline su due ruote: il ciclismo. Lo sviluppo tecnologico della bicicletta da corsa, in cui solo sellino e catena sono rimasti praticamente invariati nel tempo, ha visto, nell’arco di un secolo, dimezzare il suo peso (da 15 a 7 kg scarsi) e quindi aumentare notevolmente la velocità di un mezzo che ormai solo in letteratura passa sotto la voce: pronipote del pionieristico “cavallo di ferro” (l’ottocentesco e primordiale velocipede).

Il terzo millennio ha, di fatto, sancito l’unione inscindibile tra “Sport e Scienza” e per approfondire questo forte legame viene in soccorso un saggio illuminante, Sportivi ad alta tecnologia (Zanichelli), scritto a quattro mani dall’ingegnere meccanico Nunzio Lanotte e sua moglie, specialista in opere scientifiche, la francese Sophie Lem.

L’idea del moderno campione robotizzato o peggio ancora della “cavia elettronica” da sperimentazione in laboratorio, impressiona e fa discutere, ma spesso non rende ragione al notevole progresso e agli straordinari risultati ottenuti dagli scienziati anche nello sport. Pertanto l’assioma di partenza dovrebbe essere: «È molto difficile che la tecnologia ti faccia vincere, ma non avere la tecnologia di sicuro ti fa perdere. La tecnologia non trasforma il “brocco” in campione, può fare solo una differenza marginale, ma nello sport di elite diviene spesso decisiva», dice Lanotte, che è anche consulente del Coni per le nuove tecnologie.

Tradotto con un esempio molto semplice: «Non è la racchetta in fibra di carbonio a far vincere un torneo a Nadal, ma provate voi a giocare contro Federer con una racchetta di legno e ne riparliamo…». Un azzardo da non tentare, specie in un’era in cui si assiste alla massima diffusione della tecnologia grazie alla miniaturizzazione e alla diminuzione dei costi dei componenti: sensori, processori, pile e quant’altro.
«La fibra di carbonio ha soppiantato legno, acciaio, alluminio ed altri materiali tradizionali in quasi tutte le applicazioni: vale a dire telai, ruote, caschi, imbarcazioni, pagaie, racchette», continua Lanotte.

Partendo dalla galassia più nota dell’universo Sport, il calcio, fa quasi sorridere il ricordo dei “tacchetti avvitati” degli scarpini che fecero il loro debutto ufficiale nella finale dei Mondiali svizzeri del 1954: la sfida vinta dalla Germania contro l’Ungheria. Una diavoleria per i tempi, un oggetto da museo oggi che Messi e Ibrahimovic viaggiano a pelo d’erba come centometristi, su comode calzature personalizzate e in microfibra. Più o meno le stesse che nell’atletica fanno mettere ancor di più le ali ai piedi al figlio del vento Usain Bolt. Alla pelle di canguro si è sostituito il mix esplosivo di poliestere immerso in una matrice di poliuretano. Materiali più resistenti, più comodi e che quindi aiutano a migliorare la prestazione.

Questo spesso comporta il dibattito sul possibile sconfinamento nel territorio, illecito, del “doping tecnologico”. Ma sul tema l’esperto ribatte pronto: «La tecnologia è uno strumento lecito, mentre il doping è una frode. Le vicende delle bici dei record dell’ora o dei supercostumi del nuoto, entrambi prontamente proibiti, ci mostrano che talvolta una tecnologia troppo innovativa provoca un fisiologico rigetto, specie se infrange le regole interne alle singole federazioni».

Lem e Lanotte si riferiscono ai «record azzerati», dopo la comparsa nel ciclismo della bicicletta con le due ruote tubolari lenticolari (preparata dal biomeccanico Antonio Dal Monte) in sella alla quale a Città del Messico, nel 1984, Francesco Moser stabilì il primato dell’ora percorrendo 51,151 km (il precedente record di Merckx del 1972 era di 49,432 km, l’attuale di Ondrej Sosenka è ridisceso a 49,700 km) e nel nuoto, ai supercostumi integrali che tra il 2008 e il 2009 avrebbero fruttato decine di primati mondiali e olimpici in quanto “galleggianti”. «Per test effettuati di persona – smentisce il consulente del Coni – posso garantire che non è assolutamente vero che i supercostumi galleggiassero».

La tecnologia applicata allo sport, dunque, non è quasi mai da rigettare, al limite ci si può stupire, dell’utilizzo in campo di Gps che dai cruscotti delle auto passano sui parastinchi, o che l’atleta venga connesso con Internet e che Gsm e Smartphone siano applicati direttamente sul corpo del campione in pista o in pedana. Tutto ciò rientra nello studio dell’aerodinamica e dell’idrodinamica, fondamentali nella progettazione di bici, barche, vele, bob, caschi e tute. «Lo sport è entrato da tempo nella galleria del vento. Si utilizzano, poi, sia la vasca idrodinamica che il software di simulazione (Cfd, Computational Fluid Dynamics) – spiega la Lem –. Grazie a questi strumenti di misura, ora l’atleta può essere “modellizzato” e la sua prestazione studiata in ogni singolo dettaglio».

È importantissimo in tal senso il contributo che stanno fornendo le ultime tecniche di analisi delle riprese video, introdotte dai giapponesi sin dai Giochi di Amsterdam del 1928 per “spiare” i nuotatori americani. Risultato? Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Los Angeles, la squadra nipponica sbaragliò quella Usa vincendo 5 ori su sei. «Quei video erano gli antesignani dell’attuale “match analysis” di dominio quotidiano nel calcio e negli sport di squadra, così come i software di analisi biomeccanica vengono adottati dal nuoto, sci, atletica e da altre discipline olimpiche».

Quando la tecnologia non è invasiva, e di ciò un fenomeno del motociclismo come Valentino Rossi si è lamentato spesso invocando «meno elettronica sulle moto», porta comunque con sé un sensibile miglioramento della sicurezza e del benessere psicofisico degli atleti. E anche in questo caso si concretizza con gli innovativi gel, materiali viscoelastici, gore-tex.

La creatività del talento non è messa in discussione, ma probabilmente il campione del futuro dovrà confrontarsi sempre più, oltre che con gli avversari, anche con le avanguardistiche “nanotecnologie”, con le tecniche di manifattura su misura (stampanti 3D). E non ultimo, con l’inserimento di parti artificiali nel corpo umano, microchip e sensori sottocutanei compresi.

Fantascienza? «Niente affatto. Forse – conclude Lanotte –, non è lontano il giorno in cui vedremo un telaio di bicicletta che pesi 100 grammi o una canoa di due etti appena. I materiali sportivi su misura diventeranno veri e propri oggetti intelligenti, capaci di cambiare il proprio comportamento in base alle condizioni atmosferiche rilevate da sensori sempre più piccoli e accurati».

Massimiliano Castellani - avvenire.it
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Ecco la rassegna stampa del 13 dicembre 2013: vi proponiamo le prime pagine dei quotidiani sportivi


Terremoto Juve”, il Corriere dello Sport apre con un’analisi sui bianconeri: “L’eliminazione in Champions riduce gli introiti, crea malumori e apre scenari imprevedibili per il futuro”. In alto: “Il Napoli cerca Lamela”. Di spalla la crisi del calcio italiano: “Prandelli: Sveglia siamo in ritardo”. A centro pagina: “E il Milan adesso compra obiettivi Parolo e Jorginho”.
La Gazzetta dello Sport apre con l’Inter: “Mazzarri vuole chiarezza”. In alto: “Lippi vota per l’EuroMilan: Allegri grande allenatore”. Di spalla l’Europa League: “Juve, Napoli, Lazio e Viola: Ora provateci!” e “La Roma (con Totti) giocherà a San Siro la 100° gara americana”.
Tuttosport pure apre con la Juventus e suona la sveglia: “Pogba e Pirlo devono essere blindati. L’operazione riscatto comincia da loro”. In alto: “Cairo: D’Ambrosio via ma qualcuno pagherà”. A fondo pagina diversi richiami: “Grana Milan El Shaarawy di nuovo rotto”, “De Laurentiis al vetriolo su Mazzarri”, “La Fiorentina è testa di serie. La Lazio no”.

LETTERATURA E SPORT Il signore del Milan: Kilpin, lord pioniere


«Saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco e il nero come la paura che incuteremo agli avversari». Sono passati 114 anni da quando dal tavolo di una fiaschetteria di Via Berchet a Milano, Herbert Kilpin urlava questo slogan fondando il Milan Cricket and Football Club, l’odierno A.C. Milan. E inventando quella maglia nero-rossa che avrebbe portato a Milano i colori dei mattoni e delle travi di legno delle case di Nottingham dove nacque 143 anni fa.

Per la prima volta la sua storia è contenuta nel libro intitolato The Lord of Milan, “Il signore del Milan”, firmato dall’avvocato Robert Nieri e in attesa di pubblicazione. Di origini italiane, con una nonna di Pordenone e un nonno di Bagni di Lucca e, come Kilpin, grande appassionato di calcio e dell’Italia, l’avvocato Nieri, 44 anni, ha dedicato a questo volume ogni minuto del suo tempo libero degli ultimi sette anni e ha cominciato da qualche giorno a twittare sotto lo pseudonimo Lord of Milan.

«Il mio eroe era un perito tessile. Arrivò in Italia nel 1891, a 21 anni, invitato dall’industriale tessile Eduardo Bosio, che voleva introdurre nel vostro paese i primi telai meccanici insieme al pallone», spiega Robert Nieri.

«Nel fondatore di quella che il 16 dicembre 1899 sarebbe diventata l’Associazione Calcio Milan trovò un giocatore e un allenatore di dedizione straordinaria». Anche troppo. «Prima di te viene il calcio», Kilpin disse nel 1905 alla moglie, italiana di Lodi, prima di sposarla e, alle parole, seguirono subito i fatti. Kilpin la abbandonò, la sera del matrimonio, per andare a giocare a Genova, in una squadra italiana, contro i Grasshoppers di Zurigo. «A Kilpin non sarebbe piaciuto il mondo del football di oggi perchè i giocatori sono lontanissimi dalla gente, miti impossibili da raggiungere. Contano soltanto i soldi. Herbert Kilpin invece ha sempre giocato gratis, per amore del pallone. Era un uomo semplice che non si è mai considerato una star. Pensava che la sua missione fosse insegnare il calcio ai bambini italiani e non volle mai un soldo per questo...».

Questo inglese robusto, dai lunghi baffi marroni ha cominciato a giocare sui campi della zona di Forest a Nottingham, che dà il nome alla squadra Nottingham Forest, per i Garibaldi Reds. «Sembra assurdo, ma Kilpin non era abbastanza bravo da giocare in una squadra in Inghilterra, dove questo sport si era già consolidato. Là non era tra i giocatori migliori mentre in Italia, fu considerato subito un campione, capace di insegnare la tattica agli altri», continua Nieri.

Fu proprio Kilpin a cominciare ad allenarsi prima delle partite, un’abitudine nuova per i giocatori di quel tempo. I suoi vicini di via Settala a Milano, dove abitava, trovavano davvero strano vedere quell’omone che faceva il giro dell’isolato correndo soltanto per mantenersi in forma. Nè Kilpin rinunciò mai a quel bicchierino di whisky che beveva, come disse lui stesso, «prima delle partite per caricarmi, durante l’intervallo per rilassarmi, quando facciamo un gol per festeggiare e quando perdiamo per dimenticare».

Fumatore accanito, morì a soli 46 anni, non si sa se per cirrosi al fegato o per cancro ai polmoni, spiega Robert Nieri. L’autore di The Lord of Milan vorrebbe che Nottingham desse finalmente a questo suo figlio regalato all’Italia la fama che si merita. «È stato Luigi La Rocca, storico del Milan, insieme a Stefano Pozzani, a guidare in Italia la riscoperta di Kilpin e a volere che i suoi resti avessero degna sepoltura nel cimitero Monumentale di Milano. I tifosi che curano il sito "Magliarossonera.it" sono orgogliosi di questo giocatore gentleman e hanno stampato il suo nome sulle magliette che vendono fuori dagli stadi. Purtroppo invece a Nottingham quasi nessuno sa chi è Kilpin», dice ancora Robert Nieri.
«Vorrei far mettere una targa sulla casa dove è nato e organizzare un campionato tra le scuole dell’area "Forest", dove il fondatore del Milan ha cominciato a giocare. Si tratta di una zona povera della città ed è importante che i bambini di queste famiglie possano vedere in lui, che non era istruito, non era ricco, ma aveva deciso di seguire fino in fondo i suoi sogni, un modello positivo da imitare», conclude l’autore di The Lord of Milan.

Silvia Guzzetti - avvenire.it

BRASILE 2014 Mondiale, favela e poesia

Il Brasile «è un grande Paese. Non esiste un luogo migliore nè persone migliori...». È il messaggio in Rete di una giovane blogger di Curitiba, intercettato da Luciano Sartirana, autore di una “bibbia” del calcio brasiliano, Nel settimo creò il Maracanà (Edizioni del Gattaccio). Da sempre questo è anche il Paese in cui si gioca il calcio più estetico, il “fútbol bailado”. Il calcio di poesia, secondo Pasolini, il più vincente (5 titoli iridati per la Seleçao) e di massimo impegno civile.

Nella stagione 1982-’83, a San Paolo una formazione capeggiata dal suo leader maximo, Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, in arte Socrates, metteva in campo la sua utopia: la “Democracia Corinthiana”. Il manifesto politico dei professionisti del Corinthians che per voce del filosofico Socrates, noto anche come “O’ Magrao” (il magro, 192 centimetri per 80 kg ) o il “tacco di Dio”, proclamava: «Lavorare con libertà, discussione allargata dai dirigenti fino ai calciatori su ogni argomento - dalle ore di allenamento, ai premi partita -, con decisioni prese a maggioranza».

Un fenomeno sindacale, unico nella storia del football, che prese piede nello spogliatoio di quello stadio del Corinthians appena crollato e in cui hanno perso la vita due operai. Una tragedia che va ad alimentare il fronte della protesta popolare, sedata a fatica dalla polizia lo scorso giugno durante la Confederations Cup. Una marea umana che ha gridato allo «scandalo» per i 9 miliardi (a fronte di 1 miliardo di spesa preventivata) investiti nell’organizzazione dei Mondiali. Tre volte di più, rispetto a Corea Giappone 2002, Germania 2006 e Sudafrica 2010. In nome di Socrates, il “Che Guevara” del pallone, i brasiliani sono scesi in piazza e minacciano di farlo fino al fischio d’inizio del Mondiale.

Non accettano, giustamente, che il 97% dei costi dei 12 stadi (quasi tutti nuovi e 8 rimarranno di proprietà dello stato) sarà esclusivamente a carico dei contribuenti. Un seguace di Socrates, l’ex stella della Seleçao anni ’90, l’onorevole Romario, ha puntato il dito sullo stadio Nazionale Manè Garrincha di Brasilia, per la cui realizzazione si è passati dalla cifra già folle di 745,3 milioni di reais, ai definitivi 1.200 milioni. «Con quel denaro si potevano costruire 150mila case popolari», ha tuonato Romario. La situazione per il popolo delle favelas, anche se si sono ristrette rispetto agli anni ’80 (nelle grandi città brasiliane ci viveva il 49% degli abitanti, oggi il 27%), è sempre di estrema povertà, mentre della grande ricchezza attuale del Paese è beneficiaria anche l’industria calcistica.

La stella più luminosa, Neymar, ha scelto di emigrare al Barcellona, ma rispetto anche al recente passato è in netto calo l’esportazione dei talenti. Nell’ultimo anno 1.100 giocatori (tra questi Pato e Ronaldinho) hanno deciso di fare ritorno a casa. I “clubes” del Brasileirão, la loro Serie A, possono garantire ingaggi pari, e in alcuni casi più vantaggiosi, di quelli europei. Nell’ultimo decennio le migliori cento squadre brasiliane sono passate da un introito globale di di 303 milioni di euro ad oltre 1 miliardo della passata stagione. Cifre che fanno la gioia del capo della Fifa Blatter, il quale ha intimato: «Il prossimo 31 dicembre tutti gli stadi di Brasile 2014 dovranno essere pronti». Fantacalcio. San Paolo, Cuiabà e Curitiba non consegneranno mai in tempo le loro arene. Il nuovo Maracanà - sfregiato del suo fascino antico - di Rio de Janerio e il Manè Garrincha di Brasilia, si candidano per la sostituzione in corsa dello stadio del Corinthians, sede della partita inaugurale. Sarebbe un affronto alla memoria di Socrates, volato via due anni fa (a 57 anni), ma che “lotta ancora” per un calcio di poesia.

Massimiliano Castellani - avvenire.it

Da Del Piero a Bonucci: lo sport piange Mandela

Nella lotta al razzismo che ha caratterizzato tutta la sua vita, Nelson Mandela ha sempre trovato un ruolo importante per lo sport che ha sempre sostenuto "ha il potere di cambiare il Mondo, di unire la gente. Lo sport può creare la speranza laddove prima c’era solo disperazione". Non a caso un passaggio decisivo per l'integrazione razziale nel Sud Africa furono propri i Mondiali di rugby ospitati dal Sud Africa nel 1995, quando proprio gli Srpingbocks vinsero con una squadra in cui bianchi e neri giocavano insieme. Un avventura immortalata dall'emozionante film "Invictus". Il mondo dello sport lo piange, tanti i messaggi in ricordo di Madiba. Eccone alcuni.

DEL PIERO - «Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Di unire la gente. Parla una lingua che tutti capiscono". Grazie #Mandela».

BAGGIO- «Le tue idee e il tuo messaggio di fratellanza continueranno a vivere per sempre. Riposa in pace #Mandela».

BLATTER -  «Una persona straordinaria, probabilmente uno dei più grandi uomini del nostro tempo e un mio caro amico. Era come un uomo del popolo, un uomo entrato nel loro cuore. L' uomo che ha fatto della riconciliazione il tema della sua presidenza aveva anche conquistato molti bianchi quando ha indossato la maglia della nazionale di rugby sudafricana, un tempo simbolo della supremazia bianca, nella finale della Coppa del Mondo di rugby, all'Ellis park di Johannesburg, nel 1995. Nelson Mandela rimarrà nei nostri cuori per sempre. I ricordi della sua straordinaria lotta contro l'oppressione, il suo incredibile carisma ed i suoi valori positivi vivranno in noi e con noi».

BONUCCI - Ecco il suo retweet: «"Che la libertà possa regnare sovrana" RIP Nelson Mandela»

MATA - «RIP Nelson Mandela, fonte di ispirazione per l'umanità. Non sarai mai dimenticato. Eroe dei nostri giorni».

FABREGAS - «Riposa in pace, un esempio di lotta»

VAN PERSIE - «Un'ispirazione per tutti noi. RIP Mandela. Grazie per tutto quello che hai fatto»

BOATENG - «Non ci posso credere, R.I.P. Nelson Mandela. Madiba»

MARESCA - «Immensamente dispiaciuto x la morte di Nelson Mandela... Non ci sono parole x definirlo, lui è stato TUTTO.
Riposa in pace
».

FEDERICA PELLEGRINI - «Addio a Nelson Mandela!!un uomo che ha avuto la forza ed il coraggio di cambiare la storia!!»

GERVINHO
- «Sono così triste. Addio Nelson Mandela alias Madiba»

AGUERO
- «Ho avuto l'opportunità di andare in Sudafrica alcuni mesi fa e mi sono commosso nel vedere cosa Mandela significa per la sua gente. La sua morte è un duro colpo ma i suoi insegnamenti e la sua lotta rimarranno nella storia. Lui vive nei nostri cuori».

LAPO ELKANN
- «RIP Nelson Mandela. Una delle anime più grandi che il mondo abbia mai conosciuto». 

PELE' - «È stato il mio eroe e un mio compagno nella lotta in favore della causa del popolo e della pace nel mondo. Bisogna continuare la sua opera».

GULLIT - "È una grande perdita, di un grande uomo. Sono così orgoglioso di avere condiviso alcuni dei momenti con lui. Grazie 'Madibà per essere stato con noi, averci insegnato ad amare e rispettare il prossimo" . È quanto scrive Ruud Gullit sul proprio profilo Twitter. Il 'Tulipano nerò, ex attaccante di Milan e Sampdoria, nel 1988, dedicò il proprio Pallone d'Oro all'ex presidente sudafricano, che è morto ieri.

MOHAMED ALi' -
"Ora è libero per sempre": così Mohamed Alì, il più grande pugile di tutti i tempi e grande combattente contro la discriminazione dei neri nel mondo, ricorda Nelson Mandela. "Ha ispirato gli altri per raggiungere anche quello che appariva impossibile - afferma Alì - e li ha spinti a demolire le barriere che li tenevano in ostaggio mentalmente, fisicamente ed economicamente". "Quello che ricorderò di Mandela - aggiunge - è che è stato un uomo il cui cuore, la cui anima e il cui spirito non possono essere limitati alla lotta contro le ingiustzie razziali ed economiche. Ha insegnato a tutti noi il perdono, invece dell'odio e della vendetta".

MARADONA -
  "Un uomo e un messaggio immortali, riposi in pace". Così da Dubai Diego Armando Maradona, in un messaggio diffuso dal suo legale Angelo Pisani, sulla morte di Mandela. "Oggi - dice Maradona - non è a lutto solo un popolo per la scomparsa del suo leader, ma sono a lutto tutte quelle persone che vogliono essere libere da ingiustizie, con forte convinzione e giusti ideali". A suo giudizio "non morirà mai il suo messaggio che vive in tutti noi, l'uomo più forte che ha sempre difeso il suo popolo, quel popolo abbandonato e che con lui ha sempre lottato per combattere la fame del mondo. Un popolo che ancora oggi vive lottando per non esser dimenticato". Per Maradona "Mandela è uno dei migliori difensori della giustizia, un modello da seguire sempre. Grazie per tutto quello che hai dato alla tua gente e ai popoli in tutti questi anni. Riposa in pace, immenso uomo".

TYSON - "Nelson Mandela era l'incarnazione della disciplina, era coraggio, era amore e perdono: non c'è futuro senza perdono". Così l'ex campione del mondo dei pesi massimi, lo statunitense Mike Tyson, ha ricordato su Twitter la figura di Nelson Mandela, morto ieri sera in Sudafrica.

FIASCONARO - "È un giorno molto triste per tutto il Sudafrica, per tutti noi, sportivi e non. È finita la sua agonia, perché negli ultimi tempi le sue condizioni si erano aggravate, ma sono addolorato per la sua scomparsa. Ha portato la pace in un paese che si odiava e so che il suo primato non verrà mai battuto". Così all'Ansa l'ex recordman azzurro degli 800 metri, ma nato a Città del Capo, Marcello Fiasconaro, ricorda Nelson Mandela. "È stato un uomo umile e carismatico, un vero campione del mondo", ha aggiunto Fiasconaro.

RAMACCIONI -
"Simbolo della lotta per i diritti civili e contro il razzismo, Nelson Mandela ha lasciato una lezione che tutti gli uomini del mondo hanno il dovere di tramandare". È il messaggio di cordoglio del Milan per la scomparsa del premio Nobel per la pace, che il club rossonero ebbe l'onore di incontrare nella sede dell'African National Congress durante una tournée in Sudafrica l'11 giugno 1993, tre anni dopo il suo ritorno in libertà. "Eravamo tutti in giacca e cravatta, emozionati e rispettosi - è il ricordo di Silvano Ramaccioni, 75 anni, capo-delegazione rossonero in quella occasione -. Portammo a Mandela i saluti del nostro presidente Berlusconi e di tutto il Milan, ma anche dell'Italia perché sul nostro gagliardetto c'era il tricolore. Ricordo il sorriso buono di quest'uomo che ha fatto la storia del mondo. Lui indossava un maglione scuro di Missoni, un grande tifoso rossonero, e questo ci fece molto piacere. È con commozione e rispetto che, dopo la scomparsa di Mandela, ricorderò e ricorderemo per sempre quel giorno".

TIGER WOODS - "Sarà sempre presente nel mio cuore". È il messaggio, breve ma significativo, che appare sul profilo del social network Twitter di Tiger Woods, in memoria dell'ex presidente sudafricano Nelson Mandela, morto ieri sera.

tuttosport.com

Stop allo sport “bollente” potrebbe fare male alla salute

Stop allo sport “bollente”. Allenarsi in ambienti surriscaldati, ultima tendenza del fitness negli Stati Uniti, che sta prendendo piede anche in Europa, potrebbe far male. Lo dice l'American College of Sports Medicine (Acsm). Meglio non frequentare i corsi di hot-yoga, hot-cycling e hot-spinning, se svolti in sale con temperature dai 27 ai 35 gradi. Gli allenatori di questi corsi sotengono che aumentare la temperatura della sala fa bene perché aiuta a sudare di più, aumenta il battito cardiaco e il consumo calorico. Ma l’Acsm avverte: “La temperatura ideale delle palestre non deve superare i 22,5 gradi”. Le sessioni “hot” sono sconsigliate soprattutto a chi non gode di buona salute e, in particolare, a chi ha patologie cardiocircolatorie.
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Cranck-Up: il social per trovare compagni di sport

Vuoi trovare un compagno o una compagna d'allenamento anche quando il clima è infelice? Cranck-Up, social tutto italiano per gli sportivi
di Eleonora Lorusso
Per gli appassionati di sport e di corsa in particolare è un must: la corsetta a fine giornata (o al mattino presto, per chi riesce a puntare la sveglia a ore antelucane). Ma spesso manca qualcuno con cui allenarsi, specie se ci si trova spesso lontano da casa, magari all'estero, dove i classici compagni di "sgambata" non ci sono. E' partito proprio partendo da questa idea Francesco Pasotti, un 28enne di Bologna con la passione per il podismo, si è inventato un social network dello sport per condividere proprio le corse (ma non solo), ovunque ci si trovi. E' così che è nata Cranck-Up , una start-up ideata per mettere in contatto tra loro tutti coloro che cercano compagni di sport, anche magari per un singolo allenamento.
Una sorta di Facebook dello sport? In qualche modo sì, dal momento che la piattaforma assomiglia in parte al social blu più famoso al mondo. Anche su Cranck-Up esiste una bacheca dove si possono postare messaggi nei quali si cercano appunto altre persone pronte a correre in compagnia, indicando il luogo o la città nella quale ci si trova in quel momento. A differenza di Facebook, però, non esiste qualcosa di paragonabile all'amicizia: è sufficiente, infatti, iscriversi al social e pubblicare il proprio annuncio.
Al Cranck-up, che letteralmente significa "dacci dentro" e ha come "motto" Sport loves devotion, lavora anche Mariangela Ricciardi, che si occupa della parte commerciale dell'iniziativa, nata due anni fa proprio su "esigenza" di Pasotti. E' lui che, viaggiando spesso per lavoro, si ritrovava a correre da solo per le strade di Belgrado. Come si legge nella pagina iniziale, "Manager, agenti, viaggiatori, giovani, chiunque si trova spesso fuori casa e vuole praticare sport e conoscere persone con cui condividere la stessa passione con Cranck-Up può farlo". Naturalmente il sito non si limita a trovare compagni per le corse lungo il Tamigi o all'ombra della Tour Eiffel. E' infatti possibile inserire il proprio annuncio anche se si cerca qualcuno con cui fare una partita a tennis, magari anche durante le vacanze in una città straniera.
Su Cranck-Up è prevista una prima registrazione, con l'indicazione del proprio profilo, e successivamente l'indicazione del proprio livello di allenamento e della città nella quale ci si trova. Tra gli annunci si trovano quelli di appassionati di nuoto, bicicletta, ma anche jogging o pallavolo, con richieste per atleti che vogliano entrare a far parte di una squadra di volley. Per ciascuno è indicata la propria preparazione o il genre di allenamento (ripetute o meno). In ogni momento si possono consultare gli annunci o inserire i propri allenamenti. Insomma, per chi vuole fare sport non ci sono più scuse: è ora di cranck-up, darci dentro!
sport.panorama.it

Ecco chi ci «guadagna» con i mondiali alla faccia della crisi...

Alla faccia della crisi. Joseph Blatter, che fa rima con denaro, ha annunciato tronfio che il montepremi del mondiale brasiliano è lievitato a 576 milioni di dollari sbriciolando quello di Sudafrica 2010, “appena” 410 milioni. 

Il padre padrone della Fifa al suo ultimo campionato del mondo, decade nel 2015, fa e disfa a suo piacimento, ma alla fine agli altri lascia sempre e solo le briciole. Basta pensare alle Federazioni: i 35 milioni di dollari al vincitore non coprono quasi nemmeno i premi in caso di successo.
E farebbero bene a battere cassa soprattutto i club che per un mese “regaleranno” i loro campioni in cambio di una misera “paghetta” da 2800 dollari al giorno. E anche se la Fifa sostiene che rispetto all'ultimo mondiale l'ingaggio è aumentato di oltre il trenta per cento (1.600 dollari per ogni giorno trascorso in Sudafrica), i conti non tornano. Un club che riuscirà a portare un blocco di giocatori fino in fondo sfonderà sicuramente il muro del milione di dollari, nel 2010 il Barcellona si aggiudicò 866 mila dollari, lo stipendio di un mese di un top-player. Poca roba anche se poi ci sarebbe da calcolare rivalutazione e nuove entrate dai “mondiali”. Sperano comunque nel bis i Blaugrana che danno la spina dorsale ai campioni in carica della Spagna, sogna la Juve con sei potenziali titolari nell'undici di Prandelli, mentre il Bayern e il Borussia si spartirebbero gli introiti di una cavalcata tedesca. Gran parte del jackpot da 70 milioni di dollari andrà a quelle società che in Brasile porteranno quasi tutta la squadra. Nel 2010 furono staccati assegni per circa 400 club, quelli della Premier League fecero la parte del leone con ben 5,95 milioni depositati nelle loro casse.
Eppure l'aumento, da 40 a 70 milioni, è un abbaglio perché in cambio i club sono vincolati a una serie di condizioni come il non essere parte in giudizio contro la Fifa sullo status e il trasferimento dei giocatori, riconoscere il Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS), in qualità di unico organo competente a decidere sulle controversie tra il club e la Fifa, di rispettare il calendario internazionale. Ecco perché la vera vittoria dei club resta l'indennizzo in caso di infortunio di un giocatore. Nel 2010 era una delle questioni più controverse, ora le cose sono cambiate come dimostra l'incidente di Khedira in Italia-Germania dello scorso novembre: il Real Madrid riceverà circa 2,5 milioni di euro di risarcimento, stimato sulla base dell'ingaggio annuale calcolato su base giornaliera, moltiplicato per i giorni di infortunio.
Un problema delle assicurazioni, non di Blatter che si gode il suo “Mondiale” a immagine e somiglianza. Infatti oggi, ore 18 ora italiana, nell'urna di Costa do Sauipe ci saranno tutte le Nazioni scritte nell'albo d'oro, la “sua” Svizzera addirittura testa di serie, la miglior Africa, e poi i soldi di Usa, Giappone e Russia a foraggiare. Con la Cina avrebbe fatto bingo.
I “magheggi” dello svizzero, lo spostamento della Francia nella fascia insieme alle altre “europee” non teste di serie, hanno sollevato un polverone. L'Italia può finire in un girone da paura con Brasile, Usa e Olanda o Portogallo. Le prove non sono state beneaguranti per il ct Prandelli, ma visto come finì in Sudafrica con Nuova Zelanda, Slovacchia e Paraguay, c'è quasi da sperare che sia una burla il sorteggio svelato settimana scorsa a una radio cilena dagli hacker entrati nei computer della Fifa: azzurri con Belgio, Costa d'Avorio e Honduras. Sogno o incubo?
ilgiornale.it


Sport BECCATO PER EPO AL GIRO: DI LUCA RADIATO A VITA

Il Tribunale nazionale antidoping (Tna) ha squalificato a vita il ciclista Danilo Di Luca. Il 37enne abruzzese era stato trovato positivo all'Epo in un test effettuato durante il Giro d'Italia nell'aprile scorso ed espulso dalla corsa rosa. Il «killer di Spoltore», vincitore del Giro 2007, era già stato squalificato due volte: nel 2007 per tre mesi e nel 2009 per 15 mesi dopo la positività all'Epo-Cera proprio al Giro. «Era tutto già scritto, penso che pago per tutti», il commento di Di Luca
ilgiornale.it

Anche lo sport piange Madiba

Appena appresa la notizia, il presidente della Fifa Joseph Blatter ha dato disposizione di abbassare a mezz'asta tutte le bandiere delle federazioni calcistiche di tutto il mondo. Anche per il calcio, per tutto il mondo dello sport, Nelson Mandela è stato un simbolo straordinario, un protagonista che anche attraverso gli stadi e le grandi manifestazioni ha mandato inarrivabili messaggi di libertà e di uguaglianza. "Quando Mandela è arrivato ed è stato accolto dalla folla l'11 luglio 2010 come un uomo del popolo e di cuore - ha ricordato Blatter ripercorrendo il famoso giro di campo di "Madiba" prima della finale dei mondiali sudafricani - è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Per lui, quella Coppa del Mondo era un sogno divenuto realtà".
Anche lo sport piange Madiba
E prima ancora della Coppa del Mondo di calcio, ci fu lo storico appuntamento con i Mondiali di Rugby del 1995, la prima rottura dello spesso strato di ghiaccio che si era formato tra il Sudafrica e il mondo a causa dell'odiosa politica dell' apartheid. Un evento di enorme portata sociale, ben oltre il significato sportivo, trasportato sulle gambe di quello che è sempre stato lo sport nazionale del Sudafrica, esclusiva dei bianchi fino al termine del regime razzista: e proprio gli Springboks, battendo in un'epica finale la Nuova Zelanda, vinsero quel mondiale. Giorni che hanno ispirato uno dei film più popolari e riusciti di Clint Eastwood, "Invictus", "L'invincible", in cui un grande Morgan Freeman, nei panni di Mandela, è il personaggio centrale insieme a Matt Demon, che interpterò il capitano del quindici sudafricano, François Pienaar.

Nelson Mandela è stato sinonimo di ispirazione e simbolo di lotta per i diritti civili di tanti grandi campioni che, in qualche maniera, hanno patito anche solo esternamente gli effetti del razzismo. Non si contano, nelle ore seguite all'annuncio della scomparsa, i messaggi di cordoglio e di ringraziamenti inoltrati tramite Twitter dai campioni dello sport, specie da quelli di colore. Uno per tutti, Ruud Gullit: rimane indimenticato il gesto del 1987, quando, con il leader della protesta dei neri ancora imprigionato a Robben Island, dedicò 7 la vittoria del Pallone d'Oro proprio a Mandela, contribuendo in maniera davvero importante a rendere conosciuto e popolare specie presso i giovanissimi Mandela e la sua storia.
tgcom

Nba: Detroit non si ferma più

Risultati delle partite valide per il campionato Nba di basket: Atlanta-LA Clippers 107-97, Portland-Oklahoma 111-104, Utah-Indiana 86-95, Houston-Phoenix 88-97, Milwaukee-Detroit 98-105, New-Orleans-Dallas 97-100, Cleveland-Denver 98-88, Minnesota-San Antonio (a Città del Messico) è stata rinviata per un guasto all'impianto elettrico.
ansa

Doping anche in sport amatoriale, positivo 2,8% controlli

Il fenomeno del doping non risparmia lo sport dilettantistico, dove sono presenti le stesse sostanze di quello professionale. Lo conferma il rapporto della Commissione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping e per la tutela della salute nelle attività sportive del Ministero della Salute, che nei controlli nei primi sei mesi del 2013 ha trovato 22 atleti positivi, corrispondenti al 2,8% del campione. Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero, relativi a 778 atleti controllati durante 164 manifestazioni, a risultare positivi sono soprattutto gli uomini (il 4% del campione contro lo 0,7 delle donne) nella fascia di età tra 39 e 44 anni. Il fenomeno sembra più diffuso al Sud, con un rapporto tra positivi e controllati del 4,7%, rispetto a Nord e Centro che si fermano poco oltre il 2, mentre tra le sostanze prevalgono cannabis e steroidi. Per quanto riguarda le discipline, tenuto conto del fatto che in alcuni sport il numero di controlli è stato troppo basso per poter dare una stima della diffusione, atleti positivi sono stati trovati praticamente in tutte, dalla pallamano al rugby, con il ciclismo che ha visto il 6% degli atleti testati positivo a una o più sostanze. ''La positività all'eritropoietina e similari è stata riscontrata nei soli atleti praticanti ciclismo - sottolinea il rapporto - così come la poliassunzione di più sostanze vietate è stata rilevata, nei primi sei mesi del 2013, nei soli atleti praticanti ciclismo''. Molto più diffusa è risultata la pratica di assumere farmaci e altre sostanze, come gli integratori, che non fanno parte di quelle proibite. Ha dichiarato di farne uso il 73,7% delle donne controllate e il 68,8% degli uomini, con vitamine, sali minerali e integratori usati dal 35% del campione mentre gli antinfiammatori dal 25%.(ANSA).

Nell’anticipo dell’8ª giornata, la Grissin Bon domina la Granarolo 86-76

La Grissin Bon risorge dalle proprie ceneri e, dopo la catastrofe di Milano, riesce a piegare per 86-76 la Granarolo Bologna in un derby molto combattuto, ma che i reggiani hanno comandato dal primo all’ultimo secondo arrivando a più 15 già nel primo quarto (24-19) e toccando poi il massimo vantaggio a 5 minuti dalla fine dell’incontro sul più 17 (75-58).

 BELL SCATENATO — Detta così sembrerebbe una vittoria semplice, ma sarebbe ingiusto e ingeneroso nei confronti di una Granarolo che, in realtà, a più riprese ha provato a riaprire i giochi portandosi spesso in scia ai biancorossi senza riuscire mai a completare la rimonta. E così la Grissin Bon, a cui coach Menetti ha dato un volto nuovo, promuovendo Bell in quintetto e spedendo il deludente Karl in panchina dove è rimasto, in pratica, per tutto il match davanti agli occhi del celebre padre-allenatore, ha difeso il proprio fortino e, quel che più conta, ha superato quota 80 punti per la prima volta in questa stagione. Con Bell e White che hanno dato spettacolo e, in due, hanno realizzato 52 punti. Soprattutto Bell ha cancellato le speranze bolognesi con un terzo quarto da favola in cui ha realizzato 14 pazzeschi punti in 10 minuti. Lì, probabilmente, si sono spente le speranze degli ospiti che dopo essere risaliti fino al meno 4 (36-32) si sono visti spingere di nuovo lontani dalla squadra reggiana fino al meno 14 (66-52 al 30°). JORDAN NON BASTA — La Virtus malgrado il bravissimo Jordan che ha tenuto a lungo a galla la squadra felsinea (24 punti con 8/9 al tiro e 6 falli subiti) e l’implacabile Hardy 21 punti e 5/6 da 3 punti, non ha più avuto la forza per ricucire la partita e la Grissin Bon ha potuto allungare con decisione chiudendo il match con una tripla del bravissimo Cinciarini e una schiacciata di White.

 GRISSIN BON - White 27, Bell 25, Cinciarini 15

GRANAROLO - Jordan 24, Hardy 21, Walsh 13
di Daniele Barilli - http://www.gazzetta.it/Basket/Italia/30-11-2013/basket-bologna-frena-reggio-derby-emiliano-86-76-201703213224.shtml

MOTOCICLISMO Latina, al Sic day muore Romboni


​È morto Doriano Romboni rimasto coinvolto in un grave incidente avvenuto nel primo pomeriggio di oggi, sul circuito "Il Sagittario" di Latina dove, oggi, è iniziato il "Sic Supermoto Day 2013" in ricordo di Marco Simoncelli. Il pilota 44enne, apparso subito in condizioni disperate, era stato ricoverato in Rianimazione con un'edema cerebrale.

Secondo la ricostruzione dei presenti il pilota ha perso il controllo del mezzo all'uscita di una curva e mentre era ancora appeso alla moto sarebbe stato investito da un altro concorrente. Dopo essere stato trasportato in elicottero all'ospedale di Latina è deceduto oggi pomeriggio. Inutile ogni tentativo di intervento da parte dei medici dell'ospedale Goretti.
avvenire.it